Un Natale particolare

Un Natale particolare…

di Maurizio Tiriticco

…quello di Roma, oggi, 21 aprile 2020! Particolare, per me, romano non di Roma, perché nato a Torino tanti tanti anni fa, ma romano a partire dai miei cinque anni di età. A Roma è sempre un giorno di festa! Anche se oggi, ovviamente, molto modesta e casalinga. Tutta colpa de ‘sto Corona Virus!!! Ma è meglio che copio dal web: “Il Natale di Roma, anticamente detto Dies Romana, conosciuto anche con il nome di Romaia, è una festività legata alla fondazione della città di Roma, festeggiata il 21 aprile. Secondo la leggenda, narrata anche da Varrone, Romolo avrebbe infatti fondato la città di Roma il 21 aprile del 753 a.C. La fissazione al 21 aprile, riportata da Varrone, si deve ai calcoli astrologici del suo amico Lucio Taruzio. Da questa data in poi derivava la cronologia romana, definita infatti con la locuzione latina ‘ab Urbe còndita’, ovvero ‘dalla fondazione della Città’, che contava gli anni a partire da tale presunta fondazione”.

Com’è noto, quel birbante di Romolo, che voleva sempre tutto per sé, uccise il fratello gemello Remo, colpevole di saltellare sul solco che stava tracciando per definire i confini della sua città. Intanto i Sabini – che stavano lì da prima – storcevano il naso: “Ma chi so’ ‘sti due fratelli che se mettono a fonda’ ‘na città sulla terra nostra? E proprio dove ce sta er Tevere! Andove ce sta pure quella bella isoletta che ce fa passa’ da ‘na parte all’altra”. Si trattava dell’attuale Isola Tiberina: oggi con la Chiesa di San Bartolomeo e l’Ospedale Fatebenefratelli. “E poi nun vorremmo che nun ci facessero più passà!” “Ma nooo!!! Tranquilli!” disse loroRomolo, che s’era fatto pure Primo Re de Roma! Lo poteva fa’: era fijo d’un dio, Marte, e d’una mortale, Rea Silvia, che era pure una sacerdotessa, ma… quando un dio si innamora… la trovò in un bosco e lì… E Romolo aggiunse: “Anzi! Venite qua un giorno co’ le vostre donne, che famo ‘na bella festa! Tutti assieme!”. Ma sappiamo come andò a finire! Le sabine, belle toste, furono rapite e stuprate! Dai quei romani, tutti òmmini e tutti assatanati! E quanti strilli, poverette! I Sabini allora, incazzatissimi, le vollero liberare! E attaccarono i Romani! Ma le sabine che, ormai, con quei fustacci dei romani “ci annavano a nozze”, come se dice… dei Sabini non ne vollero più sapere!

Ebbe così inizio quella stirpe bella e forte che nel giro di mille anni – poco più poco meno – riuscì a costruìre un impero così vasto che l’intero Mediterraneo era diventato solo un grande lago! Il Mare Nostrum, appunto! Altri tempi! Ma poi cominciò una lenta decadenza e la grande Roma imperiale a poco a poco decadde! Ma poi… le cose cambiarono! Un certo Costantino, nato in uno sperduto paesino dell’odierna Serbia, figlio di un certo Costanzo Cloro e di una certa Elena, non una verginella, ma che poi fu santificata, divenne imperatore dopo avere sconfitto il rivale, un certo Massenzio, nella memorabile battaglia di Ponte Milvio! Memorabile perché? Perché il Padreterno nel cielo, tra una nuvoletta e l’altra, fece apparire una croce con la scritta in latino, ovviamente: “In hoc signo vinces”! In questo segno vincerai! Vatti a vedere il bell’affresco di Piero della Francesca nella basilica di San Francesco ad Arezzo: “il Sogno di Costantino”. E’ uno dei primi dipinti con la luce che viene da dietro. Fu così che Costantino ebbe una illuminazione, rafforzata anche dalla madre, Elena. ‘Ste donne! Ne sanno una più del diavolo! Je disse “A Costanti’! Da’ retta a mamma tua! Piantiamola de mannà i cristiani al Culisseo a fasse sbrana’ dai lioni! Fàmose cristiani puro noi, e vedrai che, co’ l’aiuto loro, famo n’antro impero”.

Così fu. E Costantino Imperatore – per riconoscenza, pare – offrì al Papa Silvestro la tiaria imperiale, simbolo del potere temporale. Il tutto secondo la cosiddetta “teoria dei Due Soli”, l’Impero e la Chiesa: unicuique suum, e con pari dignità. Il che, com’è noto, fece incazzare oltremodo Dante,che nel canto XIX dell’Inferno esclama: “Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre”.

Ma, queste divagazioni c’entrano poco con il Natale di Roma, città che amo, e che oggi è una “città chiusa”. Chiusa, come lo era quando ai tempi della guerra fu dichiarata “città aperta”! Aperta! Quale ironia! Apertasoltanto alla fame e alla dura e crudele occupazione dei tedeschi! Al proposito, come non ricordare quello splendido film di Federico Fellini, iniziatore di quel neorealismo, un modo di “fare cinema”, che tutto il mondo ci ha riconosciuto? “Roma città aperta”. Con la magistrale interpretazione di Aldo Fabrizi e di Anna Magnani. Penso alla mia, allla nostra grande e bella Roma, fino a ieri città aperta, internazionale, direi, con la calca dei turisti al Colosseo, alla Fontana di Trevi. E alla Barcaccia e sulla Trinità dei Monti! Oggi, invece, città assolutamente chiusa! Pressoché deserta! Ma, fino a quando? Spes ultima dea, dicevano i nostri Padri! O meglio, “dum spiro, spero”, per dirla con Cicerone!