Ancora su “La buona scuola”

Ancora su “La buona scuola”

di Alessandro Basso

Cogliendo l’occasione di un momento di confronto sulla “Buona Scuola” promosso, a Pordenone, dall’Associazione “Norberto Bobbio”, ho consegnato al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini questo documento di riflessione, sorto senza alcuna pretesa di esaustività, redatto al fine di partecipare alla discussione con un contributo proveniente dalla base.

Il Ministro sta portando a termine un tour nel territorio per far conoscere “la Buona Scuola”, iniziativa promossa dal Governo Renzi; per questo motivo l’analisi parte dal documento nella sua fase gestatoria.

Alcune osservazioni critiche, non costituiscono una disapprovazione tout court verso il documento, di cui, personalmente, apprezzo l’intento, gli spunti, alcune forme di confronto proposte dal Governo.

E anche, perché, un Dirigente Scolastico non può che essere a favore di una Buona Scuola, che valuta e si valuta attentamente.

Durante un incontro svoltosi nella nostra Regione, nello scorso mese di maggio, il Ministro puntualizzava, con argomentazioni compiute ed accurate, sulla necessità per la scuola di valutare i dirigenti. In quell’occasione, non c’è stato il tempo per confermare al ministro che i dirigenti sono pronti alla valutazione, tanto più che i nuovi assunti hanno formalizzato, durante l’anno di prova, un percorso di autovalutazione che ha movimentato la macchina del SNV nei territori e proprio i Dirigenti scolastici sono stati pionieri, forse un po’inconsapevoli, di quanto si stava muovendo a livello ministeriale.

 

Buona Scuola, Buoni insegnanti: equivale a tanti insegnanti?

L’entusiasmo per la mole di assunzioni prevista come caposaldo dell’intera riforma, ha esaltato molti, legittimamente e fisiologicamente. Gli interessati, poiché desiderosi di porre fine a percorsi di precariato infiniti; le associazioni di categoria, poiché da sempre inclini, per mandato associativo, a promuovere l’assunzione a tempo indeterminato nella scuola come punto di snodo di un Sistema di qualità: i numeri degli organici come leva per la attributo positivo e come segnale di un investimento nel settore dell’Istruzione.

Penso che l’opinione pubblica sia rimasta piuttosto indifferente a questo punto del documento che, mi è parso di capire abbia, invece, trovato alcune perplessità nel corpo dei dirigenti scolastici che attengono alla delicata questione del tempo scuola, specie nel primo ciclo d’istruzione. Siamo stati investiti, dal 2008 in poi, da un proliferare di Regolamenti, ben noti agli addetti ai mestieri, che hanno comportato non poche situazioni complesse da gestire, allorché si è andati ad intervenire, scuola per scuola sulla quantità di tempo di erogazione del servizio, andando incontro a forti riduzioni che oggi, grazie all’abilità dei Capi d’Istituto, sono andate a regime.

La domanda sorge spontanea: si è pensato bene a come occupare questi docenti? Sarà data vera autonomia alle scuole di gestire queste risorse? Mi sia concesso di esprimere un pensiero banale, ma questi docenti li potremo davvero utilizzare per la sostituzione dei colleghi assenti, superando rigidità orarie, di assegnazione al plesso? Perché per sostituire i colleghi assenti, è bene saperlo, è necessario che un docente cambi spesso l’orario e anche plesso di insegnamento, nel caso delle scuole primarie. Al momento, con le regole vigenti, non si può fare.

La risoluzione prospettata annovererebbe di impiegare il personale anche per progettualità anti-dispersione, per le quali, ad onor del vero, la nostra Regione si è attivata con impegno negli ultimi anni. In tal caso sarà necessario un confronto affinché queste progettazioni possano realizzarsi con una precisa definizione di compiti, responsabilità, spazi, tempi e risorse, coinvolgendo, in primis, gli Enti Locali.

Non ultimo, la graduatoria di provenienza del personale neo-assunto, non costituisca un vincolo per le scuole, in quanto il processo di definizione dell’offerta formativa avviene nelle scuole in modo rigoroso e scientifico, mai in modalità bottom-up: data la risorsa umana, si crea il percorso progettuale, ma viceversa.

Nel dibattito politico che ha accompagnato la Legge di Stabilità, che a ben leggere pare essere in una qualche contraddizione con alcuni passaggi della Buona Scuola ( è bene lasciar corso ai decreti attuativi per spingersi in giudizi) si è anche parlato di un ruolo da assegnare ai Dirigenti Scolastici in riferimento al vaglio delle competenze di questo personale. Non sarebbe forse più coerente e proficuo, mi spingo più in là, efficace ed efficiente, fare in modo che la Dirigenza possa vantare strumenti utili a dissuadere chi non è portato per l’insegnamento dal perpetuare a farlo? Ovviamente con tutti i legittimi e sacrosanti profili di pluralismo, possibilismo e pazienza che devono essere chiamati in causa quando si trovano percorsi alternativi per figure professionali del pubblico impiego. Giova al dibattito ricordare che di un insegnante poco preparato, poco attento alla didattica, non ne fanno le spese i dirigenti, ma gli alunni e le loro famiglie.

Può sembrare un paradosso, ma le Istituzioni scolastiche autonome italiane operano con un fortissimo centralismo decisionale, che diventa quasi totale in campo di risorse umane: reclutamento prima di tutto.

L’autovalutazione potrà configurarsi in un Sistema centralistico, dove le risorse umane sono scelte all’esterno dell’Istituto, quelle economiche dipendono da svariati fattori e mai ad abundantiam?

 

La governance e la dirigenza in una Regione a Statuto Speciale

La nostra è una Regione a Statuto Speciale, con delle grandi ulteriori potenzialità da esprimere nel campo dell’organizzazione scolastica ed educativa.

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo assetto organizzativo nazionale e regionale del Miur avvenuto con il DPCM 98 del 11 febbraio 2014, è opportuno, come evidenziato da più fonti, ridisegnare l’assetto delle governance dei nostri uffici periferici. In questi casi, la forma è sostanza.

 

Buona Scuola è anche la persona giusta al posto giusto

È noto e oltremodo evidente anche all’esterno, che un sistema profilatosi negli anni ‘ 70, non può convivere con il nuovo volto assunto dalla Scuola autonoma a partire dalla fine degli anni ’90 e irrobustitosi, negli anni 2000 con l’attribuzione della qualifica dirigenziale ai Capi d’Istituto. La collegialità è une bene prezioso della nostra scuola, ma non può essere un freno alle attribuzioni assegnate per legge nel corso degli anni.

È urgente un nuovo assetto interno agli istituti ove si tenga conto dell’apertura al territorio portata dall’autonomia scolastica, delle competenze gestionali affidate ai dirigenti, del nuovo assetto della P.A. come si sta delineando con i processi politici in corso.

Con grande interesse e passione, chi come me ha affrontato l’ultimo concorso, ha condiviso e si è appassionato al tema della vice dirigenza, strettamente correlato alla definizione delle governance delle Istituzioni scolastiche. Su questo argomento si era trovata, negli anni, una condivisione bipartisan che è svanita nel nulla, così come rischiano di svanire nel nulla le “NOSTRE” figure di riferimento, con l’abrogazione dell’art. 459 del Testo Unico: i vicari, figure insostituibili e addirittura da potenziare, in quanto la gestione complessa degli Istituti non può e non deve essere verticistica, ma partecipata.

Si è letto che la figura del vicario rimarrà in capo alle scuole con l’organico funzionale. Il mio parere è che il vicario è l’unica figura, a oggi, che possiamo scegliere e alla quale possiamo affidare deleghe e responsabilità di guida dell’organizzazione a noi affidata. Vorrei, personalmente che rimanesse così e che almeno su questo tassello dell’organizzazione fossimo davvero autonomi, a vantaggio della comunità scolastica tutta.

In forte correlazione, vorrei anche sollevare il tema delle Funzioni Strumentali, figure di sistema che si sono consolidate nel tempo e che hanno rappresentano la vera essenza dell’autonomia.

Sono professionisti, al pari di altre figure del privato ben più riconosciute, che lavorano tutto l’anno, tutte le settimane, per far sì che l’offerta formativa si realizzi, ma prima ancora, si pensi . Sono le figure che si occupano dell’handicap, della dispersione, dell’alternanza scuola lavoro, dell’orientamento, delle nuove tecnologie. L’elenco potrebbe essere lungo. I fondi oggi disponibili permettono di retribuire centinaia di ore di lavoro con un compenso che è pari a circa cinquecento/seicento euro lordi. Non al mese, ben s’intenda.

È senz’altro da accogliere di buon auspicio il proposito di operare una riflessione pluriennale sulle risorse del MOF, tenendo conto che ciò di cui la scuola ha bisogno è : risorse CERTE in tempi CERTI, onde consentire il ciclo della PROGRAMMAZIONE ECONOMICA.

È da leggersi in questo senso il capitolo della Legge di Stabilità che prevede l’utilizzo prioritario delle risorse del MOF per il pagamento di ore eccedenti per lo straordinario in sostituzione dei colleghi assenti?

 

La Buona Scuola e lo status giuridico dei docenti

La stagione dei contratti, prima o poi, si dovrà aprire e non potrà non tener conto dell’esigenza di rivedere l’intero apparato giuridico di uno strumento che deve essere fortemente attualizzato e che deve trovare una pacificazione nella soluzione di alcuni temi forti (relazioni sindacali, rilievi disciplinari, assenze) superando l’interpretazione fuorviante tra versante pubblicistico e contrattuale.

Un esempio cardine della vetustà del contratto di lavoro dei docenti risiede nell’impianto delle cosiddette “quaranta ore” che oggigiorno non accontentano nessuno.

I dirigenti hanno tali e tanti obiettivi da mettere in campo, ma lo possono fare tenendo conto di questo vincolo esageratamente formale nell’impiego delle risorse umane, le 40 ore, appunto, che in alcuni casi viene superato dalla sola buona volontà individuale dei docenti: ma di sola buona volontà non si vive.

I docenti vivono la frustrazione di operare ben oltre questa soglia oraria, con riconoscimenti minimi o addirittura assenti. E la docenza non è un campo dove la frustrazione è ammissibile, anche nel confronto fisiologico con quei colleghi più restii all’impegno, che continuano a percepire, però, lo stesso trattamento economico.

È uno dei cavalli di battaglia del Governo, vi confidiamo con “viva speranza”.

 

Delle questioni economiche: Fondo Unico Nazionale (FUN)

Non in pane solo vivet homo (Matteo 4, 4 e Luca 4, 4)

Lo stipendio del dirigente scolastico si compone, è noto, di una quota tabellare, indifferenziata, cui si aggiungono una quota di posizione fissa, una quota di posizione variabile e, infine, un’indennità di risultato, che noi dirigenti assunti nell’anno 2012 non abbiamo ancora mai percepito. Lo stesso vale per l’indennità di reggenza “di compensazione”. E l’istituto della reggenza, tutti i colleghi lo possono confermare coralmente, è un impegno gravosissimo e dispendioso, ma permette alle scuole di continuare a sopravvivere nonostante l’assenza di un dirigente. Il dato non richiede commenti.