Giovani sempre più innamorati di se stessi

GIOVANI SEMPRE PIù INNAMORATI DI SE STESSI di Umberto Tenuta

CANTO 327 Eleganti nel vestire, prestanti nell’incedere, giganti sui tacchi… a scuola stretti nei banchi, annoiati, mai innamorati…

Ma la Scuola non è il loro mondo?

Non è il loro grembo?

Il grembo per nascere alla condizione umana.

Per farsi grandi, orgogliosi, gloriosi, generosi.

 

Fuori della scuola c’è un mondo che innamora i nostri giovani.

Fuori della scuola c’è il loro slancio vitale, il loro bisogno innato di esprimersi, di affermarsi, di essere qualcuno.

Fuori della scuola i nostri giovani vivono.

E nella scuola?

Soffrono.

La scuola è sofferenza.

Pena, dolore, noia.

Un terzo della loro giornata senza vivere.

Non si muovono, non bevono, non mangiano, non parlano…

C’è una mortalità scolastica che è più grave di quella censita.

È la mortalità della loro giovinezza perduta.

Nessuno la vede, nessuno ne parla, nessuno la paga.

A scuola non è dato alimentarsi, crescere, realizzarsi, divenire adulti.

A scuola i giovani perdono il loro innato bisogno di nutrirsi, di alimentarsi, di inculturarsi, di autorealizzarsi, di farsi grandi, di umanizzarsi.

Dai cinque ai diciotto anni si è sottomessi, subordinati, giudicati, mortificati.

Soggetti passivi.

Né attivi, né riflessivi.

Tutte le regole hanno le loro accezioni.

Ma sono eccezioni!

Sono eccezioni i docenti che valorizzano anche un quattro in Geografia: <<Bene, ragazzo mio, hai imparato quattro delle Capitali europee! Sei capace di imparare anche le altre!>>.

Eh no!

Se dici che è capace, si inorgoglisce.

No, lasciate che orgoglioso sia solo il famoso figlio del dottore!

La cultura è una merce per privilegiati.

Non lo diceva forse il Ministro Bottai!

I figli dei contadini a scuola non vanno.

Mica ne facciamo degli spostati!

A loro non è dato salire le scale.

Nemmeno quella sociale.

Salire le scale costa fatica.

Lacrime e lai.

A scuola s’ha da soffrire, penare, morire.

Solo i capaci e meritevoli possono diventare uomini.

A loro è ascritto il diritto alla piena formazione della loro personalità.

A loro è dovuto il successo formativo.

Gli altri si accontentino di una generosa liberazione dell’obbligo di frequentare la scuola.

Mica il successo formativo può essere garantito a tutti!

Se così fosse, tutti, dico tutti, sarebbero un successo.

Ed il successo non sarebbe successo.

Oddio, ma la SCUOLA non doveva essere la BUONASCUOLA?

Sì.

Sì che lo sarà.

Lo sarà quando lo sarà.

E quando lo sarà nessuno lo saprà.

Ma sarà.

Sarà una Scuola buona.

Una SCUOLA DEL SUCCESSO FORMATIVO.

Garantito a tutti i figli di donna.

A tutti i cuccioli d’uomo.

A tutti, proprio a tutti?

Sì.

Perché la Scuola non è un privilegio di pochi.

Ma il diritto di ogni nato di donna a farsi uomo.

Non lo diceva forse anche il Poeta?

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza.”

(Dante Alighieri, Inferno, Canto XXVI)

 

 

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