Nuovi istituti professionali, più laboratori e alternanza

da Il Sole 24 Ore

Nuovi istituti professionali, più laboratori e alternanza

di Claudio Tucci

Undici indirizzi di studio (rispetto agli attuali sei) che spaziano dal Made in Italy ai servizi commerciali; dall’enogastronomia e ospitalità alberghiera all’odontotecnico. Alternanza scuola-lavoro già a partire dal secondo anno. Più ore di laboratorio. Offerta didattica che potrà essere personalizzata e “modellata” in base alle esigenze produttive e del territorio. Possibilità di ricorrere ad esperti provenienti dal mondo del lavoro e delle professioni.

La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, dopo l’ok delle Regioni, è pronta a far partire il restyling degli istituti professionali, a una manciata di giorni dall’avvio, il 16 gennaio, delle iscrizioni online al nuovo anno.

Il regolamento interministeriale (Miur-Lavoro-Mef-Salute), nove articoli in totale, è in via di pubblicazione; le novità scatteranno nelle prime classi attivate dal 1° settembre. Oggi i percorsi professionali del secondo ciclo sono costituiti da due segmenti distinti: da un lato ci sono gli istituti statali (Ip) della durata di cinque anni; dall’altro c’è l’istruzione e formazione professionale (Iefp) con percorsi di tre o quattro anni (tre per la qualifica più uno per il diploma) sotto la cabina di regia delle Regioni. La Iefp interessa circa 320mila studenti, e ottiene ottimi risultati occupazionali, specie in Lombardia e Veneto; l’Ip coinvolge invece circa 550mila alunni e 60mila docenti, e a causa di un approccio “molto teorico” è in grave affanno, con elevatissimi tassi di abbandono (38% nei primi due anni). Con il nuovo regolamento, gli istituti professionali cambiano pelle. I percorsi restano di cinque anni, ma vengono così strutturati: biennio più triennio. Gli indirizzi, come detto, passano da 6 a 11: trovano spazio anche agricoltura e sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane; pesca commerciale, servizi culturali e dello spettacolo, gestione delle acque e risanamento ambientale, manutenzione e assistenza tecnica. «Per l a definizione dei profili di ciascun indirizzo abbiamo coinvolto anche soggetti del mondo del lavoro», evidenzia Fabrizio Proietti, dirigente del Miur per l’istruzione professionale.

Ogni scuola potrà “personalizzare” questi 11 indirizzi, anche in coerenza con le priorità indicate dalle Regioni. Nell’arco del quinquennio vengono inseriti gli “assi culturali”, vale a dire aggregazioni di insegnamenti omogenei. Nel biennio si fissa un quota di autonomia del 20% dell’orario per “potenziare” determinati insegnamenti o attività di laboratorio. Nelle classi del triennio gli spazi di flessibilità salgono al 40 per cento.

La sfida, spiega la ministra Fedeli, è trasformare gli istituti professionali «in vere e proprie scuole territoriali dell’innovazione in grado di spingere i l rilancio economico del Paese». La strada, però, è ancora lunga e non mancano ombre: i percorsi di studio restano di cinque anni; il collegamento con i territori (e la Iefp) deve decollare; e l’apertura agli esperti esterni è al momento facoltativa.

Le imprese osservano con attenzione le novità in arrivo: «Il nuovo regolamento va nella giusta direzione: maggior collegamento degli istituti professionali con le aziende, più laboratori, più alternanza – sottolinea Giovanni Brugnoli, vice presidente di Confindustria per il Capitale umano -. Occorre lavorare per un’offerta formativa di qualità, articolata e ben integrata sul territorio. In questo senso, il provvedimento aiuta le imprese, che già collaborano con gli istituti professionali, ad accrescere il loro impegno a favore della formazione specialistica dei giovani».