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DdL, sono almeno 60mila gli esclusi dal piano straordinario di assunzioni

da La Tecnica della Scuola

DdL, sono almeno 60mila gli esclusi dal piano straordinario di assunzioni

Lo sostiene Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera. A pensarla come lui sono anche altri 42 parlamentari, sempre Pd: qualche giorno fa, la Camera ha approvato un loro ordine del giorno per avviare un monitoraggio e verificare l’esatto numero dei docenti che hanno diritto all’immissione in ruolo. E da Bruxelles fanno sapere: stiamo vigilando sulle assunzioni della “Buona Scuola”.

“Stabilizzare in due anni circa 160mila insegnanti è un risultato enorme e non scontato, per il quale ci siamo battuti ottenendo l’inclusione degli idonei nelle assunzioni”. Ma “non bisogna però dimenticare che mancano all’appello altri 60mila precari”. Lo sostiene Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera, ricordando che se si attuasse un monitoraggio sul precariato scolastico, uscirebbe fuori che la platea degli aventi diritto all’immissione in ruolo dovrebbe essere allargata. E nemmeno di poco.

“L’ordine del giorno, firmato da 43 parlamentari del Pd, che il Governo ha approvato nell’Aula della Camera, chiede di avviare un monitoraggio finalizzato a verificare il numero dei docenti che negli ultimi anni hanno svolto in modo continuativo attività di insegnamento, al fine di ricomprendere queste competenze nelle assunzioni”. Tra gli esclusi dal piano assunzioni del ddl, lo ricordiamo, ci sono tutti gli abilitati con il Tfa e con il Pas.

Per Damiano non ci sono dubbi: bisogna “migliorare la normativa che riguarda l’assunzione dei precari. La battaglia sulla Buona scuola, che ha già dato importanti risultati di correzione alla Camera, deve continuare al Senato”.

A chiedere di verificare l’entità dei posti liberi e degli aventi diritto è anche l’Anief. Che rivendica un censimento. Inoltre, il sindacato autonomo ha denunciato che “le 100mila assunzioni dei precari della scuola, che il Governo italiano vuole far passare come un piano storico che abbatterà la ‘supplentite’ non sono solo sottodimensionate, ma attuate perché imposte della Commissione europea: a confermarlo è la risposta fornita in settimana dalla ‘Direzione generale occupazione, affari sociali e inclusione’ alla prima delle denunce presentate per l’abuso del precariato in Italia. Per la stessa Commissione europea, infatti, il ddl ‘La Buona Scuola’ “consentirà alla maggior parte se non a tutti i dipendenti attualmente con contratto a tempo determinato di essere assunti su base permanente”. E per questo motivo gli sviluppi e l’esito di approvazione del decreto, già approvato dalla Camera ed ora all’esame del Senato, sono sotto l’attenzione di Bruxelles.

Nella risposta alla denuncia, dello stesso tenere di quella presentata anche dall’Anief, la Commissione europea spiega che i propri servizi “sono in contatto regolare con le autorità nazionali in relazione al contenuto specifico e alla progressione di tali riforme”. Pertanto, è sempre più evidente quanto sostenuto dal’Anief: il Governo italiano è stato semplicemente costretto ad attuare il piano straordinario di assunzioni previsto dal ddl “La Buona Scuola”.

Il giovane sindacato lo aveva denunciato formalmente ad inizio mese, nel giorno dello sciopero generale, quando il presidente Anief, Marcello Pacifico, è volato a Bruxelles: nella documentazione presentata all’Ue, il sindacalista ha spiegato che attraverso il ddl di riforma della scuola, l’Italia “invece di stabilizzare, non assume su tutti i posti realmente vacanti, lascia fuori dalle scuole 200 mila precari e li continua a discriminare rispetto ai colleghi di ruolo, senza prevedere alcuna tutela. Nonostante la sentenza “Mascolo” della Corte di giustizia europea del novembre 2014 e l’atto di messo in mora della Commissione UE del 2013, rimane irrisolta e confusa la situazione del precariato scolastico”.

“È sempre più evidente – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – che il piano ‘ristretto’ di immissioni in ruolo predisposto dal Governo non risolverà il problema del precariato. Perché due supplenti annuali su tre continueranno ad essere inquadrati da graduatorie che non saranno affatto svuotate. Ora, da Bruxelles ci dicono anche che quelle assunzioni vanno fatte. Il nostro sindacato ha già denunciato a Bruxelles che le 100mila assunzioni sono un bluff, perché ci sono più di 100mila fuori dal piano straordinario degli aventi diritto. Per questo continuano i ricorsi in tribunale”.

Ddl Scuola, da mercoledì 27 iniziano le audizioni in commissione al Senato

da La Tecnica della Scuola

Ddl Scuola, da mercoledì 27 iniziano le audizioni in commissione al Senato

La Commissione, accogliendo la proposta avanzata dal Presidente Marcucci, ha deliberato di iniziare la prossima settimana l’esame del disegno di legge governativo (n.1934) recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione”.

Al riguardo, si è convenuto di procedere, nella giornata di mercoledì 27 maggio, e, se necessario, giovedì 28 maggio, ad un ciclo di audizioni informali, concluso il quale si svolgerà la relazione introduttiva sul provvedimento e l’avvio della discussione generale, che proseguirà mercoledì 3 giugno. Il termine per la presentazione di emendamenti ed ordini del giorno è stato fissato a lunedì 1° giugno alle ore 12. Sono stati scelti anche i due relatori in commissione Istruzione al Senato: la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi, e il senatore Ap, Franco Conte.

Rese note anche il calendario delle prime audizioni (clicca qui)

Tra mercoledì 27 e giovedì 28 maggio saranno audite circa 40 sigle, compresi i sindacati generali e di categoria. In seguito il testo verrà incardinato e si aprirà il dibattito generale. In prima lettura alla Camera sono state ascoltate 90 associazioni rappresentative di docenti, dirigenti, famiglie e studenti.

Ecco come risolleviamo la scuola: tanti soldi contro la dispersione, più prof e tirocini

da La Tecnica della Scuola

Ecco come risolleviamo la scuola: tanti soldi contro la dispersione, più prof e tirocini

Il sottosegretario Faraone: al Mezzogiorno 3 miliardi per contrastare la dispersione scolastica, solo alla Sicilia 600 milioni, 482 a carico del Fse e 192 del Fsr. La riforma porterà l’8% insegnanti in più e 400 ore d’alternanza scuola-lavoro. Perché la scuola non è quella astratta, stile Libro Cuore: servono strumenti utili.

Tanti soldi per contrastare l’abbandono prematuro dei banchi, soprattutto al Sud, incrementi di docenti per ogni scuola, investimenti per l’alternanza scuola-lavoro. Sono i punti che il Governo, anche attraverso il ddl ‘La Buona Scuola’, ha deciso di attuare per elevare la formazione dei cittadini italiani. A dirlo è stato Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione, rispondendo il 22 maggio ai ragazzi nell’oratorio della Chiesa di San Giovanni Apostolo a Palermo, dove si è svolta la presentazione di un’iniziativa di ‘Crescere al Sud’, la rete di associazioni promossa da Save The Children e Fondazione con il Sud.

“A favore del Mezzogiorno – ha detto Faraone – le somme destinate a contrastare la dispersione scolastica sono pari a 3 miliardi di euro: sono fondi strutturali che il governo ha deciso di destinare a questa priorità”. Parlando della Sicilia, sua terra d’origine e dove si è svolta l’iniziativa, il sottosegretario ha sottolineato che alla regione più estesa d’Italia “sono destinati 600 milioni, 482 milioni a carico del Fse e 192 milioni del Fsr”.

Ma il potenziamento delle scuola riguarderà tutti gli istituti. Che grazie alla riforma della scuola avranno, in media, ha assicurato il rappresentante del Governo “l’8% insegnanti in più“.

Faraone è convinto che attraverso l’impegno contro la dispersione a la maggiore presenza di prof nelle scuole, l’istruzione pubblica non potrà che migliorare. “Bisogna creare situazioni – ha detto ancora a Palermo – per cui la scuola sia plasmata al territorio. La scuola non è quella astratta, stile Libro Cuore: vanno costruiti strumenti utili e concreti. Quando abbiamo scritto la riforma della Scuola abbiamo fatto riferimento a questo. La scuola è il luogo della costruzione della coscienza civica dei ragazzi e i lavoratori del futuro e deve essere direttamente collegata al lavoro. E l’alternanza scuola-lavoro è uno degli elementi più importanti”.

A tal proposito, sui tirocini che gli studenti degli anni terminali della scuola superiore svolgeranno nei luoghi di lavoro, il sottosegretario ha tenuto a dire che “la riforma prevede 400 ore di formazione scuola-lavoro e su questo siamo contestati anche dai sindacati”.

“Carta Intenti” MIUR-CSM per cultura della legalità nelle scuole

Legnini-Giannini, siglata a Palermo “Carta Intenti”
MIUR-CSM per cultura della legalità nelle scuole

Il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini e la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, oggi, sabato 23 maggio, nel giorno del XXIII anniversario delle stragi di Capaci e Via D’Amelio, hanno siglato, nel corso della diretta RAI “PalermoChiamaItalia”, dall’Aula bunker di Palermo, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la “Carta d’intenti”, per diffondere la cultura della legalità nelle scuole.

Il protocollo d’intesa MIUR-CSM, già oggetto di approvazione unanime da parte del Plenum del Consiglio, nella seduta di mercoledì scorso, 20 maggio, si propone la finalità di promuovere la cultura della legalità e della giustizia nelle scuole e la conoscenza del lavoro quotidiano della magistratura, attraverso un programma pluriennale di attività e di percorsi educativi da sviluppare con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

“Un accordo di grande valore, perché, come diceva Antonio Caponetto, la mafia teme di più la scuola della giustizia. Figuriamoci se scuola e giustizia si mettono assieme”. Così il Vice Presidente Legnini, ringraziando la Ministra Giannini e il Presidente della Repubblica Mattarella, durante la diretta “PalermoChiamaItalia”.

L’innovazione contenuta nella carta d’intenti MIUR-CSM, consiste nel rendere permanente e strutturato l’impegno dei magistrati con le scuole italiane, autorizzando gli stessi a programmare le attività con i dirigenti scolastici, sulla base degli indirizzi che saranno definiti da un apposito Comitato.

DDL scuola: nemmeno un euro per il fondo di istituto

da La Tecnica della Scuola

DDL scuola: nemmeno un euro per il fondo di istituto

Reginaldo Palermo

Le risorse che il ddl prevede per incrementare le dotazioni strumentali delle scuole sono del tutto risibili: meno di 3milioni per il 2015 e 313mila euro per il 2016. Non un euro per incrementare il fondo di istituto

C’è un tema, nel disegno di legge sulla “Buona Scuola”, di grande rilievo ma sul quale finora si è detto poco o nulla: è quello delle risorse finanziarie che, al netto delle assunzioni, serviranno ad implementare le numerose attività previste dal piano.
Se si va a leggere l’articolo   sulle  c’è da rimanere senza parole; si parla infatti della istituzione di un nuovo capitolo di spesa denominato “Buona scuola” la cui dotazione è fissata in poco meno di 3milioni di euro per il 2015 e addirittura in 313mila euro (non è un errore, la cifra è proprio questa!) per il 2016.
Tanto che la formula “senza maggiori oneri per la finanza pubblica” è ripetuta diverse volte nel testo.
Questo significa che le uniche vere risorse che le scuole avranno a disposizione saranno costituite quasi esclusivamente dai docenti neo assunti.
E così per il fondo di istituto per i compensi accessori del personale docente e Ata non è previsto nessun incremento (anzi, siccome il numero dei docenti aumenterà, la quota media pro-capite diminuirà di un buon 5-10%).
Ma c’è anche il problema delle supplenze: poichè non è detto che con l’organico dell’autonomia si possa riuscire a contenere le spese delle supplenze temporanee, è molto probabile che – alla resa dei conti – il MEF imporrà il ricorso alla solita “clausola di salvaguardia” e quindi, come già in passato, si dovrà usare la cassa del Miur per pagare gli stipendi dei supplenti.
Parlare di musica per tutti dalla primaria ai licei è certamente un bello slogan ad effetto, così come è buona cosa prevedere l’impiego di docenti specializzati nell’educazione musicale fin dalla primaria, ma non bisognerebbe trascurare aspetti organizzativi e strumentali: con bambini alle prime armi si può sicuramente fare musica usando legnetti, bicchieri, sassolini e bottiglie, ma – ad un certo momento – bisognerà anche iniziare a introdurre qualche altro “oggetto” (non diciamo un pianoforte a coda, per carità) ma anche semplicemente qualche tamburello e qualche CD. Oggetti che, purtroppo, non sono del tutto gratuiti. A meno che gli estensori della legge non abbiano già messo nel conto che, come spesso accade già ora, il materiale se lo porteranno da casa i docenti o lo si farà acquistare dai genitori.

DDL scuola sarà legge fra un mese?

da La Tecnica della Scuola

DDL scuola sarà legge fra un mese?

E’ molto difficile che il ddl “Buona Scuola” possa diventare legge prima del 20 giugno. Vi spieghiamo perché

Inizierà nei prossimi giorni al Senato la corsa contro il tempo per approvare al più presto il disegno di legge sulla scuola, mentre dal Ministero dell’Istruzione fanno sapere che se non si chiude entro la metà di giugno non sarà possibile garantire le assunzioni prima dell’avvio del nuovo anno scolastico.
A poco vale, secondo noi, che la Commissione Cultura abbia già fissato al 1° giugno il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti: difficilmente il termine potrà essere rispettato (era già accaduto alla Camera dove poi il termine fu prorogato) anche perchè non è per nulla certo che prima di quella data la relatrice di maggioranza (probabilmente la senatrice Francesca Puglisi) sia già riuscita a presentare il provvedimento in Commissione.
Secondo il calendario già deciso dall’ufficio di Presidenza della Commissione la prossima settimana dovrebbe essere dedicata alle audizioni di alcuni soggetti che non erano stati auditi alla Camera (questa fase dovrebbe concludersi giovedì); subito dopo dovrebbe prendere  avvio la presentazione del del disegno di legge da parte della senatrice Puglisi, presentazione che – stando al comunicato diramato dalla Commissione stessa – dovrebbe riprendere a partire dal 3 giugno (peraltro appare un po’ irrituale che per la presentazione degli emendamenti sia stato fissato un termine addirittura anteriore alla conclusione della relazione introduttiva).

A quel punto, però, bisognerà attendere i pareri delle altre Commissioni e, in particolare, del Bilancio.
Insomma, i tempi non potranno essere rapidissimi ed è davvero difficile pensare che il provvedimento possa andare in aula prima del 15 giugno.
Senza contare che, se il Senato dovesse apportare delle modifiche (eventualità ormai quasi certa), il disegno di legge dovrà ritornare alla Camera dove ci vorranno almeno altri due-tre giorni per chiudere definitivamente i lavori.
E poi ci saranno i tempi tecnici per la firma da parte del Capo dello Stato e per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. In conclusione: se tutto filerà liscio, la “Buona Scuola” potrebbe diventare legge dello Stato intorno al 25 giugno. Forse troppo tardi per garantire che l’anno scolastico inizi già con tutti i neo-assunti ai loro posti.
Ma le nostre sono semplici previsioni di buon senso: la politica, molto spesso, funziona secondo regole diverse.

23 maggio, gli studenti ricordano l’anniversario della strage di Capaci

da La Tecnica della Scuola

23 maggio, gli studenti ricordano l’anniversario della strage di Capaci

Gli studenti di tutto il Paese e un centinaio provenienti dall’Europa e Stati Uniti si uniranno nel ricordo delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Nel corso della manifestazione “Palermo chiama Italia”. verrà inaugurata l’opera di street art dedicata al commissario di Polizia, Ninnì Cassarà e al poliziotto Roberto Antiochia, vittime della mafia trent’anni fa.

“Palermo chiama Italia” è il titolo della manifestazione organizzata dalla Fondazione ‘Giovanni e Francesca Falcone’, in collaborazione con la Direzione Generale per lo Studente del Ministero dell’Istruzione, che quest’anno si svolgerà non solo a Palermo, ma anche nelle piazze italiane in cui cittadini e studenti saranno presenti per dare testimonianza del loro impegno per la legalità.

Il Miur e la Fondazione Falcone, grazie alla collaborazione della Rai, hanno deciso di collegare il capoluogo siciliano con sei piazze di altrettante città (Milano, Gattatico, Firenze, Napoli, Rosarno, Corleone), unendo così tutto il Paese nella commemorazione del XXIII anniversario della morte di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, del giudice Francesca Morvillo, moglie di Falcone, e degli uomini delle loro scorte. “Le piazze che si uniranno in un solo coro per la legalità il prossimo 23 maggio sono un segnale importante, sono la fotografia di un Paese che dice con chiarezza da che parte vuole stare e di una scuola che sa di avere un ruolo chiave nell’educazione alla legalità”, sottolinea il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini.

A Palermo, l’evento principale si terrà presso l’Aula Bunker del carcere Ucciardone, quella del maxiprocesso alla mafia. Ogni città si collegherà con l’Aula Bunker nel corso della cerimonia istituzionale che sarà trasmessa in diretta su Rai Uno. Nelle sei città d’Italia si terranno incontri e iniziative con le testimonianze di familiari di vittime della mafia e rappresentanti delle associazioni

Sempre il 23 maggio,  nel corso della manifestazione “Palermo chiama Italia” organizzata dalla Fondazione ‘Giovanni e Francesca Falcone’, insieme alla Direzione Generale per lo Studente del Ministero dell’Istruzione, verrà inaugurato un murale dedicato al commissario di polizia Ninni Cassarà e al poliziotto Roberto Antiochia, vittime di mafia di cui quest’anno ricorrere il trentesimo anniversario della loro morte.

L’opera di street art è promossa dal progetto S.O.S. Scuola, (ideato un anno fa dalla casa di produzione cinematografica L’Alveare Cinema e promosso dall’Associazione Alveare per il Sociale) in collaborazione con il Miur e realizzato al Liceo Linguistico “Ninni Cassarà” di Palermo dall’artista e volontaria di S.O.S. Scuola, Marisa Polizzi, che ha raccolto le idee degli studenti e bambini del quartiere Montepellegrino dove è ubicato il Liceo.
Parteciperanno all’evento anche i fratelli di Ninni Cassarà, Sergio e Rosalba.

Nel corso dell’inaugurazione spazio a musica live e all’esibizione della “Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana”.
S.O.S. Scuola offrirà un aperitivo nel nuovo “Bar del Cassarà”, uno spazio del Liceo riqualificato dopo un decennio di abbandono e aperto a tutto il territorio, sede dell’associazione culturale che è stata recentemente costituita da ex studenti e giovani artisti palermitani, e soggetto di una web serie coprodotta da Rai Fiction e L’Alveare Cinema.
Paolo Bianchini, presidente dell’ Associazione Alveare per il Sociale , spiega:“Cassarà è stato uno stretto collaboratore di Falcone e il 23 maggio ci è sembrata una data importante non solo per ricordare il suo impegno civile  e quello di Antiochia, ma per dire che proprio dalle scuole bisogna ripartire per costruire una società civile consapevole, per sviluppare gli anticorpi alle mafie, e in questo senso Palermo deve recuperare l’orgoglio per un movimento antimafia che ha insegnato molto al resto d’Italia”.

Anche i volontari più giovani di S.O.S. Scuola si sono resi protagonisti e partecipi all’iniziativa, realizzando un video racconto della nascita del murale, che sarà proiettato la mattina del 23 maggio al Teatro Politeama, dove, sempre nell’ambito della manifestazione “Palermo chiama Italia”, a partire dalle 9,30 sono previste esibizioni musicali, teatrali, performance artistiche e interventi legati ai temi della legalità.

L’A.I.E. protesta per il blocco delle adozioni

da tuttoscuola.com

L’A.I.E. protesta per il blocco delle adozioni

Con una nota del suo presidente, Giorgio Palumbo, l’A.I.E. – Associazione Italiana Editori, Gruppo Educativo -, senza entrare nel merito delle ragioni che hanno indotto numerosi docenti a scendere in piazza e manifestare contro il ddl di Riforma del Sistema di Istruzione Nazionale, meglio noto come ‘La Buona Scuola’ e attualmente all’esame del Senato, “esprime sconcerto e stupore rispetto alle forme che tale protesta ha assunto in alcuni istituti attraverso il blocco delle adozioni dei libri di testo“.

E’ davvero singolare infatti“, prosegue la nota, “che il costo di una protesta, legittima nei termini di una corretta espressione di dissenso nei confronti di un provvedimento legislativo contestato, finisca per scaricarsi interamente sulle spalle di aziende e operatori del settore che altra colpa non hanno se non quella di prestare un servizio di informazione e aggiornamento alle scuole e alla classe docente, nel contesto di una corretta prestazione sinallagmatica. E’ ulteriormente singolare, inoltre, che il costo di questa manifestazione di dissenso finisca per ricadere su soggetti strumentalmente trasformati in impropria controparte, ma che rispetto alle richieste di modifica o di ritiro del ddl in oggetto non hanno alcun potere di intervento“.

Gli editori lamentano di aver subito anche in passato il prezzo di analoghe proteste che finiscono per addossare il costo economico della manifestazione di dissenso “a categorie imprenditoriali del tutto estranee alle dinamiche in gioco, ma individuate come l’obiettivo da colpire secondo anacronistici modelli culturali e ideologici che sembrano evocare forme di lotta superate dal tempo e dalla storia“.

L’A.I.E. ricorda che “anche l’adozione dei libri di testo e/o di strumenti alternativi, coerentemente con la redazione del P.O.F., costituisce sotto il profilo amministrativo un atto dovuto da parte dei docenti” e quindi si augura che il MIUR – attraverso i suoi uffici centrali e periferici -“voglia attivarsi in questo senso, come già fatto per il ventilato ‘blocco degli scrutini’ – consentendo il ripristino di una situazione di piena normalità”.

Ddl scuola, il calendario delle audizioni al Senato

da tuttoscuola.com

Ddl scuola, il calendario delle audizioni al Senato

Mercoledì 27 maggio inizieranno al Senato le audizioni sul ddl Scuola a cui parteciperanno anche i deputati della commissione Cultura alla Camera. Lo si legge nel calendario della prossima settimana della commissione Istruzione di Palazzo Madama.

Le prime audizioni sono previste mercoledì mattina: alle 9,30 parleranno le associazioni di genitori; alle 10,30 le associazioni di dirigenti scolastici; 11,30 associazioni di docenti; 12,30 Forum studenti. Nel pomeriggio, a partire dalle 15, saranno ascoltati i rappresentanti dei sindacati confederali.

Il senatore del Pd Andrea Marcucci, presidente della commissione Istruzione a Palazzo Madama, spiega: “Il confronto sul ddl scuola del governo Renzi a avanti anche in Senato. Mercoledì 27 e giovedì 28 maggio saranno audite circa 40 sigle, compresi i sindacati generali e di categoria. In seguito il testo verrà incardinato e si aprirà il dibattito generale. Ricordo che in prima lettura alla Camera sono state ascoltate 90 associazioni rappresentative di docenti, dirigenti, famiglie e studenti“.

Giovedì, invece, dalle 10 alle 12,30 sarà la volta dei sindacati di categoria. A seguire ci sarà l’avvio della discussione generale e un ufficio di presidenza per il calendario dei lavori di giugno.

Sono due i relatori scelti per il ddl Scuola, che sarà esaminato in commissione Istruzione al Senato: la responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi, e il senatore Ap, Franco Conte.

Ddl scuola, Renzi e Giannini: Al Senato ci saranno miglioramenti

da tuttoscuola.com

Ddl scuola, Renzi e Giannini: Al Senato ci saranno miglioramenti

A proposito del Ddl scuola, “quanto agli spazi di miglioramento del testo, io credo che il Senato farà un buon lavoro. Anche sui due punti della valutazione e del dirigente scolastico c’è spazio per discutere. Non è un testo blindato“. Lo dice il premier Matteo Renzi in una intervista al ‘Mattino’.

Spazi di apertura anche dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che, a margine di una cerimonia nel salone d’onore del Coni, rispondendo a una domanda sulle aperture dell’Esecutivo al dialogo sulla riforma della scuola, dichiara: “Riceverò i sindacati lunedì, per la quarta volta“, e quindi da parte del Governo “mi sembra ci sia un dialogo concreto e non un dialogo fittizio“.

Gli studenti di serie B: “buona scuola” e disabilità

Gli studenti di serie B: “buona scuola” e disabilità

Su “La Repubblica” di ieri Adriano Sofri, solitamente molto attento ai temi sociali, interviene su un aspetto particolare della riforma della scuola entrando nel merito della delega al Governo per la revisione del ruolo e delle competenze degli insegnanti di sostegno (I professori di serie B, 21 maggio 2015).

Nel pezzo di Sofri vi è più di un’imprecisione. Innanzitutto quella delega va riempita di contenuti ed indicazioni operative, ma non è un mistero che l’intento sia di rifarsi alla specifica proposta di legge (A.C. 2444) promossa dalle Federazioni delle associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari (FISH e FAND) e frutto di un lungo confronto con il Ministero. Quindi l’esigenza di una riforma del ruolo e delle competenze dell’insegnante di sostegno parte proprio “dal basso”, dai primi portatori di interessi, dall’intenzione di garantire innanzitutto il miglior diritto allo studio delle persone con disabilità.

Nell’Anno scolastico 2014/2015 gli studenti in Italia sono 7 milioni 900 mila con 728.325 insegnanti.

Gli insegnanti di sostegno sono 101.000 circa per una popolazione di studenti con disabilità di circa 207.000. L’organico degli insegnanti di sostegno è quindi in un rapporto 1 a 2. Il rapporto tra docenti di sostegno e docenti curricolari è di 1 a 7.

L’organico di sostegno non può essere considerato in sofferenza a meno che non si interpreti quell’insegnante come assistente personale. Ma non è quello il ruolo: per quel ruolo sono previsti gli assistenti educativi e alla comunicazione e gli assistenti materiali.

Il ruolo dell’insegnante di sostegno è quello del facilitatore, di essere il “ponte” fra l’alunno con disabilità, il docente, il gruppo classe. E questo ruolo impone alcuni presupposti.

Il primo è una specifica formazione in pedagogia speciale. Il sostegno adeguato lo si garantisce non con le inclinazioni personali o con una innata sensibilità, ma con specifiche competenze.

Va, quindi, riconosciuta e rimarcata, all’interno del corpo docente, la funzione educativa dell’azione di sostegno, non certo sostitutiva di specifiche figure assistenziali.

Tali figure assistenziali devono essere garantite su tutto il territorio nazionale in modo omogeneo, ma per le note vicende relative a fondi e frammentazioni delle competenze non lo sono. In queste sacche di disomogeneità l’insegnante di sostegno finisce per assumere ruoli di assistenza materiale, se non riabilitativa.

Il sostengo ha dunque un ruolo, una mansione, delle competenze precise. Non si comprende quindi perché qualunque disciplina non sia intercambiabile, il sostegno sì. Ecco la discriminazione: la marginalità. Tutte le discipline sono intoccabili, ma tutti, al contempo, possono – nel regime attuale – gestire il sostegno.

Nella realtà dei fatti la situazione assume connotazioni assai gravi di rinnovata marginalizzazione e confinamento.

Primo fra tutti il fenomeno crescente delle cosiddette “classi di sostegno” (da 5 a 7 alunni con disabilità con 1 – 2 insegnanti di sostegno): un ghetto illegale!

E ancora: insegnanti di sostegno senza alcuna formazione che usano quel ruolo per maturare punteggio nella propria classe di concorso (cosa consentita solo in questo caso), col risultato di dare scarse risposte all’alunno con disabilità e di praticare concorrenza sleale ad altri precari che non scelgono questa scorciatoia. Avere il coraggio di denunciare questo fenomeno – lo sapevamo – infastidisce interessi consolidati e visioni corporative che hanno poco a che vedere con il diritto allo studio e la qualità dell’educazione.

Per questi motivi riteniamo benvenuti i tentativi di sanare queste distorsioni, di garantire ai nostri figli una prospettiva diversa da quella del parcheggio in corridoio assieme al bidello.

Renzi: “Ragioniamo su docenti esclusi. Mi dà noia che chi ha pagato Tfa sia fuori”

da Il Fatto Quotidiano

Renzi: “Ragioniamo su docenti esclusi. Mi dà noia che chi ha pagato Tfa sia fuori”

La dichiarazione a sorpresa è del presidente del Consiglio. I docenti di seconda fascia non sono tra le assunzioni del provvedimento che ha ricevuto il primo via libera a Montecitorio

Riforma scuola, copiare gli altri può funzionare? Gli strumenti per valutare ci sono

da Il Fatto Quotidiano

Riforma scuola, copiare gli altri può funzionare? Gli strumenti per valutare ci sono

Il dibattito su La Buona Scuola – al di là delle polemiche – ha il grande merito di aver riportato in primo piano la necessità di ripensare radicalmente l’approccio italiano all’istruzione. Sono passati troppi anni (ahimè!) da quando frequentavo la scuola in Italia, e ormai, per aver contribuito a progetti di riforma in Uk, ho sicuramente più familiarità col sistema scolastico britannico. Quindi ho le mie idee sui meriti e i demeriti della Buona Scuola, ma me le tengo per me. Perché l’ultima cosa di cui ha bisogno questo dibattito è un’opinione che si basa su informazioni prese a distanza e di seconda mano.

Noto però nei molti commenti su giornali e social media tanti riferimenti al sistema scolastico tedesco, o a quello anglosassone, o a quello scandinavo. E mi sorprende come i paragoni, complicati perché tra sistemi pensati per rispondere alle specificità socio-economiche e culturali di Paesi diversi, siano usati a volte con poca attenzione ai fatti e molto opportunismo teorico.

Certo ai paragoni internazionali è piuttosto difficile resistere, anche perché quasi tutti i Paesi in questo momento stanno cercando di riformare il sistema scolastico. Ci sono due motivi principali per questa corsa alla riforma. Il primo è squisitamente economico. I governi cercano di capire come educare le nuove generazioni perché possano competere nell’economia globale. Ma come si può prevedere con certezza di quali conoscenze tecniche e capacità specifiche ci sarà bisogno tra 20 anni? Il secondo è prettamente culturale. I governi cercano di capire come educare le nuove generazioni in modo che mantengano un senso di identità culturale e allo stesso tempo sviluppino quell’apertura mentale indispensabile per partecipare del melting pot di lingue, teorie e culture che è il nostro secolo. E come si fa a riconciliare standard internazionali e attenzione e stili di apprendimento del singolo studente?

Il problema di base è comune e una risposta semplice a un problema tanto complesso naturalmente non esiste. Quindi i governi, spesso con pressanti limitazioni strutturali e finanziarie, cercano soluzioni più o meno innovative, e, un po’  in tutto il mondo, insegnanti, studenti e genitori dibattono, protestano, e testano.

Le comparazioni, naturalmente, le facciamo anche in Inghilterra, dove ultimamente si tende a cercare ispirazione nei modelli educativi scandinavi. Per esempio, guardando al modello svedese, nel 2011 il governo britannico ha istituito le Free School: scuole primarie e secondarie, pubbliche e quindi finanziate dallo Stato e non selettive ma fondate e gestite in quasi totale autonomia da gruppi di persone (spesso comitati composti da insegnanti e genitori) fondazioni, o società private. Oltre ai finanziamenti dello Stato (in media 4600 sterline per studente, come per le scuole statali tradizionali gestite dai comuni) le Free School possono raccogliere fondi da sponsor o chiedere un contributo volontario ai genitori. Un ente indipendente monitora periodicamente i risultati di tutte le scuole, incluse le Free School, assegnando un punteggio che va da eccellente a insufficiente. Così che anche i genitori possano conoscere la qualità della scuola dove iscrivere, oppure no, i loro figli.

A sentire Matteo Rossetti, fondatore della Thomson House School a Londra, la formula piace a insegnanti, alunni e genitori ma è ancora presto per valutare bene l’impatto di questa sperimentazione scolastica. Anche perché autonomia scolastica in questo caso vuol dire piena libertà nel selezionare (e licenziare) il personale e molta discrezionalità nel programma e metodo d’insegnamento, ma vuole anche dire che se la scuola non riesce a sostenersi con i fondi a sua disposizione o non raggiunge gli standard previsti, viene chiusa senza tanti complimenti.

Paradossalmente, questo modello di autonomia quasi totale che sembra molto promettente in Inghilterra, inizia a scricchiolare in Svezia, dove potrebbe già avere bisogno di essere ritoccato.

Potrebbe funzionare in Italia? Non saprei. Anche perché ci vorrebbero mesi di analisi e studi approfonditi per poter esprimere un parere con cognizione di causa. Il che porta a una domanda fondamentale: da dove iniziare quando si vogliono paragonare sistemi scolastici che sono il prodotto di un approccio educativo molto diverso?

Ho trovato tre risorse che credo potrebbero essere d’aiuto a chi volesse fare analisi comparate basandosi su dati verificati ed esempi internazionali ragionati.

Il primo è Eurydice, un network creato dalla commissione Europea per studiare e raccontare l’approccio educativo dei paesi della Ue, identificare problematiche comuni e confrontare le soluzioni diverse. Su Eurydice si trovano analisi tematiche e valutazioni indipendenti. Miglia di documenti. In pochi minuti su Eurydice scopro che solo la metà dei Paesi Ue ha un programma nazionale di training e supporto professionale per i nuovi insegnanti: il primo giorno di scuola per i nuovi insegnanti in Spagna, Norvegia e Olanda non dev’essere facile! E che l’aggiornamento è un obbligo professionale in Italia e in Uk, è necessario per avere una promozione in Francia ma è facoltativo in Norvegia e Svezia. Scopro anche che l’Italia è uno dei pochissimi Paesi dove una valutazione esterna e a 360 gradi delle scuole non è ancora la prassi e che il progetto pilota Vales, modellato su standard europei e che ha lo scopo di aiutare a definire il futuro Sistema Nazionale di Valutazione è legato alle famose prove Invalsi, boicottate da alcuni  – e con un certo clamore – qualche settimana fa.

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Il secondo poetale è Talis, il programma di Oecd che monitora a livello internazionale la qualità dell’insegnamento basandosi su questionari compilati da scuole campione. I database sono facili da navigare e in poco tempo scopro, per esempio, che il rapporto tra numero di insegnanti e alunni non è necessariamente direttamente correlato al livello di apprendimento. In Korea i 18 alunni per insegnante garantiscono comunque un ottimo piazzamento nelle classifiche PISA, mentre il Portogallo, con un rapporto insegnanti/alunni di 1 a 7, è solo a metà della classifica Pisa.

Scopro poi che gli insegnanti italiani sono i più “maturi” (49 anni in media) e che i più giovani sono gli insegnanti di Singapore (36 anni in media). E magari è anche l’entusiasmo della gioventù che spinge il 93 % degli insegnanti singaporiani a frequentare annualmente corsi di aggiornamento e soltanto il 50% di quelli Italiani a fare altrettanto. Scopro anche (ma questa non è una sorpresa per nessuno) che gli insegnanti italiani hanno un salario inferiore alla media dei colleghi di altri Paesi: l’equivalente di $31,500 all’anno a fronte dei $68,000 annui degli insegnanti Svizzeri e dei $33,000 dei colleghi francesi (fonte: Efficency Index  e Teachers and Head Teachers salaries in Europe). E lo stesso database rivela che la media Oecd e delle ore settimanali di lavoro è di 38 ore (inclusi insegnamento, colloqui, amministrazione, programmazione etc.) e che, secondo i questionari raccolti da Talis, gli insegnanti Italiani lavorano in media 29 ore a settimane, quelli britannici circa 46 ore a settimana ma che i veri stakanovisti sono gli insegnanti cileni: 26,7 ore d’insegnamento, 5 ore di programmazione, 4,1 ore di correzione compiti, 2 ore di progetti extra-curriculari e cosi via per un totale di 53 ore settimanali.

La terza risorsa è Education Gps, un portale specializzato nel raccogliere dati internazionali equiparabili e nel semplificare la comparazione tra politiche educative. Oltre a banche dati e statistiche, il sito offre la possibilità di comparare in modo semplice le politiche educative dei Paesi Oecd. Autonomia scolastica, valutazione del corpo docente, finanziamenti pubblici e misti, ruolo degli organi collegiali, struttura organizzativa dei distretti scolastici, ruolo del dirigente scolastico, filosofia educativa.

C’è tutto!

Buona comparazione.

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Spese scolastiche per le paritarie, detraibilità ambigua

da Il Sole 24 Ore 

Spese scolastiche per le paritarie, detraibilità ambigua

di Luca De Stefani

Le spese di frequenza dell’asilo e delle scuole elementari saranno detraibili al 19% dall’Irpef, con uno sconto massimo annuale di 76 euro per studente.

Lo prevede il disegno di legge di riforma della scuola, approvato mercoledì scorso alla Camera e ora in discussione al Senato, che introduce una nuova agevolazione per gli asili e le scuole di ogni ordine e grado, statali e paritarie. A differenza di quella già in vigore da anni per le medie, le superiori e l’università (anche in questo caso pubbliche o private) non prevede il consueto limite di spesa pari all’importo delle tasse e dei contributi degli «istituti statali» (che penalizzava le scuole private), ma introduce un tetto annuale di spesa di «400 euro per alunno o studente».

La nuova detrazione, però, non è stata coordinata con quanto previsto dal Testo unico delle imposte sui redditi per gli oneri sostenuti nell’interesse dei familiari. Quindi, se questa probabile svista non sarà modificata, i genitori non potranno pagare e detrarre il 19% dei costi scolastici dei propri figli, in quanto il bonus fiscale spetterà solo a questi ultimi, sempre che abbiano sostenuto la spesa. Cosa difficile per uno studente, che di rado ha un Irpef da pagare e da ridurre con nuove detrazioni.

Le persone fisiche, dunque, potranno detrarre dall’Irpef il 19% delle «spese sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione», previste dall’articolo 1 della legge 62/2000.

La spesa agevolata (non la detrazione) non potrà superare annualmente i «400 euro per alunno o studente», quindi la detrazione massima sarà pari a 76 euro (400 per 19%). Una grande differenza è che la nuova detrazione non prevede che gli oneri agevolati non debbano superare le tasse e i contributi degli istituti statali, e quindi elimina lo svantaggio per chi frequenta scuole paritarie, dove spesso si pagano rette superiori.

Nella nuova detrazione questo limite non è più presente, anche se è previsto quello della spesa detraibile di 400 euro annui «per alunno o studente».

La normativa fiscale italiana dice che solo alcune spese possano essere detratte al 19% dall’Irpef del soggetto che le ha effettivamente pagate, anche nell’interesse di familiari “fiscalmente a carico”. Sono i contributi per il riscatto del corso di laurea e le spese elencate dall’articolo 15, comma 2, del Tuir (e riportate a pagina 47 del modello Unico PF 2015), cioè quelle sanitarie, per lo sport dei ragazzi, per l’assicurazione vita e infortuni, per gli affitti degli universitari e per le spese scolastiche alle medie, alle superiori e all’università (solo quelle della lettera e, dell’articolo 15, comma 1, Tuir e non quelle introdotte dalla riforma sulla scuola alla nuova lettere e-bis).

Il carico fiscale del familiare addirittura non è necessario per determinate spese sanitarie o per le rette degli asili nido dei figli.

Un elenco mai ampliato in via interpretativa dalle Entrate o dalle istruzioni di Unico. Neanche la riforma della scuola l’ha ampliato, in quanto non ha aggiunto al comma 2 la nuova detrazione, inserita invecenella lettera e-bis, articolo 15, comma 1, del Tuir. Il che significa, qindi, che per essere detratte (al 19%) tali spese di frequenza dell’asilo, della scuola elementare, delle medie o delle superiori dovranno essere pagate solo dal soggetto che effettivamente fruirà dell’istruzione cui si riferiscono.