Giga gratis se l’istruzione è digitale

da HuffingtonPost Italia

La scuola a distanza in un Paese arretrato rischia di creare maggiori distanze sociali, invece di ridurle. Garantire la connessione è dovere dello Stato: riguarda un diritto costituzionale

Noi non lo sappiamo, ma ogni volta che diciamo o scriviamo (nella bolla virtuale in cui la maggior parte di noi vive è quasi la stessa cosa) “distanziamento sociale” non solo stiamo traducendo malamente parole di un’altra lingua, ma stiamo prefigurando il futuro prossimo. Quello in cui l’ascensore sociale è fermo a pianterreno e le distanze sociali saranno diventate divisioni verticali, separazioni incolmabili.
A partire dal principio della nostra vita da cittadini italiani, da quello che doveva essere uno dei più formidabili strumenti di realizzazione dell’eguaglianza: la scuola.
E’ stata proprio la scuola, assieme alla sanità, a dimostrarci, nelle ultime terribili settimane, l’inconsistenza di politiche pervicacemente perseguite e, assieme, il tragico ritardo rispetto a scelte che, oggi, avrebbero potuto fare la differenza.La scuola-azienda col preside-manager e gli studenti-lavoratori che fa il paio con l’ospedale-azienda e pubblicizza se stessa e i propri servizi come se fosse un resort dove i balli di gruppo sono più divertenti e i buffet più ricchi che in quella vicina.
La scuola che, a distanza, apre a cascata tutti i problemi lasciati irrisolti, ignorati, incompresi: la nuova versione delle famose “tre i” degli allegri tempi berlusconiani.La realtà è che la percentuale di famiglie in stato di “povertà tecnologica” è altissima, e dichiara un altro tragico divario da sempre espunto dalle strategie dei governi, quello tra il Sud e il Nord, tra regione e regione. Più del 25% delle famiglie non ha alcun accesso al web; la banda larga copre alcuni territori per intero, altri pochissimo; tra le famiglie con almeno un minore, solo una su tre ha un tablet. E non è solo questo: la scuola, come tutto il resto del nostro mondo conosciuto, si è trovata di colpo e traumaticamente di fronte a problemi che, nel tempo, si erano solo accumulati, e ora esplodono tutti assieme.
La “scuola digitale” è la stessa scuola degli istituti fatiscenti, senza banda larga, senza non solo le infrastrutture digitali (l’hardware), ma senza neppure le competenze, l’acculturazione digitale dei docenti (il software). Con i supplenti, precari (l’altro grande buco nero, l’altra granata che in tutti i settori ci sta esplodendo in faccia) magari fuorisede e senza connessioni stabili. Ma se questo oggi è, e lo sarà per un bel pezzo, e se come è, il diritto all’istruzione è un diritto costituzionale, la connessione, stabile naturalmente, diventa un diritto dovere dello Stato offrirla, diventa un bene comune, quasi come l’acqua. Ma di tutto questo nel dibattito pubblico non è entrato nulla, dando per scontato: che i docenti fossero tutti pronti con le lezioni a distanza e anche connessi, che i ragazzi fossero altrettanto reattivi e altrettanto connessi. Magari sì, ma se così non fosse, se ne deve occupare lo Stato, per l’oggi e per il domani, offrendo la connessione gratuita legata al diritto all’istruzione.

Altrimenti nella scuola il distanziamento sociale aumenta la distanza sociale. Con gli studenti che magari sono tre in una sola famiglia in cui pure il padre e la madre sono in smart working e non c’è turno che basti, o non c’è un pc fisso o una linea telefonica o una stampante perché negli ultimi anni abbiamo tutti massicciamente investito in supersmartphone che fanno qualsiasi cosa (e non immaginavamo che avremmo dovuto stampare compiti da fare o autocertificazioni come se piovesse). Con la considerazione aggiuntiva che  saper smanettare non è esattamente avere una “competenza digitale”. Ecco i temi, scottanti, su cui ci si dovrà confrontare da subito, e per cui non bastano i pochi soldi del “Cura Italia” né l’approccio convenzionale del Ministero. E sì, una task force di esperti davvero qui – per la scuola, il lavoro, le reti – è indispensabile quanto quella di virologi e scienziati. Una Protezione Civile dell’educazione e della cultura.