I dati Ocse: la scuola italiana migliora anche se ha meno soldi

da Il Messaggero

I dati Ocse: la scuola italiana migliora anche se ha meno soldi

L RAPPORTO
ROMA Migliora l’apprendimento degli studenti, cresce il numero di donne laureate, soprattutto in materie abitualmente considerate maschili. Tuttavia, continua a ridursi la spesa pubblica destinata all’istruzione, gli insegnanti sono tra i più anziani d’Europa e per gli under 30 ancora non c’è spazio. Non solo: i tassi di abbandoni scolastici non tendono a placarsi e le possibilità di trovare lavoro per diplomati e laureati restano stagnanti. È un rapporto cautamente ottimista, quello elaborato dall’Ocse, in collaborazione con l’associazione Treellle, e pubblicato nell’ultima edizione dell’Education at a glance 2014. Perché, se da una parte migliora la qualità dell’istruzione italiana, dall’altra permangono delle evidenti sacche di criticità, a partire dal rapporto scuola-lavoro.
L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO

Uno degli aspetti più critici, evidenziati dal rapporto, è la mutazione dell’approccio allo studio da parte dei giovani. Da strumento e veicolo per riuscire a trovare un impiego, lo studio ha perso quasi totalmente questa funzione. Ciò negli anni ha contribuito ad aumentare anche il tasso di abbandono scolastico e la riduzione di nuove immatricolazioni alle università. Sicché nel 2012, un giovane su tre, dai 20 ai 24 anni – il 31,5% -, non lavorava o non era iscritto a nessun corso di laurea, mentre solo l’86% dei 17enni frequentavano ancora la scuola. Tra i giovani che non sono riusciti, poi, ad arrivare al diploma, il tasso di disoccupazione è aumentato del 7,7% in soli cinque anni, passando dall’11,3% del 2008 al 19% del 2012.
L’ISTRUZIONE

E benché la qualità dell’istruzione di base cominci ad avvicinarsi alla qualità media europea – i quindicenni di oggi iniziano a compensare le carenze in matematica rispetto a quelli del 2003, l’istruzione pre-primaria, ad esempio, è quasi universale in Italia, con il 92% dei bambini di tre anni iscritti a una scuola d’infanzia -, il tasso dei laureati resta ancora basso, con uno scarto di quasi due punti percentuali rispetto alla media Ocse. Come eccellenza spunta solo quel 62% (nel 2000 eravamo al 56%) di giovani laureati donna, anche in materie tradizionalmente considerate “maschili”, come informatica (25% di donne), ingegneria (40%) e scienze fisiche (42%).
LA SPESA PUBBLICA

Tuttavia, nella scuola e nell’istruzione s’investe ancora troppo poco. Ed è questo l’ennesimo aspetto dolente del rapporto. L’Italia è il paese che ha registrato, dal 2000 al 2011, la più alta riduzione di spesa pubblica per le istituzioni scolastiche (5%), mentre nello stesso periodo gli investimenti medi dell’Ocse per il settore sono aumentati del 38%. Solo i finanziamenti privati contribuiscono a risollevare la situazione, per quanto gli universitari italiani siano i terzi, a livello europeo, a pagare le tasse più alte e solo il 12% di loro riesce a ottenere una borsa di studio con uno sgravio totale. Questa situazione ha portato, infine, a un aumento di studenti per docente, grazie anche alla decisione di non compensare i pensionamenti con nuove assunzioni. Di riflesso l’Italia è il paese dell’Ocse ad avere il più alto numero d’insegnanti anziani: nel 2012 il 62% di loro aveva più di 50 anni.
Camilla Mozzetti