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Scatti di anzianità

Si è appena concluso l’incontro all’ARAN che abbiamo ottenuto con la nostra azione di mobilitazione.

Le condizioni per chiudere presto e bene la trattativa sul recupero degli scatti ci sono: abbiamo avuto conferma, viste le cifre presentate dall’ARAN, che è possibile ottenere un buon risultato, salvaguardando una parte importante della retribuzione di tutti, ferma restando una dotazione significativa di risorse per il salario accessorio.

I conti ci dicono che per il MOF (Miglioramento dell’Offerta Formativa) resta circa un miliardo di euro: nessun azzeramento del fondo, dunque, come qualcuno strumentalmente afferma.

Siamo certi che la soluzione individuata per ridare validità al 2011 ai fini delle progressioni economiche risponda a un interesse cui va data oggi priorità (la difesa del salario fondamentale di tutti) e incontri anche le attese dei lavoratori, che attendono da tempo la conclusione di una vicenda trascinatasi troppo a lungo.

I lavoratori non hanno bisogno di parole, ma dei fatti che derivano dalla capacità del sindacato di fare scelte in modo accorto e responsabile.

 

Francesco Scrima – Cisl Scuola

Massimo Di Menna – Uil Scuola

Marco Paolo Nigi – Snals

Rino Di Meglio – Gilda

Scatti di anzianità

Scatti di anzianità: negoziato rapido
Incontro ARAN/Sindacati

Verso la conclusione – fissato l’incontro mercoledì 12

Il presidente dell’Aran ha illustrato i contenuti dell’Atto di indirizzo da parte del Governo, finalizzato al riconoscimento dell’anno 2011 ai fini della progressione economica ed al pagamento degli scatti con relativi arretrati.A tal fine sono state confermate le fonti di finanziamento,risparmi certificati e quote a carico del Mof.L’Aran si e’ impegnata a predisporre gli approfondimenti tecnici ,necessari per la stesura di una proposta di intesa.

Il presidente ha ricordato che l’atto di indirizzo indica tempi rapidi per la conclusione del negoziato, stante l’esigenza di assegnare alle scuole le risorse del fondo.

I sindacati scuola Uil, Cisl, Snals, Gilda hanno apprezzatola disponibilità dell’Aran,e ,sulla base dell’Atto di indirizzo, hanno confermato la disponibilità a sottoscrivere l’accordo e indicato la esigenza dei lavoratori della scuola che il negoziato sia concluso nel prossimo incontro.

Per la Uil scuola hanno partecipato Di Menna, Turi, Proietti e Lacchei.

È stato concordato per mercoledì 12 dicembre un incontro che avrà carattere conclusivo. Sarà la no stop.

MIUR condannato a 66.000 Euro per lite temeraria

Ricorsi Pettine ANIEF: MIUR condannato a 66.000 Euro per lite temeraria

Nuovi successi ANIEF presso i Tribunali del Lavoro per i ricorsi Pettine. Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli ottengono altre 16 immissioni in ruolo in favore dei nostri iscritti e la condanna del MIUR per responsabilità aggravata per il reiterato e intenzionale inadempimento degli innumerevoli ordini giudiziali ottenuti in questi anni dal nostro sindacato.
Presso il Tribunale di Gela (CL) soddisfacente successo per l’ANIEF e per i suoi legali sul territorio, Claudio Cutrera e Graziano Baglio, che ottengono dai giudici l’immediata immissione in ruolo retrodatata di due nostri iscritti e la condanna del MIUR per inadempimento degli ordini giudiziali. La decisione presa dal MIUR di “accantonare” le immissioni in ruolo che sarebbero spettate ai ricorrenti ANIEF legittimamente inseriti “a pettine” nelle graduatorie d’interesse è stata, infatti, definita dal Giudice una pratica che ha generato un’attesa “temeraria” in quanto non era ravvisabile “alcuna necessità di aspettare la conclusione del presente giudizio, stante le chiare indicazioni della giurisprudenza amministrativa e costituzionale”.
Il MIUR è stato, pertanto, condannato ex art. 96, comma 3, c.p.c. al pagamento in favore dei ricorrenti ANIEF non solo delle intere spese processuali quantificate in un totale di € 3.000, ma di ulteriori 6.000 Euro in quanto “il comportamento ostruzionistico del Ministero resistente, nonostante le numerose decisioni giurisprudenziali – soprattutto alla luce delle pronunce di incostituzionalità del Giudice delle Leggi – è da ritenere grave e non giustificato”.
Identica sentenza ottengono i nostri legali nazionali Fabio Ganci e Walter Miceli presso il Tribunale di Termini Imerese (PA) con una straordinaria vittoria che decreta l’immissione in ruolo con decorrenza giuridica ed economica dal 1° settembre 2009 di ben 12 nostri iscritti e la definitiva condanna nei confronti del MIUR per lite temeraria che costa al Ministero dell’Istruzione 60.000 Euro a titolo di risarcimento danni in favore dei ricorrenti patrocinati dai nostri legali e 18.000 Euro di spese legali.
Anche l’Avvocato Tiziana Sponga, legale ANIEF sul territorio, continua la sua inarrestabile serie di successi in Tribunale e ottiene dal Giudice del Lavoro di Ferrara l’immissione in ruolo di due nostre iscritte con conseguente condanna alle spese per il MIUR per un totale di € 5.280. Nelle due sentenze, di identico tenore, il Giudice ha evidenziato “la matrice privatistica della condotta datoriale adottata dal MIUR nella vicenda” e ha concluso per l’irrilevanza delle argomentazioni del MIUR ribadendo che il diritto all’immissione in ruolo è da considerarsi “un diritto soggettivo pieno della ricorrente a fronte del quale le osservazioni del MIUR appaiono peraltro del tutto generiche ed ipotetiche”.
L’ANIEF aveva più volte denunciato l’illecito comportamento del MIUR, la sua pervicace ostinazione nel mancato adempimento delle pronunce ottenute in questi anni in favore dei propri iscritti e il totale spregio dei dettami costituzionali; ora il giovane sindacato, che da subito si era schierato in favore del merito, del diritto e della libera circolazione dei lavoratori sul territorio nazionale, accoglie con compiaciuta soddisfazione le pronunce di definitiva condanna espresse dai Giudici nazionali nei confronti delle “code della vergogna”.

Alunni disabili, sono 215 mila. Impennata negli ultimi dieci anni

da Redattore Sociale

Alunni disabili, sono 215 mila. Impennata negli ultimi dieci anni

I dati del ministero dell’Istruzione: nel 2011/12 nelle classi italiane 215 mila alunni disabili, con un aumento delle certificazioni del 51% rispetto al 2000/01. E anche all’università in dieci anni sono triplicate le presenze di studenti disabili

ROMA – Forte crescita nell’ultimo decennio degli alunni con disabilità iscritti nelle scuole italiane e degli studenti universitari con disabilità che frequentano gli atenei del nostro paese. In occasione del seminario “La via italiana all’inclusione scolastica – valori, problemi e prospettive”, in corso al dicastero dell’Istruzione per la presentazione della Direttiva ministeriale che rinnova le modalità e l’organizzazione dell’inclusione, arriva anche un quadro numerico della situazione.

Gli alunni con disabilità per l’anno scolastico 2011/2012 sono stati 215.590: nell’anno scolastico precedente erano 208.521. Dall’andamento relativo alle certificazioni di disabilità si rileva che queste sono aumentate, dall’anno scolastico 2000/2001 al 2010/2011, del 51%, passando dai 126.994 del 2000/2001 ai 208.521 del 2010/2011. Gli insegnanti per il sostegno nell’anno scolastico 2010/2011 hanno raggiunto le 96.089 unità (nella sola scuola statale), pari al 12,1% del personale docente, e in quello successivo 2011/2012, sono stati oltre 98.000, con una percentuale del 12,8% rispetto all’intero corpo docente.

Aumentano anche i dati degli studenti universitari con disabilità, passati dai 4.816 dell’anno accademico 2000/2001 ai 14.171 dell’anno accademico 2010/2011: a segnare uno spartiacque, spiega il ministero, è stata la legge 17/1999, dopo la quale gli atenei sono tenuti ad adottare un approccio di tipo sistematico in materia di integrazione e supporto agli studenti disabili garantendo sussidi tecnici e didattici specifici, tutorato specializzato, un docente delegato dal rettore per funzioni di coordinamento, monitoraggio e supporto, trattamento individualizzato per il superamento degli esami universitari.

 

Tra candele e diagrammi «I quiz? Girone infernale»

da l’unità

Tra candele e diagrammi «I quiz? Girone infernale»

Emiliano Sbaraglia

Non voglio nascondermi, e dico subito che forse di queste 70 batterie composte ciascuna di 50 domande, con le quali ogni notte (a 40 anni e passa di giorno si prova a lavorare, per provare a sopravvivere) sono costretto a confrontarmi ormai da una settimana, ne avevo bisogno anch’io. In fondo non è così male rispolverare un po’ le vecchie formule matematiche, tornare sulle equazioni, verificare i diagrammi degli insiemi, cimentarsi grammaticalmente con una lingua straniera, fare il punto sulle conoscenze informatiche acquisite in questi anni di pratica forzata (continuo a preferire un libro letto sulla spiaggia, o anche un giornale/rivista, e prendere appunti a mano): è una pratica che aiuta a fermarsi un attimo, per riflettere sulle proprie capacità, e le proprie lacune. E poi con questi test siamo tutti un po’ coinvolti. Ancora una volta «la scuola siamo noi», ancora una volta varie categorie, non solo quella degli insegnanti o aspiranti tali, si sentono parte in causa quando si tratta di scuola. E così torni a cena dai tuoi, dopo tanto tempo, per rifocillarti nella maniera giusta prima di affrontare la battaglia (50 domande, 50 minuti, 35 il punteggio richiesto, la risposta sbagliata mezzo punto in meno); telefoni a vecchi compagni di università, con i quali improvvisamente ti ritrovi sulla stessa barca, per cercare soluzioni («ma quante pesate serviranno per queste maledette candele?»); ti porti il foglietto in tasca con le domande scritte per l’esperto di computer, che ormai quando arrivi a lavoro ti guarda e scappa via («prendo il caffè e arrivo…») per paura dell’ennesimo interrogatorio; il fratellino o la sorellina ti danno una mano ogni tanto, perché un tocco di freschezza mentale, generazionale, a fine giornata ci vuole («Non è la 4, è la 3, è la stessa dell’altro concorso che ho provato io… …Qui parti dalle risposte, non dalle domande, che così fai prima»); la compagna (o il compagno) di sempre scrive tutto pazientemente su un grosso blocco, «altrimenti che vai avanti a fare?». Insomma, un piccolo e atipico girone infernale, dal quale sembri inghiottito senza scampo e per il quale neanche la coppia Dante-Virgilio, di solito così taumaturgica, pare riesca a consolarti, quando la incontri ormai quasi all’alba, iniziando a preparare anche l’eventuale prova scritta. D’altronde, parola di ministro, l’ultimo concorso è datato 1999, e il mondo è progredito. Vero, assolutamente vero. Però già qui si insinua (se volete vi sparo pure un paio di sinonimi a bruciapelo) un primo dubbio: ma quelli che quel concorso lì lo avevano vinto, e la cattedra ancora non ce l’hanno, che fine faranno? E se lo vincessimo anche noi, la nuova sfornata di nuovo secolo, che fine facciamo? Nel senso: va bene il test d’ingresso, ingurgitiamo tutte le batterie, peseremo le candele nel modo giusto, capiremo quale risposta corretta segnare nel caso in cui sia assolutamente certo che «quando viene fotografato Alfonso sorride. Ma se nessuno fotografa Alfonso, Mario telefona a Giuseppe» (inutile dire che «Ieri Alfonso non è stato fotografato»). Poi, se tutto procede, supereremo anche le prove scritte, e la lezione frontale da tenere agli studenti come prova orale (sono ammessi scongiuri). Ma finito tutto questo, cosa succederà? Ci saranno anche le cattedre (nel nostro gergo di supplenti disperati si chiama «concorso a cattedra», per l’appunto) o ci resterà soltanto la gratificazione di aver individuato il diagramma che soddisfa la relazione insiemistica esistente tra «conducenti di autobus, cittadini di Sassari e persone simpatiche»? Perché se così fosse ditelo subito, così ci prepariamo anche a quello (ormai ci prepariamo a tutto, per tutto, su tutto). Ci sono poi altri dubbi. E provengono non tanto da alcune risposte che non convincono nei test (ce ne sono, e in rete cominciano a spuntare come funghi), ma dalla valutazione generale del candidato. Perché un docente, meglio, un insegnante, non si può giudicare attraverso un criterio da settimana enigmistica. Un insegnante deve essere valutato non soltanto per le sue capacità cognitive o di prontezza nel rispondere a un questionario. Se si vuole veramente cambiare la scuola, se si vuole veramente cambiare questa scuola, credo che altrettanto valore debba essere attribuito anche alle sue capacità di stare in classe, di saper attirare l’attenzione degli studenti attraverso argomenti e metodi didattici adeguati, funzionali non solo ai tempi ma anche alle persone, le persone che ti trovi di fronte ogni mattina, che vivono un periodo della loro vita delicato e decisivo; e che cambiano, perché crescono giorno dopo giorno davanti ai tuoi occhi. Molti professori, diciamoci la verità, di tutto questo non si accorgono, o forse fanno finta di non accorgersene, o non se ne preoccupano. Molti altri sì, invece, e se riescono a coniugare questa loro attitudine con le competenze specialistiche adeguate risultano essere i professori migliori, a detta di tutti: dirigenti scolastici, genitori, studenti. Allora perché una volta, magari la prossima volta, non cambiamo l’ordine degli addendi? Perché al prossimo concorso, per fare selezione a monte (perché questo è il naturale scopo dei test) invece che iniziare dai quiz non cominciamo proprio dalle aule, dal clima di rispetto reciproco e di lavoro comune che un insegnante deve esser capace, sin da subito, a creare nella «sua» classe? Si potrà obiettare che non tutti siano portati a una prova del genere. Ma stavolta la risposta è piuttosto semplice: non è il dottore che ci ordina di esercitare questa professione, che al di là delle denigrazioni subìte in questi anni, nel pubblico e nel privato, rimane tra le più belle e importanti che esistano al mondo, in qualsiasi circostanza, ad ogni latitudine. Per imparare a risolvere un quesito di logica in fondo basta qualche giorno di applicazione. Essere insegnanti è tutta un’altra storia.

Se il rifiuto alla scuola è totale i genitori sono innocenti

da Tecnica della Scuola

Se il rifiuto alla scuola è totale i genitori sono innocenti
Il “rifiuto categorico” del bambino per la scuola salva i genitori dalla condanna. Lo sottolinea la Cassazione nello spiegare in quali circostanze non sono punibili per inosservanza dell’obbligo dell’istruzione elementare dei minori.
la Cassazione con una sentenza depositata nei giorni scorsi ha accolto il ricorso del procuratore della Corte d’Appello di Catanzaro contro l’assoluzione di una coppia i cui figli non avevano frequentato le scuole elementari nell’anno 2010-2011. I Supremi giudici sottolineano che la “colpa” dei genitori, per l’abbandono scolastico dei figli, può essere esclusa solo quando emergono elementi «che rendono inattuabile l’adempimento dell’obbligo di istruzione». Come, ad esempio, «la mancanza assoluta di scuole o di insegnanti; lo stato di salute dell’alunno, la disagiata distanza tra scuola e abitazione se mancano mezzi di trasporto e le condizioni economiche della famiglia non consentono l’utilizzo dei mezzi privati». Infine la Suprema Corte – nella sentenza 47110 – ricorda che costituisce causa di non punibilità di padre e madre anche «il rifiuto volontario, categorico e assoluto, del minore non superabile con l’intervento dei genitori e dei servizi sociali».

Scuole di montagna e delle isole minori

da Tecnica della Scuola

Scuole di montagna e delle isole minori
di R.P.
Le Commissioni Cultura e Lavoro adottano il testo unificato di una proposta di legge che prevede sostegno alle scuole e incentivi per il personale.
Nella giornata del 5 dicembre le Commissioni Cultura e Lavoro della Camera, riunitesi in seduta comune, hanno messo a punto un testo unificato di un disegno di legge in materia di “Disposizioni per favorire la funzionalità didattica delle scuole nei territori montani e nelle isole”. La proposta di legge (6 articoli in tutti) prevede sia misure a sostegno delle scuole di montagna e delle isole minori sia agevolazioni per il personale che decide di lavorare in quelle scuole.
L’articolo 3, per esempio, stanzia 700mila euro all’anno per dotare le scuole in questione di adeguate attrezzature tecnologiche. Il comma 4 dell’articolo 4 consente invece di valutare in misura doppia il servizio prestato nelle pluriclassi, mentre il comma successivo stanzia 500mila euro per garantire al personale interessato lo stesso trattamento riservato ai residenti nell’uso dei mezzi di trasporto (sconti sui traghetti, per esempio).
L’articolo 5 prevede infine che, per assicurare la tempestività della sostituzione dei docenti assenti nelle scuole di montagna o delle isole minori, limitatamente alle supplenze di durata non superiore a un mese, viene assicurata la precedenza assoluta ai docenti che dimostrano di possedere contestualmente residenza e domicilio nel territorio nel quale è conferita la supplenza. Ma, precisa la norma, “le supplenze non sono prorogabili”. A questo punto il ddl dovrebbe essere approvato dalla Commissione Cultura per essere successivamente trasmesso alla Camera. Per diventare legge la proposta dovrebbe essere approvata anche dal Senato. Difficile dunque che il disegno di legge possa arrivare al capolinea durante questa legislatura. Se ne parlerà, forse, nella primavera del 2013.

Tesoreria unica: i nodi arrivano al pettine

da Tecnica della Scuola

Tesoreria unica: i nodi arrivano al pettine
di R.P.
L’Usr del Piemonte suggerisce alle scuole di semplificare il capitolato previsto dal Miur e ammette che il sistema della Tesoreria unica aumenta i costi per le scuole. Inizialmente il Ministero parlava di improbabili contratti di sponsorizzazione.
Come era facilmente prevedibile i nodi della tesoreria unica per le scuole stanno arrivando tutti quanti al pettine.
E anche l’apparato ministeriale se ne sta accorgendo e cerca di correre ai ripari. E’ di questi giorni, per esempio, una circolare dell’USR del Piemonte con cui si forniscono consigli e suggerimenti alle scuole.
Colpiscono alcuni passaggi della circolare in cui si evidenziano problemi e difficoltà che già da tempo avevamo segnalato ma sui quali il Ministero non era ancora intervenuto. L’Usr del Piemonte, per esempio, ammette che in molti casi le scuole hanno ricevuto dalle banche offerte molto onerose per la gestione del conto anche se in altri casi non si va al di là dei 600 euro annui (e in alcuni casi il servizio viene offerto addirittura a costo zero). Tutte le banche, però, chiedono una commissione variabile da 1 a 3 euro per ogni mandato di pagamento emesso (una scuola di medie dimensioni emettere in un anno non meno di 2-300 mandati di pagamento). E allora ecco i consigli dell’Usr per le scuole: interpellare il maggior numero possibile di istituti di credito e non limitarsi a quelli che operano sul territorio prossimo all’istituzione scolastica. Ma, soprattutto, la sede piemontese del Ministero suggerisce alle scuole di rivedere il capitolato-tipo predisposto dal Miur che – si legge nella circolare –
“per il suo carattere generale, contempla una serie di servizi e di criteri di valutazione che potrebbero non essere rilevanti per le specifiche esigenze della singola istituzione scolastica”. Il problema maggiore, però, deriva dal fatto che “l’inclusione delle istituzioni scolastiche nel regime di tesoreria unica fa venir meno la possibilità per le banche di investire il denaro depositato e ricavarne una remunerazione, che pertanto si riduce all’interesse corrisposto dalla Banca d’Italia per le giacenze presenti sul sottoconto fruttifero, mediamente piuttosto esigue” . C’è davvero da chiedersi come sia possibile che questi problemi non siano stati tenuti in considerazione fin dall’inizio dai tecnici di viale Trastevere i quali, anzi, avevano addirittura previsto che le scuole avrebbero potuto ottenere consistenti vantaggi grazie a un contratto di sponsorizzazione con l’istituto cassiere.
Adesso, a distanza di mesi, la verità emerge in tutta la sua evidenza: le banche non solo non sono disponibili a sponsorizzare ma richiedono alle scuole un cospicuo compenso per il lavoro che devono svolgere.

Assunzioni precari, sindacati e partiti alzano la voce contro Patroni Griffi

da Tecnica della Scuola

Assunzioni precari, sindacati e partiti alzano la voce contro Patroni Griffi
di Alessandro Giuliani
Lo stop ad assumere i 260mila precari della Pa ha provocato dure contestazioni. Per Bonanni (Cisl) il ministro e il Governo non possono fare come lo struzzo. Pirani (Uil): Pubblica Amministrazione allo sbando. Depolo (Ugl): il tempo sta per scadere. Parole forti anche da Pd e Idv. Mazzoni (Pdl) cita l’inosservanza della direttiva 1999/70/CE che obbliga gli Stati Ue ad assumere i lavoratori con 36 mesi di servizio. Anief: basta giochini sulla pelle di giovani e precari.
Ha determinato critiche e osservazioni a non finire l’audizione del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, attraverso cui ha di fatto chiuso la porta a qualsiasi tentativo dei sindacati di stabilizzare a breve i 260mila precari della Pubblica Amministrazione, di cui oltre la metà appartenenti al comparto scuola.
Tutti i sindacati hanno contestato la posizione di Patroni Griffi. Tra i primi a dire la loro sono stati Rossana Dettori, segretaria generale della Funzione pubblica Cgil nazionale, e Gianni Baratta, segretario confederale della Cisl. Nel corso della giornata si sono susseguiti diversi interventi. Ad iniziare da quello del leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che al Tgcom24 ha ribadito la richiesta al Governo: “facciamo un monitoraggio – ha detto – per vedere di riutilizzare queste persone”. Per poi puntualizzare: “Noi pensiamo che il ministro e il Governo non possono fare come lo struzzo. I precari non li abbiamo fatti noi, ma sono stati fatti dai vari governi e dalle amministrazioni locali. In una situazione così grave, tagliare con l`accetta in un solo colpo una situazione che riguarda così tante persone è un fatto molto grave“, ha concluso Bonanni.
Per Paolo Pirani segretario confederale Uil, le parole del ministro “confermano nell`idea di una Pubblica Amministrazione allo sbando: si continuano a dare i numeri su tagli, eccedenze, dimensione del precariato, ritorno ai prepensionamenti, senza dire nulla sulle prospettive di efficienza, di qualità e di rilancio per una P.A. al servizio dei cittadini e del Paese“. Sul tema specifico dei precari “è del tutto evidente che se non si vuole creare, già alla fine dell`anno, un buco nero dal punto di vista occupazionale e della possibilità di erogazione dei servizi, è necessario decidere la proroga dei contratti in scadenza attraverso un emendamento ad uno dei provvedimenti che il Parlamento sta approvando, a partire dal ddl stabilità”.
Molto contrariato per le intenzioni dell’esecutivo tecnico è anche Fulvio Depolo, segretario confederale dell`Ugl. “Tralasciando il fatto che quanto stabilito nel protocollo d`intesa del maggio scorso è stato disatteso – ha detto Depolo – anche i tempi per risolvere il problema del precariato nella pubblica amministrazione si stanno allungando, così come non c`è nessuna certezza sullo strumento legislativo con cui precedere“.
Dalle dichiarazioni odierne – ha aggiunto il sindacalista Ugl – non emerge nessuna nuova certezza o spiegazione aggiuntiva, mentre il tempo che abbiamo a disposizione sta per scadere e i lavoratori precari hanno bisogno di una risposta“.
Le reazioni alla parole del ministro della Funzione Pubblica sono state anche di carattere politico. Oriano Giovanelli, presidente del Forum riforme PA e innovazione del Partito democratico, ha detto che il Pd “sta seguendo con grande attenzione e preoccupazione la vicenda che coinvolge oltre 250mila precari della Pubblica amministrazione“.
Sosteniamo – ha aggiunto – l`impegno del ministro teso a prorogare i termini dei contratti in essere e a fare in modo che, in accordo con le organizzazioni sindacali, si producano le soluzioni necessarie al graduale riassorbimento di queste lavoratrici e lavoratori. Una particolare attenzione chiediamo che venga rivolta al mondo della scuola e della sanità, dove i precari garantiscono servizi essenziali“. “Infine, come partito che si candida al governo constatiamo che il blocco generalizzato delle assunzioni e i tagli lineari hanno prodotto questa assurda e grave situazione che, in futuro, sarà nostro compito evitare che si riproduca“, ha promesso Giovanelli.
Secondo il responsabile lavoro e welfare dell`Italia dei Valori, Maurizio Zipponi, “ormai il Governo Monti agisce spudoratamente contro i lavoratori. Prima crea il dramma degli esodati poi sostiene che sono un problema da risolvere, lasciando 200mila persone senza stipendio o pensione. Ora Patroni Griffi riconosce l`esistenza di 260mila precari nel pubblico impiego, di cui la metà nella scuola e il resto nella sanità, e con evidenti lacrime di coccodrillo dichiara che non è possibile stabilizzarli“.
Il tema dei precari è stato affrontato anche da esponenti del Popolo delle Libertà. In particolare da Elena Centemero, responsabile nazionale Scuola del Pdl, secondo cui “il problema dei precari nella scuola è sicuramente una questione importante e imputabile a scelte sbagliate assunte per decenni. Bene ha fatto il segretario della Cisl Baratta – ha sottolineato – a richiamare questa situazione. Tuttavia ritengo che il tema meriti di essere affrontato e risolto in modo più ampio e approfondito e in un provvedimento diverso dalle legge di stabilità“. “E` infatti necessaria – ha sottolineato Centemero – una seria riforma del sistema di reclutamento che affronti contestualmente un`altra questione che riteniamo centrale, ossia l`inserimento dei giovani nel mondo della scuola. I giovani dei Tfa verrebbero infatti seriamente penalizzati dall`attenzione esclusiva alla stabilizzazione dei precari. Non riteniamo possibile – ha concluso la rappresentante del Pdl – trattare questi due aspetti in modo separato“.
Un concetto simile era stato espresso ventiquattrore prima anche da Erminia Mazzoni, che durante un dibattito sulla scuola italiana tenuto alla Commissione Petizioni del Parlamento Ue, ha detto che l’Italia ignora totalmente la direttiva comunitaria 1999/70/CE ed in questo modo continua a rimanere “al di fuori della normativa comunitaria” ed è quindi giunta l’ora che l’Unione europea intervenga “per ripristinare la legalità”.
Le sue parole sono state riprese da Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la scuola, che solo alcuni giorni fa si era recato a Bruxelles e a Strasburgo proprio per depositare una circostanziata denuncia del sindacato per la reiterata violazione dell’Italia della direttiva comunitaria citata dalla Mazzoni. Pacifico ha detto che “a questo punto lo Stato italiano rischia davvero di incorrere in condanne milionarie”. E il Governo, che evidentemente è consapevole di questo pericolo, sta lavorando proprio per non incappare in queste infrazioni: tanto che l’accordo quadro che si sta realizzando con i sindacati contiene, in cambio di una serie di garanzie richieste da questi ultimi, anche una deroga ai 36 mesi. Per l’Anief, però, non servirà a molto. “I parlamentari italiani sanno bene che adottare una deroga a questa direttiva, come accaduto attraverso la legge 106/2011, non può essere la soluzione al problema”. Pacifico ce ne ha anche per Patroni Griffi: dimentica un dato essenziale”, che “da decenni lo Stato nella sanità e nella scuola abusa dei diritti dei giovani lavoratori ad una giusta retribuzione relegandoli in un regime di precarietà di lungo corso”. Secondo il sindacalista Anief-Confedir “se il Governo ha a cuore le sorti lavorative dei giovani italiani, invece di pagare delle onerose spese per l’esercito – sostiene Pacifico – farebbe bene non soltanto a stabilizzare tutti i precari del pubblico impiego, ma anche a programmare nuove immissioni in ruolo proprio per i più giovani”.

40% di sconto a cinema per gli studenti. Attività di formazione per i prof

da Tecnica della Scuola

40% di sconto a cinema per gli studenti. Attività di formazione per i prof
L’iniziativa è stata illustrata da Lucrezia Stellacci, capo del dipartimento per l’Istruzione del MIUR, dal direttore generale cinema MIBAC, Nicola Borrelli, e dai rappresentanti delle associazioni che partecipano all’iniziativa.
A partire dal 2013 tutti gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado in possesso della Carta dello Studente avranno diritto a una riduzione del 40% sul prezzo massimo del biglietto praticato nei cinema, nelle giornate dal lunedì al mercoledì, in ciascuno spettacolo e per tutti i film programmati. L’iniziativa, presentata oggi alle Giornate Professionali di Cinema, in svolgimento a Sorrento, nasce dalla collaborazione tra i ministeri MIUR (Ministero per l’Istruzione l’Università e la Ricerca), MIBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali), l’Agiscuola e le associazioni degli esercenti cinematografici Anec, Anem, Acec e Fice, insieme alle sezioni produttori e distributori dell’Anica. Il progetto prevede, inoltre, attività di formazione per gli insegnanti e un sito Internet dedicato, collegato al portale del MIUR, www.istruzione.it/studenti, dove sarà possibile avere informazioni sui film in uscita e l’elenco delle sale aderenti.

Dopo gli esodati, anche i docenti di “Quota 96” faranno causa al ministero per danno morale?

da Tecnica della Scuola

Dopo gli esodati, anche i docenti di “Quota 96” faranno causa al ministero per danno morale?
di P.A.
Il Sole 24Ore riporta la notizia che gli esodati fanno causa al ministero del Lavoro per danno morale presso un tribunale civile di Roma. E se anche il personale della scuola del comitato “Quota 96”, illegittimamente costretto al lavoro, scegliesse questa strada?
È “un procedimento simbolico”, dice l’avvocato, “ma non escludiamo di trovare un giudice che ci liquidi un risarcimento” anche perché contro la riforma Fornero sulle pensioni verrà presentato un ricorso alla Corte Costituzionale. Per gli esodati, continua l’avvocato, si parte dal presupposto che possa essere riconosciuto un danno “da emozione. Probabilmente il procedimento su cui lo studio legale, specializzato in diritto del Lavoro, però punta maggiormente è l’impugnazione della Riforma Fornero sotto il profilo di legittimità costituzionale. Fino ad oggi “sacrifici si sono sempre chiesti a persone che lavorano”, ad esempio allungando i tempi per andare in pensione. “Non era mai accaduto invece che si chiedessero a disoccupati”. E a parere di alcuni lavoratori della scuola, facenti parte del Comitato “Quota 96”, stesso procedimento giudiziario si può intentare anche per fare valere i propri diritti, facendo rilevare che similare danno “morale” è stato perpetrato nei loro confronti dal momento in cui, dall’oggi al domani, la riforma delle pensioni ha impedito a questo nutrito gruppo di circa 3500 persone l’uscita dalla scuola, negando tutte le prospettive di vita che ciascuno aveva progettato nel breve periodo. Allontanare di ben tre anni, ma anche quattro, il pensionamento risulta quindi altrettanto dannoso e grave per la salute e per l’equilibrio psicofisico di questo personale, dopo soprattutto avere raggiunto, avendola quindi a portata di mano, l’agognata soglia della quiescenza. Ma oltre a questo aspetto primario, riguardante la salute, c’è anche quello costituzionalmente rilevante, così come ha fatto rilevare il giudice Imposimato, secondo il quale l’errore “è contenuto nella ‘norma di salvaguardia: quella che esclude dai pesanti effetti della riforma i lavoratori che vantino requisiti maturati fino al 31 dicembre 2011. Questa data unica, quindi apparentemente equanime, non ha tenuto purtroppo conto della specificità, lavorativa e pensionistica, del Comparto Scuola, basata, per garantire il buon funzionamento dei processi educativi, non sull’anno solare ma sull’anno scolastico.
Omettendo di applicare, come sarebbe stato giusto e costituzionalmente legittimo, le norme speciali vigenti per il comparto scuola, la ‘Riforma Fornero’ ha prodotto una grave ingiustizia e ha costretto il MIUR a un dettato ‘schizofrenico’. La circolare sui pensionamenti 2012 contempla infatti (come se un anno scolastico non fosse nel frattempo trascorso) la medesima platea di pensionandi già coperta dalla circolare dell’anno precedente. È così accaduto che, per la prima e unica volta nella storia dei pensionamenti scolastici, i lavoratori interessati non hanno potuto far valere i requisiti pensionistici maturati nel corso dell’anno scolastico cui sono, per legge, vincolati. E tutto ciò ha violato il principio di cui all’art 3 della Costituzione per cui tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge. E penalizza una categoria di lavoratori senza eliminare la sicura illegittimità costituzionale della norma che intacca gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Infatti il Governo è soggetto, come organo supremo della Pubblica Amministrazione, compresa quella scolastica, al principio fondamentale del buon andamento e della imparzialità dell’Amministrazione, anche e soprattutto scolastica, stabilito dall’art 97 della Costituzione repubblicana.

Insegnamento delle lingue straniere in Europa

da Tecnica della Scuola

Insegnamento delle lingue straniere in Europa
I bambini in Europa sono sempre più precoci nell’apprendere le lingue straniere e l’inglese è la lingua dominante: questi alcuni risultati emersi dall’ultimo studio della rete Eurydice sull’insegnamento delle lingue. In alcune nazioni difficoltà a trovare docenti
Oltre a presentare una panoramica della situazione attuale, il rapporto rete Eurydice, Key Data on Teaching Languages at School in Europe 2012, prodotto in stretta collaborazione con la Commissione europea, offre un quadro completo dei sistemi di insegnamento delle lingue in 32 paesi e una serie temporali utili per individuare le tendenze nell’insegnamento delle lingue negli ultimi anni . Intanto appare importante il fatto che gli studenti europei iniziano ad apprendere le lingue straniere sempre più precocemente,tra i 6 e i 9 anni, mentre nella Comunità tedesca del Belgio, gli studenti iniziano addirittura prima, a livello prescolare, già dall’età di 3 anni. Di fatto molti paesi hanno introdotto, negli ultimi anni, riforme per iniziare l’apprendimento della lingua straniera ad un’età più precoce. Altro dato messo in luce dallo studio è il numero sempre più elevato di studenti che impara due lingue straniere e infatti nella maggior parte dei paesi europei imparare due lingue straniere per almeno un anno durante l’istruzione obbligatoria è obbligatorio per tutti gli studenti con l’inglese come lingua straniera dominante in Europa. Al secondo posto, nella maggior parte dei paesi, dopo l’inglese viene il tedesco, o il francese, come seconda lingua straniera più insegnata. Lo spagnolo si attesta la terza o quarta posizione fra le lingue più insegnate in un significativo numero di paesi, specialmente a livello secondario superiore. Lo stesso vale per l’italiano ma in un numero più basso di paesi. Pochissimi studenti imparano lingue diverse da inglese, francese, spagnolo, tedesco o russo. Nel 2009/10 la percentuale di studenti che imparano lingue diverse da inglese, francese, spagnolo, tedesco o russo era inferiore al 5% nella maggior parte dei paesi e, in una numero significativo di questi, la percentuale era inferiore all’1%. La percezione da parte degli studenti dell’utilità di una lingua è un fattore che favorisce l’apprendimento e l’inglese è considerata di gran lunga la lingua più utile Nella maggioranza dei paesi europei le linee guida ufficiali per l’insegnamento delle lingue stabiliscono i livelli minimi di apprendimento per la prima e per la seconda lingua straniera. Tali livelli corrispondono ai sei livelli di competenza definiti dal Quadro comune europeo di riferimento pubblicato dal Consiglio d’Europa nel 2011. Il CEFR definisce i sei livelli di riferimento A1, A2, B1, B2, C1, C2 per i quali A corrisponde alla fascia di competenza definita “Base”, B alla fascia definita “Autonomia”, C alla fascia detta “Padronanza”. Per la fine dell’istruzione generale obbligatoria, le linee guida ufficiali nella maggior parte dei paesi stabiliscono il livello minimo fra A2 e B1 per la prima lingua straniera e fra A1 e B1 per la seconda. Alcuni capi di istituto segnalano difficoltà a coprire posti vacanti degli insegnanti di lingua In media, nei paesi partecipanti all’ESLC, circa il 25% degli studenti frequenta una scuola in cui il capo di istituto dichiara di incontrare difficoltà a coprire posti di insegnamento vacanti e a sostituire insegnanti di lingua assenti. Tuttavia questa media nasconde enormi differenze fra paesi. La situazione più critica si riscontra nella Comunità francese del Belgio dove l’84,6% degli studenti frequenta una scuola in cui il capo di istituto incontra difficoltà. Altro dato significativo su cui lo studio fa il punto è il fatto che pochi paesi richiedono ai futuri insegnanti di trascorrere un periodo di immersione nel paese della lingua che andranno a insegnare. In media il 53,8% degli insegnanti di lingua straniera partecipanti all’ESLC dichiara di avere già trascorso più di un mese per motivi di studio in un paese in cui si parla la lingua che insegna. Questa media tuttavia nasconde ampie variazioni fra i paesi: il 79,7% degli insegnanti spagnoli lo ha fatto, mentre in Estonia si arriva appena all’11%.

TFA: i tutor rischiano di essere troppo pochi

da tuttoscuola.com

TFA: i tutor rischiano di essere troppo pochi

Nei giorni scorsi il Miur ha inviato alle università impegnate nella selezione dei ‘Tutors coordinatori’ una comunicazione con la quale esse vengono informate del fatto che il decreto previsto dal D.M. 8/11/2011 art. 8 (norma transitoria che affida al Miur la determinazione dei contingenti di coordinatori in prima applicazione) è ancora in corso di elaborazione, ma che “il nostro ritardo non impedisce alle Università di pubblicare i bandi riservandosi poi di enucleare dalle eventuali graduatorie già compilate i numeri corrispondenti al contingente stabilito con il citato D.M.. Ferma restando la conferma dei tutor nei corsi di Laurea in scienze della formazione primaria, per le altre classi di concorso, il rapporto 1/15 non potrà essere rispettato per la insufficienza delle risorse finanziarie disponibili per lo scopo”.

Le Università sono preoccupate perché il rapporto di 1/15 è considerato il minimo accettabile perché il tirocinio possa essere gestito in modo efficace. Tale rapporto sarebbe confermato solo per i corsi della formazione primaria, mentre per i TFA della scuola secondaria di primo e secondo grado salirebbe, peraltro non si sa di quanto.

Libri di testo digitali, la loro adozione slitta al 2014

da tuttoscuola.com

Libri di testo digitali, la loro adozione slitta al 2014

Cambia ancora la norma per l’adozione in via esclusiva a scuola di libri in formato tutto digitale o misti (parte di carta, parte su supporto elettronico). L’esecutivo Berlusconi, con la legge 133 del 2008, aveva avviato il piano per il passaggio progressivo al formato misto-digitale che doveva andare a regime da questo anno scolastico. Ma il cambiamento arranca. E slitta. Nella prima versione del decreto sviluppo varata a ottobre dal governo Monti si parlava del prossimo anno scolastico (il 2013/2014) per le superiori e di quello successivo per il primo ciclo (primarie e medie). L’altro ieri un emendamento presentato dal governo in commissione Industria, come riportato nella notizia evidenziata, dilatava ancora i tempi.

Alla fine, dal lavoro dei commissari, è arrivata una soluzione intermedia che prevede che il collegio dei docenti adotterà “esclusivamente libri nella versione digitale o mista, costituita da un testo in formato digitale o cartaceo e da contenuti digitali integrativi, accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto” a partire non dal 2013/2014 ma dal 2014/2015. In quell’anno l’obbligo scatterà per tutti gli ordini di scuola in modo definitivo.

L’emendamento è dei relatori. In aula al Senato arriverà un maxiemdendamento ma sul tema non ci dovrebbero essere ulteriori modifiche.

Precari PA: no alla stabilizzazione di massa

da tuttoscuola.com

Audizione del ministro Patroni Griffi alla Camera

Precari PA: no alla stabilizzazione di massa

Nella pubblica amministrazione ci sono 260.000 precari: la stima viene fornita direttamente dal titolare della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, durante una audizione alla commissione Lavoro della Camera. Ma la notizia è che, come aggiunge il ministro, non è possibile pensare a una ‘stabilizzazione di massa perché “sarebbe contro il dettato costituzionale”, e perchè annullerebbe la possibilità di entrata nelle amministrazioni pubbliche dei giovani.

Insomma, il ministro non lascia speranze ai 130.000 precari nella scuola, ai 115.000 nella sanità e negli enti locali, e ai 15.000 nelle amministrazioni centrali. Quanto agli esuberi, dopo le iniziali 4mila sono previste ulteriori 3 mila uscite di personale, sulla base della spending review.

Patroni Griffi ha infine spiegato che il personale che risulterà in eccedenza e che avrà entro il 2014 i requisiti per il pensionamento precedenti la riforma Fornero, potrà andare in pensione con le vecchie regole. Questo però non varrebbe per tutti, bensì solo per coloro che dovessero trovarsi in esubero.