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Si apre la trattativa con l’ARAN

CAPDI & LSM N° 29 DEL 2 DICEMBRE 2012

Dopo l’Atto di Indirizzo del MIUR si apre la trattativa con l’ARAN su scatti di anzianità e tutto il resto: finchè non vedremo trasformarsi le buone intenzioni in atti scritti  continua il blocco delle attività sportive scolastiche

Dopo lo scampato pericolo (previsto in finanziaria 2013) dell’aumento dell’orario di insegnamento di 6 ore la settimana per tagliare spezzoni e supplenze (con taglio però di 47,5 milioni al fondo per il miglioramento dell’offerta formativa) e l’atto di Indirizzo del Miur finalizzato al pagamento degli scatti di anzianità per gli anni 2011 e 2012,  le risorse disponibili al MOF (che è il Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, su cui si effettua la contrattazione integrativa di istituto) per l’anno 2012/2013 previste per circa 1300 milioni di euro, dovrebbero essere tagliate per una percentuale che va dal 25 al 30% (dati sindacali).

Dentro queste disponibilità ci sono anche le risorse per le Attività complementari di Educazione fisica (circa 60.600.000 euro nell’a.s. 2011/2012) che quindi dovrebbero risentire di tali tagli se questi saranno lineari su tutte le partite di finanziamento alle scuole: FIS, funzioni strumentali, ore eccedenti sostituzione colleghi assenti, attività complementari di EF,  aree a rischio, incarichi ATA e varie…

Il Miur, per dichiarazione  del Capo Dipartimento Letizia Stellacci, sia alla Gazzetta dello sport – nell’articolo di Valerio Piccioni del 27 novembre, (in allegato) che all’incontro con i coordinatori gli uffici di EMFS del 28 novembre, sostiene che i fondi per l’Educazione fisica, previsti nell’Atto di indirizzo del Miur, (formulato con 6 mesi di ritardo!) rientrano tra le voci giudicate “incomprimibili”. E quindi che non dovrebbero risentire dei tagli.
Vedremo!
Per il momento però finchè non leggeremo trasformarsi le buone intenzioni in atti scritti  continua il blocco delle attività professionali non obbligatorie che anzi si sta allargando e sempre più numerose sono le scuole, i colleghi di EF e le associazioni che dichiarano il blocco di tutte le attività sportive organizzando incontri e assemblee con formulazione di documenti da ultimo quello di Vicenza, Verona, Arezzo

La protesta è avvenuta anche alle finali nazionali GSS di Roma dove molti colleghi pur avendo accompagnato i loro studenti alla manifestazione (che altrimenti sarebbero stati  sostituiti da altri colleghi anche di altre discipline e scuole, come previsto dal Regolamento – ma chi l’ha scritto?!!) hanno discusso con i dirigenti del Miur presenti alle gare e letto e sottoscritto un documento (vedi allegato con firme in www.capdi.it ) che nella parte finale dichiara:

Che pur aderendo all’iniziativa nazionale di sospensione di tutte le attività professionali non obbligatorie compresa la preparazione e partecipazione ai GSS, hanno deciso, per senso di responsabilità e per non danneggiare i propri studenti (che sarebbero stati accompagnati in ogni caso da docenti di altre discipline o di altre scuole) e le loro famiglie, di partecipare alle finali nazionali,

Voci sindacali indicano nella prossima settimana l’inizio della trattativa con l’Aran per la definizione complessiva delle risorse alle varie partite, dagli scatti di anzianità a tutto il resto. La definizione della trattativa dovrebbe liberare le risorse per la successiva intesa Miur/OOSS sui criteri e le modalità di attribuzione alle scuole  delle risorse contrattuali per l’a.s. 2012/2013.

Lettera a Fazio

Di seguito la mail da inviare alla trasmissione “Che tempo che fa” con le domande che ci piacerebbe Fazio porgesse al ministro Profumo da parte nostra.

Gentile Fabio Fazio,

un gruppo di facebook che raccoglie quasi 2000 docenti italiani (http://www.facebook.com/groups/docentincazzati/), in prosecuzione dello scambio epistolare avviato con la sua trasmissione a seguito della puntata di domenica 25 novembre (presente il Primo ministro Mario Monti), le chiede di sottoporre al Ministro F. Profumo la seguente “lista” (genere da lei molto frequentato):

1. Ministro Profumo, con proposte come quella -contenuta in maniera irrituale nella legge di stabilità varata dall’esecutivo- di aumentare di 6 ore a parità di salario il lavoro in aula dei docenti della secondaria (com’è noto, materia di contrattazione e non riservata alla legge), non pensa di aver contribuito alla scarsa considerazione sociale della classe docente e quindi di aver danneggiato il ruolo dell’istruzione pubblica?

2. Non crede che con questo precedente in futuro altre leggi possano imporre aumenti di ore di lavoro settimanali anche ad altre categorie, trasformando di fatto i contratti collettivi in carta straccia?

3. Ministro Profumo, lo sa che ogni eventuale futuro innalzamento delle ore di lezione frontale produrrebbe un aumento insostenibile di ore di lavoro non frontale (destinate a correzione dei compiti, preparazione delle lezioni, programmazione, colloqui con i genitori, riunioni collegiali, esami di fine anno) dato che a ogni ora di lezione frontale corrisponde una certa quota di lavoro che i docenti svolgono al di fuori dell’aula scolastica?

4. Ministro Profumo, Lei, ministro dell’istruzione di questo Paese, come si è sentito quando il premier in questa stessa sede ha definito indistintamente i docenti, di cui conosce bene le condizioni di lavoro, “conservatori”, “corporativisti” e “strumentalizzatori” degli studenti in protesta?

5. Ministro Profumo , Obama ritiene forte l’America non per il suo esercito, ma per la sua scuola: il ‘governo dei professori’, in Italia, condivide quest’idea? E, se è così, perché non ha invertito la tendenza degli ultimi governi, tagliando le spese militari e lasciando invariato lo stanziamento per l’istruzione pubblica?

6. Ministro Profumo, nella lettera che ha inviato ai docenti e agli studenti prima dello sciopero del 24 novembre Lei ha detto di non aver mai condiviso l’impianto del Ddl 953 (ex Aprea), allora perché non si è mai pronunciato contro il disegno di legge nelle sedi competenti?

7. Ministro Profumo, si fa un gran parlare di digitalizzazione, di tablet, di LIM , ma lei sa che le scuole ‘reali’ -in cui alcuni nuovi strumenti sono arrivati in maniera insufficiente, non omogenea né pianificata e senza specifica formazione- stanno assistendo ad un processo di ‘dematerializzazione’ che nulla ha a che vedere con l’informatica, visto che mancano ‘materie prime’ come la carta per le fotocopie (che, quindi, molti docenti devono gestire a proprie spese) e sussidi didattici indispensabili?

8. Ministro Profumo, è consapevole del fatto che (almeno nella fascia dell’obbligo) gli insegnanti -spesso senza alcun aiuto né economico né strutturale- stanno affrontando da anni e da soli il difficile compito di alfabetizzare ragazzi stranieri (il cui numero supera quasi sempre il tetto fissato dalla legge) provenienti da tutti i continenti e che sono in aumento esponenziale gli alunni con disabilità nonché DSA (certificato e non certificato), per cui la programmazione didattica e di conseguenza il lavoro in classe è via via più complesso (mentre dal 2008 gli interventi di Riordino dei cicli hanno eliminato le compresenze)?

9. Ministro Profumo, Lei ritiene davvero di migliorare il servizio scolastico agli studenti, offrendo con il nuovo Concorso (fondato su quiz di dubbia aderenza alle reali esigenze didattiche ) la possibilità di entrare in ruolo a persone che non hanno mai insegnato anziché a precari super qualificati con molti anni di esperienza?

10. Ministro Profumo, quanto costerà il Concorso e quanti docenti realmente otterranno una cattedra, considerata la progressiva contrazione degli organici in vista dell’aumento dell’orario di insegnamento e della riduzione del corso di studi da lei prospettati?

11. Ministro Profumo, Lei è a conoscenza del fatto che le graduatorie sono stracolme di docenti specializzati nell’insegnamento e che la maggior parte di essi hanno meno di 35 anni?

12. Ministro Profumo, è forse ancora allo studio il progetto di ridurre a 4 gli anni curriculari delle superiori, che comporterebbe un’ulteriore, grave falcidia delle cattedre e un impoverimento insostenibile per l’offerta formativa della scuola secondaria di secondo grado?

13. Ministro Profumo, Lei, oltre ad essere Ministro dell’Istruzione, è stato anche rettore del politecnico di Torino e presidente del CNR: è abituato, quindi, a lavorare con le eccellenze nel mondo dell’istruzione. Quelle eccellenze si sono nella maggior parte formate a partire dalla scuola pubblica. Le è mai capitato di fare un’esperienza di insegnamento in una classe di un istituto superiore di una qualsiasi periferia di questo nostro bel Paese? Ha idea di quanti sono gli alunni in un’aula? Di quali sono le strutture reali? E’ a conoscenza del fatto che con l’aumento degli allievi per classe dovuto ai tagli e con la presenza giornaliera di studenti in sovrannumero perché, in caso di assenze del personale docente, vengono ‘smistati’ per mancanza di supplenti (ciò succede anche ai bambini delle primarie), quasi nessuna scuola pubblica può rispettare le norme di sicurezza, né garantire effettivamente il diritto allo studio, specialmente ai ragazzi con difficoltà?

Gentile Fazio,
gli elenchi, come gli esami, non finiscono mai: il tempo, però, anche ‘quello che fa’, è una risorsa finita, quindi ci fermiamo qui. Scelga pure lei le domande da sottoporre al ministro, se lo ritiene, se, come sappiamo, il tempo è poco. Sono tutte vitali per la nostra professione e per il futuro della scuola pubblica statale. Speriamo fiduciosi che la sua risposta non lasci ‘il tempo che trova’ e che nella prossima occasione di un dibattito sulla scuola voglia ospitare nella trasmissione anche un insegnante.

2000 proff forse inca…lzanti, certo inca…lzati
http://www.facebook.com/groups/docentincazzati/

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Il lavoro di noi prof? Ecco il calcolo: 1.759 ore all’anno

da Corriere della Sera

Il lavoro di noi prof?
Ecco il calcolo: 1.759 ore all’anno

C’era una volta la scuola della mattina.
Quella delle insegnanti part-time, che dopo il lavoro hanno tempo per sé. C’era, una volta, la scuola delle vacanze. Delle prof mamme che partono a giugno coi pupi e a settembre ritornano, si ricomincia. C’era ancora, una volta, la scuola dei ruoli. Dove il maestro è maestro, l’alunno è l’alunno, e il genitore è la mamma, o il papà.

 

C’era. Oggi non più. Oggi, la scuola è complessa. E non per i compiti da correggere, o le lezioni da preparare: quelli c’erano anche «una volta». Oggi, a scuola, si creano i progetti, tanti progetti. Oggi, alle medie, sei a scuola tutto giugno, e dal primo settembre. Tante vacanze? Sì, ma lavori di più.

Quando? I sabati e le domeniche, per esempio. Tuo marito ti guarda basito, e solo allora capisce. Protesta, ma dài usciamo. No, non si può: sono un’insegnante… se lunedì non riporto i temi, poi chi li sente? Vai a prendere i figli all’asilo? La paghi la sera: è mezzanotte, e lavori ancora. Lui, tuo marito, a chiamarti non ci prova più. Ma possibile? Le persone normali, a quest’ora…

Già. Le persone normali. Il punto è che noi, normali, non siamo. Diversamente anomali. Trattati come liberi professionisti, pagati come operai. Educatori o, all’occorrenza, baby-sitter. Mamme, papà, zii o anche nonni, se la famiglia manca. Burocrati, vigili, segretari. Psicologi, tuttologi, ignoranti. Secondo i punti di vista. Che vanno sempre bene, perché la scuola è uno di quegli argomenti di cui pochi sanno, ma tutti parlano. Come il calcio. E allora, quasi quasi, ne parliamo anche noi. Ci siamo presi la libertà di scrivere qualche numero. Abbiamo calcolato… quanto lavora un prof.

Rossana Bruzzone Maria Antonia Capizzi

Ancora ambiguità di Monti sulla scuola: ma qual è l’obiettivo?

da Tecnica della Scuola

Ancora ambiguità di Monti sulla scuola: ma qual è l’obiettivo?
di Anna Maria Bellesia
Monti ci dica finalmente e con onestà intellettuale il vero obiettivo del suo Governo per la scuola, senza giri di parole, senza espedienti retorici per confondere gli italiani, e soprattutto smettendola di colpevolizzare i docenti. Il mondo della scuola è disposto ad una “sana evoluzione”, ma vuole sapere prima in che direzione va il cambiamento.
Il presidente Monti oggi a Verona torna a parlare di scuola, ambiguamente. Si dice disposto ad “ascoltare le istanze del mondo della scuola a patto che siano fatte in maniera costruttiva, senza strumentalizzazioni e senza corporativismo”. Il che significa ripetere la convinzione di avere a che fare con un mondo caratterizzato dal corporativismo e che si lascia andare a ciniche strumentalizzazioni. È stato inutile finora ricordagli che i veri corporativismi in questo Paese son ben altri, troppo forti evidentemente per scalfirli. Meglio prendersela con i più deboli.
Monti torna a bollare come “difesa di interessi di breve periodo” le reazioni del corpo docente all’incremento di lavoro, imposto per legge e senza contropartita stipendiale. Una manovra equivalente a tagliare gli stipendi, il vero obiettivo nei riguardi di tutta la Pubblica Amministrazione. Il resto consiste nel tagliare posti di lavoro, già quantificati in 24mila nelle amministrazioni centrali, lasciare a casa i precari, mettere in mobilità i lavoratori, e da ultimo licenziare. La ministra Fornero lo va dicendo da mesi. Nel privato si licenzia, e nel pubblico bisogna poterlo fare ugualmente, “per non fare discriminazioni” è la sua tesi, condivisa dal Governo. Questo è il concetto “tecnico” di equità.
Aggiunge poi Monti: “Mettersi in discussione è alla base di ogni sana evoluzione demografica: tutti devono mettersi in discussione. Lavoriamo tutti per uno stesso obiettivo”.
Ecco vorremmo tanto sapere qual è questo obiettivo in vista di una “sana evoluzione”, che noi consideriamo più socio-economica che demografica.
Troppo facile dire a parole “vogliamo una scuola più efficiente, più moderna, che sappia rispondere alla sfida del presente”. Il mondo della scuola, per condividere gli obiettivi di cambiamento, vuole sapere in che direzione va il cambiamento.
Serve una visione chiara e chiaramente comunicata di quale scuola vogliamo nel futuro, come intendiamo investire se la riteniamo una priorità, e quale ruolo assegnare agli insegnanti come artefici del cambiamento.
La scuola digitale è una bandierina per le allodole. Le tecnologie IC sono un mezzo di rinnovamento, non sono lo scopo. La scuola non si rinnova con computer e LIM inseriti in ambienti inadeguati, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma privi di ogni minimo confort: dagli spazi agli arredamenti, sedie e servizi igienici compresi.
Serve anche spiegare quale rinnovamento ci si può attendere da un corpo docente oltre la cinquantina, in gran parte prossimo alla sessantina, a cui sono state cambiate di punto in bianco le regole per l’accesso alla pensione (mentre i diritti acquisiti dei veri privilegiati non si toccano!).
Il governo Monti ha eseguito così bene i suoi compiti verso l’Europa che adesso abbiamo l’età pensionabile più alta d’Europa! Fra qualche anno avremo docenti di 65-66-67 anni in prima elementare, o prima media, o prima di un istituto professionale, con 25-30 alunni per classe, altissime percentuali di stranieri, alunni con handicap, alunni con Dsa.
Niente turnover. I precari invecchiano anche loro prima dell’immissione in ruolo. Neppure il recente concorso per 11.500 nuovi docenti porterà a un accenno di ricambio generazionale.
Come fa un docente di 50-60 “immigrato digitale”, pur con tutta la buona volontà di aggiornarsi in proprio (la formazione in servizio è l’ultima ruota di un carro sgangherato) a stare al passo con i tempi di fronte ad una generazione di “nativi digitali”?
Monti ci dica finalmente e con onestà intellettuale il vero obiettivo del suo Governo per la scuola, senza giri di parole, senza espedienti retorici per confondere gli italiani, e soprattutto smettendola di colpevolizzare una categoria che in questi anni ha mandato avanti comunque, con buona volontà e impegno, un sistema di istruzione ormai sull’orlo della distruzione, grazie all’opera dei politici e tecnici che abbiamo avuto.

L’attribuzione del permesso breve per il docente è subordinato alla possibilità di sostituirlo

da Tecnica della Scuola

L’attribuzione del permesso breve per il docente è subordinato alla possibilità di sostituirlo
di Lucio Ficara
Spesso capita sentire docenti che si lamentano per il fatto di non aver avuto attribuito il permesso breve richiesto e documentato. Per questo motivo vogliamo fare chiarezza sulla questione dell’attribuzione dei permessi brevi per i docenti e sugli obblighi dei dirigenti ad attribuirlo o a dover, loro malgrado, decidere di non attribuirlo
È tutto scritto chiaramente nell’art. 16 del vigente contratto collettivo di lavoro della scuola. Incominciamo con il dire che il permesso breve viene attribuito dal DS, compatibilmente alle esigenze di servizio, e se la domanda è richiesta per esigenze personali.
Tale permesso, che per il docente non può avere una durata superiore alla metà dell’orario di servizio giornaliero individuale e in ogni caso non può superare mai le 2 ore giornaliere, è subordinato, soltanto per i docenti, alla possibilità di avere docenti a disposizione per garantire la sostituzione.
Questo è scritto nel comma 5 dell’art. 16, è rappresenta, con tutta evidenza, il motivo principale per cui un DS può non attribuire la fruizione del permesso breve richiesto. L’art. 16 sui permessi brevi, non parla di concessione del permesso breve da parte del dirigente scolastico, ma utilizza il verbo attribuzione.
L’attribuzione è subordinata ad oggettivi e plausibili esigenze di servizio, che obbligano il DS a prendere la decisione di attribuire o non attribuire il permesso al docente che ne fa legittima richiesta. In caso di attribuzione di tale permesso il docente, dovrà recuperare, le ore di permesso attribuitegli, entro i 60 giorni lavorativi successivi (per cui le feste interrompono il conteggio dei due mesi), il dipendente è tenuto a recuperare le ore non lavorate in una o più soluzioni in relazione alle esigenze di servizio.
Il recupero da parte del personale docente avverrà prioritariamente con riferimento alle supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi, con precedenza nella classe dove avrebbe dovuto prestare servizio il docente in permesso.
Il comma 4 dell’art. 16 del CCNL 2006-2009, afferma che nel caso in cui non sia possibile il recupero per un problema imputabile al dipendente, l’Amministrazione provvede a trattenere una somma pari alla retribuzione spettante al dipendente stesso per il numero di ore non recuperate.
Si ricorda che il docente può chiedere in un anno, al massimo lo stesso numero di ore che svolge settimanalmente nella scuola. Il permesso breve è richiedibile sia dal personale a tempo indeterminato e sia a tempo determinato, che godono, in questo caso, degli stessi diritti.
Il DS che dovesse decidere di non attribuire il permesso, dovrà motivare la sua decisione, spiegando il particolare motivo di esigenza di servizio che ha determinato la non attribuzione del permesso.

Tullio De Mauro: Italia analfabeta e il paradosso della conoscenza

da Tecnica della Scuola

Tullio De Mauro: Italia analfabeta e il paradosso della conoscenza
Il linguista, e già ministro dell’istruzione dal 2000 al 2001, lancia l’allarme incultura. Secondo l’accademico della Crusca, intervistato dalla rivista “Il Mulino” in edicola lunedì con altri articoli sulla scuola, soltanto il 20 per cento degli italiani sa orientarsi nella società contemporanea. Ma c’è anche un paradosso: più dati abbiamo per capire più cresce il disinteresse e l’abulia
E il paradosso tutto italiano è il seguente, secondo De Mauro: “Innanzitutto sulla nostra vita associata il livello di incultura della popolazione adulta pesa enormemente. È un livello della cui pochezza non ci rendiamo conto perché la scuola ha lavorato per portare nuove generazioni a livelli alti di istruzione, perlomeno formale – cifre mai viste in questo Paese, al 75, all’80% di diplomati. Nonostante gli ammonimenti di molti demografi, ma anche di economisti come Sylos Labini (…), noi ci immaginiamo che quell’alta percentuale di persone che hanno proseguito oltre la scuola media e sono arrivati al diploma sia proiettabile sulla società nel suo complesso. Non è così”.
“È nel 1995 che accade qualcosa di nuovo dal punto di vista dell’acquisizione dei dati. Prima di allora avevamo a disposizione solo ipotesi e congetture sullo stato delle effettive competenze degli adulti, al di là dei livelli formali di istruzione. Ora possiamo contare su due indagini comparative internazionali, osservative, sui livelli di alfabetizzazione degli adulti; dall’anno prossimo dovremmo avere ogni tre anni i dati del programma Ocse sui livelli di alfabetizzazione. A costo di apparire troppo enfatico, devo dire che già adesso però il quadro è drammatico”.
Anzi “i dati che vengono fuori per il nostro Paese possono essere definiti catastrofici. Queste indagini vengono condotte osservando il comportamento dinanzi a sei questionari graduati e vedendo come gli interpellati rispondono, se rispondono, a richieste di esibire capacità di lettura e comprensione, scrittura e calcolo. È interessante notare che in tutti i Paesi ci sono fenomeni di regressione in età adulta rispetto ai livelli formali, e questo del resto è il motivo per cui l’Ocse ha sposato questa indagine. Questo – oramai bisogna rassegnarsi – è un dato fisiologico.”
Infatti, dice De Mauro, “Quanto greco, per chi lo ha studiato per cinque anni brillantemente, rimane dopo vent’anni? Nulla o quasi, se non si continua a sfogliare qualche libro in greco ogni tanto. Fenomeni di regresso appartengono alla fisiologia, entro certi limiti naturalmente. Ma noi siamo alla patologia (…) I nostri dati sono impressionanti. Un 5% della popolazione adulta in età di lavoro – quindi non vecchietti e vecchiette, ma persone tra i 14 e i 65 anni – non è in grado di accedere neppure alla lettura dei questionari perché gli manca la capacità di verificare il valore delle lettere che ha sotto il naso. Poi c’è un altro 38% che identifica il valore delle lettere ma non legge. E già siamo oltre il 40%. Si aggiunge ancora un altro 33% che invece legge il questionario al primo livello; e al secondo livello, dove le frasi si complicano un pò, si perde e si smarrisce: è la fascia definita pudicamente ”a rischio di analfabetismo”.
“Si tratta di persone che non riescono a prendere un giornale o a leggere un avviso al pubblico – anche se è scritto bene, cosa tutta da vedere e verificare. E così siamo ai tre quarti della popolazione…”
“Resta un quarto neppure della popolazione (il 30%) su cui la seconda delle due indagini infierisce, introducendo domande più complesse, di problem solving, cioè di capacità di utilizzazione delle capacità alfanumeriche dinanzi a problemi inediti. Così facendo, si arriva alla conclusione che solo il 20% della popolazione adulta italiana è in grado di orientarsi nella società contemporanea: nella vita della società contemporanea, non nei suoi problemi, beninteso”.
Tuttavia anche si comparano i nostri dati con tre grandi Paesi europei, come Francia, Inghilterra e Germania “resta il fatto che siamo al di sotto di qualsiasi standard. Tra i Paesi considerati, bisogna arrivare allo Stato del Nuevo Léon, in Messico, per trovarne uno più malmesso di noi. Con i dati Ocse dell’anno venturo avremo un quadro comparativo molto più articolato e vario: per ora siamo al penultimo posto nella graduatoria » e non tra i paesi ricchi “fra tutti i Paesi studiati. Da questi dati emergono chiaramente sacche di regressione verso l’analfabetismo. Questo perché, per quanto le scuole possano lavorare, i livelli di competenze delle famiglie e più in generale della società adulta si riflettono massicciamente sull’andamento scolastico dei figli. Quindi riuscire a comprendere quanto sia rilevante il problema della scarsa competenza alfanumerica degli adulti significa anche capire quanto la nostra scuola lavora, per così dire, in salita. L’insegnante che cerca di occuparsi del ragazzino o della ragazzina che viene da una famiglia in cui mai sono entrati un libro o un giornale fa una fatica spaventosa; così la scuola deve svolgere un compito immane. Negli altri Paesi esistono degli eccellenti sistemi di educazione permanente. Da noi siamo a zero. Insieme a Saverio Avveduto e ad altri che, come capitava a me, avevano particolarmente a cuore questo tema, riuscimmo a persuadere Luigi Berlinguer a introdurre nella legge di riorganizzazione del sistema pubblico dell’istruzione un articolo in cui si diceva che l’istruzione permanente degli adulti doveva esserne parte integrante. Purtroppo però questo articolo è poi rimasto lettera morta”.

Monti: pronto al confronto, ma senza strumentalizzazioni

da Tecnica della Scuola

Monti: pronto al confronto, ma senza strumentalizzazioni
”Sono pronto, insieme al ministro Profumo, ad ascoltare le istanze del mondo della scuola”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti, a Verona, che ha posto però una condizione: ”A patto che il confronto avvenga in modo costruttivo, senza strumentalizzazioni e senza corporativismi”
”La polemica dei giorni scorsi da parte di alcune organizzazioni degli insegnanti nei miei confronti, era fondamentalmente motivata, lo dico serenamente, dalla difesa di interessi di breve periodo”.
Il premier ha aggiunto di sentirsi ”pronto insieme al ministro Profumo ad ascoltare le istanze del mondo della scuola a patto che siano fatte in maniera costruttiva, senza strumentalizzazioni e senza corporativismo”.
”Mettersi in discussione è alla base di ogni sana evoluzione demografica: tutti devono mettersi in discussione. Gli insegnanti, i professori, sono i nostri maestri, la base prima, insostituibile, per la nostra crescita e del loro impegno quotidiano la nostra società ha assolutamente bisogno. Non c’è un ‘noi governo’ e un ‘voi insegnanti-studenti’. Ma lavoriamo tutti per uno stesso obiettivo”. Il premier ha concluso: ”Tutti vogliamo una scuola più efficiente, più moderna, che sappia rispondere alla sfida del presente.
Stiamo lavorando per avere per esempio una scuola digitale anche e soprattutto per le scuole del mezzogiorno”.

Registro di classe e registro personale: la Corte di cassazione li separa

da Tecnica della Scuola

Registro di classe e registro personale: la Corte di cassazione li separa
di Aldo Domenico Ficara
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 208196 del 1997 ha chiarito in modo definitivo la natura e le differenze tra registro di classe e registro personale.
Secondo questa sentenza il registro di classe è un atto pubblico “in quanto posto in essere dal pubblico ufficiale nell’esercizio della sua pubblica attività e destinato a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti, costitutivi di diritti e obblighi attraverso la quotidiana annotazione della presenza”. Viceversa il registro personale attraverso il quale il docente raccogliere le annotazioni sul processo di apprendimento degli alunni, è un documento utile nelle operazioni del consiglio di classe in sede di espressione di scrutinio.
Sempre la Corte di Cassazione a tal proposito afferma: “La mancanza di tale registro renderà forse più complicato lo scrutinio finale, ma non può in alcun modo impedirlo o invalidarlo, essendo il docente tenuto a formulare i suoi giudizi, indipendentemente dalle eventuali annotazioni sul registro. E ciò è tanto più vero se si considera che il docente è tenuto a formulare un giudizio globale sul processo formativo dell’alunno e non sulle singole prove, cosicché l’annotazione più o meno completa riportata nella singola prova non appare assolutamente rilevante. La scorretta tenuta del giornale del professore potrà eventualmente esporre l’insegnante a nota di demerito e ad un giudizio disciplinare, ma non potrà incidere sulla validità della valutazione finale dell’alunno”. Per quanto detto il controllo materiale del registro di classe da parte di un’organizzazione scolastica deve essere superiore a quello del registro personale di un docente.
Però le abitudini e le consuetudini di alcune scuole registrano il fatto che i registri personali sono custoditi negli appositi cassetti (chiusi a chiave) in sala insegnanti, mentre i registri di classe a volte vengono lasciati incustoditi nelle aule di riferimento.

Risparmi di sistema: quali sono le cifre?

da Tecnica della Scuola

Risparmi di sistema: quali sono le cifre?
di R.P.
La risposta arriverà il 5 dicembre quando è prevista in Commissione Cultura della Camera l’audizione della Ragioneria Generale dello Stato che dovrà fornire i dati ufficiali e definitivi.
E’ prevista per il prossimo 5 dicembre in Commissione Cultura della Camera una audizione di rappresentanti della Ragioneria Generale dello Stato sulla destinazione al settore scolastico delle risorse conseguenti ai risparmi derivanti dall’applicazione dell’articolo 64 della legge 133/08.
L’appuntamento si presenta particolarmente significativo perché proprio nelle ultime settimane i dati forniti dal Ministero dell’Economia sono stati oggetto di polemiche e prese di posizione da parte sindacale.
Dovrebbe così aver termine il “balletto dei numeri” che ha un po’ caratterizzato (e condizionato) anche la trattativa Governo-sindacati sulla questione del riconoscimento degli scatti stipendiali.
Ad ogni modo è molto probabile che i dati che fornirà la Ragioneria dello Stato non potranno essere diversi da quelli inseriti nell’atto di indirizzo che il Governo ha trasmesso all’Aran.
Se così non fosse le polemiche potrebbero moltiplicarsi con effetti del tutto imprevedibili sull’andamento della trattativa che peraltro, è bene precisarlo, non è ancora stata formalmente avviata.
Il confronto che si è avuto finora, infatti, ha coinvolto solamente il Governo mentre la vera trattativa è quella che si svilupperà fra Aran e sindacati.

Scuola, qui è tutto da rifare

da L’Espresso

Scuola, qui è tutto da rifare

Studenti e insegnanti che protestano insieme. Perché non ci sono solo i tagli: c’è un insieme di decisioni improvvisate, caotiche, contraddittorie che hanno messo l’istruzione pubblica in ginocchio. Ed è il momento di pensare a una vera rifondazione

Mariangela Vaglio

Semo venuti già menati!» La foto dello slogan ironico con cui gli studenti si sono presentati all’ultimo corteo di protesta per la scuola ha fatto il giro di internet e poi è stata riproposta da tutti i giornali. Ma il mondo della scuola, al di là delle manganellate piovute addosso ai cortei durante le manifestazioni, in questo periodo “menato” si sente parecchio, tanto che non sa nemmeno più dove voltarsi per evitare di prendere altre sberle.

La grande mobilitazione di docenti e studenti è partita all’annuncio che il Governo meditava di imporre per decreto un aumento di sei ore di lezione frontale ai docenti delle medie e delle superiori e di due a quelli delle elementari, portando per tutti l’orario di lezione a 24 ore settimanali. L’emendamento è stato (pare, si dice, si assicura) ritirato, anche per l’impossibilità di trovare un solo partito che fosse disposto a votare una simile disposizione: non solo perché sotto elezioni nessuna forza politica vuole giocarsi un bacino elettorale corposo come quello degli insegnanti, ma anche perché un aumento del 33% di carico orario per una qualsiasi categoria deciso senza contrattazione sindacale, a costo zero e con un contratto ancora in vigore avrebbe scatenato una immediata serie di ricorsi ai tribunali, e sarebbe stato giudicato illegittimo e cassato dalle corti.

Resta il fatto che dopo anni di parziale quiescenza, il mondo della scuola è tornato in fermento. Il problema dell’orario è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il malumore è montato e ormai è diffuso a tutti i livelli, anche se per ora sta cercando forme e strade per concretizzarsi. Il problema è che, come categoria di lavoratori, gli insegnanti non sono mai stati un blocco unico ben coeso al proprio interno, anche perché “gli insegnanti” in realtà sono lavoratori che prestano servizio in diversi ordini di scuola (le vecchie elementari, medie e superiori) ognuna con problemi specifici ben precisi e spesso diversissimi.

Neanche il Presidente del Consiglio Monti dimostra di aver ben chiaro il panorama della situazione, dal momento che, l’altra settimana, rispondendo a una domanda di Fabio Fazio a Che tempo che fa, ha affermato che agli insegnanti era stato chiesto di fare “due ore in più” di lezione: cosa che corrisponde al vero solo per gli insegnanti della primaria (che fanno 22 ore di lezione frontale e settimana e due di coordinamento); i docenti degli altri ordini di scuola, infatti, si sarebbero ritrovati con sei ore in più in classe ogni settimana, spesso anche da svolgere in sedi diverse.

La realtà è che i motivi della protesta del mondo della scuola sono vari e diversificati. Se per tutti l’aumento di orario è una spada di Damocle per ora solo sospesa sul capo, che non si sa che calerà mai come una mannaia, per chi è di ruolo c’è il blocco degli scatti di anzianità, che da anni impedisce di avere in busta paga gli aumenti dovuti e previsti con il passare degli anni. Altro fattore di ansia sono i prospettati tagli al FIS, il fondo di Istituto, che serve nelle scuole a garantire le ore in più fatte dai docenti, e viene usato, per esempio, per pagare le supplenze quando bisogna coprire le classi di colleghi assenti per brevi malattie, oppure organizzare attività di recupero e sostegno per studenti in difficoltà, o ancora finanziare progetti particolari offerti agli alunni di un istituto.

Per compensare il mancato risparmio che si sarebbe ottenuto facendo lavorare i docenti gratis sei ore in più a settimana, il Governo medita di tagliare il FIS. Il che vorrebbe dire che non ci sarebbero fondi per numerose attività finora offerte dalla scuola gratis agli studenti. Siccome però questa attività vengono preventivate all’inizio dell’anno scolastico e cominciano subito, ma ancora non si sa se il fondo sarà tagliato o di quanto, il rischio è che i docenti facciano ore e ore di straordinari in più per scoprire solo in seguito che non verranno loro pagate: una specie di volontariato obbligatorio e al buio, insomma. Se questi sono i guai dei docenti di ruolo, i precari storici, d’altro canto, vivono anch’essi sospesi in un limbo di incertezza.

Concorso, coro di richieste al Miur: i quesiti vanno pubblicati completi

da  Tecnica della Scuola

Concorso, coro di richieste al Miur: i quesiti vanno pubblicati completi
di A.G.
I sindacati più rappresentativi lo hanno detto a voce ai vertici ministeriali. L’Anief gli ha inviato una lettera: pochissimo il tempo prima delle preselezioni e troppi problemi legati a questa scelta. Appelli anche dal Parlamento: secondo Futuro e Libertà questi test sono un terno al lotto, la scuola ha bisogno di insegnanti validi e non di robot.
Non è solo La Tecnica della Scuola, oggi tornata a chiedere di rendere pubblici i 3.500 quesiti, comprensivi delle risposte corrette e errate, che verranno somministrati a metà dicembre in occasione della preselezione del concorso a cattedra. Nella giornata del 30 novembre si sono accavallati diversi altri appelli. Tutti con un unico destinatario: il Miur.
Ad iniziare dall’Anief, che ha inviato una richiesta ufficiale al Ministero “per ottenere l’intera batteria dei test e le relative risposte corrette per le preselezioni del concorso a cattedra”. L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico ha sottolineato che “non solo è pochissimo il tempo prima delle preselezioni, ma soprattutto sono troppo numerosi i problemi legati alla scelta del Miur di far conoscere ai candidati i 3.500 quiz della prova preselettiva e le risposte esatte esclusivamente attraverso l’esercitatore on line”. Per poi chiudere con una sorta di monito: “visto che in rete già circolano versioni ‘ufficiose’ della batteria completa dei quiz e delle risposte, Anief ritiene che sia un preciso dovere del Ministero fornire quella ufficiale”.
A chiedere trasparenza totale sui quesiti sono state anche i sindacati che siedono al tavolo delle trattative. Prima lo hanno detto a chiare lettere nel corso di un incontro tenuto al Miur il 29 e novembre. E poi hanno deciso di prendere posizione ufficiale con un comunicato inequivocabile, attraverso cui contestano duramente “questo atteggiamento che vorrebbe imporre ai candidati, già sottoposti a complicate procedure, anche le modalità con le quali prepararsi alla prova”.
Il caso ha fatto così tanto clamore da essere arrivato anche nei palazzi parlamentari. Tra più duri contro la decisione del Miur si pongono Aldo Di Biagio, Fabio Granata e Luigi Muro, deputati di Futuro e Libertà: “il Ministro Profumo ci fornisca chiarimenti sui 3500 test presenti sul simulatore on line del MIUR, che sembrano più il frutto di una mente diabolica che uno strumento di prova”. Secondo i rappresentanti di Fli, “più che accertare le competenze in ingresso degli aspiranti docenti, i test, come è accaduto per il TFA ordinario, sono un vero e proprio terno al lotto che mette a dura prova la capacità di sopportazione di un comparto già duramente provato.  La scuola ha bisogno di insegnanti validi e non certamente di robot”.

Quiz concorso, il Miur non cede. E i quesiti diventano un business

da  Tecnica della Scuola

Quiz concorso, il Miur non cede. E i quesiti diventano un business
di Alessandro Giuliani
La situazione è sfuggita di mano: sui siti internet si stanno moltiplicando le proposte per ottenere, a pagamento, le 3.500 domande comprensive di risposte corrette e sbagliate. Appurato che non si tratta di falsi ,viene da chiedersi chi è l’artefice della fuga di notizie: dopo il “corvo” è entrata in azione pure la “talpa”? In ogni caso, per evitare danni ulteriori, c’è solo una soluzione: rendere pubblici i quesiti completi.
C’era da aspettarselo. La sorprendente scelta del Miur di non rendere fruibili con immediatezza le risposte corrette e sbagliate dei 3.500 quesiti “papabili” per lo svolgimento del concorso a cattedra per 11.542 posti, sta producendo una rincorsa all’accaparramento dei temuti test. Con molti dei 321mila aspiranti docenti disposti a tutto pur di venirne in possesso. Ed in fretta, visto che alla verifica reale mancano poco più di due settimane.
L’affare è stato fiutato da alcuni gestori di siti internet, che a poche ora dalla pubblicazione del simulatore ministeriale, solo parzialmente modificato per andare incontro alle richieste degli aspiranti docenti, ma che comunque costringe i candidati a ripetere più volte le stesse sessioni e quindi a perdere tempo, hanno deciso di rendere i quiz scaricabili. Ovviamente comprensivi dell’indicazione immediata della risposta corretta e delle tre errate. Navigando su internet si scopre che ce ne è per tutti i gusti: dalle cartelle per generi ai simulatori speciali, dalle banche dati agli esercitatori in lingua straniera. E secondo quanto risulta alla Tecnica della Scuola, si tratta proprio delle domande e delle risposte che il Miur non vuole rendere pubbliche con questa modalità. Niente falsi quindi.
Il problema è che per venirne in possesso i candidati sono costretti a scaricare dei software e a sborsare delle cifre che variano dai 5 ai 25 euro a candidato. Ora, se a “piegarsi” a questa richiesta, pur se per motivi comprensibilissimi, sarà anche una quota minima di loro (poniamo uno ogni trenta), la scaltra azienda on line si potrebbe ritrovare in un colpo solo qualcosa 250mila euro! Soldi che, tanto per non cambiare, verranno tolti dalle tasche di precari e degli aspiranti docenti.
Ma perché si è giunti a questo? Si poteva fare qualcosa per evitarlo? Sicuramente non era nelle intenzioni del Miur creare una situazione del genere. Per risalire alle responsabilità, bisognerebbe allora risalire a chi, presumibilmente dall’interno del dicastero di viale Trastevere, ha agevolato la fuga di notizie. Perché di questo si tratta, visto che uno dei siti privati artefici del tentativo di business ha pubblicato i 3.500 quiz negli stessi minuti in cui il Miur rendeva visibile sul proprio portate le date, gli orari e le sedi di svolgimento delle prove preselettive. Assieme al contestato simulatore.
Viene allora da chiedersi: chi è la “talpa” che ha dato il là a tutto questo? La domanda se la saranno posta anche gli alti dirigenti del Miur. Che ora rischiano seriamente di vanificare mesi e mesi di duro lavoro, spesi (lo possiamo testimoniare) per cercare di organizzare al meglio le prove. Per non parlare del ministro Profumo. Che aveva puntato tantissimo sul ritorno del concorso a cattedra, dopo 13 anni di assenza: un concorso da proporre come una selezione moderna (con la prima preselezione in Italia priva di fogli di carta) e a costi tutto sommato ridotti (non più di un milione di euro).
Ora, se il buongiorno si vede dal mattino l’immagine di Profumo rischia di uscirne più offuscata che migliorata. A questo punto, ne siamo sempre più convinti, c’è solo un modo per uscirne: mantenere l’innovativo simulatore, che ci avrebbe dovuto avvicinare alle procedure concorsuale dei Paesi moderni, ma affiancargli il tanto acclamato “librone” di domande. Completo di risposte esatte e sbagliate. E farlo anche in fretta.

Al via le Olimpiadi di Italiano, edizione 2013

da  Tecnica della Scuola

Al via le Olimpiadi di Italiano, edizione 2013
Al via la III edizione delle Olimpiadi di italiano per gli studenti dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali, statali e paritari. L’iniziativa è aperta anche agli allievi delle scuole italiane all’estero secondarie di II grado
Il Miur, con il supporto organizzativo del Comune di Firenze e con la collaborazione scientifica dell’Accademia della Crusca e dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana
indice per il corrente anno scolastico la terza edizione delle Olimpiadi di italiano, gare individuali di lingua italiana rivolte alle studentesse e agli studenti dei Licei, degli Istituti tecnici e degli Istituti professionali, statali e paritari.
La competizione è articolata in due sezioni:
1) primo biennio;
2) secondo biennio e quinto anno, ed è aperta anche agli allievi delle Scuole italiane all’estero secondarie di secondo grado, statali e paritarie.
L’iniziativa nasce dalla consapevolezza che l’innalzamento delle competenze linguistiche è sempre più avvertito come un’urgenza per un Paese che intenda restare competitivo nel presente e nel prossimo futuro.
Una padronanza medio-alta dell’italiano è infatti un bene irrinunciabile per lo sviluppo culturale ed economico. Un sicuro possesso della lingua italiana e della sua ricchezza è, inoltre, prezioso bene personale nonché strumento essenziale per lo studio delle altre discipline e, in primo luogo, delle lingue straniere.
Nelle fasi d’istituto e in quelle provinciali e interprovinciali le gare si svolgeranno per la prima volta in modalità digitale e telematica, attraverso un’apposita piattaforma informatica, per garantire una migliore funzionalità e la più ampia partecipazione delle istituzioni scolastiche.
Del presente bando fa parte integrante il Regolamento allegato, che precisa tempi e modalità di partecipazione alla competizione, insieme a ulteriori dettagli organizzativi, e che è pubblicato anche sul sito www.olimpiadi-italiano.it.
Si richiamano, qui di seguito, le scadenze per le iscrizioni e le date delle tre fasi della competizione:
a) Scadenze
Il termine per l’iscrizione degli istituti che intendono partecipare è il 15 gennaio 2013.
Il termine per l’iscrizione dei singoli studenti candidati dalle scuole è il giorno 8

In arrivo i TFA speciali?

da tuttoscuola.com

In arrivo i TFA speciali?

Si riparla di TFA speciali, l’edizione straordinaria dei Tirocini Formativi Attivi, annunciata mesi fa dal ministro Profumo, di cui sembrava imminente l’avvio quasi in contestualità con i TFA ordinari.

Ne dà notizia il sen. Mario Pittoni (Lega) con un comunicato in cui ritorna, in particolare, sulla questione dei 360 giorni, di cui si era discusso animatamente a suo tempo.

“Con il parere del Consiglio di Stato, la cui trasmissione al ministero dell’Istruzione è data per imminente, diventa concreta la possibilità di avere i TFA speciali entro la fine dell’anno, forse addirittura nei termini che avevo discusso con il ministro Profumo all’inizio del suo mandato, riferiti cioè ai 360 giorni di servizio”.

Pittoni annuncia che la commissione Istruzione a palazzo Madama è già stata allertata. “Dopo la sessione di Bilancio, che impegnerà tutta la prossima settimana – precisa il senatore – avremo due settimane, prima delle feste natalizie, per “chiudere” il provvedimento sui TFA speciali”.

“to raccogliendo la disponibilità degli altri gruppi – prosegue Pittoni – per tornare alla proposta originaria dell’apertura a tutti gli insegnanti che hanno maturato 360 giorni di servizio. Nel vuoto attuale, figlio di una riforma del reclutamento su base concretamente meritocratica (fatti salvi i diritti acquisiti degli iscritti alle graduatorie ad esaurimento) ancora in lista d’attesa, la “paura” di numeri troppo elevati ha spinto il ministero a inserire paletti eccessivi per l’accesso ai corsi abilitanti, non riconoscendo il riferimento ai 360 giorni (sempre utilizzato dal 1971), corrispondenti a 2 anni scolastici.

Attenzione però: parametri diversi, se assunti senza cautele, alimentano il rischio di contenziosi volti a far risaltare il profilo professionale definito e stabilito dai contratti stipulati con i docenti delle graduatorie della III fascia d’istituto. E la Direttiva europea 36/2005 CE stabilisce che 3 anni di esperienza professionale sono assimilati a un titolo di formazione. Ho quindi raccolto – conclude Pittoni – anche la disponibilità di Luigi Fiorentino, capo di gabinetto del ministro, a rivedere la scelta».

La scuola, le occupazioni e chi non le capisce

da Il Fatto Quotidiano

La scuola, le occupazioni e chi non le capisce

 di

C’è gente che va in giro a dire che occupare le scuole non cambierà le sorti di questo paese, dicono che è solo un modo per defilarsi da noiose lezioni e pericolosi compiti in classe. C’è addirittura chi sostiene che sia una pratica dannosa. Pensa un po’ che quando me lo dicevano 10 anni fa io gli rispondevo che le cose così come erano non andavano bene e allora occupavamo e manifestavamo per cambiare le cose. Quando poi mi si chiedeva “Come?” non sapevo rispondere. Alla domanda “In che modo un’occupazione può cambiare in meglio il futuro di una generazione?” rimanevo sempre un po’ interdetto, pensavo: “Magari da qui facciamo partire la rivoluzione!” oppure “intanto facciamo bordello così quelli ascoltano quello che abbiamo dire”. Entrambe queste risposte non erano del tutto inesatte ma non servivano a placare la supponenza e la saccenteria degli anti-occupanti che, forti del loro automatismo logico basato sulla non esistenza di risultati tangibili, continuavano, hanno continuato e continuano tuttora a definirci fannulloni. Sul momento ti fregano, perché le vere ragioni che stanno dietro ad una pratica di protesta si imparano dopo, o meglio diventano più chiare, si definiscono in seguito.

Oggi, ad esempio, so a cosa serve occupare e so come cambierà il futuro.

Buttandola sul personale, io ho imparato molto di più in una settimana di occupazione che nei 4 anni di scuola precedenti a quella settimana. Ho anche imparato come si faceva ad imparare, pratica utilissima per i due anni successivi di scuola superiore e ancor più utile per l’università. Sono diventato curioso, sono cresciuto nella pratica e grazie alla pratica di protesta, decidendo i contenuti della mia scuola e non subendoli ho capito come ricevere in modo attivo l’ insegnamento. Ho lavorato molto in quelle settimane, era molto più faticoso che andare a scuola e stare seduto a scaldare la sedia. Fannulloni, dicevano, ma uno che non fa nulla come fa a stancarsi così tanto?  Ho conosciuto persone. Ho parlato con molta gente. Con la condivisione siamo cresciuti in tanti ed in tanti abbiamo acquisito consapevolezza sul mondo che ci circonda, sul sistema imposto e sulle schifezze del passato, del presente e del futuro. Occupare, stare insieme, parlare, condividere, progettare e fare la scuola che si desidera sono pratiche che tengono in vita ed alimentano questa consapevolezza. Magari il mondo non è cambiato e probabilmente il sistema scolastico di questo paese è addirittura peggiorato ma di una cosa sono certo: reprimere la protesta corrisponde ad una morte lenta e dolorosa di tutte le piccole speranze che ci tengono in vita.

Dicevo che oggi so a cosa serve occupare e so come cambierà il futuro. Ma non lo voglio dire per non rovinare il gusto della scoperta di chi ancora non c’è arrivato.