G. Zigarella, La scuola è fallita

PREFAZIONE

Un modello, un progetto, uno sforzo di creatività ingegneristica, quello del Preside Zigarella, in un libro dal titolo caustico e urticante, amaro e vero.

Durante le nostre riunioni di preparazione alla pubblicazione ho avuto modo di approfondire con lui il discorso oltre queste pagine, riscoprendone la convinzione, la visione, l’utopia. Perché, sì, una scuola tutta rinnovata, organizzata, vissuta e fatta vivere esclusivamente da persone preparate ed ispirate, almeno nel breve termine, è forse davvero un’utopia.

Certamente non lo sono, invece: il perseguimento del bene degli studenti, la promozione meritocratica di discenti e docenti, la sicurezza materiale e psicologica dell’ambiente scolastico, la misurazione ponderata dei risultati, lo sblocco e la rimozione di alcuni interessi non compatibili con una buona offerta formativa.

A differenza dell’autore, non ho intrapreso altra carriera scolastica che il mio percorso di studi, durante il quale, da utente medio e insieme a molti dei miei compagni, posso dire di avere avvertito costantemente il bisogno di rinnovamento della proposta didattica, l’adeguamento di strutture e attrezzature, la riduzione degli sprechi, l’urgenza di una capacità dialogica rafforzata, sia tra noi bambini e ragazzi, sia i termini di strumenti che avrebbero dovuto essere dati o rafforzati in chi rappresentava per noi la guida e la fonte di apprendimento.

Generoso Zigarella ha lasciato la scuola in un’epoca in cui, a suo parere, tali cambiamenti, nonostante diverse riforme ed un interminabile ed interminato avvicendarsi di leggi e di ministri, non si sono ancora compiuti anzi, sono diventati più problematici e più impellenti.

Possibile, allora, che l’unica sentenza sia la condanna alla rassegnazione e al degrado? Leggendo il libro si comprende ben presto che, lungi da una presa di posizione disfattista, egli nutre auspici ben diversi e si assume la responsabilità di immaginare un primo possibile scenario, costruito con le considerazioni suggerite dalla sua personale esperienza. Un punto di vista soggettivo, concreto, a tratti originalissimo, anche nelle scelte stilistiche.

È anche così che ci si affida al lettore senza temere le pur opportune ed auspicabili critiche ed osservazioni, sapendo bene che, per recuperare le perle dal pantano delle opportunità mancate e della sfiducia generalizzata, una speranza può essere rappresentata da un grido di allarme (efficace, intonato e mai sguaiato) che, se colto da lettori consapevoli, pazientemente e minuziosamente cercati ed interrogati sulla lunghezza d’onda della loro onestà intellettuale, può rappresentare una scintilla per un confronto libero e appassionato che chi ama veramente la scuola ed i giovani può affrontare per costruire una soluzione condivisa, vera e desiderata come solo la verità può essere.

Il libro consta di tre parti.

La prima parte, che potrebbe definirsi viaggio nella scuola nascosta, rivela e denunzia situazioni ed aspetti inquietanti e deviati della vita scolastica, che, come tali, sono devianti e diseducativi per i giovani studenti. Di tali aspetti si indicano anche cause più generali e di sistema, ravvisabili, oltre che sul piano organizzativo e didattico, anche sul piano istituzionale, culturale e politico. Ne scaturisce un quadro inquietante della crisi scolastico-culturale dell’Italia, su cui ogni genitore, ogni studente, ogni docente, ogni dirigente, ogni cittadino dovrebbe riflettere.

L’emergenza educativa, della quale hanno, in vario modo, parlato autorità morali, intellettuali ed istituzionali, viene svelata in tutta la sua urgenza e drammaticità.

La scuola secondaria superiore italiana viene paragonata ad un’auto di grossa cilindrata col motore sempre acceso e col cambio sempre a folle; consuma tanta benzina, fa anche tanto rumore, ma è sempre ferma.

Richiamando le costanti negative valutazioni effettuate negli anni dall’OCSE, l’autore denunzia l’indifferenza del sistema politico-scolastico, evidenziando, al contrario, comeun’azienda, che avesse avuto una valutazione così negativa del suo “prodotto”, si sarebbe allarmata, avrebbe promosso indagini ed avrebbe cercato di individuare cause, responsabilità di metodo e di merito, colpevoli in carne ed ossa del disastro e, soprattutto, soluzioni.

Grazie alla sua diretta, ampia ed articolata esperienza, di vita e di scuola, l’autorefa conoscere concreti esempi di sprechi, di contraddizioni, di inutilità e di inefficienze didattiche, di abusi e di illegittimità istituzionali e costituzionali, che hanno caratterizzato e caratterizzano la vita e l’organizzazione della scuola secondaria superiore di questo Paese. Denunzia, così, le ciniche contraddizioni che caratterizzano la pratica attuazione della pur giusta legge 104/92 relativa alla diversa abilità; l’inutilità corporativa, a tutti i livelli, del sistema degli organi collegiali; le speculazioni che gravano sulla pratica attuazione dei principi della sicurezza. Ma ancor più svela e rappresenta i tradimenti, organizzativi e burocratici, che sono stati consumati nella fase di attuazione della legge che riconosce l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, individuando la responsabilità nei privilegi e negli interessi convergenti del sindacato e della burocrazia scolastica, che non esita a definire santa alleanza, fino al punto da determinare nella professionalità docente e nel ruolo del dirigente scolastico le reali, e non sempre consapevoli, vittime di tale sistema, oltre, ovviamente, agli studenti. Con significativa ed espressiva formulazione afferma che del dirigente scolastico, figura strategica del processo di autonomia, sono stati socializzati tutti i diritti e tutti i poteri, mentre ne sono state individualizzate tutte le responsabilità e tutti i doveri.

Proprio in questi processi ed in queste degenerazioni istituzionali, normative ed anche costituzionali, stanno le cause e le origini di quelle risultanze OCSE e, soprattutto, dei danni che si sono arrecati e si stanno arrecando ai giovani studenti; è da questa denunzia e da questa analisi che si deve partire per costruire una scuola secondaria superiore che serva agli studenti ed all’Italia intera. Da ciò la seconda parte.

La seconda parte, che potrebbe definirsi viaggio nel sogno di una nuova scuola, ipotizza un insieme organico di nuovi istituti, didattici, gestionali ed organizzativi, che, se introdotti, potrebbero affermare un nuovo e positivo ruolo formativo della scuola secondaria superiore italiana. Questo nuovo ed originale sistema scolastico avrebbe nel principio dell’unità della cultura il riferimento fondamentale per pensare e per costruire la nuova scuola.

Tale principio, però, non si risolve solo in una affermazione teorica, peraltro esplicitata e sviluppata con rigorosi riferimenti di didattica costruttivista; esso si accompagna ad una serie di idee-proposte riformatrici che gli danno senso e pratica validità. Tra queste idee va evidenziata, in primo luogo, una radicale riduzione del ruolo, del potere e della dimensione dell’amministrazione scolastica ministeriale, regionale e provinciale, che verrebbe sostituita da una vera ed autentica autonomia delle scuole secondarie superiori. Queste scuole, unitarie ed omnicomprensive, non dovrebbero essere più dimensionate secondo astratti limiti numerici, che hanno prodotto e che stanno producendo operazioni illegittime e clientelari di varia natura, ma devono essere definite esclusivamente in rapporto al numero di abitanti di un territorio ottimale ed omogeneo, sia esso comunale, pluricomunale o sottocomunale.  Dentro questo quadro si ipotizza il superamento delle cosiddette materie di insegnamento attraverso gli ambiti disciplinari assegnati ad una nuova figura di docente-master.

Ma c’è di più; c’è l’impianto organico e completo di una nuova scuola, che si sostanzia di ulteriori idee di riforma, tra cui va evidenziata una radicale riorganizzazione-unificazione della scuola secondaria attraverso l’istituzione dei dipartimenti, che, superando l’attuale divisione nelle diverse tipologie di istituti, consentano invece diversificazioni didattico-metodologiche solo a seconda degli ambiti di insegnamento ( non si possono insegnare cose diverse sempre e solo con gli stessi metodi e le stesse cadenze organizzative; non si possono insegnare le lingue straniere con lo stesso metodo con cui si insegna, ad esempio, la matematica o l’educazione fisica).

Si ipotizza così un’offerta formativa completa ed integrale, teorica e pratica, attraverso l’introduzione di nuove forme di didattica, tra cui, ad esempio, anche lezioni “on-line“, ma anche un tempo scuola più lungo sia nell’arco della giornata sia nell’arco dell’anno. Allosbandamento degli adolescenti, che, sempre più spesso, non trovano nella famiglia tempo ed occasione di serenità e di riflessione, è urgente e necessario che sia la scuola, in modo responsabile e qualificato, a supplirvi; a tal fine si immagina anche l’introduzione di una figura di tutor extrascolastico, che possa seguire e supportare il giovane al posto dei genitori, anche nei posti dove questi non potranno mai accompagnarlo.

Si ipotizza una paghetta per gli studenti, modesta e simbolica, un esame di stato facoltativo, un ultimo anno, che sia ponte tra lavoro pratico retribuito, studio universitario ed impegno sociale.

A corollario di tutto ciò e ad ulteriore qualificazione, in termini di efficienza, dell’intero impianto didattico-formativo si propone un sistema di valutazione di scuole e di docenti, non più incardinato su formali procedure ma solo sui successivi traguardi culturali e professionali raggiunti dagli studenti stessi.

La terza parte è solo l’annuncio di un altro prossimo libro, che dovrebbe essere scritto con quanto i lettori vorranno proporre, dopo avere letto e criticato questo libro. 

Ben consapevole delle complessità e delle dinamiche pratico-politiche che le idee qui rappresentate possono determinare, l’autore si augura che il libro possa almeno sollecitare un dibattito e, quindi, una ricaduta positiva su eventuali processi di rinnovamento della scuola. Peraltro, un tale dibattito, anche se non dovesse determinare un’automatica ricaduta legislativa, potrebbe almeno determinare un processo ed un’attenzione tale da incidere positivamente sulla situazione della scuola secondaria superiore; in altri termini, potrebbe almeno risvegliarla.

Un genitore potrebbe comprendere, col libro e col dibattito sul libro, meglio dinamiche e problematiche, che adesso potrebbero essergli sconosciute, potendo così meglio interessarsi ai suoi figli ed anche alle nuove ipotesi di riforma.

Un dirigente scolastico potrebbe meglio scoprire obiettivi e strategie che lo interessano direttamente, professionalmente e programmaticamente.

Analogamente un docente potrebbe meglio comprendere disfunzioni ed irregolarità, cogliendo, ad un tempo, anche una nuova visione di un suo elevamento professionale.

Lo stesso personale ausiliario-tecnico-amministrativo potrebbe trovare una più alta e qualificata occasione di realizzazione professionale.

Ma sono soprattutto gli studenti ad essere i veri beneficiari della scuola ipotizzata dall’autore, nella misura in cui potrà loro consentire, prima nella scuola e poi nella vita, di studiare, di lavorare e di realizzarsi in una dimensione di serenità, di felicità e di solidarietà.

Insomma, il libro potrebbe contribuire a fare uscire il ruolo e le rivendicazioni di tutti i lavoratori della scuola, dai docenti, ai dirigenti, agli A.T.A., da una visione corporativa, per collocarli dentro un protagonismo riformatore della scuola e di tutti i soggetti con la scuola interagenti. 

Ancora di più gli studenti potrebbero essere interessati direttamente sia da concreti contenuti culturali e formativi sia ad alcuni aspetti concreti, quale, solo per esempio, potrebbero essere la citata paghetta periodica ed ancor di più l’ultimo anno-ponte tra lavoro pratico retribuito, studio universitario ed impegno sociale.

Il libro si rivolge, inoltre, alla più generale opinione pubblica, nella misura in cui affronta un problema, quello della scuola, che è decisivo per il più complessivo sviluppo e progresso della società.

Un primo passo sarebbe costituito dall’infrangimento della barriera del silenzio, un secondo dall’analisi delle istanze rappresentate nella seconda parte. Quello definitivo verso un futuro migliore per la scuola: sicuramente il riempimento della terza parte, volutamente lasciata in bianco, con le controproposte, le alternative, perché no, il contraddittorio costruttivo e l’individuazione di un obiettivo condivisibile e focalizzato sulla missione principale che dovrebbe costituire la motivazione stessa dell’istruzione, ossia l’edificazione di generazioni future consapevoli, colte, composte di persone in grado di decodificare i linguaggi ed interpretare il proprio ruolo nel mondo con gli strumenti necessari.

Maria Elena Napodano