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Sostegno, si cambia: corsi per tutti e gli specializzati non potranno più passare sulla materia

da La Tecnica della Scuola

Sostegno, si cambia: corsi per tutti e gli specializzati non potranno più passare sulla materia

Lo annuncia il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: “oggi è spesso scorciatoia per passare di ruolo, non può più essere così”. Inoltre, il supporto agli alunni con problemi di apprendimento “diventerà affare di tutto il personale scolastico: formazione in servizio per docenti curriculari, personale Ata e dirigenti scolastici e personale altamente specializzato per le disabilità gravi”.

Le novità introdotte dal sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, il 12 febbraio sul suo blog “Cambiamenti”, sono ad ampio spettro. E toccano anche gli insegnanti agli alunni disabili. Che, a detta del ‘renziano’, firmatario di un ddl Pd proprio sulla riforma del sostegno, potrebbero presto cambiare fisionomia.

“Riformeremo il sostegno – scrive Faraone – che diventerà affare di tutto il personale scolastico: formazione in servizio per docenti curriculari, personale Ata e dirigenti scolastici e personale altamente specializzato per le disabilità gravi”, ha scritto sempre il sottosegretario Faraone.

“Dobbiamo superare la delega che continua a essere presente nelle classi, tra insegnanti di classe e insegnanti di sostegno. È un modo di fare che – spiega il sottosegretario sempre dal suo blog – ha una ricaduta negativa anche e soprattutto sull’immagine che lo studente ha di sé. Sappiamo che in passato molti docenti sono passati sulle cattedre di sostegno come ‘ripiego’ nei casi di esubero delle proprie classi di concorso, come scorciatoia per passare di ruolo: non può più essere così”.

Questo significa che potrebbe presto cadere la possibilità di passare sulla cattedra dopo cinque anni di ruolo sul sostegno: una decisione che, se verrà portata a termine, non mancherà di scatenare polemiche. Molti esperti e docenti di sostegno, infatti, ritengono che non è possibile rimanere una vita lavorativa ad assistere bambini e ragazzi disabili: sarebbe troppo logorante. Nulla comunque è ancora deciso: il progetto riforma è solo all’inizio del suo lungo iter.

Con la riforma avremo due tipi insegnanti: il didattico e l’organizzatore

da La Tecnica della Scuola

Con la riforma avremo due tipi insegnanti: il didattico e l’organizzatore

La ha scritto il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, sul suo blog “Cambiamenti”: potranno avere stipendi più alti in buona percentuale in base al merito e potranno scegliere tra due percorsi, quello più legato alla didattica (il mentor) e quello di supporto-organizzativo (il quadro-intermedio). Sono due attività e due impegni che i docenti hanno sempre svolto. In arrivo anche una nuova figura di dirigente scolastico.

Gli insegnanti “devono – e avranno – la possibilità di fare carriera”. Così il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, scrive il 12 febbraio sul suo blog “Cambiamenti”, anticipando alcune delle novità in arrivo con i decreti sulla scuola.
Il rappresentante del governo  annuncia che con la riforma i docenti “potranno avere stipendi più alti in buona percentuale in base al merito e potranno scegliere tra due percorsi, quello più legato alla didattica (il mentor) e quello di supporto-organizzativo (il quadro-intermedio). Sono due attività e due impegni – osserva Faraone – che i docenti hanno sempre svolto, non avendoli mai riconosciuti: finalmente avremo l’emersione del sommerso. I docenti non sono quelli delle 18 ore, ma vogliamo strutturare ciò che fanno per dare valore alle funzioni che da oggi diventano di sistema. Bisogna che agli insegnanti vengano riconosciute, per ciò che fanno, competenze a livello economico e con una progressione e diversificazione professionale. In modo chiaro e obiettivo, ma certo, per mantenere vive motivazione e riconoscimento”.

Novità in arrivo anche per i dirigenti scolastici. “Saranno i sindaci della comunità scolastica, non più manager. Questo vuol dire – spiega il sottosegretario – sgravarli di compiti che non sono pertinenti al loro ruolo. Dobbiamo sburocratizzare la scuola, dare reale autonomia, senza che questo significhi, così come è adesso, decentramento amministrativo. Se autonomia significa poter scegliere il meglio per i propri studenti, decidendo come utilizzare le risorse e rendendo conto responsabilmente dei risultati, allora è indispensabile che i dirigenti possano esercitare in pieno il loro ruolo di coordinamento didattico e culturale e non solo amministrativo, per il funzionamento ottimale di ciascuna scuola”. Sui ds, però, Faraone sembra tenere le carte più “coperte”: presto ne sapremo di più.

Trasferimenti: i docenti già di ruolo saranno penalizzati?

da La Tecnica della Scuola

Trasferimenti: i docenti già di ruolo saranno penalizzati?

L’assunzione di 150mila docenti potrebbe creare una sperequazione sgradevole fra chi è già in ruolo e chi entrerà a partire dal prossimo settembre. Mario Pittoni si appella al Ministro.

Quest’anno più che le operazioni di mobilità del personale (e di quello docente in  particolare) potrebbe incontrare difficiltà e ostacoli soprattutto in vista dell’attuazione dell’organico funzionale.
C’è il rischio, infatti, che il personale di ruolo si trovi di fatto nella paradossale situazione di avere meno opportunità di scelta di quante ne avranno invece coloro che saranno assunti dopo la chiusura degli organici di diritto.
Mario Pittoni, responsabile Istruzione della Lega, ha già deciso di occuparsi della questione e solleva fin da ora un problema di non poco conto: “In vista dell’emanazione dell’ordinanza per la mobilità degli insegnanti, sarebbe il caso di rendere da subito “vacanti”, cioè fruibili, i posti disponibili sia in organico funzionale che di cattedra. Come può altrimenti un docente orientarsi?”.

“Urge – spiega Pittoni – una correzione rispetto al passato. Quest’anno è prevista l’immissione in ruolo di quasi 150 mila insegnanti. Vi saranno posti in più. Ma chi è entrato in ruolo lontano dal proprio territorio, una volta superato il vincolo triennale rischia di vedere un posto vacante (prima solo disponibile) sotto casa, assegnato a un collega neo-immesso, perché quel posto al momento di compilare la domanda di mobilità non era ancora stato nominato vacante”.

L’esponente della Lega cossì conclude: “Chiedo al Ministro di intervenire. Avvicinare gli insegnanti al luogo d’origine, una volta rispettati gli adempimenti di legge, non può che avere ricadute positive su efficienza e costi del servizio. Vale per il Nord, come per il Sud…”.

Dall’Isfol, indagine sulla “non conoscenza” del sistema educativo

da La Tecnica della Scuola

Dall’Isfol, indagine sulla “non conoscenza” del sistema educativo

L.L.

Secondo l’Age (Associazione genitori italiani), scuole e politica sono incapaci di informare le famiglie. Addirittura un terzo non sa l’ABC degli obblighi di legge

“I genitori sono bancomat per le casse delle scuole o sindacalisti dei figli. Le istituzioni scolastiche, dal Miur agli uffici scolastici regionali fino alle singole scuole, non riescono a farne gli alleati veri nel patto di corresponsabilità educativa che la legge, in nome della Costituzione, gli riconosce. La conferma, se l’esperienza quotidiana a scuola non bastasse, è arrivata oggi della prima indagine Isfol sulla conoscenza del sistema educativo da parte della popolazione adulta tra i 30 e i 54 anni di età, cioè la fascia in cui si trova la più ampia quota di genitori con figli in età di obbligo di istruzione”.

Questo è il commento di Fabrizio Azzolini, presidente dell’Age (Associazione italiana genitori), dopo l’uscita dell’indagine “Disinformazione di sistema” dell’Isfol.

Quella che esce dal rapporto è un’immagine della scuola italiana piuttosto desolante: istituzioni scolastiche, incapaci a tutti i livelli, di informare in modo completo ed efficace le famiglie e i giovani sul sistema scolastico, soprattutto nei momenti di passaggio dalle medie alle superiori e dal diploma al mondo accademico o lavorativo.

Dall’indagine emerge che oltre il 50% delle famiglie avverte proprio l’inadeguatezza dell’informazione.

Senza contare la mancanza, in molti casi, di conoscenza dei principali obblighi di legge: il 23% ritiene che sia possibile per i ragazzi abbandonare gli studi a 14 anni, l’11% è incerto, il 4% non sa che esista un obbligo d’istruzione.

“Una lacuna preoccupante – osserva Azzolini – che riguarda un terzo degli italiani che è un campanello d’allarme anche  per il fenomeno della dispersione scolastica, in Italia ancora troppo alta”.

Vediamo qualche altro dato: circa un terzo dei genitori ritiene che la scuola dell’infanzia sia obbligatoria, il 27% non sa che è stato soppresso l’esame al termine della scuola primaria. Molti genitori conoscono poco i segmenti formativi più professionalizzanti. A parte l’apprendistato, di cui però solo il 41% lo conosce come possibilità di assolvere il diritto dovere d’istruzione, poco noti sono i percorsi di Istruzione e Formazione (IeFp), che si confondono con gli istituti professionali. “Eppure, – scrive l’Age – sono percorsi che offrono garanzie occupazionali e di contrasto all’esclusione sociale e agli abbandoni scolastici. Sconosciuti anche gli IFTS e gli ITS, quest’ultimi confusi dal 40% dei genitori con gli istituti tecnici. Non va meglio con l’università: solo il 45% consce il sistema di istruzione terziaria”.

Questi risultati rappresentano un segno preoccupante sulla capacità comunicativa di tipo istituzionale nel garantire a tutta la popolazione le informazioni necessarie a supportare i giovani nel compiere scelte consapevoli, con ricadute importanti anche sull’efficacia delle attività di orientamento, in particolare nei momenti di snodo tra un ciclo e l’altro.

“Occorre quindi che la politica studi una strategia a 360 per raggiungere con più modalità e strumenti tutta la popolazione, in particolare la fascia più svantaggiata – conclude Azzolini -. Un vero piano nazionale di comunicazione che veda nelle associazioni genitori che operano nella scuola gli alleati nella formazione e nell’informazione degli altri genitori della scuola. Prevedendo in particolare azioni e momenti specifici di orientamento per le famiglie, non solo per i ragazzi. Formare informando per contribuire a scelte consapevoli così da elevare i livelli di istruzione, combattere la dispersione, l’esclusone e la disoccupazione. A guadagnarne saranno anche i minori costi sociali che questi fenomeni produrranno”.

La scuola per realizzare mostre, guide, laboratori tra musei e siti archeologici

da La Tecnica della Scuola

La scuola per realizzare mostre, guide, laboratori tra musei e siti archeologici

Per scuole, università, accademie di belle arti e di danza, conservatori e istituti musicali arriva l’occasione di realizzare progetti didattici per valorizzare musei, siti archeologici e istituzioni culturali
Pronto il decreto interministeriale, tra Miur e Beni culturali, che attua quanto previsto dal decreto Carrozza sulla scuola (Dl 104/2013) con cui si assegnano 3 milioni per finanziare i migliori progetti didattici per valorizzare musei, siti archeologici e istituzioni culturali, attraverso mostre, guide e percorsi per visitatori, aule o laboratori multimediali fino all’elaborazione di libri o materiali illustrativi.

Per parteciparvi, scrive Il Sole 24 Ore, i progetti che vedono la partecipazione in prima persona dei docenti con il coinvolgimento degli studenti devono prevedere l’assenso dei musei interessati, che partecipano alla progettazione mediante i rispettivi servizi didattici, con eventuali cofinanziamenti da parte di fondazioni di origine bancaria o di altri enti pubblici o privati. Garantiscono inoltre più “punteggio” l’elaborazione del progetto da parte di reti di scuole, il «carattere innovativo» del progetto, la «fruibilità dei contenuti» e infine la scelta di realizzare progetti in musei «minori», simbolo della «memoria storica e della continuità culturale del territorio sia regionale che nazionale». I progetti che saranno ammessi alla selezione per il finanziamento sono divisi in due sezioni:una riservata alle istituzioni scolastiche e l’altra a tutti gli altri istituti ammessi al concorso.

La bozza di decreto stabilisce anche il finanziamento massimo ottenibile per ognuna di queste attività:fino a 400mila euro per le mostre; 500mila per l’elaborazione di testi informativi;un milione per attività didattiche e laboratori;600mila per i percorsi didattici e infine 500mila euro per l’elaborazione di libri, materiali illustrativi, multimediali e audio video. Non potrà essere finanziato più di un progetto per ogni museo o sito interessato

Giornata per il risparmio energetico: “M’illumino di meno”

da La Tecnica della Scuola

Giornata per il risparmio energetico: “M’illumino di meno”

M’illumino di meno è un’iniziativa simbolica finalizzata alla sensibilizzazione al risparmio energetico lanciata nel 2005 dalla trasmissione Caterpillar di Rai Radio 2 si svolgerà venerdì 13 febbraio.

Prende il nome dai celebri versi di Mattina di Giuseppe Ungaretti (“M’illumino d’immenso”), ed è organizzata intorno al 16 febbraio, giorno in cui ricorre l’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto.

La campagna, lanciata a livello nazionale dai microfoni di Rai Radio 2, invita a ridurre al minimo il consumo energetico, spegnendo il maggior numero di dispositivi elettrici non indispensabili. Inizialmente rivolta ai soli cittadini, è stata accolta con successo dapprima a livello locale, con adesioni da parte dei singoli comuni, ed in seguito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Nel 2008 Hans-Gert Pöttering, presidente del parlamento europeo, ha dichiarato il riconoscimento dell’iniziativa considerandola “un evento che ha un valore simbolico ed un effetto tangibile”.

Quest’anno l’iniziativa si svolgerà domani 13 febbraio 2015. A tal proposito si ricorda che la manifestazione, benché di breve durata, ha ottenuto un riscontro effettivo in termini di risparmio energetico. Secondo quanto riportato da Terna, la società responsabile della trasmissione di energia elettrica in Italia, nei minuti successivi l’avvio dell’iniziativa si è verificato un sensibile calo dei consumi. Il fabbisogno istantaneo di energia registrato è stato di circa 300 MW inferiore nel 2007 e di oltre 400 MW nel 2008.

Docenti di sostegno, accelerazione verso la separazione delle carriere?

da tuttoscuola.com

Docenti di sostegno, accelerazione verso la separazione delle carriere?

Oltre ai dati sulla titolarità dei benefici della legge 104/92, il secondo aspetto rilevante giornalisticamente di questo numero della newsletter sulla scuola “Cambiamenti” del sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, ci pare quello relativo all’inclusione, riguardante “ragazzi di recente immigrazione e alunni con bisogni educativi speciali“.

Per gli alunni stranieri, Faraone prevede “nell’organico funzionale aggiuntivo una quota di insegnanti referenti, in possesso di certificazione delle competenze per l’insegnamento dell’italiano per loro” e l’istituzione di “laboratori linguistici permanenti, anche in rete, con insegnanti che abbiano seguito un percorso formativo per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri”.

Più interessante ancora la prospettata riforma del sostegno: “Riformeremo il sostegno che diventerà affare di tutto il personale scolastico: formazione in servizio per docenti curriculari, personale Ata e dirigenti scolastici e personale altamente specializzato per le disabilità gravi. Dobbiamo superare la delega che continua ad essere presente nelle classi, tra insegnanti di classe e insegnanti di sostegno. È un modo di fare che ha una ricaduta negativa anche e soprattutto sull’immagine che lo studente ha di sé. Sappiamo che in passato molti docenti sono passati sulle cattedre di sostegno come “ripiego” nei casi di esubero delle proprie classi di concorso, come scorciatoia per passare di ruolo: non può più essere così. Il benessere dello studente viene prima di tutto”. Accanto alla responsabilizzazione di tutto il personale docente della scuola, sembra un passo deciso nella direzione della carriera separata per i docenti di sostegno. Sarà proprio così?

Legge 104, eclatanti le differenze regionali nella titolarità del beneficio

da tuttoscuola.com

Legge 104, eclatanti le differenze regionali nella titolarità del beneficio

Come abbiamo scritto, il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, ha pubblicato sul secondo numero della sua newsletter sulla scuola “Cambiamenti”, i dati relativi al monitoraggio dei beneficiari dei permessi previsti dalla legge 104/92 in ambito scolastico, che saranno presto disponibili sul sito www.istruzione.it.

I dati sono accorpati regionalmente e dovrebbero a nostro avviso essere visti nei dettagli microzonali per evidenziare le anomalie. Ma i grafici riportati dal sottosegretario sono abbastanza eclatanti per le differenze regionali

Per il personale docente, quasi un prof su 5 è beneficiario della legge 104/92 in Sardegna (18,27%), seguita dall’Umbria (17,17%) e della Sicilia (16,75%). Molto più bassa l’incidenza di titolarità del beneficio in Piemonte (8,96%), Veneto (9,71%) e Toscana (9,84%).

La forbice tra regioni con alte incidenze di titolarità del beneficio si allarga per il personale Ata. Il personale non docente titolare del beneficio coinvolge oltre 1 lavoratore su 4 in Umbria (26,27%), cui seguono Lazio (24,78%) e Sardegna (23,33%). Sul versante opposto, di nuovo il Piemonte con solo l’11,87% di beneficiari, cui seguono altre regioni più staccate.

Oltre agli aspetti microzonali, altri dati interessanti che danno rilievo allo studio sul fenomeno sono quelli relativi a se il beneficio lo si abbia per sé o per un familiare (che è molto diverso ai fini dell’individuazione delle storture), e la forbice tra la titolarità del beneficio e la percentuale di effettivo godimento del beneficio.

Permessi legge 104, Faraone: ecco i dati

da tuttoscuola.com

Permessi legge 104, Faraone: ecco i dati

Come promesso pubblichiamo i dati del monitoraggio dei beneficiari della legge 104, monitoraggio che non è servito a oberare di lavoro dirigenti scolastici e uffici scolastici regionali ma a fornirci una fotografia della situazione“. Così nel secondo numero della newsletter sulla scuola ‘Cambiamenti’, il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, commenta i dati relativi al monitoraggio dei beneficiari dei permessi previsti dalla legge 104/92 in ambito scolastico, pubblicati oggi sul suo blog e che saranno presto disponibili sul sito del Miur, come riferisce l’agenzia Italpress.

Adesso – continua Faraone – bisogna andare in profondità e intervenire laddove ci siano delle evidenti storture“. Nel secondo numero di ‘Cambiamenti anche il punto della situazione sul percorso de ‘La Buona Scuola’ in vista del decreto che vedrà la luce alla fine del mese: edilizia scolastica, valutazione dei docenti e della didattica, protagonismo degli studenti, sburocratizzazione, inclusione.

Abbiamo voluto che la scuola fosse responsabilità di tutti, che tutti potessero dire la propria per renderla migliore, che le parole di ciascuno non fossero gettate al vento ma che, legate l’una all’altra, trovassero sbocco in un’idea, in una proposta e poi in un progetto. Così è stato – conclude il sottosegretario – e lo vedrete nelle pagine del decreto, quando ‘La Buona Scuola’ sarà numeri e azioni puntuali. Il nostro futuro è oggi e la cosa bella è che stiamo facendo in modo di guardarlo chiaro in faccia per cambiare cosa non va. Continuiamo a costruirlo insieme“.

Cisl scuola: 2000 ATA tagliati, e il 1° settembre…

da tuttoscuola.com

Cisl scuola: 2000 ATA tagliati, e il 1° settembre…

È andato male l’incontro di ieri tra i sindacati e il MIUR sugli organici ATA del prossimo anno scolastico. Ne dà notizia una nota della Cisl scuola nella quale il segretario del sindacato, Francesco Scrima, scrive che il fallimento dell’incontro “non è certo un buon viatico per gli imminenti annunci di provvedimenti sulla scuola. ‘La scuola che cambia, cambia l’Italia’ è il titolo suggestivo di un’iniziativa del partito del premier, ma per il momento l’unico cambiamento lo avrà la vita di 2.000 lavoratori della scuola (1.000 collaboratori scolastici e altrettanti assistenti amministrativi) che grazie ai tagli previsti dalla legge di stabilità resteranno da settembre senza lavoro”.

Il sindacato ricorda che l’organico ATA “si dimostra già oggi del tutto insufficiente, tant’è vero che è stato necessario incrementarlo di circa 5.000 posti perché le scuole potessero funzionare regolarmente. Ci vuol poco a capire che, se rimarranno i tagli annunciati, ne faranno le spese il tempo scuola e la qualità dell’offerta formativa”.

Il Ministero ha fatto presente che i precari ATA devono lasciare il posto ai dipendenti in esubero delle province. “È una scelta che non esitiamo a definire aberrante”, commenta Scrima, “perché non è certo togliendolo ad altri che si può pensare di difendere il lavoro tagliato con scelte di cosiddetta ‘razionalizzazione’, improvvisate e demagogiche”.

Ma la prospettiva è ancora più preoccupante perché “la perdita del lavoro è la sorte cui potrebbero andare incontro anche decine di migliaia di docenti precari, se il piano di assunzioni verrà attuato con i criteri del rapporto Buona Scuola”. Per questo, “per evitare che altre persone passino dalla precarietà alla disoccupazione” è stata promossa per il 17 febbraio una manifestazione davanti al MIUR.

Da notare che il giorno prima, il 16 febbraio, i sindacati sono stati convocati dalla ministra Giannini, ma la previsioni non sono ottimistiche se la manifestazione del 17 è stata comunque confermata. E l’esito dell’incontro sugli ATA non è di buon auspicio.

M’illumino di meno

Il Miur aderisce alla campagna ‘M’illumino di meno’
La facciata di Viale Trastevere spenta dalle 18.38 alle 18.48

Anche il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca aderisce, con un gesto simbolico, venerdì 13 febbraio, alla giornata del risparmio energetico “M’illumino di meno” del programma di Radio 2 RAI, ‘Caterpillar’. L’iniziativa è arrivata alla sua undicesima edizione. Quest’anno al centro dell’iniziativa c’è proprio il mondo dell’istruzione. Le scuole sono già state sensibilizzate alla partecipazione attraverso una circolare.

Il Ministro Giannini interverrà in radio a sostegno dell’iniziativa. Sempre in radio, le scuole che hanno aderito racconteranno le loro esperienze. Mentre, fra le 18.38 e le 18.48, il Miur spegnerà le luci della facciata del Ministero su viale Trastevere e quelle dell’atrio centrale, un gesto simbolico di ‘silenzio energetico’ e sensibilizzazione al risparmio.

Progetto SKA (Square Kilometer Array)

Progetto SKA (Square Kilometer Array)
Giannini sostiene candidatura dell’Italia a sede del quartier generale
Stamattina al Miur l’incontro con la commissione di valutazione

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, il sottosegretario agli Esteri Mario Giro e il presidente dell’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica) Giovanni Bignami hanno incontrato questa mattina, nella sede del Miur, in Viale Trastevere a Roma, la commissione internazionale che valuterà le proposte finaliste per la sede del quartier generale del progetto SKA (Square Kilometer Array) che vede undici Paesi impegnati nella realizzazione del più grande radiotelescopio mai costruito al mondo.

L’Italia è in prima fila nel progetto (circa 60 i milioni di euro stanziati), è fra i fondatori della SKA Organization e ha candidato Padova per ospitare la sede del progetto. La Gran Bretagna è l’altro contendente. Il Paese che sarà sede del quartier generale avrà il coordinamento politico e tecnico dell’operazione.

Il Ministro Giannini ha confermato, insieme al sottosegretario Giro, l’impegno economico dell’Italia a supporto del progetto. A sostegno della candidatura, ha ricordato la tradizione del nostro paese nel campo dell’astronomia, l’importante rete di centri, enti di ricerca e prestigiose università che operano sul nostro territorio, le numerose presenze dell’Italia in iniziative di ricerca internazionali, la qualità dei distretti tecnologici nazionali. Il Ministro ha anche ricordato che, a fine mese, l’Italia approverà il proprio Piano nazionale della ricerca che stabilirà le priorità e le strategie del Paese per i prossimi sette anni.

Il board dei rappresentanti degli undici Paesi partecipanti a SKA, che dovrà decidere sulla nuova sede, si riunirà il 3, 4 e 5 marzo prossimi. Lo Square Kilometer Array sarà un network caratterizzato da un 1 chilometro quadrato di area di raccolta, un grande campo di vista, un’estensione di alcune migliaia di chilometri, e tecnologie innovative per ricevitori, trasporto ed elaborazione del segnale e calcolo. SKA conterà migliaia di grandi antenne e milioni di ricevitori radio, distribuiti tra le regioni desertiche dell’Africa e del Western Australia, che ne faranno una straordinaria arma per studiare l’evoluzione dell’Universo, la gravità e la materia oscura e gli enigmatici e vasti campi magnetici. SKA lavorerà su un grande intervallo di frequenze con un miglioramento di 50 volte in sensibilità e di oltre 100 volte in velocità di osservazione del cielo, rispetto agli strumenti attuali.

La scuola entra nei musei: studenti e docenti potranno realizzare mostre, guide e laboratori

da Il Sole 24 Ore

La scuola entra nei musei: studenti e docenti potranno realizzare mostre, guide e laboratori

di Marzio Bartoloni

Mostre, guide e percorsi per visitatori, aule o laboratori multimediali fino all’elaborazione di libri o materiali illustrativi. Per scuole, università, accademie di belle arti e di danza, conservatori e istituti musicali arriva l’occasione di realizzare progetti didattici per valorizzare musei, siti archeologici e istitutuzioni culturali. È pronto il decreto interministeriale, firmato da Miur e ministero dei Beni culturali, che attua quanto previsto dal decreto Carrozza sulla scuola (Dl 104/2013). In palio ci sono 3 milioni per finanziare i migliori progetti che saranno presentati appena il concorso, già in ritardo rispetto alla tabella di marcia (il decreto Carrozza prevedeva addirittura ottobre 2013), sarà operativo.

Come si partecipa
Il decreto interministeriale che stabilisce criteri e modalità di selezione dei progetti è ora all’esame della Conferenza Stato Regioni che in una delle prossime riunioni dovrebbe sancire il via libera definitivo. I progetti che vedono la partecipazione in prima persona dei docenti con il coinvolgimento degli studenti devono prevedere l’assenso dei musei interessati, che partecipano alla progettazione mediante i rispettivi servizi didattici, con eventuali cofinanziamenti da parte di fondazioni di origine bancaria o di altri enti pubblici o privati. Costituisce titolo di preferenza l’aver già «intessuto esperienze didattiche condivise e consolidate nel tempo con i servizi educativi dei musei, dei siti e delle istituzioni culturali e scientifiche». Così come garantiscono più “punteggio” l’elaborazione del progetto da parte di reti di scuole, il «carattere innovativo» del progetto, la «fruibilità dei contenuti» e infine la scelta di realizzare progetti in musei «minori», simbolo della «memoria storica e della continuità culturale del territorio sia regionale che nazionale». I progetti che saranno ammessi alla selezione per il finanziamento sono divisi in due sezioni: una riservata alle istituzioni scolastiche e l’altra a tutti gli altri istituti ammessi al concorso.

I progetti
L’ammissione al concorso è riservata a progetti che puntano ad alcune attività: si va dall’organizzazione di mostre all’interno degli spazi museali all’elaborazione di testi informativi come guide, didascalie, sgenaletica, pannelli di sala, totem ecc. Oppure è possibile presentare progetti diattici che prevedano l’elaborazione di percorsi «didatticamente interattivi» o che puntino alla creazione di «aree riservate alle attività didattiche e a laboratori multimediali» fino all’elaborazione di libri e materiali illustrativi (cartacei o digitali). La bozza di decreto stabilisce anche il finanziamento massimo ottenbile per ognuna di queste attività: fino a 400mila euro per le mostre; 500mila per l’elaborazione di testi informativi; un milione per attività didattiche e laboratori; 600mila per i percorsi didattici e infine 500mila euro per l’elaborazione di libri, materiali illustrativi, multimediali e audio video. Il decreto chiarisce infine che non potrà essere finanziato più di un progetto per ogni museo o sito interessato.

 

Chi governerà la formazione professionale dopo la riforma della Costituzione?

da Il Sole 24 Ore

Chi governerà la formazione professionale dopo la riforma della Costituzione?

di Giorgio Allulli

È passato praticamente sotto silenzio l’importante emendamento riguardante l’istruzione e formazione professionale introdotto il 27 gennaio dalla Camera dei deputati nel disegno di legge di revisione costituzionale. Eppure questo emendamento innova sensibilmente la ripartizione delle competenze in materia di formazione tra Stato e Regioni.

L’emendamento
Come è noto il Titolo V della Costituzione attribuisce competenza esclusiva alle Regioni sull’istruzione e formazione professionale. L’emendamento della Camera sottrae invece a questa competenza esclusiva l’«Istruzione e formazione professionale» in quanto assegna «le disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

L’innovazione
Si tratta di un’innovazione che recepisce le preoccupazioni e le critiche di quanti lamentano la debolezza della formazione professionale, vero perno strategico tra scuola e lavoro, a causa della divisione tra le Regioni che hanno legiferato e gestito questo settore in modo fortemente differenziato. Ne sono conseguiti 21 sistemi notevolmente diversi tra loro, sia sotto l’aspetto qualitativo, sia sotto l’aspetto degli obiettivi da conseguire; infatti ogni Regione stabilisce le proprie qualifiche professionali, creando paradossali problemi di riconoscibilità e spendibilità delle qualifiche conseguite tra una Regione e l’altra, mentre a livello europeo si persegue la spendibilità dei titoli tra i diversi Stati. Negli ultimi tempi si è cercato di superare questa frammentazione, ricomponendo 22 qualifiche a livello nazionale, ma la strada appare ancora lunga e faticosa. Questa diversificazione, unita ai ricorrenti episodi di malversazione, ha indebolito molto il ruolo e la credibilità del sistema di formazione professionale del nostro Paese, nonostante non manchino iniziative ed aree di assoluta eccellenza.

I nodi da sciogliere
Un’altra questione irrisolta riguarda il destino degli istituti professionali, ancora governati dal Miur, che sono rimasti in mezzo al guado tra la residua gestione dell’ordinamento statale (i corsi per il diploma di maturità professionale), e il crescente impegno per svolgere attività di ordinamento regionale (i corsi di Istruzione e formazione professionale).
Dunque l’emendamento della Camera dei deputati, che si prefigge l’obiettivo di ricompattare questo sistema, va nella giusta direzione, ma la formulazione adottata pone più di un interrogativo. Innanzitutto che cosa si intende per “Istruzione e formazione professionale”? Si fa forse esclusivo riferimento all’omonimo percorso recentemente introdotto nell’ordinamento italiano? Sarebbe discutibile che la legge costituzionale, il cui ruolo è regolamentare categorie e non singole attività, si rivolgesse in modo così preciso ad uno specifico percorso formativo. Probabilmente questo comma riformato si rivolge, oltre che all’Iefp propriamente detta, anche al più vasto comparto che sta a cavallo tra formazione e istruzione tecnica, comprendendo dunque Istruzione professionale, Istruzione e formazione tecnica superiore ed Istruzione tecnica superiore. Se è così a che cosa si ridurrebbe dunque la Formazione professionale, che viene lasciata all’esclusiva competenza regionale? Solo alla formazione breve per disoccupati e occupati? Ma in questo caso come è possibile tenerla distinta dalle politiche attive per l’occupazione, che la stessa riforma assegna invece alla competenza dello Stato? Purtroppo siamo in un’area nella quale i confini tra i diversi interventi sono molto labili e scivolosi.
Il secondo interrogativo riguarda l’ampiezza della competenza attribuita allo Stato: che si intende per disposizioni generali e comuni? Fino a che punto lo Stato potrà esercitare la sua azione regolamentare? Si estenderà anche alla gestione di queste attività oppure questa rimarrà di competenza regionale?

Ruoli e competenze da definire
Insomma, onde evitare incertezze interpretative, con i conseguenti conflitti di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, come è successo dopo la precedente riforma del Titolo V, è più che mai necessario essere precisi e rigorosi nelle definizioni adottate, ferma restando la necessità che l’intervento formativo in questo campo, a chiunque spetti, risponda a solidi requisiti di qualità e di omogeneità a livello nazionale, come avviene negli altri paesi europei. Ne va della dignità del nostro sistema formativo e della occupabilità di tutti coloro che transitano attraverso questo sistema.

“Scuole, in credito? Vedremo…”. A rischio mezzo miliardo di euro

da la Repubblica

“Scuole, in credito? Vedremo…”. A rischio mezzo miliardo di euro

La prima protesta arriva da Bologna, e ora al Senato interrogazione al governo sulla circolare che “suggerisce” alle scuole di cancellare dai bilanci i fondi già spesi e che il governo deve restituire

Salvo Intravaia

“Chi ha avuto, ha avuto…”, e il mezzo miliardo di euro che le scuole avanzano dal ministero rischiano di essere cancellati per sempre. “Radiati”, si dice in burocretese.

Nei giorni scorsi, a Bologna, i genitori hanno alzato la voce contro la nota numero 18780 del 22 dicembre scorso, che “suggerisce” alle scuole di radiare dai loro bilanci i cosiddetti “residui attivi”: i crediti che le scuole vantano nei confronti del ministero dell’Istruzione per pagamenti anticipati dalle segreterie scolastiche e mai restituiti. E si sono rivolti direttamente al premier Renzi con una lettera. I dirigenti scolastici sono più cauti, perché una loro protesta formale potrebbe essere interpretata come atto di insubordinazione.
La nota in questione, scrive la senatrice del M5S, Maria Mussini, in una interrogazione al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, “auspica che con progressiva e ragionata programmazione possano essere radiati i residui attivi ancora iscritti nei bilanci, stante l’attuale situazione finanziaria di bilancio dello Stato e in considerazione della vetustà temporale dei residui attivi, tramite delibere di consigli d’istituto”. In altre parole, le casse dello stato sono al verde e i crediti vantati dagli istituti sono troppo vecchi per essere ancora pretesi dalle scuole. E’ come se fossero scaduti. Ma le somme anticipate dai segretari attraverso modifiche di bilancio sono state prese in prestito da altri capitoli, in attesa di essere rimpinguati.

Secondo la Mussini le scuole hanno attinto ai “fondi dell’offerta formativa”, finanziata anche con i contributi volontari dei genitori. “Si tratta per lo più di fondi  –  scrive alla Giannini  –  relativi agli anni finanziari tra il 2006-2009 destinati al pagamento di supplenze e compensi accessori al personale docente e Ata”. Cifre che variano da 20mila a 100mila euro che, in tempi di magra come quelli che stanno vivendo le casse scolastiche, rappresentano una fortuna. Tanto per dare un ordine di grandezza, una scuola con mille alunni che versano 50 euro di contributo volontario riesce a raccogliere 50mila euro l’anno. E il credito nei confronti del ministero non di rado supera questa cifra.

Secondo una stima prudente il credito complessivo delle oltre 8mila scuola italiane nei confronti dello stato supera il mezzo miliardo di euro. Che adesso rischia di essere azzerato per sempre. Due anni fa, un gruppo di genitori liguri si sono rivolti ai giudici per ottenere quanto spettava alle scuole frequentate dai figli. E il Tar Liguria ha condannato il ministero dell’Istruzione e quello dell’Economia a effettuare l’erogazione delle somme stanziate in favore degli istituti scolastici di Imperia al fine di ripristinare il corretto espletamento del servizio scolastico pubblico.