A. Tabucchi, Requiem (un’allucinazione)

Antonio Tabucchi e la sua totalità

di Antonio Stanca

   Nella nuova serie promossa dalla Feltrinelli, intitolata “Universale Economica” – 70° Anniversario e impegnata a ristampare importanti opere letterarie pubblicate in precedenza dalla stessa casa editrice, è comparso il romanzo Requiem (un’allucinazione) di Antonio Tabucchi. È uscito lo scorso Maggio con la traduzione di Sergio Vecchio dal momento che l’originale, quello del 1991, è in lingua portoghese come l’aveva scritto l’autore. Abbastanza articolato il movimento intorno a quest’opera ma diversamente non poteva andare secondo quanto dichiarato nel libro dall’autore e dal traduttore. Entrambi hanno operato sentendosi legati il primo al Portogallo, alla sua storia, alla sua vita, ai suoi ambienti, ai suoi costumi, alla sua gente, il secondo a Tabucchi, alla sua figura, alla sua importanza nell’ambito letterario. 

   Nato a Pisa nel 1943, Tabucchi è morto a Lisbona nel 2012. Aveva sessantanove anni e tanto aveva fatto da essere considerato uno dei maggiori scrittori del Novecento italiano ed europeo. Nella narrativa aveva esordito nel 1975 con Piazza d’Italia, romanzo che era stato seguito da racconti e da altri romanzi, tra i quali Notturno indiano del 1984, Sostiene Pereira del 1994 e Tristano muore del 2004 erano diventati dei veri e propri casi letterari. Anche per il teatro ha scritto Tabucchi, anche saggista e traduttore è stato nonché docente di Lingua e Letteratura portoghese nelle Università di Roma, Genova e Siena. Non aveva rinunciato ad assumere posizioni di polemica civile, politica tramite interventi su giornali italiani e stranieri. Un autore ma pure un intellettuale impegnato si sarebbe rivelato, molto tradotti, molto premiati sarebbero risultati alcuni suoi testi.

    Diventato professore di Lingua e Letteratura portoghese si era tanto innamorato del Portogallo da dedicargli molta parte dei suoi interessi, della sua produzione, da andarci spesso, risiedervi e voler sapere della sua storia, delle sue tradizioni, della sua cultura, della sua letteratura. Imparerà a parlare, a scrivere in portoghese e tra l’altro sarà uno dei maggiori traduttori e commentatori del famoso poeta portoghese Antonio Fernando Pessoa (1888-1935). Dai suoi versi sembra gli sia provenuta quella tendenza, tanto spesso rinvenibile nelle sue opere, ad aumentare, moltiplicare i piani del narrato, del rappresentato, del vissuto, a farvi rientrare altre presenze, figure che non vi appartenevano, che addirittura non esistevano più, che erano morte ma con le quali c’era ancora qualcosa da chiarire, da discutere, da trattare. Con l’altro mondo, quello dei defunti, Tabucchi si mostra spesso a contatto nelle sue opere, lo riporta in vita per quanto, per come gli serve. Allarga, così, quella che è la dimensione, la misura comune, solita, vi fa rientrare anche quanto è finito, quanto non si vede, non si sente. Lo fa vedere, lo fa sentire, lo fa esistere. Una vita più piena, più completa, una vita dove niente finisce, si perde è quella del Tabucchi scrittore. Pure in Requiem succede: qui il protagonista, che stava trascorrendo un periodo di vacanza ad Azeitāo, in casa di amici, viene chiamato a Lisbona per un incontro con un personaggio molto importante, un artista, un poeta, forse il maggiore del ventesimo secolo col quale dovrà tenere una conversazione, parlare di certi argomenti. L’incontro è fissato per mezzogiorno di una domenica di Luglio degli ultimi anni Novanta in una piazza di Lisbona. Ma così non era stato perché chi lo aveva chiamato non si era fatto vedere e molto probabilmente aveva voluto dire a mezzanotte anche perché si trattava di una persona estinta da tempo, di un fantasma, e a mezzanotte è più logico che i fantasmi si facciano vedere. C’era molto da attendere, un intero pomeriggio, un’intera serata, la giornata era caldissima e il protagonista la passerà inseguendo alcuni dei ricordi più importanti di quella Lisbona che tanto cara gli era stata. Tra i ricordi ci saranno anche quelli di persone scomparse, persone amiche che erano ormai dei fantasmi e che gli sarà possibile evocare anche di giorno. La narrazione diventerà sempre più estesa, si popolerà di tante altre presenze, di tante altre vicende, di tanti altri luoghi, tempi, eventi. La storia, passata e presente, di un’intera nazione emergerà dagli scambi, dalle parole tra quel protagonista e i fantasmi. Figura, forma prenderanno i suoi ricordi, di pensieri, sentimenti, di coscienza, ragione si mostreranno capaci i fantasmi, valutare, giudicare sapranno quanto di grave hanno comportato i tempi moderni, il progresso scientifico, la tecnologia, la società dei consumi per i valori dello spirito, dell’idea, per quel che aveva costituito la tradizione. Di un’epoca intera, della sua fine, di una simile totalità si arriverà a dire tramite rapporti occasionali, mai completati, rimasti spesso accennati, sospesi perché tra vivi e morti. Per salti, passaggi improvvisi, frammenti, abbozzi procede anche qui Tabucchi ché solo in questo modo può far posto a tanta storia, a tanta vita. E stavolta vi riesce nel giro di una sola giornata tale è la perizia linguistica che ha acquisito da poterglielo permettere.