Estremisti o bulli, così si spiano gli studenti online

da La Stampa

Estremisti o bulli, così si spiano gli studenti online

Dalle scuole inglesi che usano software per individuare estremisti a quelle Usa che sorvegliano le comunicazioni. L’Italia, per ora, punta sull’educazione
carola frediani

“Sposa della Jihad”. Ma anche “Guerra all’Islam”; “messaggio all’America”; “kuffar” (termine spregiativo con cui gli islamisti chiamano gli “infedeli”). Dal prossimo autunno se gli studenti di alcune decine di scuole inglesi digiteranno questi termini sui computer verranno tracciati, e l’immagine del messaggio o del post contenente la parola incriminata verrà inviata ai loro insegnanti. I quali dovranno prendere dei non specificati provvedimenti per valutare ed eventualmente contrastare la presunta radicalizzazione del giovane.

Sofware anti-radicalizzazione

Si tratta di un progetto pilota che coinvolge diverse scuole medie in 16 località inglesi sparse tra Londra, Leicester, Essex. Alla base un software e una lista di mille parole considerate a rischio, prodotti dalla società informatica inglese Impero con la collaborazione di un controverso e discusso think tank anti-radicalizzazione, la Quilliam Foundation. Tra le parole ci sono anche termini come “John Cantlie”, il giornalista britannico rapito dall’Isis e utilizzato nei suoi video di propaganda; o “YODO”, acronimo di “You only die once”, muori solo una volta: un’espressione di origine incerta e che secondo i produttori del software è associabile all’estremismo jihadista e ai suoi martiri, anche se alcuni fanno notare che sarebbe stata usata anche in campagne Twitter non direttamente connesse all’Isis. Nella lista (di cui sono usciti solo alcuni termini) ci sono anche parole pensate per individuare estremisti di destra, come “Stormfront”.

La legge antiterrorismo e le scuole

Il progetto pilota nasce sulla spinta dei nuovi provvedimenti della legge britannica antiterrorismo, il Counter-terrorism and Security Act 2015, che entra in vigore il primo luglio, e tra le altre cose prevede che le scuole si occupino di prevenire il rischio che gli alunni siano “attirati dal terrorismo”. In pratica da luglio tutte le scuole britanniche hanno il dovere legale di intervenire per contrastare l’estremismo, non solo quello violento, ma anche quello non violento, ovvero quello che “crea un’atmosfera che conduca al terrorismo e diffonda idee sfruttate dai terroristi”. La legge prevede dunque che gli studenti non possano accedere a materiali considerati estremisti dalla rete scolastica, e nel contempo investe insegnanti e dirigenti dell’inquietante ruolo di controllori delle idee dei ragazzi, con il rischio di trasformarsi in una sorta di longa manus dei servizi di intelligence e della polizia. O, quanto meno, di alienare ancora di più i soggetti considerati “a rischio”.

Anche perché gli istituti stanno rispondendo alla legge inglese in modo diverso e confuso: come una scuola elementare che ha fatto un seminario coi genitori per individuare segnali di radicalizzazione (negli alunni di 5 anni? o nelle loro famiglie?); e un’altra che ha fatto circolare tra i bambini un questionario in cui c’erano domande sulla violenza e la religione, riferisce il Guardian.

Tornando al software di Impero, non è chiaro se questo si limiti a individuare le parole digitate sui pc scolastici (come sembra probabile) o se effettui ricerche anche sui profili social dei ragazzi. Si sa invece che il progetto pilota potrebbe essere esteso a molte altre scuole. Tra l’altro Impero fornisce già al 40 per cento delle scuole medie britanniche simili programmi anti-bullismo e anti-razzismo. Il percorso sembra dunque essere: software per individuare comportamenti violenti (bullismo ecc) fra gli studenti; aggiornamento a un software per tracciare possibili islamisti; aggiunta di termini che indicano altri tipi di estremismo.

L’approccio in Italia

In Italia non risultano esserci progetti di questo tipo, almeno non sono noti a chi si occupa del tema, come il Centro Zaffiria, associazione e laboratorio che lavora con molte scuole e università sul tema dell’educazione al digitale e ai media. “Il nostro discorso educativo è opposto alla logica del software, con cui ci si lava la coscienza, abdicando a un ruolo che deve essere di formazione e dialogo”, commenta alla Stampa la responsabile Alessandra Falconi. “La Commissione europea ha approvato un progetto fatto da noi e dall’Ong Cospe proprio sul tema nuove tecnologie e incitamento all’odio, dove l’idea è creare dei moduli didattici, formare studenti, insegnanti e media su come gestire questi fenomeni” (per trasparenza specifichiamo che tra i media è stata coinvolta anche La Stampa).

“Non abbiamo casi di questo genere”, dice alla Stampa Alberto Pian, docente all’IIS Bodoni Paravia di Torino e coordinatore di diversi progetti sull’utilizzo dell’iPad nelle scuole. “Nei pc scolastici di solito ci sono dei filtri sulla navigazione internet agganciati a dei firewall; e se si danno agli studenti dei tablet in comodato d’uso si installano dei sistemi di mobile device management (MDM) che consentono anche un controllo molto puntuale: l’insegnante può disattivare applicazioni ad esempio. Comunque pensare di controllare gli studenti coi dispositivi scolastici è solo un modo per le scuole di coprirsi le spalle; anche perché oggi i ragazzi hanno internet sempre con sé, a partire dagli smartphone”.

Gli Usa e i software che spiano gli studenti

I software anti-radicalizzazione di Impero saranno sperimentati anche su cinque scuole negli Usa, dove il controllo sul comportamento degli studenti attraverso le loro attività online in alcuni casi è stato molto spinto. Qui le soluzioni più estreme adottate da alcuni istituti sono di due tipi: il primo prevede l’uso di programmi che scansionano tutti i messaggi, le email, le chat, i documenti scambiati dagli studenti attraverso la rete della scuola e allertano gli amministratori di quello che è ritenuto inappropriato. I software dell’azienda CompuGuardian o di Gaggle sono in grado analizzare in modo granulare le attività degli studenti e di fare dei grafici con la classifica, ad esempio, di quelli che usano più parolacce. E possono mandare alert ai dirigenti scolastici se individuano parole o immagini considerate “inopportune”, ad esempio se qualcuno invia a un altro via email una foto con nudità.

La seconda categoria di software ha invece più a che fare con l’analisi di quanto pubblicato online dagli studenti: programmi come quelli di Geo Listening setacciano i profili social degli studenti e allertano le scuole se individuano stati d’animo di rabbia, stress o altre informazioni personali ritenute a rischio. L’obiettivo dichiarato dall’azienda è “andare incontro alle esigenze emotive e sociali degli studenti”. Che il modo migliore per raggiungere questo obiettivo sia la sorveglianza dei comportamenti e delle comunicazioni pubbliche e private dei ragazzi è tuttavia discutibile. E non abbastanza discusso.