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In arrivo il curriculum dello studente

da La Tecnica della Scuola

In arrivo il curriculum dello studente

Gli studenti possono raccogliere tutte le loro esperienze didattiche, creare un profilo sul Portale unico e costruire il loro curriculum scolastico, un vero e proprio biglietto da visita.
Il curriculum dello studente è una delle novità previste dalla legge 107/2015, precisamente il comma 28, per quanto riguarda il Percorso formativo, insegnamenti opzionali, curriculum e identità digitale dello studente.

Il curriculum dello studente sarà composto da tutte le discipline previste dall’istituto e dagli insegnamenti opzionali, per il momento presenti solo alle classi del secondo biennio e dell’ultimo anno di scuola.

Gli insegnamenti opzionali saranno inseriti in base alla quota di autonomia e la flessibilità della scuola, anche se la loro reale attivazione dipenderà dai posti di organico dell’autonomia assegnati dal Pof triennale e dalla disponibilità finanziaria.
Il curriculum dello studente deve contenere tutte le informazioni del percorso scolastico curriculare ed extra – curriculare, comprese le esperienze volontarie e opzionali.
Per cui, nel profilo dei ragazzi, saranno delineate le competenze acquisite, gli insegnamenti opzionali, le esperienze legate all’alternanza scuola – lavoro e altre attività come quelle culturali, artistiche, musicali e sportive.
Si tratta quindi di un report dettagliato che andrà a definire gli obiettivi raggiunti e da raggiungere, le lacune da colmare e le competenze acquisite.
La flessibilità sarà uno dei caratteri distintivi del curriculum dello studente, in modo da contenere le informazioni necessarie in merito all’alunno in rapporto ai programmi specifici delle scuole, che se da un lato devono essere uniformate agli standard del progetto, dall’altro bisogna adattarle alle singole necessità degli istituti.
La parte centrale risiede nel fatto che il curriculum sarà associato ad una identità digitale dello studente, ovvero un profilo sul Portale unico contenente i dati più importanti di questo.
Le modalità di individuazione del profilo dello studente da associare ad una identità digitale sono disciplinate dal decreto ministeriale, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Inoltre “le modalità di trattamento dei dati personali contenuti nel curriculum dello studente da parte di ciascuna istituzione scolastica, le modalità di trasmissione al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca dei suddetti dati ai fini di renderli accessibili nel Portale unico di cui al comma 136, nonché i criteri e le modalità per la mappatura del curriculum dello studente ai fini di una trasparente lettura della progettazione e della valutazione per competenze”.

Uno degli scopi principali del curriculum dello studente risiede nel fatto che questo sarà utilizzato sia agli esami di stato, come riferimento e consultazione di cui tenere conto ai fini del voto finale, ma anche (e soprattutto) per l’orientamento al lavoro, utile le scelte future dello studente e come presentazione o referenza per colloqui lavorativi.

Superiori, è corsa per diventare cuochi e agricoltori

da La Tecnica della Scuola

Superiori, è corsa per diventare cuochi e agricoltori

Non cala l’interesse per gli istituti alberghieri e agrari: gli studenti che li scelgono sono oltre 60mila l’anno, più del 10% di quelli che si iscrivono al primo anno delle superiori.

Scema, invece, l’interesse per gli istituti di tecnici dell’area commerciale. In questo nuovo anno scolastico si sono iscritti alle prime classi degli istituti tecnici di amministrazione, finanza e marketing poco più di 42mila giovani mentre quelli che hanno optato per l’enogastronomia e l’alberghiera sono stati oltre 46mila, ai quali si aggiungono altri 15mila iscritti alle prime classi degli istituti tecnici e professionali agrari. I dati sono stati diffusi, il 2 ottobre, da Coldiretti Giovani Impresa.

“La tavola – sottolinea Coldiretti – sorpassa la scrivania nelle scelte scolastiche delle giovani generazioni. In Italia vede una prospettiva di lavoro futuro nell’agricoltura e nel cibo quasi uno studente su cinque. Oltre il 20% degli iscritti al primo anno ha scelto un indirizzo legato all’agricoltura”. A crollare secondo Coldiretti sono state le iscrizioni agli istituti professionali con indirizzo industriale, scese al minimo storico. “Quest’anno si sono iscritti al primo anno poco più di 19mila giovani, in calo rispetto all’anno precedente e più che dimezzati rispetto all’inizio della crisi (nel 2007/2008 erano 48mila)”.

Sono dunque in profonda crisi ragionieri e tute blu, a prendere la scena è ora il cibo. A conferma di un rinnovato prestigio sociale del lavoro nei campi è il fatto che quasi un genitore su tre (29%) consiglierebbe ai propri figli di fare l’agricoltore e che il 55% sarebbe contento se il figlio o la figlia sposasse un agricoltore (elaborazioni Coldiretti su Ipr Marketing.

“Una azienda agricola su tre è nata negli ultimi dieci anni anche per l’ingresso di giovani agricoltori di prima generazione che hanno scelto di vivere e lavorare in campagna per realizzare il proprio sogno imprenditoriale”, ha affermato Maria Letizia Gardoni delegata dei giovani della Coldiretti nel sottolineare che “essere agricoltori oggi significa avere una conoscenza multidisciplinare, che va dalla tecnica agronomica al marketing”.

“E’ questa la dimostrazione che i giovani, prima e meglio di altri, hanno capito che l’Italia per crescere deve puntare su quegli asset di distintività nazionale che garantiscono un valore aggiunto nella competizione globale come il territorio, il turismo, la cultura, l’arte, il cibo e la cucina”, ha detto con soddisfazione il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Sciopero scuola: grandi manovre in atto

da La Tecnica della Scuola

Sciopero scuola: grandi manovre in atto

Quello di un possibile sciopero della scuola è il leit motiv che sta ritornando in quasi tutte le assemblee che che si stanno svolgendo in tutta Itaia.
Certamente si parla molto del comitato di vautazione e dell’organico potenziato, ma alla fine, la domanda che insegnanti e Ata che partecipano alle assemblee è quasi sempre la stessa: “Va bene, ma allora si fa uno sciopero o no?”.
E qui le strade si dividono.
I Cobas hanno già detto di essere intenzionati a incrociare le braccio il 13 novembre ma anche di essere disponibili a trovare una data alternativa in accordo con gli altri sindacati.
Nei social la parola d’ordine più frequente è: “Sciopero si, ma purchè sia largamente unitario, come quello del 5 maggio”.
In realtà ripetere il risultato di 5 mesi fa appare molto difficile anche perchè la situazione è cambiata, e anche parecchio. La riforma della scuola è ormai legge dello Stato e pensare che il Parlamento possa ritirarla o modificarla in modo significativo appare molto improbabile.
E c’è anche un altro problema di non poco conto: fra un paio di settimane alle Camere prenderà avvio l’esame della legge di stabilità e quindi il dibattito politico e sindacale si sposterà: non si parlerà più né di valutazione dei docenti né di preside sceriffo (questione che peraltro non compare più nei documenti sindacali da due mesi almeno).
L’attenzione dei sindacati del comparto sembra concentrarsi soprattutto sulle risorse contrattuali e sul documento di economia e finanza tanto che in molte assemblee si sta facendo strada l’ipotesi di uno sciopero dell’intero pubblico impiego per rivendicare l’immediata apertura dei tavoli contrattuali.
Se dovesse essere questa la decisione dei sindacati del comparto, è evidente chei temi specifici della scuola rimarrebbero in secondo piano e le possibilità di una seppure parziale correzione della legge 107 in sede di stesura della legge di stabilità svanirebbero quasi del tutto.

5 ottobre, Giornata mondiale degli insegnanti

da La Tecnica della Scuola

5 ottobre, Giornata mondiale degli insegnanti

I docenti continuano ad affrontare ogni giorno sfide legate alla carenza del personale, alla scarsa formazione e al loro basso status sociale. Il tema della Giornata Mondiale degli Insegnanti, che ricorre ogni anno il 5 ottobre, mira a riportare al centro del processo educativo la figura del professore: “Empowering teachers, building sustainable societies” (“Un personale docente forte per costruire società sostenibili”) sottolinea il ruolo dell’insegnante anche come chiave nell’attuazione di una società a misura d’uomo basata sulla conoscenza, sui valori e sull’etica.

Con la ‘Giornata Mondiale’, evento istituito dall’UNESCO nel 1994, ogni anno si vuole ribadire il ruolo centrale dei docenti, mettendo in rilievo la loro importanza nel percorso di formazione, educazione e guida delle nuove generazioni. E, in Italia, la figura del professore è stata negli ultimi mesi sotto i riflettori con i provvedimenti varati dal governo per riformare l’ordinamento scolastico e le proteste che sono scaturite dall’approvazione della riforma.

Anche per questo oggi è più che mai importante avere bravi docenti e ottimi educatori senza i quali appare difficile capire, ispirare e orientare lo sviluppo intellettuale dei giovani.

Il nostro portale, da quasi 20 anni a fianco del personale della scuola, lancia, in occasione di un evento tanto importante un sondaggio al fine di consentire una sorta di ‘autoritratto’ sui livelli di considerazione che la “categoria” ha di se stessa.

E non solo. La ‘Tecnica della Scuola’ vuole mandare uno speciale ringraziamento a tutti gli insegnanti e sostenere la necessità di valorizzare e rilanciare la professione. Mandaci una foto o un video sui nostri canali social utilizzando l’hashtag #WorldTeachersDay per esprimere la propria riconoscenza ai docenti che ogni giorno con la loro competenza e passione formano buoni studenti e buoni cittadini. Non avete Facebook o Twitter? Nessun problema. Inviateci le vostre foto a info@tecnicadellascuola.it . Le raccoglieremo e le pubblicheremo con una fotogallery dedicata sul nostro portale.

Partecipa alla campagna e unisciti a noi per rendere questo omaggio il più grande e forte possibile!

Questo rappresenta un modo per restare in contatto coi nostri lettori e un’ulteriore occasione per conoscere e capire la situazione dei docenti. Un momento per cogliere anche le bellezze di questa professione, le soddisfazioni di stare a contatto col futuro rappresentato dai ragazzi delle nuove generazioni.

Superiori, volano le iscrizioni per diventare cuochi e agricoltori

da tuttoscuola.com

Superiori, volano le iscrizioni per diventare cuochi e agricoltori
Lo rivela un’analisi della Coldiretti, che mostra come crollino gli iscritti a ragioneria e istituti tecnici

Nel nuovo anno scolastico si sono iscritti alle prime classi degli istituti tecnici di amministrazione, finanza e marketing poco più di 42mila giovani mentre quelli che hanno optato per l’enogastronomia e l’alberghiera sono stati oltre 46mila, ai quali si aggiungono altri 15mila iscritti alle prime classi degli istituti tecnici e professionali agrari. È quanto è emerso da una analisi di Coldiretti Giovani Impresa sulle iscrizioni alle prime classi nell’anno scolastico 2015/2016.

La tavola – sottolinea Coldiretti – sorpassa la scrivania nelle scelte scolastiche delle giovani generazioni. In Italia vede una prospettiva di lavoro futuro nell’agricoltura e nel cibo quasi uno studente su cinque. Oltre il 20% degli iscritti al primo anno ha scelto un indirizzo legato all’agricoltura“.

A crollare secondo Coldiretti sono state le iscrizioni agli istituti professionali con indirizzo industriale, scese al minimo storico. “Quest’anno si sono iscritti al primo anno poco più di 19mila giovani, in calo rispetto all’anno precedente e più che dimezzati rispetto all’inizio della crisi (nel 2007/2008 erano 48mila)“. Sono dunque in profonda crisi ragionieri e tute blu, a prendere la scena è ora il cibo. A conferma di un rinnovato prestigio sociale del lavoro nei campi è il fatto che quasi un genitore su tre (29%) consiglierebbe ai propri figli di fare l’agricoltore e che il 55% sarebbe contento se il figlio o la figlia sposasse un agricoltore (elaborazioni Coldiretti su Ipr Marketing).

Una azienda agricola su tre è nata negli ultimi dieci anni anche per l’ingresso di giovani agricoltori di prima generazione che hanno scelto di vivere e lavorare in campagna per realizzare il proprio sogno imprenditoriale“, ha affermato Maria Letizia Gardoni delegata dei giovani della Coldiretti nel sottolineare che “essere agricoltori oggi significa avere una conoscenza multidisciplinare, che va dalla tecnica agronomica al marketing“.

È questa la dimostrazione che i giovani, prima e meglio di altri, hanno capito che l’Italia per crescere  deve puntare su quegli asset di distintività nazionale che garantiscono un valore aggiunto nella competizione globale come il territorio, il turismo, la cultura, l’arte, il cibo  e la cucina“, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “che l’agroalimentare italiano offre una prospettiva di nuove e interessanti prospettive di futuro per chi sa esprimere la propria creatività a contatto con la natura“.

Al via le Olimpiadi di Italiano

Scuola, al via le Olimpiadi di Italiano

On line il bando della sesta edizione per l’anno scolastico 2015/2016
 Al via la sesta edizione delle Olimpiadi di italiano, l’ormai tradizionale competizione organizzata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e per la valutazione del sistema nazionale di istruzione. Le Olimpiadi vogliono rafforzare nelle scuole lo studio della lingua italiana e sollecitare gli studenti a migliorare la padronanza della propria lingua.
Lo scorso anno gli studenti che hanno partecipato a tutte le selezioni sono stati quasi 25mila, circa 10mila in più rispetto all’anno precedente. Le Olimpiadi sono gare individuali di lingua italiana, rivolte a tutti gli alunni degli istituti secondari di secondo grado (statali e paritari). Quattro le categorie previste: Junior, Senior, Junior-E (esteri) e Senior-E (esteri). Sono distinte in base al livello scolastico dei partecipanti e al contesto d’uso della lingua italiana.
La finale italiana si svolgerà a Firenze il 18 marzo 2016, nella sede di Palazzo Vecchio, nell’ambito della più ampia iniziativa delle “Giornate della lingua” che il Ministero dell’Istruzione organizza per celebrare gli anniversari della lingua e della letteratura italiana e per approfondire temi di particolare attualità. Potranno accedervi gli studenti che avranno superato tutte le varie fasi di selezione, da quella di istituto a quella provinciale, a quella regionale.
Le Olimpiadi di Italiano sono promosse con la collaborazione del Comune di Firenze, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci), gli Uffici Scolastici Regionali, l’Accademia della Crusca, l’Associazione per la Storia della Lingua Italiana (Asli), l’Associazione degli Italianisti (Adi), Rai Radio3, Rai Cultura, Premio Campiello Giovani.

Le iscrizioni dovranno essere effettuate entro il prossimo 12 gennaio 2016.
Per le Olimpiadi di Italiano è disponibile on line un portale dedicato: http://www.olimpiadi-italiano.it/

La messa a punto che occorre

La messa a punto che occorre
Tra distrazioni e silenzi, dimenticati i Consigli di classe…

di Domenico Sarracino

 

Di scuola in questi ultimi anni si è parlato tanto, e non c’è stato ministro che non l’abbia strattonata da un lato o dall’altro, con fughe in avanti e retromarce, inseguendo questa o quella emergenza, questa o quella suggestione di novità.

E così si sono andate smarrendo attenzioni e cure alle cose veramente importanti che incidono sul fare scuola: sulle condizioni di apprendimento-insegnamento, su ciò che avviene nelle classi e che effettivamente determina successi ed insuccessi, sui cambiamenti nei modi di apprendere, del formare e formarsi. Insomma si è parlato di tante problematiche scolastiche, ma sullo stato di salute dei Consigli di classe (anche di interclasse ed intersezione) – il loro funzionamento, il loro ruolo di cerniera con il Collegio dei docenti, con il Pof e i genitori, la loro centralità ed importanza – c’è da tempo una coltre di silenzio.

Bisogna però osservare che, seppure dimenticato o lasciato vivere in sordina, il Cdc è l’organo collegiale che più mantiene intatto il suo importante ruolo nella vita delle scuole, fungendo effettivamente da cerniera e raccordo tra il momento della riflessione-progettazione didattica e quello operativo- applicativo.

Eppure, come accennavamo, è da tempo che su di esso non si compiono indagini e riflessioni di una certa portata. E non c’è alcun cenno ad esso neppure nell’ultima riforma scolastica.

 

I Cdc sono organismi nati per programmare e, quindi, coordinare, condividere, verificare-valutare e poi ricalibrare le attività di insegnamento-apprendimento relative alle singole classi in attuazione delle linee e degli indirizzi del POF.

La loro centralità nello svolgimento pratico dell’azione scolastica è indiscutibile e dipende in gran parte dal loro buon funzionamento il realizzarsi di una attività scolastica di qualità. Sono infatti i Cdc le articolazioni in cui si declinano e si specificano le scelte compiute nel Collegio dei docenti e articolate nel Pof, prima che diventino l’agire scolastico effettivamente praticato. Dipendono da loro, dalle scelte condivise, dalla loro coesione ed organizzazione la qualità del lavoro e la tenuta del gruppo, il profilo della classe, il clima di aula, il profitto degli allievi. Dipendono da loro, dai Cdc, il carattere unitario, continuativo e condiviso delle metodologie didattiche, le relazioni educative e le modalità comunicative che nelle singole istituzioni scolastiche si mettono in atto.

“Cattivi” Cdc – quelli discontinui, luoghi di contrasti e litigiosità, quelli lasciati a se stessi, quelli in cui si parla tanto, spesso disordinatamente e con argomentazioni prive di conclusioni chiare – pregiudicano l’insieme del lavoro, azzoppano le scelte e le buone iniziative della scuola e dei singoli insegnanti, fanno emergere incongruenze e contraddizioni, generano incomprensioni, conflitti e caduta di credibilità dell’istituzione scolastica.

Non abbiamo dati statistici e precise quantificazioni, ma l’impressione che empiricamente si ricava (dalle reti di scuole, dai siti, dai gruppi su FB, dal mondo dell’informazione) è che sia tempo che questi organismi rifacciano il tagliando.

E allora riaccendiamo i riflettori e poniamoci alcune considerazioni-domande, alcune più generali, altre più specifiche. Si tratta di mettere sotto le luci lo svolgimento effettivo dei Cdc, focalizzando l’attenzione sugli “attori”, sugli argomenti, sul metodo di lavoro, sulla qualità del tempo ad essi dedicati, sull’organizzazione.

Di seguito si riportano alcuni punti “caldi” che certamente meritano l’attenzione delle scuole.

L’importanza e il ruolo di chi presiede e/o coordina i Cdc e quello dei docenti e delle altre componenti;il cosa si discute nei Cdc (gli argomenti e la loro distribuzione nel corso dell’anno); come si organizzano gli incontri e le discussioni (l’attenzione, la partecipazione, la condivisione, le decisioni); la predisposizione dei materiali, la “preparazione” dei singoli docenti alle riunioni, etc.; l’esame dei punti all’odg. e i tempi disponibili; quali sono i più ricorrenti problemi didattici e psico-pedagogici che si discutono e le risposte che ad essi vengono date e proposte, le questioni irrisolte; l’importanza di una corretta e chiara verbalizzazione, “memoria”e “storia” del Consiglio di classe.

Una particolare attenzione merita l’utilizzo del tempo: occorre evitare che ci sia chi parla troppo, chi non parla per niente o chi si disinteressa. Non solo, la gestione del tempo diventa determinante perché i lavori riescano ad affrontare tutte le tematiche poste all’ordine del giorno. Inoltre, l’”analisi” degli apprendimenti degli alunni va calibrata con la problematizzazione e la ricerca di ipotesi concrete di lavoro (il che cosa debbono mettere in campo i docenti).

 

In questo quadro appare evidente quanto sia decisiva la buona professionalità dei docenti, i veri protagonisti di questo organismo, le figure-chiave che devono elaborare ed attuare le decisioni assunte nel Cdc . Dalla qualità della loro partecipazione dipende l’efficacia delle riunioni. E’ utile perciò che ciascuna scuola rifletta su come i docenti discutono, preparano i lavori, si rapportano tra loro, come e se costruiscono condivisione, sulla capacità di ascolto reciproco e sulle modalità di attenersi agli argomenti in discussione, sul rispetto dei punti di vista e dei tempi.

 

Nel contempo è altrettanto importante ribadire che il Ds si dedichi con priorità alla cura ed al buon funzionamento dei Cdc. La sua “frequentazione” assidua ai Cdc serve alla scuola e ai docenti, ma anche al Ds stesso: per dare unitarietà e continuità ai lavori ed all’impostazione didattico-educativa, per conoscere più direttamente le dinamiche educative e formative, per approfondire le problematiche degli alunni e il modo di lavorare dei docenti, per consigliare, informare, stimolare, garantire il buon lavoro dei consigli di classe.

Per questo occorre ri-orientare le politiche scolastiche e , in esse , ripensare il ruolo del Ds, come figura professionale che presidia prima di tutto i luoghi della didattica e della pratica educativa, della ricerca e dell’innovazione, del tentare e ritentare l’organizzazione e l’intervento più efficace.

Ma bisogna mettere il Ds in condizione di poter fare tutto ciò. Il che significa, ad esempio, che si rende necessario ricondurre le mega-scuole a dimensioni gestibili, riparametrandole su dimensioni meglio considerate, fornendole di supporti organizzativi e professionali intermedi, decongestionandole da aspetti burocratici ed amministrativi che possono essere concentrati in altre sedi e svolti da specifiche competenze professionali (che potrebbero trovare luogo negli attuali UST); il che significa, inoltre, che nel reclutamento dei Ds, nella loro formazione, nel nuovo profilo professionale bisogna recuperare soprattutto competenze psicopedagogiche e didattiche, culturali e formative, relazionali e comunicative di alto profilo, che permettano di stimolare e valorizzare – guidando, coordinando e incoraggiando – tutte le risorse professionali possibili.

Giusta protesta studenti

Scuola, Mascolo: “Giusta protesta studenti” Poletti sbaglia su formazione professionale Sicilia

“Non possiamo che concordare con gli studenti che questa mattina hanno manifestato a Roma contro la ‘Buona Scuola’: nonostante il dissenso di tutte le parti coinvolte, il governo continua imperterrito a mascherare da riforma il suo tentativo di sminuire il ruolo della scuola pubblica italiana”. Lo dichiara il segretario generale dell’Ugl Scuola, Giuseppe Mascolo, evidenziando come “a partire dai prossimi giorni, l’Ugl Scuola organizzerà iniziative di protesta su tutto il territorio nazionale, per supportare lavoratori, alunni e famiglie nella loro giusta protesta”. In particolare “dobbiamo constatare che chi ci governa non conosce il reale funzionamento delle istituzioni scolastiche. Infatti, dopo i numerosi solleciti in merito alle problematiche legate alla sostituzione del personale assente per brevi periodi – prosegue -, lo stesso Miur, con una circolare dello scorso 30 settembre, ha stabilito che, per il personale docente la questione viene rimandata a dopo la conclusione del piano straordinario di assunzione, fatto che rappresenta una vera e propria assurdità perché le lezioni sono oramai iniziate da settimane; per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, la decisione viene affidata ai dirigenti scolastici, sui quali viene dunque scaricata tutta la responsabilità”. “Un altro esempio lampante è offerto dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il quale alla recente Festa dell’Unità a Palermo ha dichiarato che la formazione professionale è un modo per ‘distribuire moneta’: anziché ledere la dignità di tanti lavoratori – conclude -, il governo dovrebbe adoperarsi al fine di trovare soluzioni concrete per l’annosa vertenza della formazione professionale siciliana, tutelando le professionalità e l’importante servizio offerto ad alunni e genitori”.

60.000 Euro di risarcimento del danno per abuso di contratti a termine e discriminazione

60.000 Euro di risarcimento del danno per abuso di contratti a termine e discriminazione: l’ANIEF sbanca il MIUR a Pistoia.

 

Il Giudice del Lavoro di Pistoia condanna il MIUR a circa 60.000 Euro per violazione di norme comunitarie e riconosce a quattro iscritti ANIEF, docenti immessi in ruolo negli ultimi anni, il diritto al risarcimento del danno per l’abuso subito durante il lungo periodo di precariato e al contestuale riconoscimento degli scatti di anzianità mai percepiti. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Leonardo Tovoli, Denis Rosa e Piervincenzo Vantaggiato danno nuovamente una sonora lezione al MIUR in tribunale e ottengono quattro sentenze di identico tenore che condannano il MIUR per illecita reiterazione di contratti a termine e per discriminazione del lavoro precario.

 

È disfatta completa per il Ministero dell’Istruzione contro le tesi da sempre sostenute dall’ANIEF: il Tribunale di Pistoia emette ben quattro sentenze che non danno scampo al MIUR e lo condannano per violazione della Direttiva 1999/70/CE e del relativo Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato. I quattro docenti, infatti, si erano rivolti al nostro sindacato per la tutela dei propri diritti e per contestare l’apposizione del termine a una lunga serie di contratti stipulati in successione con il MIUR per sopperire a carenze di organico stabili e non transitorie. Il Giudice del Lavoro ha riconosciuto tale diritto, constatando che il comportamento dello Stato italiano, con il ricorso a contratti a tempo determinato in successione nel conferimento di supplenze scolastiche, “non è conforme all’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato (clausola 5 punto 1), essendo tali supplenze destinate a coprire carenze di organico ordinarie e non a sopperire esigenze meramente transitorie”. Per questo motivo, ha accolto le richieste patrocinate con estrema perizia dai legali ANIEF e condannato il MIUR a corrispondere a ciascun ricorrente un indennizzo pari a otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

 

Sul diritto al riconoscimento degli scatti di anzianità maturati durante il periodo di precariato, il Giudice del Lavoro ha rilevato come, anche in questo caso, la normativa interna “e la conseguente condotta dell’amministrazione scolastica non rispettano i principi comunitari che vietano ogni disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e quelli a tempo indeterminato” e ha accolto anche la domanda relativa al riconoscimento degli scatti non corrisposti durante il periodo di precariato.

 

MIUR condannato, dunque, a un risarcimento del danno che supera i 60.000 Euro nonostante i quattro ricorrenti siano stati, nel frattempo, immessi in ruolo per naturale scorrimento delle Graduatorie di appartenenza. L’ANIEF ricorda a tutti i docenti precari che è sempre possibile ricorrere e ottenere giustizia contro l’illecita reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati su posti vacanti e disponibili per un periodo superiore a 36 mesi di servizio e ottenere anche il riconoscimento della medesima progressione di carriera corrisposta dal MIUR ai soli docenti a tempo indeterminato.

CLIL e dintorni

CLIL e dintorni
…TO CLIL, OR NOT TO CLIL, THAT IS THE QUESTION…

Commento a margine dell’avviso pubblico n. 938/2015 relativo a progetti finalizzati alla sensibilizzazione e diffusione della metodologia CLIL nelle scuole statali del I e II ciclo

di Lorella Zauli

 

Introdotto nelle scuole secondarie di secondo grado con i DD.PP.RR. 88 e 89/2010 ed entrato di fatto nelle classi con la nota MIUR n. 4969 del 25 luglio 2014, l’insegnamento di una disciplina non linguistica secondo la modalità CLIL (Content and Language Integrated Learning) è ormai entrato a pieno titolo nel lessico e nella didattica delle scuole italiane, in particolare nelle secondarie di secondo grado, dove è diventato ordinamentale nelle classi quinte dei licei e degli istituti tecnici (oltre alle terze e alle quarte dei licei linguistici). Scriviamo “in particolare” poiché, in via sperimentale, esistono progetti sul CLIL anche nelle scuole del primo ciclo e persino nelle scuole dell’infanzia. Alla luce di queste esperienze è stata emanato l’Avviso n. 938 del 15 settembre 2015, a firma del Direttore Generale degli Ordinamenti, che definisce finalità, requisiti e specifiche per i “progetti delle reti di istituzioni scolastiche statali del primo e del secondo ciclo e della produzione dei relativi materiali digitali ai fini dello sviluppo della metodologia CLIL”, avviso che merita opportuni approfondimenti e specifiche considerazioni.

 

FINALITA’ E DESTINATARI DELL’AVVISO PUBBLICO N. 938 DEL 15 SETTEMBRE 2015

L’avviso è rivolto a reti di scuole statali del primo e del secondo ciclo su base regionale, formate da un minimo di 6 a un massimo di 10 istituzioni scolastiche, le quali possono optare per una sola tipologia di progetto fra le quattro proposte (“Eccellenza CLIL” e “E-CLIL” per il primo ciclo; “E-CLIL” e “Read on for eCLIL” per il secondo ciclo). Ammontano a un milione e cinquecentomila euro le risorse investite: seicentomila per il primo ciclo, novecentomila per il secondo. Le candidature delle scuole, da inoltrarsi al MIUR entro il 5 ottobre 2015, verranno valutate direttamente a livello centrale, dalla Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, con l’aiuto di una commissione di valutazione e di un comitato di coordinamento nazionale.  Sorgono spontanei un paio di quesiti:
–    I progetti per il secondi ciclo sono altro dal CLIL ordinamentale che vede impegnate le classi quinte (più terze e quarte dei licei linguistici) delle secondarie di secondo grado? Si tratta, come sembrerebbe, di una diffusione dell’insegnamento, di un potenziamento della qualità, della documentazione, dell’uso delle tecnologie?
–    Non è anacronistico chiedere per il progetto “Eccellenza CLIL” agli insegnanti di scuola primaria un livello B2 QCER e ai docenti di scuola secondaria di primo grado, che probabilmente sono loro colleghi negli istituti comprensivi, un meno ambizioso B1? Certo non è l’ordine di scuola a decretare il prestigio o il valore dei docenti. Alberto Manzi ebbe infatti a dire in una intervista che “la scuola dell’infanzia dovrebbe avere gli insegnanti più preparati e i meno qualificati, per paradosso, potrebbero anche andare all’università, dove farebbero meno danno”. L’incongruenza appare tuttavia evidente, tanto più che per il secondo progetto rivolto alle scuole del primo ciclo, “E-CLIL”, viene richiesto un generico e più vago “adeguato livello linguistico preferibilmente certificato secondo il QCER”. Non si potrebbe chiedere il B2 a tutti?

 

IMPEGNI E PROSPETTIVE

Alla luce degli ultimi decreti, tutti afferenti al DM 435 del 16 giugno 2015 (ex legge 440/97), di cui l’avviso 938, accompagnato dalla recentissima nota MIUR n. 8865 del 24 settembre 2015, rappresenta l’ultimo tassello in ordine temporale inerente il CLIL, è evidente che il MIUR ha investito e continua a investire in questa innovativa modalità di insegnamento/apprendimento consistenti risorse finanziarie e professionali. E’ infatti costantemente impegnato in una serie di azioni a sostegno del CLIL, fra adempimenti, ordinamenti, bandi, avvisi, monitoraggi e ambiziosi piani di formazione dei docenti. A livello territoriale occorre accompagnare con cura e attenzione questi processi. Sono necessari una programmazione di ampio respiro, interventi calibrati sui bisogni, continuità nelle soluzioni, azioni di supporto e di accompagnamento, riconoscimento adeguato delle professionalità, sinergie amministrative, temporali e territoriali. Piani approssimativi e frettolosi, docenti senza una buona padronanza linguistica, senza un adeguato approccio metodologico e con scarsa motivazione (quest’ultima, almeno in questa fase, appare ancora molto alta) non gioverebbero né ai ragazzi/discenti, né all’inglese, né tantomeno alla nostra lingua madre.

 

L’INGLESE A SCUOLA. TROPPO POCO?

Detto questo, è doveroso e imprescindibile il riferimento al dinamico e vivace dibattito culturale sulla diffusione della lingua inglese come lingua veicolare internazionale, lingua universale e di massa, lingua ufficiale di decine di stati, che coinvolge, a diversi livelli, importanti intellettuali, fra cui linguisti, storici, sociologi. Citiamo all’uopo due posizioni affatto diverse, espresse nella medesima pubblicazione, scritta a quattro mani da Gian Luigi Beccaria e Andrea Graziosi. Quest’ultimo, storico contemporaneo, riconosce che sta nascendo un mondo globale in cui sono in grado di muoversi meglio le società plurilingui e che l’inglese è ormai diventato anche la lingua ufficiale delle scienze (naturali, mediche, sociali, umanistiche), nonché del commercio, dell’industria, del cinema, della cultura popolare di massa. Egli auspica una riforma della scuola che permetta l’apprendimento dell’inglese come seconda lingua d’uso a strati crescenti della popolazione e osserva che il protezionismo, ossia il monolinguismo, genera nel lungo periodo una rigidità che ostacola la crescita. L’italiano, secondo lui, non è in pericolo, poiché, pur perdendo alcune funzioni, è destinato a rimanere la lingua degli affetti, dei sentimenti, dell’intimità e della vita pubblica.
Di tutt’altro avviso il linguista Gian Luigi Beccaria, il quale riconosce all’inglese lo status di lingua universale, itineraria, panterrestre, che è assolutamente necessario conoscere e osserva che a essere in pericolo non è l’italiano come lingua parlata bensì come lingua scientifica. L’inglese  è partito alla conquista del mondo come lingua non umanistica, ma settoriale (economica, bancaria, del marketing) ora è diventato lingua delle scienze e suo è il lessico specialistico in diversi campi. Beccaria non teme tanto l’afflusso di parole inglesi, poiché le lingue sono sempre state duttili e aperte ai prestiti, bensì una contaminazione esercitata  a livelli talmente intensi da rasentare talvolta il ridicolo. Gli inglesi, continua, sono i primi a dolersi di tanta fortuna e si rammaricano della diffusione massiccia della loro lingua quale lingua parallela, che porta con sé lo scempio della pronuncia. Decisamente critico nei confronti del CLIL e dei corsi universitari in lingua, che denotano secondo lui una decisa scelta di campo nella politica linguistica, teme una deriva aziendalistica ed efficientista della scuola pubblica e, nel caso dell’inglese, una anglicizzazione modesta, fatta di una lingua maltrattata, approssimativa, semplificata, basica, senza le ricchezze, il colore e lo spessore di una lingua vera, poiché una lingua non è solo veicolo, ma anche sostanza della conoscenza. Non dovranno mai mancare, conclude, a uno scienziato, a un architetto o a un ingegnere le parole adeguate e gli appropriati stili argomentativi, così come non deve mancare una conoscenza diffusa a tutti gli strati della popolazione.
Modestissimo e personalissimo parere di chi scrive: si impari e si insegni bene l’inglese, sin dalla più tenera età, senza dimenticare la nostra lingua madre (nella quale gli studenti continuano a non eccellere), in tutti i suoi multiformi aspetti, registri, ambiti di conoscenza e si scelga di parlare in inglese o in italiano, a seconda dei contesti, senza ornare la nostra lingua di superflui forestierismi che sembrano avere come scopo principale un manifesto autocompiacimento.
A onor del vero, bisogna dire che l’avviso immediatamente successiva al 638, ossia il 639 del 15 settembre, destina, sempre sulla base delle finalità del DM 435/2015 (ex legge 440/97), quattrocentomila euro allo sviluppo delle competenze in italiano e alla promozione dello studio degli autori del ‘900 nelle scuole secondarie di secondo grado. Questa però è (quasi) tutta un’altra storia…

Strumenti di inclusione scolastica

Strumenti di inclusione scolastica

Lunedì, 12 ottobre 2015, dalle ore 17.00 alle ore 20.00.
Strumenti e metodologie di supporto per l’inclusione scolastica degli alunni DSA. Incontro gratuito.

Incontro con esperti sui temi dell’inclusione scolastica, per conoscere gli strumenti di supporto e le metodologie didattiche specifiche rivolte agli alunni DSA che possono contribuire e supportare il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e il successo formativo. Ci si soffermerà particolarmente sui seguenti aspetti:

I disturbi specifici di apprendimento (DSA) – cosa cambia con il DSM 5
Adattare la didattica – il profilo funzionale
Gli strumenti compensativi – miti e realtà
Gli strumenti dispensativi – miti e realtà
Garantire il successo formativo … e non solo ai DSA
A cura di: dott.ssa Luisa Lopez, formatore AID- Roma Associazione Italiana Dislessia. Specialista in Neurofisiopatologia, PhD in Neuropsicopatologia dei processi di apprendimento in età evolutiva. Responsabile dell’Ambulatorio Centro di Riabilitazione “Villaggio Eugenio Litta” Grottaferrata (Roma).

Realizzato in collaborazione con Unicoop Tirreno.

Grazie a Pigna.

Lunedì, 12 ottobre 2015, dalle ore 17.00 alle ore 20.00.
Incontro gratuito, a numero chiuso, rivolto ai docenti.
Quota d’iscrizione annuale:
15,00 euro, l’iscrizione annuale consente di frequentare tutti i corsi e gli incontri gratuiti ed è valida per l’anno scolastico 2015/2016.

ISCRIVITI AL CORSO *campi obbligatori

https://www.mdbr.it/strumenti-di-inclusione-scolastica/#more-7960

Corso per genitori di bambini con un disturbo dello spettro dell’autismo in età prescolare

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MODULO DI ISCRIZIONE

Il sottoscritto_______________________________ e la sottoscritta________________________________ genitori del bambino_____________________________ di anni __________ residenti
a ________________in via__________________________________, telefono______________________, cellulare________________, @mail_____________________________________________ aderiscono al corso per genitori ci bambini con disturbo dello spettro autistico che partirà il 15 ottobre p.v.

Si impegnano a rispettare il regolamento e a versare la quota di partecipazione di 300 € a famiglia

  • in un unica soluzione al 1° incontro
  • in due soluzioni al 1° e al 5° incontro

Le iscrizioni possono pervenire

  • via posta (Officina Psicoeducativa Via Dionisotti 12 13100 Vercelli)
  • tramite @mail all’indirizzo officinapsicoeducativa@gmail.com
  • telefonicamente al n° 3288475845 (Dr.ssa Tettamanzi)

e verranno accolte in ordine di arrivo e confermate tramite telefonata o mail.

Data                                                                                                                              Firma_____________________

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Consenso Informazioni legali: In conformità al D.Lgs. 196/2003 La informiamo che i dati inseriti saranno utilizzati negli stretti limiti del perseguimento delle medesime finalità per le quali i dati sono stati raccolti, e ad essere informato/a sulle altre nostre iniziative. I dati saranno conservati con la massima riservatezza e non verranno divulgati.

 

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I ciechi leggono tre volte più di chi vede: cresce il digitale, tramonta il Braille

da Redattore Sociale

I ciechi leggono tre volte più di chi vede: cresce il digitale, tramonta il Braille

“In troppi ancora credono che non possiamo… Peccato che dobbiamo aspettare mesi perché vengano resi disponibili i best seller del momento, per via della resistenza delle case editrici”. Se ne parla l’1 ottobre al convegno “Leggere: come si può?” promosso da Uici

ROMA – I ciechi leggono, e tanto: ed è ora che si sappia. Lo dice forte e chiaro Luisa Bartolucci, della direzione nazionale dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti, che tra due giorni lo ribadirà al convegno che ha contribuito a organizzare, “Leggere: come si può?”. Un’iniziativa che prende spunto da una sorprendente presa di coscienza: “in tanti, ancora, sono convinti che i ciechi non leggano – spiega Bartolucci a Redattore sociale – Me ne sono resa conto ultimamente, partecipando a una trasmissione radiofonica in cui si parlava di libri. Arrivarono tanti messaggi dagli ascoltatori, che chiedevano: come fa un cieco a leggere? E non erano solo persone di una certa età, legate a un passato in cui la cecità era vista in un certo modo, ma anche tanti giovani, da cui mi sarei aspettata una maggiore conoscenza delle tecnologie che consentono l’accesso alla lettura”.

Tre volte di più di chi ci vede
Così, il convegno nasce innanzitutto per spazzare questo luogo comune e far sapere a tutti che i ciechi sono grandi lettori, “più assidui perfino di chi vede bene – riferisce Bartolucci – come dimostrano diverse indagini”, come quella condotta alcuni anni fa per conto dell’Uici e dell’Associazione italiana editori, in collaborazione con la Cnudd (Conferenza nazionale universitaria dei delegati per la disabilità) su un campione di 1.505 persone: risulta che i ciechi e gli ipovedenti leggono libri tre volte più di chi ci vede bene e che i formati digitali sono sempre più spesso i preferiti, rispetto al Braille e al testo a caratteri ingranditi, in particolare dalle fasce dei più giovani (18-34enni ma anche 35-50enni).

Ma perché i ciechi leggono tanto?
“Credo che dipenda dal grande desiderio che abbiamo di arricchirci ogni giorno di più culturalmente, formarci e informarci. E questo passa attraverso la lettura”, spiega Bartolucci. E poi “siamo educati alla lettura – aggiunge – riceviamo tante proposte e le accettiamo”. E in effetti oggi gli strumenti e le modalità non mancano: ci sono i libri in Braille, ma anche gli audiolibri (o “libri parlati”) e i libri elettronici. “Peccato che dobbiamo vivere di passato”, lamenta Bartolucci. Il fatto è che, tra la pubblicazione di un libro cartaceo e la sua trascrizione passano spesso diversi mesi. “Le strutture che ci forniscono i libri in formato accessibile, prime fra tutte il Centro nazionale per il libro parlato e la Biblioteca Braille, non dispongono del formato elettronico dei libri – riferisce Bartolucci – Le case editrici naturalmente lo hanno, ma non glielo forniscono, soprattutto per paura della pirateria”.

“Praticamente, i lettori con problemi di vista devono attendere che le due strutture, la Biblioteca Braille e il Centro libro parlato, acquistino il libro e lo trascrivano: non solo, è necessario chiedere la liberatoria, perché l’Italia non ha aderito al Trattato di Marrakesh, il quale introduce una deroga al diritto d’autore nel caso di produzione e divulgazione di libri per ciechi e ipovedenti. E così, i tempi si allungano. “I più informatizzati – racconta Bartolucci – acquistano la copia in nero e la scansionano con gli appositi software, ma non tutti sono in grado di farlo”.
Ridurre i tempi non sarebbe difficile, basterebbe una maggiore collaborazione da parte delle case editrici: “Se fornissero alle nostre strutture il libro in formato elettronico – spiega Bartolucci – magari anche con qualche giorno di anticipo, potremmo leggere i best seller in tempo reale, e non quando ormai si è smesso di parlarne!”. E’ quanto è accaduto ora con Susanna Marcellini, autrice di “Bomber”, il libro che sarà presentato proprio al convegno di mercoledì. “Con lei e la sua casa editrice – spiega Bartolucci – abbiamo fatto un accordo, grazie al quale il suo prossimo libro, che uscirà a fine novembre, ci sarà messo subito a disposizione in formato elettronico, così che possiamo subito realizzarne la copia audio: per una volta, insomma, potremo leggere il libro non appena uscirà sugli scaffali!”.
Come leggono i ciechi?
Tornando alla domanda iniziale, che dà titolo al convegno, la risposta è: in tanti modi. Diverse sono infatti le modalità che esistono oggi per leggere senza vedere. E ciascuna di queste modalità ha le proprie caratteristiche. “Io leggo moltissimo – racconta Bartolucci – e ho una predilezione per il libro Braille cartaceo: mi piace la fisicità, il contatto con la carta, mi consente un acceso più diretto alla lettura, detto io le pause e i respiri. Certo però, un libro Braille è ingombrante: una pagina di libro “in nero” corrisponde a circa tre pagine in Braille”. Anche per questo motivo, c’è chi preferisce l’audiolibro, “perché apprezza la mediazione dello speaker e oltretutto può esser eletto anche con piccoli dispositivi. E’ insomma molto trasportabile”, così come il libro elettronico, che viene invece letto da un sintetizzatore vocale: “e qualcuno apprezza la neutralità di questo strumento, lo trovano più asettico e lo preferiscono all’audiolibro”.

In conclusione, i ciechi leggono, leggono tanto e in tanti modi: leggerebbero anche più volentieri, se non dovessero attendere mesi prima di avere in mano il best seller del momento. Chissà che anche questo scoglio non venga presto superato. (cl)

Immaginario Scientifico: porte aperte agli insegnanti

Immaginario Scientifico – Presentazione attività didattiche 2015-2016
Immaginario Scientifico: porte aperte agli insegnanti

Lunedì 5 ottobre all’Immaginario Scientifico di Trieste e di Pordenone porte aperte agli insegnanti che vogliono scoprire le proposte didattiche 2015-2016 dell’Immaginario Scientifico per le scuole

Un nuovo anno scolastico è iniziato e l’Immaginario Scientifico, il museo della scienza interattivo e sperimentale, si presenta puntuale all’appuntamento con il suo catalogo di proposte didattiche: per conoscere meglio le diverse possibilità, lunedì 5 ottobre dalle 17.00 alle 19.00 – in occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti promossa dall’UNESCO – gli insegnanti potranno accedere gratuitamente a due dei centri dell’Immaginario Scientifico, a Trieste e a Pordenone. Potranno così visitare i percorsi espositivi, confrontarsi con i responsabili delle attività didattiche e con gli animatori dei laboratori, richiedere tutte le informazioni necessarie per pianificare le visite con le classi

In un’ottica di supporto al mondo della scuola e con l’obiettivo di aumentare il dialogo tra le nuove generazioni e la scienza, le attività didattiche proposte dall’Immaginario Scientifico si configurano come un percorso di conoscenza attraverso le diverse sezioni museali, in un crescendo di coinvolgimento che va dallo spettacolo multisensoriale alla sperimentazione diretta e autonoma.

Ognuna delle cinque sedi della rete museale dell’Immaginario Scientifico (a Trieste, Pordenone, Montereale Valcellina e Tavagnacco) è divisa in diverse sezioni museali, a seconda della specificità del centro, della configurazione degli spazi e dell’edificio che ospita l’IS. Si va dalle sezioni che fanno leva principalmente su stimoli audio-visivi, per innescare il motore della curiosità e del ragionamento, alle postazioni interattive attraverso le quali, secondo la filosofia del ”vietato non toccare”, gli studenti passano da una posizione di spettatore a un ruolo di attori. Non mancano gli spazi per cimentarsi in semplici esperimenti, nel corso dei quali gli studenti, anche i più piccoli, sono coinvolti nelle operazioni e invitati a formulare le loro ipotesi di interpretazione. Con i laboratori più sperimentali e interattivi infine, il percorso della comprensione passa attraverso il lavoro di gruppo, la condivisione e la collaborazione.

Corsi di formazione per insegnanti

Per il quarto anno consecutivo poi l’Immaginario Scientifico, nelle sedi di Trieste e Pordenone, offre agli insegnanti delle scuole primarie e secondarie di I e II grado corsi di aggiornamento in ambito scientifico-tecnologico, su materie come fisica, alimentazione e nuove tecnologie. Attraverso sessioni sperimentali, presentazioni e discussioni, gli insegnanti hanno modo di avvicinarsi alle tecniche di didattica utilizzate nelle attività dell’Immaginario Scientifico.
Gli incontri sono gratuiti e sono riconosciuti dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Decreto USR FVG, prot. AOODRFR/5875 di data 22/07/2015). Tutte le informazioni saranno a breve disponibili su questo sito.

Per maggiori informazioni si può visitare il sito www.immaginarioscientifico.it o telefonare al numero 040 224424.