Valutare per Educare: i DPR 134 e 135 del 2025

Valutare per Educare

Cosa cambia davvero con i DPR 134 e 135 del 2025

 di Bruno Lorenzo Castrovinci

L’approvazione dei DPR 134 e del DPR 135 del 8 agosto 2025, entrati in vigore il 10 ottobre di quest’anno, segnano un passaggio rilevante nella regolazione della vita scolastica nel secondo ciclo di istruzione. I due regolamenti attuativi della legge 150 del 2024 intervengono su due pilastri dell’ordinamento scolastico: lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti, DPR 249 del 1998 e il regolamento sulla valutazione del secondo ciclo d’istruzione DPR 122 del 2009, al quale rimanda il D.lgs. 62/2017 che regolamenta la valutazione in tutti gli ordini di scuola. Ne risulta un quadro rinnovato in cui disciplina e valutazione vengono ripensate in modo integrato, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare la cultura del rispetto, l’autorevolezza del personale scolastico e la responsabilità degli studenti.

Il nuovo Statuto delle Studentesse e degli Studenti tra diritti, doveri e disciplina educativa

Il DPR 134 del 8 agosto 2025 interviene sullo Statuto delle Studentesse e degli Studenti aggiornando il testo del DPR 249 del 1998. La prima novità, evidente anche sul piano simbolico, riguarda il lessico. La sostituzione del termine handicap con il termine portatore di disabilità allinea lo Statuto al linguaggio delle convenzioni internazionali e della normativa più recente e rafforza una visione della persona centrata sui diritti e sulle potenzialità, non sul deficit fisico o cognitivo.

Accanto al profilo linguistico si rafforza il quadro dei doveri degli studenti. Nel testo aggiornato trovano spazio riferimenti espliciti al contrasto di bullismo e cyberbullismo, all’uso di alcol, sostanze stupefacenti e ad altre forme di dipendenza che possono compromettere il benessere individuale e collettivo. In questo modo il comportamento non è più considerato solo in termini di rispetto formale delle regole, ma viene collegato alla tutela della sicurezza, della dignità e della integrità di tutti i membri della comunità scolastica.

Un ruolo decisivo è attribuito al Patto Educativo di Corresponsabilità, che viene ridefinito come strumento da costruire in modo più dettagliato e condiviso. Il Patto deve esplicitare impegni e comportamenti attesi non solo da parte degli studenti ma anche delle famiglie e della scuola, con attenzione particolare all’uso consapevole della rete e dei dispositivi digitali. In tal modo la disciplina non è più affidata unicamente al regolamento di istituto, ma si radica in un accordo educativo che richiama ciascun attore alla propria quota di responsabilità.

Lo stesso Statuto valorizza le attività di accoglienza e di condivisione del Patto, del Regolamento e del Piano Triennale dell’offerta formativa nelle prime settimane dell’anno scolastico. Questa scelta evidenzia una idea di disciplina che nasce dalla conoscenza dei diritti e dei doveri e dalla partecipazione informata, non solo dalla minaccia di sanzioni.

La ridefinizione delle sanzioni e la separazione tra comportamento e apprendimenti

Tra le innovazioni più discusse introdotte dal DPR 134 del 8 agosto 2025 vi è la ridefinizione del sistema sanzionatorio. Il decreto ribadisce con forza che la scuola è luogo di formazione e di educazione e che i provvedimenti disciplinari devono avere finalità prevalentemente educativa. In questa prospettiva si insiste sulla proporzionalità tra infrazione e sanzione, sulla possibilità di convertire le sanzioni in attività di utilità sociale o di cittadinanza attiva e sulla necessità di evitare misure umilianti o lesive della dignità della persona.

La scelta di distinguere in modo netto il piano degli apprendimenti da quello del comportamento rappresenta un passaggio centrale. Le infrazioni disciplinari che sono individuali e non collettive, non possono incidere sui voti delle singole discipline, ma trovano espressione esclusiva nella valutazione del comportamento. Si afferma in tal modo un principio di chiarezza e di garanzia per gli studenti, superando prassi in cui il rendimento in una materia veniva indirettamente usato per sanzionare condotte scorrette.

Allo stesso tempo, però, il comportamento diventa uno snodo decisivo del percorso scolastico. Il collegamento tra sanzioni disciplinari, percorsi di cittadinanza attiva e voto di comportamento rende evidente che il modo in cui lo studente vive la dimensione relazionale, il rispetto delle regole e l’atteggiamento verso il personale scolastico ha conseguenze concrete sul suo percorso di studi, soprattutto alla luce del nuovo DPR 135 del 8 agosto 2025.

Il nuovo regolamento sulla valutazione nel secondo ciclo

Con il D.P.R. 8 agosto 2025, n. 135 cambia in modo significativo la valutazione degli studenti nella scuola secondaria di secondo grado. Il provvedimento modifica il D.P.R. 122/2009 e rende più chiaro e uniforme il sistema dei voti, in coerenza con la legge 150/2024.

Il primo elemento da sottolineare è la scelta di confermare e rendere più esplicito il voto in decimi. Tutte le discipline continuano a essere valutate in decimi e anche il comportamento è espresso con lo stesso criterio. Una novità importante riguarda la forma in cui i voti vengono comunicati: nei documenti ufficiali il voto numerico deve essere riportato anche in lettere, per aumentare trasparenza e leggibilità delle valutazioni.

La valutazione del comportamento non è più un aspetto laterale, ma diventa un elemento centrale del percorso scolastico. Per essere ammesso alla classe successiva o all’esame di Stato, lo studente deve conseguire almeno sei decimi in ogni disciplina e nel comportamento. Se il voto di comportamento è inferiore a 6, la conseguenza è automatica: non ammissione, anche in presenza di risultati positivi negli apprendimenti. Il messaggio è chiaro: atteggiamenti violenti, aggressioni, gravi mancanze di rispetto verso compagni e personale scolastico non sono compatibili con la promozione.

Particolare attenzione è riservata alla situazione in cui lo studente ottiene sei decimi in comportamento. In questo caso, la scuola non si limita a “segnare” la condotta con un voto basso ma attiva un percorso educativo mirato. Nello scrutinio intermedio, il consiglio di classe può prevedere attività di approfondimento sulla cittadinanza attiva e solidale, per aiutare lo studente a riflettere sulle conseguenze dei propri gesti. Allo scrutinio finale, invece, il consiglio sospende il giudizio sull’ammissione e assegna uno specifico elaborato critico su temi di cittadinanza e rispetto delle regole. Solo se questo elaborato viene consegnato e valutato positivamente lo studente potrà essere ammesso alla classe successiva o all’esame. In caso contrario, scatta la non ammissione.

Il nuovo quadro normativo collega, inoltre, in modo più strutturato le sanzioni disciplinari più gravi ai percorsi di cittadinanza attiva e solidale. Quando vengono commesse infrazioni serie, come atti di violenza, reati contro la dignità della persona, comportamenti che mettono a rischio l’incolumità altrui, possono essere attivati percorsi di servizio a favore della comunità scolastica o di enti esterni (mense, strutture assistenziali, associazioni). Questi percorsi hanno un obiettivo chiaramente educativo: trasformare la sanzione in occasione di crescita, responsabilizzazione e riparazione simbolica del danno.

Accanto alle innovazioni, il decreto conferma alcuni pilastri del precedente impianto: i docenti di sostegno restano contitolari della classe e partecipano alla valutazione di tutte le studentesse e di tutti gli studenti; la valutazione degli alunni con disabilità e con DSA deve essere coerente con i relativi documenti personalizzati (PEI e PDP). Viene ribadito anche il requisito della frequenza minima dei tre quarti dell’orario annuale personalizzato, con possibilità di deroga solo in casi eccezionali e adeguatamente documentati dal consiglio di classe.

Nel complesso, il D.P.R. 135/2025 ridisegna la valutazione nel secondo ciclo con una doppia intenzione: da un lato rendere il sistema dei voti più trasparente e leggibile, dall’altro dare al comportamento un forte valore educativo, legandolo non solo alla punizione, ma a percorsi di responsabilità, riflessione e cittadinanza attiva.

L’intreccio tra Statuto e valutazione nel secondo ciclo

L’aspetto forse più significativo della riforma è la interdipendenza tra i due decreti. Il nuovo Statuto rivisita il quadro dei diritti e dei doveri, ridefinisce le finalità educative delle sanzioni e rafforza il Patto Educativo di Corresponsabilità. Il regolamento sulla valutazione traduce questo impianto in criteri e procedure che attribuiscono al comportamento un peso determinante nel percorso scolastico.

Per il secondo ciclo ciò significa che disciplina e valutazione non sono più ambiti separati. Il modo di stare in classe, di utilizzare il linguaggio, di relazionarsi con compagni e adulti, di rispettare ambienti e strumenti incide direttamente sulle decisioni degli scrutini e sulla carriera scolastica. Nel nuovo quadro non esiste uno studente privo di responsabilità civica o che possa confidare di compensare atteggiamenti aggressivi o irrispettosi con ottimi risultati disciplinari.

Questo intreccio apre spazi interessanti sul piano educativo. Una scuola che valuta il comportamento in modo serio è chiamata a progettare percorsi di educazione civica, di partecipazione studentesca, di gestione non violenta dei conflitti. Allo stesso tempo richiede un investimento forte sulla chiarezza dei criteri e sulla documentazione delle situazioni problematiche, per evitare che il voto di comportamento sia percepito come arbitrario.

Ricadute organizzative e professionali per le scuole

Le scuole del secondo ciclo sono chiamate a un lavoro intenso di revisione dei propri strumenti interni. I regolamenti di istituto devono essere rapidamente aggiornati per recepire la nuova disciplina delle sanzioni, la distinzione tra apprendimenti e comportamento e il ruolo dei percorsi di cittadinanza attiva. Analogo lavoro riguarda il Patto Educativo di Corresponsabilità, che va riscritto in modo chiaro e accessibile, coinvolgendo consigli di istituto, famiglie, studenti e personale.

Per i consigli di classe si apre la necessità di definire rubriche e griglie condivise per la valutazione del comportamento. Non è più sufficiente una indicazione generica, perché il voto di condotta può determinare in modo significativo l’esito di un anno scolastico. Occorrono, quindi, indicatori osservabili, modalità di registrazione degli episodi critici, attenzione a garantire coerenza tra le diverse classi e tra i diversi indirizzi.

Sul piano professionale la riforma richiede formazione mirata. Docenti e dirigenti devono approfondire il contenuto dei due decreti, le relazioni con la normativa preesistente, le implicazioni per l’esercizio della autonomia professionale. Temi come la gestione delle situazioni conflittuali, la mediazione scolastica, l’uso di pratiche riparative e la costruzione di alleanze educative con le famiglie diventano competenze strategiche, non accessorie.

Punti di forza del nuovo impianto normativo

Nel complesso i due decreti presentano alcuni elementi che possono essere letti come punti di forza per il secondo ciclo. In primo luogo, viene data coerenza al sistema, collegando in modo esplicito Statuto delle Studentesse e degli Studenti, valutazione degli apprendimenti, valutazione del comportamento e percorsi di cittadinanza. Il quadro risulta più unitario e maggiormente leggibile per tutti i soggetti coinvolti.

In secondo luogo, la riforma prova a restituire centralità al tema del rispetto nei confronti del personale scolastico e dei compagni. Il comportamento non è più un semplice indicatore accessorio, ma assume un ruolo paragonabile alle discipline di studio. Questo passaggio può contribuire a contrastare la banalizzazione di episodi di aggressione, minaccia o insulto che negli ultimi anni hanno segnato il dibattito pubblico sulla scuola.

Un ulteriore elemento positivo è il tentativo di coniugare fermezza e finalità educativa. Le sanzioni non vengono intese come punizioni esemplari, ma come innesco di percorsi di responsabilizzazione, attraverso attività di cittadinanza attiva, impegni di utilità sociale, riflessioni guidate. In questa prospettiva le conseguenze negative di un comportamento scorretto diventano occasione per ricostruire legami e consapevolezza.

Criticità e nodi aperti

Accanto ai punti di forza emergono tuttavia alcune criticità che l’attuazione nei contesti reali dovrà affrontare. Il primo nodo riguarda il rischio che la centralità del comportamento produca effetti sproporzionati soprattutto sugli studenti più fragili. Studentesse e studenti con situazioni familiari complesse, con disturbi del comportamento o con difficoltà emotive potrebbero essere maggiormente esposti a percorsi sanzionatori, con esiti selettivi o stigmatizzanti se mancano adeguati sostegni.

Un secondo elemento riguarda la possibile disomogeneità applicativa. L’ampio margine di discrezionalità dei consigli di classe, pur necessario per valorizzare la autonomia delle scuole, può tradursi in interpretazioni molto diverse da un istituto all’altro e perfino da una classe all’altra. Senza un lavoro condiviso su criteri, documentazione e culture professionali il voto di comportamento rischia di apparire ingiusto o opaco.

Vi è poi la questione del carico burocratico. L’aggiornamento dei regolamenti, la formalizzazione dei percorsi di cittadinanza attiva, la registrazione puntuale degli episodi disciplinari e degli interventi educativi richiedono tempo, coordinamento e risorse. In assenza di investimenti su organici, formazione e supporto tecnico le scuole potrebbero limitarsi a un recepimento formale delle norme, senza un reale cambiamento delle pratiche.

Infine, non va sottovalutato il clima che può generarsi se la riforma viene comunicata solo in termini di irrigidimento punitivo. Una scuola percepita come spazio di controllo e di sanzione rischia di indebolire la fiducia reciproca e la partecipazione. Sarà decisivo che dirigenti e docenti sappiano presentare i cambiamenti come occasione per rafforzare il senso di comunità, non come mera stretta disciplinare.

Verso una cultura condivisa della responsabilità

Il bilancio delle modifiche introdotte dai due decreti, non può che rimanere aperto. Molto dipenderà da come le scuole del secondo ciclo sapranno appropriarsi del nuovo quadro normativo, trasformandolo in pratiche educative coerenti con i principi dello Statuto e con la finalità formativa della valutazione.

Se interpretata in chiave pedagogica la riforma può contribuire a rafforzare una cultura della responsabilità che non contrappone diritti e doveri, ma li tiene insieme. Diritti di partecipazione, di ascolto, di inclusione richiedono doveri di rispetto, impegno, cura degli ambienti e delle relazioni. Valutare il comportamento non significa misurare l’obbedienza, ma riconoscere quanto ciascuno si assume la responsabilità delle proprie azioni all’interno di una comunità.

Perché questo accada è necessario che i nuovi strumenti non restino solo atti amministrativi. Vanno discussi con gli studenti, presentati alle famiglie, inseriti in percorsi di educazione civica e di orientamento alla cittadinanza. Solo così disciplina e valutazione potranno diventare davvero leve di crescita personale e collettiva, in una scuola del secondo ciclo che non si limita a selezionare, ma si impegna a far crescere tutti.