Didacta, edizione Trentino

A Didacta, edizione Trentino, la Direzione generale per l’edilizia scolastica, le risorse e il supporto alle istituzioni scolastiche presenta due strumenti innovativi pensati per semplificare la gestione dei processi amministrativi nelle segreterie scolastiche.
Durante i due workshop sarà possibile approfondire:

“Sigillo”: la Firma Elettronica Avanzata al servizio della scuola
22 ottobre dalle ore 14:45 presso la Sala Immersiva I3 – Pad B1
Scopri come firmare documenti digitali prodotti dalle scuole e dal Ministero. Durante il workshop i partecipanti potranno sperimentare direttamente: la Firma da remoto di documenti caricati, la verifica dello stato della firma, il download del documento firmato, la notifica tramite email del caricamento del documento, la ricerca dei documenti.
Una soluzione pratica, sicura e perfettamente integrata con i processi amministrativi scolastici.
La partecipazione al workshop prevede il rilascio dell’attestato di frequenza come attività formativa.

Incarichi individuali: la nuova piattaforma per la gestione degli incarichi individuali
23 ottobre dalle ore 14,00 alle ore 14,30 presso Eventi E5 – MAIN HALL Pad. B1
Un sistema digitale avanzato, progettato per garantire una gestione completa, efficiente e conforme alla normativa per l’affidamento degli incarichi individuali. Pensata per supportare le segreterie scolastiche, la piattaforma, presentata in anteprima dal Direttore Generale Gianna Barbieri, offre funzionalità intuitive che riducono i tempi di lavoro e le complessità operative.

Internazionalizzazione nella scuola: mobilità e formazione al centro

La Direzione Generale per gli Affari Internazionali e l’Internazionalizzazione e Fondazione Intercultura ets presenteranno il nuovo rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca “INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA SCUOLA: MOBILITÀ E FORMAZIONE AL CENTRO”. Il convegno avrà inizio alle 15:00 e si terrà nella sala “Aldo Moro” del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Durante l’evento saranno premiate le cinque scuole modello per l’internazionalizzazione 2025.

Programma

Introduzione e saluti di apertura

  • Carmela Palumbo, Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, Ministero dell’Istruzione e del Merito
  • Mattia Baiutti, Segretario Generale Fondazione Intercultura ets

Presentazione del Rapporto 2025 

  • Nando Pagnoncelli, Presidente IPSOS

Interventi di
Sabrina Capasso, Direttore Generale Affari internazionali e internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione Ministero dell’Istruzione e del Merito
Marcello Bettoni, ANP – Associazione nazionale dirigenti pubblici e alte professionalità della scuola
Massimiliano Fiorucci, Rettore, Università degli Studi di Roma Tre

Premiazione delle scuole modello per l’internazionalizzazione 2025
Susanna Mantovani, Presidente Fondazione Intercultura ets

Laboratori innovativi per gli istituti tecnici e professionali

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato oggi le graduatorie che assegnano 210 milioni a oltre 1.000 istituti tecnici e professionali in tutta Italia. I fondi sono destinati alla realizzazione di

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato oggi le graduatorie che assegnano 210 milioni a oltre 1.000 istituti tecnici e professionali in tutta Italia. I fondi sono destinati alla realizzazione di laboratori innovativi e avanzati per gli istituti tecnici e professionali, compresi quelli della filiera tecnologico-professionale del “4+2”. L’obiettivo è potenziare lo sviluppo di specifiche competenze tecniche e professionali, strettamente connesse con i relativi indirizzi di studio.

“Stiamo costruendo giorno dopo giorno un sistema formativo all’avanguardia, integrato e radicato nei territori grazie a laboratori innovativi, in grado di valorizzare i talenti, sviluppare solide competenze e rispondere alle esigenze del mondo produttivo. È questa la scuola del futuro che vogliamo realizzare, capace di offrire ai giovani una valida preparazione e concrete possibilità di lavoro”, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

Le risorse, già stanziate lo scorso 30 maggio con decreto del Ministro, vengono oggi assegnate a seguito di avviso pubblico che ha interessato sia istituti statali sia istituti paritari non commerciali.

tori innovativi e avanzati per gli istituti tecnici e professionali, compresi quelli della filiera tecnologico-professionale del “4+2”. L’obiettivo è potenziare lo sviluppo di specifiche competenze tecniche e professionali, strettamente connesse con i relativi indirizzi di studio.

“Stiamo costruendo giorno dopo giorno un sistema formativo all’avanguardia, integrato e radicato nei territori grazie a laboratori innovativi, in grado di valorizzare i talenti, sviluppare solide competenze e rispondere alle esigenze del mondo produttivo. È questa la scuola del futuro che vogliamo realizzare, capace di offrire ai giovani una valida preparazione e concrete possibilità di lavoro”, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.

Le risorse, già stanziate lo scorso 30 maggio con decreto del Ministro, vengono oggi assegnate a seguito di avviso pubblico che ha interessato sia istituti statali sia istituti paritari non commerciali.

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 227

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Nel cuore della scuola dell’infanzia

Nel cuore della scuola dell’infanzia

di Margherita Marzario

La scuola dell’infanzia, nonostante la sua rilevanza sotto molteplici aspetti, continua a essere bistrattata o marginalizzata, soprattutto nell’immaginario collettivo o dalle stesse famiglie. Il pedagogista Daniele Novara richiama: “Una volta si chiamava scuola materna, oggi ha preso il nome di scuola dell’infanzia, per levarle quel retrogusto di maternage che non deve avere in quanto nasce proprio per togliere i bambini e bambine dal puro e semplice accudimento dei genitori. Lì si vivono esperienze, avventure, scoperte, laboratori…”. La scuola dell’infanzia è la prima istituzione pubblica ove si applicano gli articoli 2 e 3 della Costituzione a favore dei bambini ma, purtroppo, la funzione della scuola dell’infanzia non è riconosciuta, soprattutto da parte dei genitori che, tra le tante, ancora la chiamano “asilo”.

Il pedagogista Novara aggiunge: “Ritengo che siano proprio i cicli iniziali della frequenza scolastica quelli più interessanti. In particolar modo la scuola dell’infanzia che raggiunge i bambini e le bambine dai 3 ai 6 anni, periodo in cui si crea il cosiddetto «attaccamento sociale», ossia le regole a cui bisogna adeguarsi per stare assieme agli altri nel rispetto reciproco. A questa età si impara a litigare superando la frustrazione del proprio egocentrismo e cominciando a riconoscere la presenza altrui. In queste poche parole si trova il nucleo stesso dell’essere cittadini: rispetto me stesso rispettando gli altri e assumendo i miei diritti e i miei doveri in una logica di reciprocità e condivisione”. La scuola dell’infanzia è la prima scuola di cittadinanza e i primi che devono cogliere questo aspetto e contribuirvi sono i genitori, ancor di più i genitori di figli unici.

Infatti, l’educazione civica a scuola non deve essere intesa solo come un adempimento normativo ma coronamento del percorso scolastico quale educazione alla cittadinanza, di cittadini non del domani ma già del presente. In tal modo la scuola si concretizza quale formazione sociale ai sensi dell’art. 2 della Costituzione e si mostra istituzione, comunità, servizio e non una qualsiasi agenzia educativa. È un percorso che comincia già con la scuola dell’infanzia non con ore dedicate ma con lo stesso modus operandi della scuola dell’infanzia, con l’accoglienza e con i campi di esperienza, in modo particolare con il campo di esperienza “Il sé e l’altro” e con l’accoglienza anche delle famiglie con la sottoscrizione del Patto educativo di corresponsabilità.

Nella scuola dell’infanzia è prassi diffusa svolgere attività sulle cosiddette “parole gentili”, in primis il “grazie”, perché educazione civica è anche quella “educazione alla gentilezza”. Nelle famiglie odierne non tutti i genitori educano i figli a dire o esprimere in altro modo il “grazie”, perché essi stessi non sono educati in tal senso rivelando spesso ingratitudine verso i loro genitori o gli altri, o perché non fanno sperimentare la gratuità ai figli nelle relazioni sempre più spesso ridotte a un “do ut des”, o perché danno tutto e subito ai figli che, poi, pretendono altrettanto a scuola e in ogni altro ambiente (a differenza di quanto avviene in altre culture o civiltà, tra cui quella giapponese). Educare è anche allevare (cioè elevare), inculcare il rispetto di valori (art. 29 lettera c Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia).

Novara afferma: “Avere un insegnante che spieghi la filosofia in un liceo è importante, ma avere una maestra o un maestro che dai 3 ai 6 anni aiuti i bambini a stare con gli altri, non ha paragone”. La scuola dell’infanzia è la prima scuola in cui si applicano i principi costituzionali, come lo svolgimento della personalità (art. 2 Cost.), rimozione degli ostacoli (art. 3 comma 2) e altri, ma questa funzione sociale non è adeguatamente riconosciuta in Italia e, soprattutto, nel Sud.

Daniele Novara continua: “Faccio mia l’esperienza francese e lancio un appello alla politica italiana: rendiamo le scuole dell’infanzia un luogo dove tutti i bambini e le bambine, necessariamente e obbligatoriamente, possano e debbano passare un pezzo importante della loro vita”. La scuola dell’infanzia è uno dei pochi luoghi (e non posti) dove i bambini possono essere, fare, diventare bambini.

È anche il luogo per eccellenza delle fiabe; le fiabe, soprattutto quelle classiche (tenendo conto che hanno avuto già varie riscritture), si possono usare anche per far inventare a bambini e ragazzi altri finali, la continuazione o farle riscrivere al contrario: per esempio si può proporre loro il lupo minacciato da Cappuccetto Rosso, che nella realtà succede quando si trasmette ai bambini l’ingiustificata paura degli animali o la mancanza di rispetto nei loro confronti, anche delle formiche. Così si può fare letto-scrittura creativa sin dalla scuola dell’infanzia.

Attraverso le fiabe, e non solo, si possono mettere in campo altre esperienze e attività, come l’educazione emotiva, quella motoria e lo yoga.

È necessario costruire e coltivare la memoria personale e familiare nei e dei bambini condividendo con loro esperienze, raccontando e raccontandosi, organizzando riti e routine (come si fa nella scuola dell’infanzia), raccogliendo e conservando almeno alcuni “cimeli” (fotografie, libri, giocattoli, vestitini) della loro infanzia, come si faceva in passato. È un processo importante per la formazione dell’identità personale e familiare (art. 8 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia “identità e relazioni familiari”) e della interiorità del bambino (art. 27 Convenzione “sviluppo spirituale”).

Sono in aumento i disturbi motori nei bambini, dall’iperattività alla disprassia. A parte le cause genetiche, ricerche recenti hanno rivelato che può dipendere da stimoli più o meno ricevuti nei primi sei mesi di vita. A questo si aggiungono altre cause esogene, come l’abuso della tecnologia già in tenera età, cattive abitudini dei genitori che portano in braccio i bambini per accompagnarli alla scuola dell’infanzia, non li fanno salire e scendere le scale autonomamente per paura che cadano, li portano nel passeggino anche quando hanno più anni di età e altro ancora. I genitori hanno abolito le fasce ai neonati, il girello e il box ma hanno adottato altri atteggiamenti più nocivi di quelli abbandonati. I genitori si occupano e preoccupano di tutto ciò che concerne la crescita dei figli ma non altrettanto del loro sviluppo. Lo sviluppo motorio è fondamentale per quello sviluppo integrale di cui all’art. 27 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.

Lo yoga è un’occasione speciale per riconnettersi con se stessi attraverso il respiro, il movimento e la consapevolezza. Lo yoga, però, non si pratica solo sul tappetino: può essere anche un viaggio interiore che comincia dalla lettura. Etimologicamente “yoga” significa “unione”, unione tra anima e corpo, tra uomo e realtà, armonia: quello cui educare i bambini e che si pratica soprattutto nella scuola dell’infanzia, per esempio nella routine del sedersi in cerchio o nella metodologia del circle time e che si potrebbe praticare anche nei gradi successivi.

Gli insegnanti dovrebbero fare gli artigiani delle emozioni e gli architetti delle menti degli alunni, a cominciare dalla scuola dell’infanzia o, soprattutto, nella scuola dell’infanzia, da cui gli altri gradi scolastici dovrebbero prendere esempio. Spesso, però, non ci sono le condizioni soggettive e oggettive per operare in tal modo, a cominciare dalla mancata collaborazione di molti genitori.

“L’affido familiare offre al bambino un contesto in grado di accompagnarlo nella crescita, ma ha anche l’obiettivo di ricostituire una base sicura nella relazione tra il bambino e chi si prende cura di lui. Una buona relazione di attaccamento è fondamentale per crescere sereni, mettere ordine nel passato, dare un senso agli eventi sfavorevoli e favorire i rapporti con la famiglia d’origine” (cit.). Tutti i genitori dovrebbero assumere l’atteggiamento dei genitori affidatari, cioè sviluppare una “misurata” relazione di attaccamento con i figli con la consapevolezza che i figli non appartengono ai genitori e che prima o poi devono uscire da quell’ambiente e andare altrove. Oggi, purtroppo, in molte famiglie non si sviluppa un “buon attaccamento” e gli effetti si vedono negli ambienti extrafamiliari, a cominciare dalla scuola dell’infanzia. Dove, alcuni genitori non solo non facilitano l’inserimento dei figli ma, in seguito, controbattono con le/gli insegnanti e giustificano o difendono ad ogni costo i figli arrampicandosi sugli specchi come i figli stessi: “Eppure a casa sta calmo, fa di tutto, disegna, colora… e da solo!”.

La collaborazione e il confronto dei genitori con la scuola dell’infanzia, invece, è costruttivo non solo per il percorso del bambino ma anche come supporto alla genitorialità stessa, perché il modello della coppia educativa delle/gli insegnanti (che si fonda e completa sulle e nelle differenze personali e intrapersonali) e l’identità stessa della scuola dell’infanzia (che, si ricordi, non è più scuola materna) offrono spunti e stimoli alla modulazione della propria genitorialità e della coppia genitoriale per allontanarla pure dalla “maternalizzazione” educativa solitamente dominante.

I bambini arrivano dalle famiglie e ritornano nelle famiglie, per cui urge che prendano consapevolezza di “famiglie come partner di un’alleanza educativa”, così definite nelle “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei” (adottate con il decreto ministeriale 22 novembre 2021 n. 334). 

Un altro…

Un altro a un palmo dal nostro naso

di Vincenzo Andraous

Un altro ragazzo impiccato alle sbarre dell’indifferenza, un altro, un altro ancora.

L’impressione che se ne ricava da questa inesauribile macelleria silente, è che qualcuno voglia combattere il mostro del sovraffollamento con un suicidio oggi e domani pure. Incredibile?

Quando parliamo del pianeta sconosciuto, della sua esplosiva condizione di violenza e illegalità imposta, a molti viene in mente di indicare la cima di un iceberg, invece a ben pensarci è l’opposto e il suo contrario.

Alla luce c’è proprio la teatralità di un avamposto della legalità costretto a una torsione così innaturale e quindi a una drammaticità che aggrava la ricerca di sicurezza e umanità nel recupero della persona detenuta, perché comunque di persone stiamo parlando.

Proprio oggi il pallottoliere mortifero che traccia le somme a discapito delle detrazioni e naturalmente delle responsabilità,  ci ha sbattuto in faccia per l’ennesima volta  l’indifferenza alla pietà, siamo arrivati a metà del guado, ma giunti a 63 morti ammazzati dentro una cella, dentro una galera, dentro una solitudine imposta, travestita di compassione che non c’è, come non c’è alcuna verità, soltanto giustificazioni, attenuanti generiche per chiunque ci faccia i conti, o peggio non li faccia per niente con questa mattanza de noantri.           

Sui detriti ove poggia il carcere, c’è una sorta di mercanzia che va alla grande, ognuno degli attori coinvolti in questa rieducazione ortopedica dei corpi penzolanti dai letti a castello, dai finestroni delle celle, dagli angoli bui dove scomposti se ne stanno coloro che non hanno retto all’ingiustizia di una pena aggiuntiva non contemplata da alcun Codice, Ordinamento, Costituzione.

Ebbene, lì, in quella angusta sottomissione al nulla, proprio lì, nessuno osa guardare alla corretta applicazione degli ordinamenti. Ogni volta, e sono proprio tante queste volte in cui donne e uomini si strozzano fino a morire dentro la prigione, qualcuno parla avvedutamente di “evento sentinella” in quanto sono dipartite che con più attenzione e accompagnamento potrebbero significativamente essere ridimensionate, sottraendo ai residui spazi colmi di cose, oggetti e numeri, le persone, le persone, le persone.

Riconsegnando umanità alla funzione della pena e alla sua rieducazione, dunque non soltanto del detenuto che giustamente sconta la propria pena. Un altro l’hanno trovato appeso con il capo reclinato, con gli occhi all’indietro,  come a volere rimarcare la perdita di speranza per il futuro, la disperazione che non tollera più il dolore mentale insopportabile, quel disagio che nessuno vede, che nessuno s’accorge sta per esplodere in comportamenti estremi, così profondamente insopportabili perché ingiusti, dove non c’è più possibilità di un ascolto, neppure il tentativo di accorciare le distanze con quella pietà derelitta e sconfitta.

Un altro ammazzato, a un palmo dal nostro naso, nell’unica via di uscita rimasta e concessa. La morte.

Nota 29 settembre 2025, AOODGPER 206402

Ministero dell’Istruzione e del Merito
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per il personale scolastico

A tutte le Istituzioni scolastiche statali – LORO SEDI –
e, p.c. All’Ufficio di Gabinetto – SEDE-
Al Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione -SEDE-
Agli Uffici Scolastici Regionali – LORO SEDI –
Al FONDO SCUOLA ESPERO

OGGETTO: Elezioni per il rinnovo dell’Assemblea dei Delegati del Fondo Scuola Espero – Istruzioni operative.

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 226

226 del 29-09-2025

Sciopero 3 ottobre 2025

Ministero dell’Istruzione e del Merito
Ufficio di Gabinetto

AVVISO DI SCIOPERO

Si comunica che il S.I. COBAS (Sindacato Intercategoriale Cobas) ha proclamato, per l’intera giornata del 3 ottobre 2025, uno sciopero generale di tutte le categorie pubbliche e private e che, in ottemperanza alle indicazioni della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali di cui alla nota d’intervento Dipartimento funzione pubblica prot. 0068260 del 23 settembre 2025, la predetta Organizzazione sindacale ha riformulato la proclamazione dello sciopero, escludendo i settori in essa indicati ad eccezione del Comparto Scuola, settore per il quale lo sciopero rimane proclamato. *

* (Cruscotto Scioperi)

Guido Crepax – Mondi, viaggi. storie

Brescia, Museo di Santa Giulia, Lunedì 29 settembre 2025

GUIDO CREPAX e MONDI, VIAGGI, STORIE

Educare narrando

Educare narrando

La didattica narrativa per tutte le età

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Raccontare per raccontarsi. Un gesto antico, quasi primordiale, che accompagna l’umanità fin dalla sua origine. C’era un tempo in cui i cantastorie, i poeti, i narratori riempivano le piazze e le case con parole che scaldavano l’anima. Le loro voci risuonavano nelle notti d’inverno attorno al fuoco e nelle sere d’estate, sotto cieli aperti, portando con sé memorie, emozioni, insegnamenti. Raccontare era un modo per tramandare, per curare, per connettere. Era, ed è ancora, un modo per esistere.

Raccontarsi non è solo terapeutico. È un modo autentico per dire al mondo chi siamo. Ed è proprio questo che rende ogni storia potente, ovvero il fatto che, pur partendo da un vissuto individuale, riesca a toccare corde universali. In un’epoca come la nostra, satura di informazioni, di dati, di contenuti istantanei e spesso impersonali, ciò che davvero fa la differenza è la capacità di attribuire significato a ciò che si conosce, di trasformare un sapere in esperienza, di radicarlo nell’identità.

Ritrovare la forza della narrazione, oggi, non è solo un ritorno alle origini. È un atto educativo necessario. Raccontare non significa semplicemente descrivere ciò che accade, ma costruire senso, generare visioni, dare forma al reale attraverso la lente dell’immaginazione e del sentire. È attraverso le storie che l’uomo interpreta il mondo, comprende sé stesso, trasmette valori, esplora emozioni. La narrazione è il filo che cuce insieme memoria e futuro, individuo e collettività, sapere e vita.

Portare il racconto dentro la scuola significa restituire all’apprendimento una dimensione profonda, coinvolgente, umana. Significa creare spazi in cui ogni voce possa trovare ascolto, in cui la conoscenza non sia più trasmessa dall’alto, ma costruita insieme, passo dopo passo, parola dopo parola.
Perché educare, in fondo, è anche questo: custodire le storie, accoglierle, farle crescere.

Una scuola che racconta invece di istruire

La scuola tradizionale è stata per lungo tempo il luogo deputato alla trasmissione del sapere, dove il docente assumeva il ruolo di depositario della conoscenza e l’alunno quello di recipiente da riempire. In questo modello, le informazioni venivano trasferite da una mente all’altra in modo spesso impersonale e scollegato dall’esperienza concreta degli studenti, i quali rimanevano spettatori passivi di un processo che non li interrogava, né li coinvolgeva. Il sapere era visto come qualcosa di oggettivo, cristallizzato nei libri di testo, più da memorizzare che da comprendere, e il processo di apprendimento si riduceva spesso all’assimilazione meccanica e alla verifica mnemonica. Questo approccio, seppur funzionale in un sistema educativo industriale e disciplinato, si rivela oggi anacronistico di fronte alla trasformazione culturale, sociale e tecnologica in atto. Nell’epoca della complessità e del cambiamento continuo, l’apprendimento non può più ridursi a un processo passivo. Le nuove generazioni, cresciute in un ambiente ricco di stimoli sensoriali e narrativi, immersi in narrazioni digitali, interattive e personalizzate, hanno bisogno di un’educazione che parli alla mente e al cuore, che stimoli il pensiero critico, la creatività e la capacità di costruire significati. Serve una didattica che coinvolga, che tocchi corde interiori, che trasformi l’informazione in esperienza e che riconosca l’identità dell’alunno come risorsa e non come tabula rasa. In questo orizzonte, la didattica narrativa si impone come approccio pedagogico capace di generare significato, emozione e partecipazione, favorendo un apprendimento profondo e personale, fondato sull’incontro tra il sapere e la vita, tra la cultura e il vissuto, tra la parola e l’esistenza.

La narrazione come ponte tra sapere e vissuto

Il valore della narrazione in ambito educativo risiede nella sua capacità di collegare il contenuto da apprendere all’universo personale dell’alunno, facendo leva su emozioni, memorie, esperienze sensoriali e vissuti individuali. Attraverso il racconto, la conoscenza diventa storia, assume un volto, un contesto, un’emozione, e si trasforma in un’esperienza concreta e condivisa, in cui il soggetto si sente coinvolto, riconosciuto e valorizzato. Le neuroscienze ci confermano che le informazioni, veicolate sotto forma di racconto, attivano simultaneamente più aree del cervello, tra cui quelle legate al linguaggio, all’immaginazione, all’empatia, alla memoria autobiografica e persino alla motricità se il racconto include azioni o simulazioni. Questo tipo di attivazione globale favorisce una comprensione più profonda, duratura e multisensoriale, che va oltre la semplice memorizzazione. Non si tratta soltanto di leggere o ascoltare storie, ma di costruirle insieme, di riscrivere i contenuti disciplinari trasformandoli in percorsi esplorativi, drammatizzazioni, giochi di ruolo, autobiografie intellettuali, dialoghi socratici o narrazioni collettive. Vivere le discipline come se fossero narrazioni da abitare, attraverso la parola e l’immaginazione, permette agli studenti di sentirsi protagonisti attivi e non solo spettatori, agenti consapevoli di un processo di apprendimento che li coinvolge a livello cognitivo ed emotivo. La narrazione consente di riorganizzare le conoscenze in forma coerente, di attribuire significati personali a ciò che si apprende, di intrecciare sapere e identità, promuovendo un pensiero riflessivo e un apprendimento trasformativo. Per questo motivo la didattica narrativa non è un abbellimento opzionale, ma una vera e propria grammatica dell’apprendimento, una struttura profonda del pensare e del sapere che si nutre di parole, immagini, relazioni e vissuti.

Esperienze narrative nella scuola primaria

Nelle prime fasi dell’educazione, la didattica narrativa trova terreno fertile, perché il linguaggio simbolico e immaginativo è ancora la via privilegiata attraverso cui i bambini comprendono il mondo. Le storie permettono di costruire ponti tra l’astrazione del contenuto e la concretezza dell’esperienza, traducendo concetti complessi in immagini familiari e comprensibili. Un progetto come quello delle “Storie in scatola”, per esempio, prevede la costruzione di piccole narrazioni visive da parte dei bambini, che, partendo da oggetti quotidiani inseriti in una scatola, inventano storie legate ai temi trattati in classe. Questo tipo di attività stimola la creatività, la cooperazione, l’espressione verbale e il pensiero divergente. Una lezione di scienze può così diventare un racconto fantastico, in cui un sasso prende vita e racconta la sua trasformazione in sabbia attraverso il ciclo dell’erosione, rendendo visibile e memorabile un processo naturale altrimenti astratto. Anche in matematica è possibile raccontare storie. I numeri possono essere personaggi con caratteristiche proprie, che vivono avventure e si incontrano per svolgere operazioni, creando una dimensione narrativa in grado di sostenere l’apprendimento logico attraverso un piano simbolico e affettivo. In questo modo il bambino non memorizza meccanismi in modo sterile, ma li interiorizza all’interno di un contesto narrativo che li rende significativi, motivanti e duraturi. La narrazione, inoltre, favorisce l’inclusione scolastica, poiché offre molteplici linguaggi espressivi e valorizza le intelligenze multiple, permettendo a ciascun alunno di sentirsi parte del processo di apprendimento.

Narrativa e apprendimento nella scuola secondaria

Anche con gli adolescenti, la narrazione mantiene una straordinaria efficacia, perché risponde al loro bisogno di identificazione, di ricerca di senso e di espressione personale. In una scuola secondaria di primo grado, ad esempio, è stato avviato un laboratorio di “Storia narrata” in cui gli studenti raccontano gli eventi studiati in prima persona, assumendo il punto di vista di un personaggio dell’epoca. La Seconda guerra mondiale, così, non è solo un capitolo da studiare, ma una pagina scritta attraverso la voce di un bambino ebreo, di un partigiano, di una madre in attesa del ritorno del figlio. Questo esercizio sviluppa empatia storica, pensiero critico e consapevolezza etica, rendendo gli eventi del passato vivi e attuali. In una classe di liceo, un docente di filosofia ha proposto agli studenti di riscrivere in chiave narrativa alcuni concetti filosofici, immaginando dialoghi tra Platone e un adolescente contemporaneo, oppure di narrare il pensiero di Nietzsche come se fosse un monologo interiore. Gli studenti, invece di limitarsi a studiare concetti astratti, si sono immersi in riflessioni personali, confrontando le idee dei filosofi con i propri vissuti. Alcuni hanno prodotto veri e propri racconti filosofici, mescolando elementi narrativi e argomentativi, sviluppando una comprensione più autentica dei concetti affrontati. Il risultato è un coinvolgimento profondo, che avvicina i ragazzi a contenuti difficili attraverso il linguaggio della vita, stimolando al tempo stesso la loro capacità di riflettere, comunicare e costruire significati.

Quando la narrazione diventa strumento di cittadinanza attiva

La narrazione non è solo uno strumento per l’apprendimento cognitivo, ma anche per lo sviluppo del sé, della consapevolezza sociale e del senso di responsabilità verso il mondo. Le storie, infatti, ci permettono di metterci nei panni dell’altro, di vedere il mondo da prospettive diverse, di comprendere le sfumature della condizione umana e di coltivare un pensiero etico che non separa mai sapere e agire. Le storie educano al rispetto, alla solidarietà, al dialogo interculturale, costruendo nei ragazzi una coscienza civile che non si esaurisce nella conoscenza teorica dei diritti e dei doveri, ma si radica in esperienze concrete e condivise. In un progetto di educazione civica intitolato “Voci di quartiere”, gli studenti sono stati invitati a raccogliere storie di vita degli abitanti del loro territorio, trasformandole in un podcast. Il percorso ha coinvolto interviste, trascrizioni, riflessioni collettive e momenti di restituzione pubblica, che hanno attivato dinamiche di cooperazione, ascolto e consapevolezza sociale. Questo ha permesso loro di comprendere meglio la realtà in cui vivono, di esercitare l’ascolto attivo, di superare stereotipi, di interrogarsi su questioni di giustizia e disuguaglianza e di sviluppare empatia autentica. L’apprendimento si è fuso con l’esperienza, la scuola con la comunità, la teoria con la prassi, restituendo al sapere una dimensione etica e civile. Attraverso il racconto, i ragazzi hanno sentito di appartenere a un mondo più ampio, di poter essere portatori di cambiamento, di poter dare voce a chi spesso non ne ha. Hanno compreso che narrare significa anche assumersi la responsabilità di custodire e tramandare, di restituire dignità alle storie sommerse, di rendere la conoscenza uno strumento di giustizia, inclusione e partecipazione democratica.

Conclusioni. Educare narrando per generare senso

La didattica narrativa si presenta come una pratica educativa capace di restituire profondità e umanità al processo di apprendimento. In un tempo in cui la scuola rischia di diventare sterile e disincarnata, riportare al centro le storie significa riaccendere la motivazione, il desiderio di sapere e la capacità di pensare. Educare attraverso la narrazione non è una scelta romantica o ingenua, ma una strategia didattica concreta e fondata, capace di adattarsi a ogni ordine e grado scolastico. È una forma di cura, di ascolto, di relazione. È una modalità che non solo istruisce, ma forma. Perché l’apprendimento autentico è sempre una storia che ci riguarda. E quando ci sentiamo parte di quella storia, impariamo davvero.

E. Franco, Usodimare

Ernesto Franco, per una vita intera

di Antonio Stanca

   Di Ernesto Franco, nato a Genova nel 1956 e qui morto nel 2024 a sessantotto anni dopo una lunga e grave malattia, è uscita un’altra edizione di Usodimare (Un racconto per voce sola). È della Einaudi, serie “ET Scrittori”. La prima edizione Einaudi è stata dell’anno scorso mentre al 2007 risale l’edizione originale avvenuta presso Il Nuovo Melangolo, collana “Nugae”. In precedenza Franco aveva scritto Isolario, Vite senza fine, col quale nel 1999 aveva vinto il Premio Viareggio. In seguito verranno Donna cometa, Storie fantastiche di isole vere, Sono stato. Sarà pure poeta con la raccolta Lontano io e curerà e tradurrà alcuni noti autori della letteratura ispano-americana. Particolare sarà l’attenzione per quelli che hanno trattato di fenomeni immaginari, surreali, fantastici. Anche lui, nella sua narrativa, si era interessato a questi. Il racconto Usodimare vi rientra a pieno titolo ma non rimane completamente nella dimensione surreale poiché tanto posto concede pure alla realtà, alla storia.

   Di Franco va detto anche che una volta laureatosi in Lettere presso l’Università di Genova aveva lavorato per le case editrici Marietti e Garzanti e che dal 1998 alla morte era stato prima direttore editoriale e poi direttore generale della Einaudi. Docente lo avevano visto le Università di Genova e di Siena. Tanto aveva fatto pur in un tempo piuttosto ridotto. Spirito acceso, inquieto si era rivelato, sempre alla ricerca d’altro, a volte anche di quello che, come in Usodimare, non si sa o non si vuole sapere né dire. Tutto il racconto è percorso da questo mistero, da questo segreto che la bella Nenè ha confidato al suo amico e innamorato Pepe Usodimare, Capitano per l’ultima volta del vecchio mercantile Bahía Inútil. Glielo ha detto sulla nave in un momento di pericolo per loro e per l’equipaggio, lo ha fatto prima di morire e dopo essere riuscita a mettere in salvo MG, il suo vero uomo. Da allora Usodimare sa che sulla nave c’è qualcosa di nascosto ma non sa se si tratta di un tesoro o di una rivelazione, di un messaggio. Da allora ha messo in allerta tutti i suoi uomini perché cercassero quanto si nascondeva. Non hanno molto tempo a disposizione perché il Bahía Inútil è in navigazione, sta compiendo, al comando di Usodimare, il suo ultimo viaggio. È diretto verso il Bangladesh, verso l’infinita spiaggia fangosa di Chittagong dove ci sono i cantieri di demolizione. La nave è vecchia, ha molti problemi, è stata venduta all’asta e i nuovi padroni hanno pensato di abbatterla. Il tempo per raggiungere Chittagong è quello che rimane per la ricerca, per la scoperta che il Capitano si è proposto di compiere. Non è molto ma molti sono i pericoli, gli imprevisti, i rischi, i disagi compresi quelli dei pirati, ai quali il vecchio bastimento va incontro. Non si finirà mai di sospettare, di dubitare, di aver paura giacché sempre esposti, sempre vicini a disgrazie ci si troverà, sempre minacciati da queste.

   Si giungerà, infine, a Chittagong, alla fine del viaggio, alla fine della nave, alle ultime annotazioni riportate da Usodimare sul suo computer, alla conclusione del racconto per la quale serviranno anche le testimonianze del nostromo e di un povero diavolo di Chittagong che ha assistito da lontano agli ultimi risvolti della vicenda compresi quelli della scomparsa improvvisa del Capitano e del mancato ritrovamento di quanto cercato.   C’è stata, nell’opera, una vasta e varia combinazione di persone e cose, pensieri e azioni, intenzioni e previsioni, c’è stato un interminabile alternarsi di tempi e luoghi, ambienti privati e pubblici, sacri e profani. Un intero continente, un’intera umanità sono diventati i luoghi e i personaggi del racconto. Ancora capace si è mostrato Franco di saper procedere con facilità, con chiarezza pur tra i torbidi del pensiero, le complicazioni della realtà, l’inspiegabile, l’invisibile. È una maniera che lo ha distinto poiché dà voce a chi non ne ha, fa luce dove non c’è. Da qui il rapporto che lo scrittore ha sempre sentito vicino con i grandi della letteratura fantastica quali Jorge Luis Borges, Silvina Ocampo, Adolfo Bioy Casares, Octavio Paz ed altri. Di essi nel 2007 aveva curato per Einaudi un’antologia, com’essi Franco non dubita della realtà ma non la ritiene sufficiente a dire tutto della vita, a completare quello che fa parte della storia, a comprendere quanto vi rientra senza che lo si veda.

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 225

225 del 27-09-2025

Nota 26 settembre 2025, AOODGPER 205922

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