Esame di terza media, la prossima settimana al via per oltre 500mila studenti. Tutte le info utili su scrutini, prove e voto finale

da OrizzonteScuola

Di redazione

Oltre 560 mila studenti si preparano ad affrontare gli esami di Terza Media, il primo vero banco di prova della loro carriera scolastica. A differenza degli esami delle scuole superiori, le date delle prove sono decise autonomamente dalle commissioni, composte da docenti interni e un presidente esterno, con l’unica restrizione di svolgersi tra l’ultimo giorno di lezione e il 30 giugno.

Scrutini

Il primo passo cruciale sono gli scrutini di fine anno, che determinano l’ammissione all’esame. Sebbene la bocciatura sia rara, solo chi soddisfa requisiti specifici può partecipare: frequentare almeno i tre quarti del monte ore annuale, svolgere le Prove Invalsi 2024 e non incorrere in gravi sanzioni disciplinari. Durante gli scrutini viene anche definito il voto di ammissione, espresso in decimi, che può essere inferiore a sei in caso di insufficienze, consentendo comunque di sostenere l’esame.

Requisiti di ammissione

In base a quanto prevede l’articolo 6 del decreto legislativo 62 del 2017, l’ammissione all’esame di Stato è disposta, in via generale, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, e avviene in presenza dei seguenti requisiti:

a) aver frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato, fatte salve le eventuali motivate deroghe deliberate dal collegio dei docenti;

b) non essere incorsi nella sanzione disciplinare della non ammissione all’esame di Stato prevista dall’articolo 4, commi 6 e 9 bis del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249;

c) aver partecipato, entro il mese di aprile, alle prove nazionali di italiano, matematica e inglese predisposte dall’Invalsi.

Nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline, il consiglio di classe può deliberare, con adeguata motivazione, la non ammissione all’esame conclusivo del primo ciclo.

Prove scritte

L’esame prevede tre prove scritte: Italiano, Matematica e Lingue Straniere.

Prova scritta di italiano

La prima prova scritta di italiano è finalizzata ad accertare la padronanza della lingua, la capacità di espressione personale, il corretto ed appropriato uso della lingua e la coerente e organica esposizione del pensiero da parte dei candidati e fa riferimento alle seguenti tipologie:

  1. testo narrativo o descrittivo
  2. testo argomentativo
  3. comprensione e sintesi di un testo.

Prova scritta di matematica

La prova scritta relativa alle competenze logico-matematiche dovrà accertare la capacità di rielaborazione e di organizzazione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze acquisite dai candidati, tenendo a riferimento le aree previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo (numeri; spazio e figure; relazioni e funzioni; dati e previsioni).

Prova scritta di lingue straniere

La prova scritta di lingue straniere è composta di due sezioni distinte, rispettivamente, per l’inglese e per la seconda lingua comunitaria.

Questa prova accerta le competenze di comprensione e produzione scritta riconducibili ai livelli del Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue del Consiglio d’Europa (A2 per inglese, A1 per la seconda lingua comunitaria).

Le tracce d’esame, che possono essere anche tra loro combinate, si riferiscono a:

1. questionario di comprensione di un testo
2. completamento, riscrittura o trasformazione di un testo
3. elaborazione di un dialogo
4. lettera o e-mail personale
5. sintesi di un testo.

Tutte le prove scritte hanno una durata massima di 4 ore.

Colloquio

L’esame si conclude con un colloquio orale, durante il quale gli studenti dimostrano le proprie capacità di argomentazione, risoluzione di problemi e pensiero critico. Spesso la prova inizia con la presentazione di una tesina, seguita da domande sulle materie studiate. Il colloquio valuta anche le conoscenze di Educazione Civica e, per gli studenti dei percorsi musicali, prevede una prova pratica di strumento.

Voto finale

Il voto finale, espresso in decimi, deriva dal voto di ammissione e dalla media dei voti delle prove scritte e del colloquio orale, con arrotondamento per eccesso in caso di punteggi decimali pari o superiori a 0,5. La lode può essere attribuita a chi ottiene dieci decimi. Supera l’esame chi ottiene un voto pari o superiore a sei decimi.

Certificazione delle competenze

Tutti gli studenti che hanno superano l’esame di Stato da interni avranno una certificazione delle competenze che descrive l’acquisizione progressiva dei livelli di competenze chiave e di cittadinanza. Il documento è anche utile in vista dell’orientamento per gli studenti verso la scuola secondaria di secondo grado.

La pagina del MIM

Esame di terza media, tre prove scritte e un colloquio. Come sono strutturate: tipologie e tracce

In-segnare

In-segnare non è as-segnare ma con-segnare

di Margherita Marzario

 

“Chi insegna deve stare bene attento a non predicare più di quanto può capire chi ascolta. Deve imporre a se stesso un limite e scendere al livello di chi ascolta, perché, se dice ai piccoli cose sublimi, i suoi discorsi saranno inutili e risulterà che è più preoccupato di ostentare se stesso che di aiutare chi ascolta”. Così scriveva il papa Gregorio Magno alla fine del VI secolo d. C. sull’arte della comunicazione. Incisiva la locuzione “scendere al livello di chi ascolta” che, poi, è stata riformulata dal pediatra e pedagogista polacco Janusz Korczak: […] bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli. […] essere obbligati ad innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti”. Almeno ogni tanto bisognerebbe imparare dai bambini, anziché pretendere di educare/insegnare soltanto, e questo lo si può fare nel dialogo, variamente definito “educativo”, “euristico”, “ermeneutico”. Stare con i bambini fa essere bambini che non significa né rimanere bambini né tornare bambini ma vedere le cose dal basso in tutta la loro magnificenza. 

Il linguaggio dei bambini fa sorridere ma anche riflettere perché intriso di spontaneità e autenticità, è la vera comunicazione senza se e senza ma. I bambini, pur essendo balbuzienti della vita, sono un banco della scuola della vita, per cui hanno bisogno di sapienti educatori e non di saccenti insegnanti.

“Penso che nel libro sia solidificata, in maniera senza eguali, la ricchezza dell’umanità, la grandezza dell’immaginazione, la capacità di guardare a noi stessi e di raccontare agli altri” (il giornalista Marino Sinibaldi). Più che insegnare materie, ai bambini occorre consegnare la materia prima: la vita. 

A proposito di materie, la materia che a scuola è spesso resa ostica e invisa è la matematica. Di ciò si è occupato il pedagogista Camillo Bortolato: “Dov’è la matematica ? Non a scuola, ma nel biberon. Quando il latte aumenta hai il senso della addizione, quando diminuisce ecco la sottrazione”. Etimologicamente “matematica” deriva da un verbo greco che significa “imparare”;essa è insita nella realtà, nella vita, per cui tocca agli insegnanti non presentarla come disciplina astratta e ostica. Se si mira a sviluppare la mente matematica (e non solo numerazione e operazioni) si rende la matematica più simpatica. La matematica è un linguaggio ed elemento culturale per cui i bambini ne hanno diritto, anche secondo la Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura (Bologna 2011). 

Come rendere meno noiosa la matematica? Considerarla parte della vita quotidiana e insegnarla anche mediante la scrittura creativa.

Il lavoro dell’insegnante non deve essere scelto né come un comune impiego né, meno che mai, per ripiego, deve essere scelto per coerenza e con consapevolezza e non perché non si siano realizzati i propri sogni “individualistici” (diventare un letterato o un libero professionista affermato) ma per realizzare i propri sogni“personali”, per esempio contribuire alla costruzione di una società migliore, quel “progresso materiale o spirituale della società” di cui all’art. 4 Cost.. I bambini e i ragazzi hanno diritto non a insegnanti buoni o buonisti ma a buoni insegnanti.

L’insegnante deve essere foriero di “vento emozionale”, deve essere vento emozionale, deve provare e suscitare emozioni. Insegnare è far eruttare la lava da ogni bambino (anche da quello che sembra spento) affinché possa trovare la sua strada. Tra le qualità necessarie per l’insegnante: ascolto, entusiasmo, istinto, osservazione, unità (del sapere). 

All’insegnante è richiesta professionalità e non professionismo, anche nell’individuazione e nell’approccio con bambini con vari disturbi, sempre più diffusi. 

Secondo gli esperti “È importante sia per i genitori che per gli insegnanti, essere capaci di riconoscere tempestivamente i disturbi specifici dell’apprendimento, che se non riconosciuti in tempo, si trasformano in vere e proprie difficoltà scolastiche che generano un’elevata frustrazione nel bambino, rischiando di demolire la sua autostima. Gli insegnanti rappresentano un elemento preziosissimo nel riconoscere e fronteggiare i DSA, dato che gli indicatori di rischio sono rilevabili soprattutto attraverso l’osservazione degli apprendimenti degli alunni, da parte degli stessi. Proprio per tale ragione, è assegnato un ruolo fondamentale alla capacità di osservazione degli insegnanti nel contesto scolastico, sia per il riconoscimento di un potenziale disturbo specifico dell’apprendimento e sia per individuare quelle caratteristiche cognitive su cui puntare per il raggiungimento del successo formativo” (cit.). Le conseguenze e le difficoltà correlate alla dislessia o ad altri D.S.A. o B.E.S. sono talvolta causate dalla “dislessia” degli adulti di riferimento e della scuola. 

Nel processo di apprendimento l’insegnante non deve essere re ma regista, non autore ma fautore, non protagonista ma antagonista (come lo è il muscolo antagonista), non attore ma fattore.  

L’insegnante innovatore: “Aderisce profondamente, con la mente e col cuore, ai principi della Costituzione repubblicana” (da “Cinque passi per una scuola inclusiva” di Roberta Passoni e Franco Lorenzoni, 2019). L’insegnante è un cittadino qualificato che aiuta i giovani cittadini a essere tali nell’esercizio quotidiano della cittadinanza. 

Sempre sull’insegnante innovatore: “Parte sempre dal pensiero dei bambini e dei ragazzi, ascolta le loro idee, i loro pensieri, le loro emozioni, i contenuti delle loro osservazioni” (op. cit.). Una delle peculiarità dell’insegnante è la cura educativa. 

Nelle scuole si applicano il cooperative learning e altre metodologie affini per migliorare l’apprendimento e l’ambiente relazionale. Proprio quello che, spesso, non si fa tra colleghi insegnanti, a ogni livello (dal collegio docenti alla contitolarità della classe) tra cui esiste, invece, un’insana competizione o clima ostile dimenticando i principi costituzionali, dalla libertà di pensiero alla scuola aperta a tutti (artt. 33 e 34 Cost.), su cui si realizzano progetti a scuola ma non se ne fa un progetto. Il corpo docente è una delle categorie professionali meno compatte, a differenza di altri Paesi. A scuola si parla di sana competitività e di competenze ma, a volte, sono tanto competitivi e poco competenti proprio certi insegnanti. 

Lo psicologo educativo statunitense Jere Brophy affermava: “La gestione della classe è uno dei maggiori successi nella storia delle ricerche in campo educativo del ventesimo secolo” . L’insegnante non deve mirare né al proprio successo né al successo degli alunni in termini di prestazioni, risultati, obiettivi quanto, invece, a contribuire a una rete sana di relazioni, situazioni ed emozioni da vivere e condividere in classe. Quello spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia di cui si parla tra gli obiettivi dell’educazione nell’art. 29 lettera dConvenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. E questo dipende anche dai rapporti tra gli insegnanti e dalla gestione delle proprie emozioni e dei propri vissuti. 

“Gestire la classe significa agire in modo tale che ogni allievo possa trovare le giuste attenzioni educative e didattiche soddisfacendo i propri bisogni personali, promuovendo e mantenendo un proficuo ambiente di apprendimento in classe” (cit.). Gli insegnanti non sono titolari della classe ma gestori per cui gli aggettivi possessivi (la mia classe, i miei alunni, la mia aula, …) non si dovrebbero usare.

Insegnare: incontrare l’altro, iniziare l’altro alla vita, inciampare con l’altro negli ostacoli della vita per ri-cercare nuove soluzioni (come si fa nel caso della classe capovolta, dei compiti di realtà e così di seguito), in…

Insegnare è segnare il presente, disegnare il futuro, consegnare strumenti, assegnare compiti di vita.

Insegnare è come la “parabola del seminatore” (Vangelo di Matteo 13, 1-23): seminare generosamente, instancabilmente e dappertutto, nella libertà di imparare dell’allievo.  

E così la retribuzione più gratificante per gli insegnanti è ogni cambiamento che si nota in un alunno.

Adozione Libri di Testo

Nota 15 febbraio 2024, AOODGOSV 6740
Adozione dei libri di testo nelle scuole di ogni ordine e grado – anno scolastico 2024/2025


La comunicazione dei dati adozionali va effettuata, da parte delle istituzioni scolastiche, on line, tramite l’utilizzo della piattaforma presente sul sito www.adozioniaie.it o in locale, off line, entro il 7 giugno 2024.

La Nota 15 febbraio 2024, AOODGOSV 6740, stabilisce che le adozioni dei testi scolastici, o l’eventuale scelta di avvalersi di strumenti alternativi ai libri di testo, siano deliberate dal collegio dei docenti, nel mese di maggio e comunque non oltre la seconda decade dello stesso mese, per tutti gli ordini e gradi di scuola, con le modalità previste dalla Nota 9 aprile 2014, AOODGOS 2581.