Assunzioni Università

Università, Bussetti firma decreto sui punti organico: “Finalmente le assunzioni tornano a crescere”

(Sabato, 29 dicembre 2018) Tornano a crescere le assunzioni nelle Università. Gli Atenei, in particolare quelli virtuosi, potranno andare ben oltre il normale turn over grazie alle misure previste dal decreto sui punti organico per il 2018, firmato oggi dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti, e grazie alle nuove norme contenute nella legge di bilancio che sta per essere definitivamente approvata.

“Siamo davanti ad una svolta fortemente voluta e sostenuta dal governo: dopo molti anni si inverte la rotta. Le assunzioni torneranno a crescere e non ci si limiterà al solo ripristino del turn over”, dichiara il Ministro Bussetti. “Consentire nuove assunzioni è importante per garantire la qualità dell’offerta formativa delle nostre Università: abbiamo un rapporto docenti/studenti che è inferiore a quello di molti atenei stranieri, bisogna cambiare. Questo è solo l’inizio di un percorso di cambiamenti positivi che vogliamo portare avanti”.

Con il decreto firmato oggi, che mette a disposizione complessivamente 2.038 punti organico, le Università virtuose (quelle con una spesa di personale inferiore all’80% e un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria superiore a 1) potranno superare il tetto massimo del 110% delle proprie cessazioni nell’attribuzione dei punti organico. In particolare il meccanismo previsto dal provvedimento è il seguente: dopo aver assicurato a tutti gli atenei il 50% delle proprie cessazioni, il restante 50% di sistema è stato ripartito esclusivamente in proporzione al livello di virtuosità dei bilanci. Dunque già da quest’anno le Università con i bilanci più sani potranno incrementare in misura maggiore i propri punti organico.

Tra gli Atenei che trarranno maggiore beneficio da questa novità (ovvero più del 110% delle cessazioni del 2017) ci sono Bergamo (310%), Politecnico di Milano (237%), Milano Bicocca (186%), Varese Insubria (143%), Milano Statale (121%), Catanzaro (191%), Parthenope di Napoli (137%), Chieti Pescara (194%), Urbino (195%), Politecnico di Torino (138%), Torino (117%), Politecnico di Bari (129%), Piemonte Orientale (129%), Verona (132%), Venezia Ca’ Foscari (127%).

A quanto previsto dal decreto punti organico si aggiunge, per l’anno 2019, quanto stabilito nella legge di bilancio che recepisce una precisa proposta del MIUR: si incrementano le ordinarie facoltà assunzionali del sistema (100% del turn over) con ulteriori 220 punti organico nel 2019. E altri 220 nel 2020. Dopo più di dieci anni di vincoli e limiti, finalmente si supera il muro del turn over e l’università torna a crescere, dunque. Questi punti si aggiungeranno al piano straordinario per l’assunzione di circa 1.500 ricercatori tipo b previsto in manovra.
I complessivi 440 punti organico saranno riservati alle Università con un indicatore di spesa di personale inferiore al 75% e un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria superiore a 1,1. Si tratta quindi di un intervento aggiuntivo rispetto all’ordinario turn over nazionale.

Non è una scuola per maschi

da Corriere della sera

Voti più bassi, più bocciature, più abbandoni scolastici. Ma anche se le ragazze vanno meglio a scuola e all’università, i ragazzi recuperano terreno sul lavoro. Con il paradosso che i posti di potere sono occupati da maschi con bassi livelli d’istruzione

Gianna Fregonara e Orsola Riva

E se quella italiana non fosse una scuola per maschi? Può sembrare una domanda provocatoria in un Paese dove le ragazze ancora faticano nelle materie scientifiche più di tutte le loro coetanee e 8 iscritti a Ingegneria su 10 sono uomini. Ma non lo è: in generale, a scuola i ragazzi vanno molto peggio delle loro compagne. Voti più bassi, più bocciature e, soprattutto, più abbandoni. Come se la scuola, quella superiore in particolare, non riuscisse a riconoscere e a sviluppare i talenti dei maschi.

Se i ragazzi vanno peggio anche in matematica

Partiamo dalla famigerata matematica. Le ragazze italiane escono in genere con le ossa rotte dai test come l’Ocse-Pisa. Ma nelle pagelle scolastiche è un’altra storia: al primo anno di liceo quasi 2 ragazzi su 10 sono insufficienti, mentre le loro compagne arrivano in massa (86,4%) alla sufficienza. In italiano — i dati del ministero dell’Istruzione e i test Invalsi lo confermano — lo svantaggio dei ragazzi è storicamente molto più marcato, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, dove quelli che non raggiungono la sufficienza sono quasi il doppio delle loro compagne. Al contrario i voti alti, dall’8 in su, vanno molto più spesso alle studentesse sia in italiano (65 contro 35) che in matematica (60 a 40). Alla fine del percorso le ragazze che escono con il massimo dei voti sono quasi l’8% contro il 5% dei maschi.

L’età (critica) dello sviluppo

Gli anni critici, come dimostra il rapporto Ocse sul gender gap nell’Educazione del 2018, sono quelli tra i 10 e i 15 anni. Le difficoltà adolescenziali tendono generalmente a ridursi fino a scomparire intorno ai 21-22 anni, ma prima è un disastro. È così dagli anni Ottanta: sono stati i «ragazzi del ’66» i primi a cedere il passo alle coetanee e da allora la performance scolastica dei maschi ha continuato a peggiorare. Secondo Raffaele Mantegazza, docente di Pedagogia alla Bicocca di Milano, la situazione potrebbe migliorare riformando i cicli: ci vorrebbe una scuola della preadolescenza di 5 anni — i tre delle medie più il primo biennio delle superiori — in modo che i ragazzi possano essere seguiti con continuità in quella delicata fase di sviluppo. «Biologicamente le ragazze maturano prima. È sempre stato così — spiga Mantegazza — ma ultimamente c’è stata un’accelerazione. Ogni tanto in classe sarebbe utile separarli: come si fa a pensare che A Silvia di Leopardi comunichi le stesse cose a una tredicenne e a un suo compagno? Basterebbe un’ora di lavoro in gruppi divisi per genere per poi tornare a confrontarsi. Purtroppo però il sistema è strutturato sul moloch della classe».

La femminilizzazione della scuola

All’esame di terza media, dove vengono promossi praticamente tutti (99,8%), quasi il 30% dei maschi viene «licenziato» con il 6, la soglia minima. Ma molti di coloro che escono dalle medie con una sufficienza risicata hanno il cammino segnato: spesso scelgono di parcheggiarsi in un istituto professionale. Dopo una bocciatura e magari un’altra ancora, una parte di questi ragazzi finisce per non andare più a scuola. Non a caso il tasso di dispersione scolastica è molto più alto fra i maschi che fra le femmine (16,6% per cento contro l’11,2). Siamo uno dei pochissimi Paesi europei, con la Spagna, in cui ci sono più diplomate che diplomati. Lo squilibrio cresce ancora all’università: leggendo i dati Istat 2018 (fascia 30-34 anni), più di una ragazza su 3 raggiunge il traguardo della laurea mentre nel caso dei ragazzi solo uno su 5 ce la fa. «Fin dalle elementari — dice il pedagogista Daniele Novara — i maschi collezionano più note e prendono voti più bassi. Per non parlare delle certificazioni neuropsichiatriche come l’iperattività o il disturbo della condotta, che nei bambini sono addirittura il doppio che nelle bambine». Novara ha un’idea chiara: «Maestre e professoresse, stragrande maggioranza del corpo docente, tendono a proiettare inconsapevolmente sugli alunni l’immagine negativa del discolo, del maschio terribile, e costringono le femmine nel ruolo di brave bambine».

Mancanza di modelli maschili

Il problema non è solo italiano ma interessa anche gli altri sistemi scolastici europei, con rare eccezioni. Nella letteratura scientifica non italiana diversi studi si concentrano sugli effetti della femminilizzazione della scuola: «La penuria di professori maschi — spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli — resta un tema irrisolto. I ragazzi non riescono a trovare un modello di ruolo in classe proprio nel momento in cui ne avrebbero più bisogno». Spesso il disagio scolastico dei maschi si intreccia con il livello economico-sociale delle famiglie. Nei contesti più svantaggiati, gli adolescenti tendono a modellare i loro valori più per strada che in classe o, peggio ancora, stando incollati ai reality tv e ai video degli youtuber. «Non è colpa della scuola — dice Mantegazza — se la nostra società sta attraversando una fase di crisi dell’identità maschile. Ma se ci fossero più docenti uomini sarebbe più facile veicolare il messaggio che esistono modelli maschili alternativi a Fabrizio Corona. E che la cultura può servire per sublimare la propria virilità».

Le didattiche differenziate che mancano

«Differenziare le didattiche potrebbe essere un buon esperimento», aggiunge Gavosto, usando metodologie meno accademiche e più pratiche per i ragazzi e ripensando quelle per le ragazze soprattutto per la matematica: il fatto che «il nostro sistema scolastico non riesca a coinvolgere le ragazze nelle materie scientifiche resta una priorità da risolvere». È come se, in classe ma prima già in famiglia, si saldassero due pregiudizi complementari. A parità di brutti voti, il pregiudizio gioca contro i maschi «che nell’adolescenza si rivelano più ribelli delle ragazze verso il sistema». Ma se fioccano 9 e 10, «il figlio viene considerato di talento, la figlia solo molto studiosa». Anche la scelta del tipo di scuola ha un peso: i ragazzi tendono a indirizzarsi più facilmente verso istituti tecnici e professionali dove il tasso di dispersione è più alto che nei licei a maggioranza femminile. «Solo quando entrano nel mondo del lavoro, la pressione sociale su di loro è tale che è come se li obbligasse a maturare», continua Gavosto. La stessa pressione, invece, penalizza le ragazze.

Potere senza tasso d’istruzione

Gli esperti internazionali si stanno interrogando sul perché il gap di genere tenda a scomparire nelle rilevazioni tra gli adulti: se si incrociano i risultati del Pisa (dei quindicenni) con quelli del Piaac (che misura le competenze degli adulti) lo svantaggio dei ragazzi nella lettura tenda a ridursi fra i 16 e i 29 anni, per annullarsi del tutto fra i 30-40enni che lavorano. Non è escluso che le modalità con cui vengono effettuati i test possano in parte influenzare i risultati: i ragazzi della seconda superiore tendono a prendere un po’ sottogamba le prove standardizzate fatte a scuola mentre potrebbero essere più attenti nelle rilevazioni sugli adulti quando il test è più personale, svolto one-to-one, e loro più maturi e consapevoli. Nel frattempo, soprattutto in Italia, molti di questi giovani smettono di studiare precludendosi la laurea. «Con un effetto drammatico per l’intera società — chiosa Novara — perché i posti di potere vengono occupati da giovani con un basso livello d’istruzione, mentre le ragazze che pure sono più istruite di loro tendono a perdersi per strada».

Maturità 2019, possibili novità requisiti nomina Commissari esterni

da Orizzontescuola

di redazione

Il nuovo esame di Stato per la secondaria di II grado presenterà, da giugno 2019, numerose novità sia per gli studenti che per i docenti.

Composizione commissioni d’esame

Non vi sono novità per quanto concerne la struttura (3+3+1).

Tre saranno gli insegnanti interni, tre gli esterni e uno come al solito il Presidente.

Novità sono invece previste per i criteri di nomina e per i requisiti (art. 16 commi 4 e 5 del Decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 62.

I commissari e il presidente sono nominati dall’USR sulla base di criteri determinati a livello nazionale con decreto del Ministro.

Presso l’USR è istituito l’elenco dei presidenti di commissione, cui possono accedere dirigenti scolastici, nonché docenti della scuola secondaria di secondo grado, in possesso di requisiti definiti a livello nazionale dal MIUR, che assicura specifiche azioni formative per il corretto svolgimento della funzione di presidente.

La pubblicazione dell’Ordinanza Ministeriale su modalità di svolgimento dell’esame e funzionamento delle Commissioni è prevista per febbraio 2019.

Attendiamo quindi eventuali novità sui criteri di nomina. Va rilevato infatti che l’annuale ordinanza sulla composizione delle Commissioni d’esame ha sempre presentato delle imperfezioni e delle mancanze che hanno reso difficoltosa la gestione delle nomine.

L’iter del decreto ha visto già il passaggio con il Capo Dipartimento e il Capo di Gabinetto e dopo l’informativa sindacale passerà al vaglio del CSPI per il previsto parere.

Maturità 2018/19: ammissione, credito, prove, quadri di riferimento,voto finale. Lo speciale

Permessi diritto studio 150 ore: quando possono essere fruiti

da Orizzontescuola

di redazione

Il CCNL 2007, confermato dal Contratto 2016-18 per quanto in esso non espressamente previsto, in tema di diritto allo studio richiama l’art. 3 del D.P.R. n. 395/1988, che continua dunque a trovare applicazione nel comparto scuola nella sua originaria formulazione.

Rispondiamo al quesito di un nostro lettore riguardante la possibilità di fruire dei permessi per diritto allo studio per corsi che si svolgono al di fuori dell’orario di servizio, ricordando il numero massimo di ore fruibili.

Permessi diritto studio: 150 ore

La succitata normativa prevede che il personale possa usufruire di 150 ore, al massimo, di permessi per diritto allo studio.

Può usufruire dei permessi una platea pari al 3% del personale in servizio all’inizio di ogni anno scolastico in ogni provincia.

Per approfondire leggi la nostra Guida.

Permessi diritto studio 150 ore: quando fruirle

Per rispondere al quesito posto dal nostro lettore, facciamo riferimento ad un orientamento applicativo dell’Aran.

Così, al riguardo scrive l’Aran:

In proposito, occorre precisare che i permessi per motivi di studio devono essere fruiti solo per assentarsi dal lavoro per la frequenza dei corsi nei giorni e nelle ore durante le quali il dipendente dovrebbe rendere la sua ordinaria prestazione lavorativa. Pertanto, nell’ipotesi di un corso di studi in orario serale, il dipendente potrà usufruire dei permessi di studio solo qualora la sua prestazione lavorativa viene svolta secondo un’articolazione oraria che coincida con lo svolgimento del corso.

In caso contrario oppure nei casi in cui le lezioni sono effettuate al di fuori dell’orario di lavoro, il dipendente non ha alcun titolo a fruire dei permessi in esame, la cui finalità è quella di consentire la frequenza di corsi solo qualora lo svolgimento degli stessi coincida con l’orario di lavoro del dipendente interessato.

I permessi, dunque, possono essere fruiti soltanto nei casi in cui i corsi si svolgano nei giorni e nelle ore in cui il dipendente dovrebbe essere in servizio. Se, invece, il corso si svolge in giorni e orari non coincidenti con quelli di servizio, non è possibile fruire dei predetti permessi.

Permessi diritto studio 15o ore: tempi percorrenza per raggiungere sede lezioni

L’Aran si è espressa anche in merito al fatto se nel computo del monte ore dei permessi studio vada incluso o meno il tempo di percorrenza necessario per recarsi nel luogo in cui si svolgono le lezioni.

L’Agenzia ha affermato che nel predetto monte ore deve essere computato anche il tempo di percorrenza per recarsi presso la sede in cui si svolge il corso. Questo perché, ai fini della della quantificazione delle ore di permesso, ciò che conta è l’arco temporale in cui il dipendente deve assentarsi dal luogo di lavoro per partecipare alle lezioni o ai corsi.

Esempio: un dipendente deve frequentare due ore di lezione presso un’Università per raggiungere la quale è necessaria un’ora di viaggio; il permesso da fruire sarà pari a tre ore.

Infatti, conclude l’Aran,  le ore di permesso fruite devono corrispondere all’intera durata dell’assenza e le stesse dovranno essere decurtate dal monte-ore annuo a disposizione del dipendente.

Concorso Dsga, pubblicato il bando in Gazzetta Ufficiale. Tutte le info

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

E’ stato pubblicato il bando con il quale è indetto il primo concorso per il reclutamento dei Direttori dei servizi generali e amministrativi ai sensi dell’articolo 1, comma 605, della legge 27 dicembre 2017 e nel rispetto di quanto stabilito dal decreto ministeriale 863 del 18 dicembre 2018, recante le indicazioni concernenti il concorso per titoli ed esami per l’accesso al profilo professionale del Direttore dei servizi generali e amministrativi.

IL BANDO (clicca qui)

PROGRAMMA D’ESAME E TABELLA CON VALUTAZIONE TITOLI (clicca qui)

Domanda di partecipazione

Fino al 28 gennaio 2019 si potrà presentare domanda di partecipazione per il concorso per il reclutamento di 2.004 Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) per le scuole statali di ogni ordine e grado.

il concorso è una selezione per titoli ed esami  bandita su base regionale per la copertura dei posti che si prevede risulteranno vacanti e disponibili negli anni scolastici 2018/19, 2019/20 e 2020/21.

Le info utili

La domanda di partecipazione potrà essere presentata esclusivamente online, attraverso l’applicazione POLIS, che sarà disponibile da domani, 29 dicembre 2018, fino a tutto il 28 gennaio 2019. Sarà possibile presentare domanda per una sola Regione.

La prova consisterà in una prova preselettiva (solo se a livello regionale, il numero dei candidati sia superiore a quattro volte il numero dei posti disponibili). La prova, computer based, sarà unica su tutto il territorio nazionale e avrà una durata massima di 100 minuti. Il punteggio della prova preselettiva sarà restituito al termine della prova stessa. All’esito della preselezione, accederà agli scritti un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso per ciascuna Regione.

Seguiranno due prove scritte, di 180 minuti ognuna: una prova costituita da sei domande a risposta aperta, relative agli argomenti indicati nel bando;  una prova teorico-pratica, consistente nella risoluzione di un caso concreto attraverso la redazione di un atto su uno degli argomenti indicati nel bando. La commissione assegnerà alle prove scritte un punteggio massimo di 30 punti ciascuna. Accederanno alla prova orale i candidati che avranno conseguito, in ciascuna delle prove, un punteggio di almeno 21/30.

Infine, la prova orale consisterà in:

  • un colloquio sulle materie d’esame, che accerterà la preparazione professionale del candidato e la sua capacità di risolvere un caso riguardante la funzione di DSGA;
  • una verifica della conoscenza degli strumenti informatici e delle tecnologie della comunicazione più comuni;
  • una verifica della conoscenza della lingua inglese.

La commissione assegnerà alla prova orale un punteggio massimo complessivo di 30 punti. La prova sarà superata dai candidati che conseguiranno un punteggio non inferiore a 21 punti.

Chi può partecipare?

Al concorso possono partecipare i candidati in possesso di uno dei seguenti titoli:

– Laurea in Giurisprudenza,

– Laurea in Scienze politiche, sociali o amministrative;

– Laurea in Economia e commercio;

– Diploma di Laurea specialistica (LS 22, 64, 71, 84, 90 e 91) o Laurea Magistrale (LM) corrispondente a quelle specialistiche (ai sensi della tabella allegata al DI 9 luglio 2009).

ATA facenti funzione con tre anni di servizio

Sono ammessi al concorso gli assistenti amministrativi facenti funzione di DSGA con almeno tre incarichi annuali, anche non consecutivi, maturati al 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018. In quest’ultimo caso si prescinde dal possesso del diploma di laurea.

Nello specifico, tre anni interi di servizio devono essere calcolati, anche non consecutivi, nel caso in cui si sia svolto il servizio in via continuativa, fino al 31 agosto.

Lo SPID ora si può richiedere dal portale NoiPA

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

È online su NoiPA “Ottieni SPID”, il nuovo servizio realizzato in collaborazione con AgID che consente agli amministrati di ottenere le credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) direttamente dalla loro area privata.

L’identità SPID rappresenta la possibilità di accedere a NoiPA e a tutti i servizi online della Pubblica Amministrazione, con un’unica Identità Digitale utilizzabile da computer, tablet e smartphone.

Con questa procedura è possibile evitare il riconoscimento de visu del richiedente, perché NoiPA si fa garante dell’identità dell’utente presso gli Identity Provider (IdP).

 

Per utilizzare il servizio “Ottieni SPID” è sufficiente accedere all’area privata del portale NoiPA, e scegliere l’Identity Provider fra quelli che hanno aderito all’iniziativa. Una volta effettuata la scelta, l’amministrato potrà completare la registrazione direttamente sul sito dell’Identity Provider, ottenendo così l’Identità Digitale Unica.

Questo è il percorso per accedere alla nuova funzionalità: Amministrato/Self service/ Servizi/Ottieni SPID.

Per ulteriori informazioni, sempre nell’area riservata è disponibile un Manuale utente.

Legge di bilancio 2019, scuola penalizzata: 4 miliardi in meno in 3 anni

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

La Legge di bilancio 2019 è in via di approvazione alla Camera (clicca qui per tutti i dettagli).

In un’elaborazione realizzata dal Corriere della Sera, più fondi per le pensioni e le politiche sociali, meno risorse per la scuola e i beni culturali. La prima legge di bilancio del governo Conte non si può dire benevola nei confronti dell’istruzione.

L’istruzione scolastica avrà investimenti ridotti da 48.3 a 44.4 nel giro di tre anni: meno per l’istruzione primaria (da 29.4 a 27.1), meno per la secondaria (da 15.3 a 14.1 miliardi).

 

Cosa determina questa flessione? La riduzione dei fondi per i docenti di sostegno (1 miliardo nella scuola primaria, 300 in quello secondario). Qualcosa in più per l’università, passando da 8.3 a 8.5 miliardi.

Ecco quanto è previsto per il mondo della scuola, in particolare per docenti e Ata.

Con riferimento ai docenti:

per gli a.s. 2019/2020 e 2020/2021, si prevede la costituzione di equipe formative territoriali per promuovere progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, cui sono destinati al massimo 120 docenti che possono essere esonerati dall’esercizio delle attività didattiche (commi da 725 a 727);

si incrementa il limite di spesa relativo alla dotazione organica in misura corrispondente a 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria, al fine di ampliare le possibilità di tempo pieno. Le modalità per l’incremento devono essere stabilite con decreto del Miur (commi da 728 a 729);

dall’a.s. 2019/2020, si incrementa di 400 posti l’organico del personale docente dei licei musicali (comma 730);

si dispone, dall’a.s. 2019/2020, un incremento delle facoltà di assunzione di personale educatore nelle istituzioni educative statali (comma 415);

si ridefinisce il percorso per l’accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, sia per i posti comuni che per quelli di sostegno. In particolare, si sostituisce il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) con un percorso
annuale di formazione iniziale e prova, cui si continua ad accedere previo superamento di un concorso, all’esito del quale, però, si consegue già l’abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui si è partecipato e si è immessi in ruolo. Il docente, concluso positivamente l’anno di formazione iniziale e prova, deve rimanere nella stessa scuola, negli stessi tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni (commi da 792 a 795);

si dispone che, dall’a.s. 2019/2020, ai docenti non è più attribuita la titolarità su ambito territoriale. Si torna, dunque, alla titolarità del docente in una singola scuola (comma 796).

Con riferimento al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA):

si autorizza la trasformazione a tempo pieno, dall’a.s. 2019/2020, del rapporto di lavoro di soggetti, già titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento nelle scuole di funzioni assimilabili a quelle degli assistenti amministrativi e tecnici, immessi in ruolo a tempo parziale dall’a.s. 2018/2019. Conseguentemente, si dispone l’incremento della dotazione organica del personale amministrativo e tecnico (commi da 738 a 740).

Concorso Dsga: pubblicato il bando. Domande entro il 28 gennaio

da Tuttoscuola

Nella Gazzetta Ufficiale di oggi, 28 dicembre, il bando del concorso per l’assunzione di 2.004 Dsga, i Direttori dei servizi generali e amministrativi delle istituzioni scolastiche. Il bando è stato pubblicato anche sul sito del Miur dopo le 19.00.

Si tratta del primo concorso, da quando, attraverso un contratto sindacale, i segretari delle scuole sono stati collocati nella qualifica di Direttori amministrativi.

“Il reclutamento dei nuovi Dsga era atteso da tempo ed era una delle nostre massime priorità. Avevamo promesso di sbloccare il bando: abbiamo agito rapidamente e con grande concretezza”, dichiara il Ministro Marco Bussetti. “I Dsga sono figure essenziali per il buon funzionamento del sistema e delle nostre scuole. Dall’ultimo concorso sono trascorsi quasi venti anni: un tempo infinito. Non deve più accadere. Troppo spesso il ruolo del personale amministrativo, tecnico e ausiliario è sottovalutato. Su questo punto va invertita la rotta con assunzioni, formazione, valorizzazione di questi profili. Il concorso è un primo importante passo soprattutto per colmare le lacune di personale che rendono difficile l’amministrazione quotidiana delle scuole”.

Il concorso Dsga avrà carattere regionale e si svilupperà in quattro prove, di cui la prima a carattere preselettivo (ammesso un numero pari a tre volte i posti a concorso nella regione scelta) con 100 quesiti a risposta multipla.

Per chi supererà la preselezione vi saranno due prove scritte: la prima con sei domande a risposta aperta, e la seconda (di carattere teorico-pratico) nella risoluzione di un caso.

Trenta punti per ciascuna prova, 30 punti per l’orale e 10 per i titoli.

Per partecipare occorre possedere il diploma di laurea in giurisprudenza, in economia e commercio, o in scienze politiche, sociali o amministrative.

Le domande dovranno essere presentate dal 29 dicembre 2018 al 28 gennaio 2019.

Concorso Dsga: la prova preselettiva

Qualora, a livello regionale, il numero dei candidati sia superiore a quattro volte il numero dei posti disponibili, le prove di esame saranno precedute da una prova preselettiva nazionale. Computer based, unica su tutto il territorio nazionale, la prova preselettiva, della durata massima di 100 minuti, si svolgerà nelle sedi individuate dagli USR e consisterà nella somministrazione di 100 quesiti relativi alle discipline previste nel bando. Ogni quesito consisterà in una domanda seguita da quattro risposte, delle quali solo una sarà esatta. La valutazione della prova preselettiva sarà effettuata assegnando 1 punto a ciascuna risposta esatta, zero punti alle risposte non date o errate. Il punteggio della prova preselettiva sarà restituito al termine della prova stessa. All’esito della preselezione, accederà agli scritti un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso per ciascuna Regione.

Concorso Dsga: la prova scritta

I candidati dovranno affrontare due prove scritte, ognuna con un tempo di 180 minuti: una prova costituita da sei domande a risposta aperta, relative agli argomenti indicati nel bando;  una prova teorico-pratica, consistente nella risoluzione di un caso concreto attraverso la redazione di un atto su uno degli argomenti indicati nel bando. La commissione assegnerà alle prove scritte un punteggio massimo di 30 punti ciascuna. Ciascuno dei sei quesiti a risposta aperta riceverà un punteggio compreso tra zero e 5 che sia multiplo intero di 0,5. La prova teorico-pratica riceverà un punteggio compreso tra zero e 30. Accederanno alla prova orale i candidati che avranno conseguito, in ciascuna delle prove, un punteggio di almeno 21/30.

La prova orale 

La prova orale sarà composta da un colloquio sulle materie d’esame, che accerterà la preparazione professionale del candidato e la sua capacità di risolvere un caso riguardante la funzione di DSGA; da una verifica della conoscenza degli strumenti informatici e delle tecnologie della comunicazione più comuni; da una verifica della conoscenza della lingua inglese. La commissione assegna alla prova orale un punteggio massimo complessivo di 30 punti. La prova sarà superata dai candidati che conseguiranno un punteggio non inferiore a 21 punti.