Gli studenti occupano, presidi in assemblea

da Corriere della Sera

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Gli studenti occupano, presidi in assemblea

Dirigenti scolastici riuniti al liceo Newton per discutere le strategie da adottare. Il sondaggio di Skuola.net fra i ragazzi

Mariolina Iossa

Comincia l’autunno caldo delle occupazioni, una stagione, ormai da oltre trent’anni ad oggi, vissuta come irrinunciabile dagli studenti delle scuole superiori italiane, una sorta di necessario passaggio formativo che di formativo in realtà ha poco o niente. A Roma quest’anno l’apripista e’ stato l’Itc Bachelet, occupato da Blocco studentesco, movimento di destra legato a casa Pound. Si confrontano, ma si potrebbe anche dire che si scontrano, da un lato i presidi e i professori, dall’altro i ragazzi, sempre convinti che non c’è altra forma di protesta adeguata se si vuole far sentire la propria voce. Se Il 57 per cento di studenti dei licei e degli istituti tecnici e professionali, in un sondaggio di Skuola.net condotto su oltre tremila giovani, ha annunciato la propria volontà di voler occupare la scuola quest’anno, i presidi non si sono fatti trovare impreparati. Si sono riuniti al Newton di viale Manzoni per un convegno al quale hanno partecipato moltissimi presidi romani, il presidente nazionale dell’ Anp, Giorgio Rembado, il presidente dell’Anp romana Mario Rusconi e anche dirigenti di licei di altre Regioni per portare la propria testimonianza.

STRATEGIA COMUNE – «Abbiamo sentito la necessità di elaborare una strategia comune per fronteggiare questo fenomeno – ha detto Rusconi, che per dieci anni è stato preside del Tasso, storico liceo classico romano -. Vogliamo arrivare ad un regolamento unico valido per tutti i licei, perché fino ad oggi ogni istituto ha agito in modo diverso, c’è chi chiude un occhio, chi reagisce in maniera troppo rigida o chiude la comunicazione con gli studenti». Dalle testimonianze portate al convegno risalta subito che la via maestra è sempre quella del dialogo con gli studenti senza però cadere nel buonismo e in un atteggiamento paternalistico. «Va detto con chiarezza ai ragazzi, e questo è compito di noi presidi e docenti, che occupare la scuola non è solo un reato per il quale spesso non c’è di fatto alcuna forma di sanzione, ma è soprattutto un atto contro la scuola pubblica che gli studenti vorrebbero difendere. – ha sottolineato Antonino Petrolino, della direzione nazionale dell’Anp -. Ai giovani va detto che le occupazioni non hanno mai prodotto qualcosa di durevole o ottenuto vittorie nette e durature mentre danneggiano soprattutto i ragazzi più deboli, per esempio quelli degli istituti tecnici e professionali, per i quali perdere un mese di scuola può voler dire perdere l’anno e l’unica occasione di salto formativo e sociale della loro vita».

RISCHIO DANNI ALLA SCUOLA – Le occupazioni, a parere unanime dei presidi intervenuti, non soltanto non sono affatto uno strumento di difesa della scuola pubblica ma in realtà portano ad un ulteriore impoverimento e degrado. Soprattutto in caso di danni, In due giorni si brucia l’equivalente di quanto la scuola ottiene dal ministero come finanziamento per un anno di attività. Da Firenze è arrivata la testimonianza, attraverso il preside Valerio Vagnoli, di come agire di concerto con gli altri dirigenti scolastici, con la collaborazione dei docenti e di tutta la comunità cittadina, possa di molto abbassare livello delle occupazioni. «Spesso le autorità che dovrebbero intervenire, le forze dell’ordine, ma anche la comunità tutta, i giornali, alcuni professori troppo accondiscendenti, gli stessi genitori memori delle loro proteste giovanili che guardano con nostalgica benevolenza alle occupazioni dei loro figli oggi, tutto ciò concorre a convincere i ragazzi che occupare è giusto e bello – ha spiegato Vagnoli -. Alcuni genitori di studenti dei tecnici e dei professionali addirittura pensavano che i presidi fossero d’accordo con le occupazioni, che le occupazioni stesse fossero normali e condivise da tutti. Aprire un dibattito pubblico cittadino è stato determinante. Bisogna adottare una linea di dialogo ma nella netta condanna dell’occupazione. A Firenze abbiamo dimezzato le occupazioni dal 2010 da quando abbiamo solidarizzato con i primi dirigenti che hanno cercato di opporsi a questa pratica e abbiamo proposto alternative, spazi di discussione per gli studenti, ricerca del dialogo preventivo con i genitori, collaborazione dei docenti».

GENITORI E FIGLI – Favorevole al dialogo con gli studenti, a offrire giornate di approfondimenti diversi dalle lezioni tradizionali, che non è affatto l’autogestione ma forme di co-gestione, è anche la preside del Primo Levi di Roma Letizia Policella: «Ai miei studenti ho proposto 5 giorni di attività didattica alternativa e loro hanno interrotto l’occupazione. Poi però i nuovi rappresentanti degli studenti nel consiglio di istituto hanno cambiato idea e hanno occupato. Ho sempre cercato di non interrompere il dialogo – ha raccontato la preside -. E ho continuato a mantenere le comunicazioni per controllare quello che accadeva all’interno della scuola». Conferma la linea del dialogo anche la preside del liceo scientifico Righi, Monica Galloni: «Per tre anni ho proposto ai miei studenti attività alternativa e ho evitato le occupazioni. Poi lo scorso anno mi sono trovata a dover fronteggiare non solo i ragazzi che hanno occupato ma anche i loro genitori che guardavano con benevolenza e giustificavano le occupazioni. Io non ci sto a questo, anche se i ragazzi non hanno fatto danni e si sono comportati bene, le famiglie non devono spalleggiarli. Dobbiamo essere compatti nel dire no». Dal convegno non è uscito un regolamento unitario ma delle linee guida generali: cercare il dialogo e proporre alternative di cogestione reali, nel caso di occupazione mantenere sempre la comunicazione con il «dentro» per non pregiudicare il rapporto con gli allievi, per controllare quello che accade nella scuola e calcolare eventuali danni. Come estrema ratio, far intervenire le forze dell’ordine.