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Le elezioni dei rappresentanti di classe

La prima opportunità di partecipazione: le elezioni dei rappresentanti di classe

di Cinzia Olivieri

 

Ogni anno, entro il 31 ottobre (art. 21 comma 1 OM 215/91) si tengono le elezioni per i rappresentanti dei genitori e degli studenti nei consigli di classe (nonché interclasse ed intersezione rispettivamente nella scuola primaria e dell’infanzia) che si svolgono con la procedura semplificata descritta dagli articoli 21 e 22 dell’OM 215/91.

Sono indette dal dirigente (art. 2 comma 1 OM 215/91) e si tengono nel corso di un’assemblea della classe (o delle sezione) la cui data di convocazione è stabilita dal consiglio di istituto in giorno non festivo. Per la componente dei genitori si svolgerà al di fuori dell’orario delle lezioni, per gli studenti invece, separatamente, in orario scolastico.

Di tale convocazione dovrà darsi preavviso scritto di almeno 8 giorni, normalmente, come prevede anche la CM 105/75 (art. 1), con lettera diretta ai genitori e mediante avviso all’albo.

In ogni caso dovrà essere cura del dirigente assicurare che i genitori, anche per il tramite dei propri figli, abbiano tempestiva e sicura notizia della convocazione dell’assemblea, nelle forme più idonee.

La convocazione dell’assemblea deve indicare:

  1. l’orario di apertura dei lavori dell’assemblea, dedicato all’ascolto e alla discussione della programmazione didattico-educativa annuale nonché all’esame dei primi problemi della classe;
  2. le modalità di votazione e di costituzione del seggio nonché l’orario di apertura e chiusura dello stesso (che deve essere di non meno di due ore senza soluzione di continuità rispetto all’assemblea che si conclude con l’inizio delle operazioni elettorali), fissati dal consiglio di istituto possibilmente in modo da favorire la massima affluenza dei genitori.

All’assemblea che precede la votazione, presieduta dal dirigente o da un docente delegato, debbono partecipare, possibilmente, tutti i docenti della classe, anche al fine di fornire informazioni sulle funzioni della rappresentanza e sulle modalità di votazione.

Dopo la prevista discussione quindi si procede alla elezione dei rappresentanti di interclasse, di classe e di intersezione della componente genitori e, nelle scuole secondarie di secondo grado, di quella studentesca nei consigli di classe.

In tale occasione gli studenti eleggono anche i propri rappresentanti nel consiglio di istituto (salvo il caso di rinnovo triennale dell’intero organo), nonché biennalmente quelli nella consulta provinciale.

Mentre le elezioni dei rappresentanti dei genitori e degli alunni nei consigli di classe, di interclasse e di intersezione hanno luogo per ciascuna componente sulla base di una unica lista comprendente tutti gli elettori in ordine alfabetico, nel caso delle elezioni annuali degli studenti nel consiglio di istituto si adotterà invece il sistema delle liste contrapposte che dovranno essere presentate dal 20° al 15° giorno antecedente le votazioni.

Subito dopo la conclusione dell’assemblea, in ciascuna classe deve essere costituito un seggio elettorale che procede alle operazioni di voto, quelle di scrutinio e di proclamazione degli eletti. Invece per l’elezione dei rappresentanti degli studenti in seno al consiglio di istituto sarà la commissione elettorale dell’istituto stesso a provvedere alla riassunzione dei voti di lista e di preferenza, nonché alla proclamazione degli eletti.

Solo per la componente genitori, nella eventualità in cui gli elettori di una o più classi siano presenti in numero esiguo, è consentito farli votare presso il seggio di altra classe, nella quale a tal fine deve essere trasferito l’elenco degli elettori della classe e l’urna elettorale.

Poiché tutti gli elettori sono anche eleggibili, tutti i genitori e gli studenti sono anche candidati perciò l’indicazione che spesso viene fatta nel corso dell’assemblea che precede la votazione è solo una prassi consolidata per evitare che l’incarico sia conferito a chi sia disponibile ad eseguirlo. Quindi potrà essere votato anche chi non ha informalmente presentato la sua candidatura.

Per l’effetto non vi sarà alcuna incompatibilità a ricoprire la funzione di scrutatore, segretario o presidente di seggio.

I genitori che hanno più figli in classi diverse voteranno in ciascuna di esse e potranno esservi eletti. Tale nomina contestuale può dar luogo a difficoltà organizzative pratiche ma non sussiste alcun divieto o incompatibilità (art. 16 OM 215/91). Così come si può essere contemporaneamente rappresentanti nel consiglio di classe e di istituto. Solo i docenti devono rinunciare all’eventuale carica elettiva, ottenuta come appartenenti alla componente genitori, in seno ai consigli di interclasse e di classe e ai consigli di intersezione

Ciascun elettore può votare la metà dei membri da eleggere se gli eligendi sono in numero superiore a uno. Questo significa che ciascun elettore esprimerà una preferenza nelle elezioni dei consigli di intersezione e di interclasse nonché di classe nella secondaria di secondo grado e due nei consigli di classe della secondaria di primo grado.

Nell’ipotesi in cui due o più genitori o alunni riportino lo stesso numero di voti, si procede, ai fini della proclamazione, per sorteggio.

Ma cosa accade se nessuno viene eletto?

Sebbene l’art. 37 del Dlgs 297/94 e l’art. 6 dell’OM 215/91 ribadiscano che “L’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza” occorre riflettere sulla circostanza che in seno ai consigli di classe l’unica componente elettiva è proprio quella dei genitori e (nella secondaria di secondo grado) degli studenti, giacché docenti e dirigente sono membri di diritto.

Privare il consiglio di classe di questa rappresentanza significa svuotare di significato e rendere impossibile l’esercizio di una delle sue funzioni che è quella “di agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni”. Per non parlare poi delle competenze in materia disciplinare allorquando è previsto che i consigli di classe debbano operare nella loro composizione allargata a tutte le componenti (nota 31 luglio 2008).

Dunque dovrebbe essere garantita la presenza della rappresentanza.

Ebbene, l’OM 215/91, come si è detto, ha previsto che (art. 22) in caso due o più genitori o alunni riportino lo stesso numero di voti si procede per sorteggio. Se nessuno è stato votato tutti i genitori hanno riportato lo stesso numero di voti (cioè 0), dal momento che come si è detto la lista è unica e quindi tutti sono candidati. Che anche zero voti equivalgono ad un voto lo si desume dall’art. 44 comma 7 dell’OM 215/91, il quale nella sua ultima parte, nel disciplinare l’assegnazione dei posti ai candidati in consiglio di circolo o di istituto in caso di parità, conclude: “lo stesso criterio (della proclamazione secondo l’ordine di collocazione di collocazione in lista) si osserva nel caso in cui i candidati non abbiano ottenuto alcun voto di preferenza.” Dunque il suggerimento è quello in tal caso di utilizzare il sorteggio.

Occorre precisare che le disposizioni del Dlgs 297/94 e dell’OM 215/91 non disciplinano le ipotesi della “sfiducia“, mentre vi è solo un generico richiamo (art. 53 OM 215/91) alle dimissioni (che sono sempre “volontarie”), così come non è contemplata, trattandosi peraltro di un incarico elettivo, la possibilità di sostituzione o di elezione di un vice-rappresentante di classe. Tuttavia l’art. 50 dell’OM 215/91 prevede la surroga anche per gli incarichi di durata annuale. Quindi è bene codificare tali situazioni nei regolamenti interni.

Diversamente invece a Bolzano la LP 20/95 all’art. 20 dispone che per il funzionamento degli organi collegiali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 30, 31 e 32 della LP 17/93 la quale ultima all’art. 31 comma 3 disciplina la possibilità di nomina di un membro supplente per ogni effettivo.

Continuando l’osservazione di altre realtà, anche nell’attesa della preannunciata riforma della quale potrebbero costituire un modello, si segnala che a Trento la LEGGE PROVINCIALE 7 agosto 2006, n. 5 prevede che sia lo Statuto delle singole istituzioni (art. 25) a stabilire la modalità di costituzione del consiglio di classe, mentre (art. 22) con regolamento sono definiti i criteri e le modalità di elezione delle rappresentanze elettive. Tuttavia con Del. n. 1075 del 25/05/2007 è stato successivamente definito lo schema tipo di statuto per le istituzioni scolastiche e formative al fine di uniformarne a disciplina ed il Decreto del presidente della provincia 15 maggio 2009, n. 8-10/Leg ha disciplinato unitariamente i criteri e le modalità di elezione delle rappresentanze elettive.

Invece a Bolzano la LP 20/95 le modalità delle elezioni degli organi collegiali sono determinate dal consiglio di istituto (art. 12) mentre i rappresentanti dei genitori e degli studenti di una classe rimangono in carica per tre anni scolastici, qualora permangano nello stesso grado di scuola (art. 3). Questa continuità è importante per la carica affinché il rappresentante acquisisca le informazioni necessarie a svolgere appieno il suo incarico.

La sollecitazione è sempre diretta a favorire questi momenti di partecipazione che rappresentano un’opportunità di condivisione anche attraverso un progetto di collegamento.

Gli Organi Collegiali della scuola e gli organismi di partecipazione

Gli Organi Collegiali della scuola e gli organismi di partecipazione – Guida per studenti

di Cinzia Olivieri

Le elezioni degli Organi Collegiali di Istituto e delle Consulte – Guida per studenti

Le elezioni degli Organi Collegiali di Istituto e delle Consulte – Guida per studenti

a cura di Cinzia Olivieri

Surroga e suppletive nel consiglio di istituto

Surroga e suppletive nel consiglio di istituto… e non solo

di Cinzia Olivieri

 

Il 31 agosto successivo al conseguimento del titolo finale di studio da parte dei figli, i genitori degli alunni decadono dalle cariche elettive e del pari gli studenti che abbiano conseguito il titolo finale di studio (art. 51 OM 215/91).

A tale data pertanto il dirigente – responsabile della loro nomina – dovrà verificare se e quali membri del consiglio devono essere sostituiti.

 

La questione si pone in particolare per gli studenti, poiché in prevalenza sono quelli che frequentano l’ultimo anno a candidarsi, con l’effetto che laddove il consiglio dovesse essere convocato prima delle nuove elezioni, la componente non risulterebbe (adeguatamente) rappresentata.

 

In generale, l’ordinanza ministeriale del 1991 prevede che i membri dei consigli di circolo o di istituto, a qualunque componente appartengano, cessati dalla carica per qualsiasi causa (dimissioni o decadenza) e/o che abbiano perso i requisiti di eleggibilità, devono essere sostituiti con il procedimento della surrogazione (art. 53 OM 215/91art. 35 dlgs 297/94). Ciò significa che si dovrà procedere alla nomina di coloro che, in possesso dei requisiti di eleggibilità, risultino i primi fra i non eletti delle rispettive liste (art. 35 del dlgs 297/94) e quindi vengono depennati definitivamente dalla lista.

Ciò vale quindi anche per gli studenti. Pertanto bisognerà verificare se sia possibile procedere a surroga anche se per breve tempo prima delle elezioni annuali ove il consiglio sia convocato.

L’art. 35 del dlgs 297/94 disciplina la surroga solo con riferimento alla sostituzione dei membri elettivi degli organi collegiali a durata pluriennale (come l’art. 53 OM 215/91). Ma l’art. 50 comma 4 dell’OM 215/91 la prevede anche per i rappresentanti dei genitori e degli alunni negli organi collegiali di durata annuale che abbiano perso i requisiti di eleggibilità, ragione (temporale) per la quale non sono però contemplate per essi elezioni suppletive.

In caso di esaurimento delle liste a cui appartengono i membri del consiglio di istituto cessati dalla carica, non si può attingere da eventuali altre, ma i posti vacanti dovranno essere ricoperti mediante elezioni suppletive (art. 53 OM 215/91 art. 35 dlgs 297/94).

Poiché il consiglio di istituto è validamente costituto anche se non tutte le componenti hanno espresso la propria rappresentanza (artt. 6 e 53 OM 215/91 – art. 37 dlgs 297/94) e quindi potrebbe funzionare regolarmente anche in totale assenza ad esempio della componente docente e/o studenti, si terranno le suppletive solo in caso di cessazione dalla carica di uno o più membri non surrogabili e limitatamente ad esso/e. Se la componente è originariamente incompleta per mancanza di candidature resterà tale. Altrimenti dovrebbero prevedersi elezioni suppletive anche in assenza di una cessazione dalla carica.

Facciamo un esempio pratico. La componente docente presenta una sola lista con sei candidati in luogo degli otto posti disponibili in consiglio e delle 16 candidature previste. L’anno successivo cessa dalla carica uno dei docenti e non vi è possibilità di surroga. Saranno indette le suppletive per reintegrare solo il posto del membro cessato. Le elezioni quindi riguarderanno i soltanto i “posti vacanti” per cessazione dalla carica.

Esclusivamente nel caso che manchi del tutto la rappresentanza della componente genitori, nell’ambito della quale deve essere eletto il presidente del consiglio di circolo o istituto, l’art. 53 dell’OM 215/91 prevede al comma 2 si dia luogo invece ad elezioni suppletive, reintegrando l’intera componente. Ove invece essa sia semplicemente incompleta valgono le regole esposte.

Anche per le elezioni suppletive è possibile presentare liste contrapposte (art. 53 comma 3 OM 215/91).

Pertanto, poiché ogni lista può contenere anche un solo nominativo (art. 30 OM 215/91) o comprendere un numero di candidati fino al doppio del numero dei rappresentanti da eleggere per ciascuna categoria (art. 32 comma 2 OM 215/91 – art. 31 comma 7 dlgs 297/94 ) e le suppletive servono a reintegrare solo i posti vacanti, nel caso che il membro da reintegrare sia soltanto uno la lista conterrà al massimo due nomi, se invece se ne devono sostituire due la lista sarà composta da quattro candidati e così via.

Il comma 4 dell’art. 53 dell’OM 215/91 stabilisce che “le elezioni suppletive, per motivi di opportunità, debbono essere indette, di norma, all’inizio dell’anno scolastico successivo all’esaurimento delle liste, contestualmente alle elezioni annuali”.

Tuttavia, poiché la circolare ministeriale annualmente emanata (CM 42/14), che reca istruzioni per le elezioni degli organi collegiali, prevede che “Le elezioni per il rinnovo dei consigli di circolo/istituto scaduti per decorso triennio o per qualunque altra causa, nonché le eventuali elezioni suppletive nei casi previsti, si svolgeranno secondo la procedura ordinaria di cui al titolo III dell’ordinanza medesima. La data della votazione sarà fissata dal Direttore Generale di ciascun Ufficio scolastico regionale, per il territorio di rispettiva competenza, in un giorno festivo dalle ore 8 alle ore 12 ed in quello successivo dalle ore 8.00 alle ore 13.30 (…)”, esse si svolgeranno invece nella data per l’appunto indicata dagli Uffici Regionali.

È evidente quindi che se la surroga può essere disposta in ogni tempo, le suppletive possono tenersi solo in tempi definiti. Ne consegue che in caso di cessazione dalla carica successiva alla data stabilita per esse o quando ormai mancano i tempi necessari per la loro indizione, il posto resterà vacante per l’intero anno scolastico. Considerando che gli eletti decadono dalla carica il 31 agosto, l’opportunità di elezioni suppletive andrà valutata a tale data o comunque entro e non oltre l’avvio del nuovo anno sclastico.

Come per gli altri organi di durata annuale, anche per gli studenti in consiglio di istituto non sono necessarie le suppletive giacché le loro elezioni si svolgono annualmente secondo la procedura semplificata prevista per le elezioni dei rappresentanti di classe (art. 9 OM 215/91) salvo che in occasione del rinnovo triennale di tutte le componenti (art. 23 OM 215/91) allorquando avvengono contestualmente alle altre.

Surroga e suppletive sono previste dall’art. 6 del D.P.R. n. 567/1996, come modificato ed integrato da: D.P.R. n. 156/1999, D.P.R. n. 105/2001, D.P.R. n. 301/2005, D.P.R. n. 268/2007 anche per i due rappresentanti della consulta provinciale degli studenti, che vengano a cessare per qualsiasi causa dalla carica o perdano i requisiti di eleggibilità, la cui elezione avviene con le stesse modalità di quella dei rappresentanti nel consiglio di istituto.

Dopo l’emanazione della circolare ministeriale, gli Uffici Regionali fissano le date delle votazioni entro i limiti temporali da questa disposti. In realtà le indicazioni in merito dell’OM 215/91 (antecedente all’autonomia) sono diverse, in quanto l’articolo 2 prevede che sia il Ministero a fissare le date e non individua la competenza degli Uffici Regionali.

Le elezioni sono invece indette dal dirigente scolastico (art. 2 comma 1 OM 215/91) nelle date stabilite dagli Uffici Regionali

 

Il decreto di nomina dei consiglieri, tanto in caso di suppletive che di surroga, viene effettuato dal dirigente per delega dell’Ufficio Regionale (art. 47 OM 215/91) e non richiede accettazione da parte dell’eletto. Del resto i candidati accettano al momento della formazione delle liste (art. 30 comma 3 OM 215/91). Tuttavia è possibile rifiutare la nomina. Ovviamente è opportuno che la surroga preceda la riunione del consiglio, mentre se bisogna procedere con le suppletive nelle more il consiglio funzionerà privo di alcune componenti.

 

Non è necessario far constatare la decadenza al consiglio di istituto prima di procedere a surroga o ad indire le suppletive. Solo laddove essa consegue a tre assenze ingiustificate alle riunioni del consiglio, quest’ultimo può accertarla in occasione della terza assenza.

 

Infine l’art. 35 dlgs 297/94 al comma 3 dispone “In ogni caso i membri subentrati cessano anch’essi dalla carica allo scadere del periodo di durata dell’organo”. Cioè il triennio si calcola per tutti dalla data delle elezioni per l’integrale rinnovo del consiglio e non da quella delle suppletive.

 

In conclusione è palese che per evitare il ricorso ad elezioni suppletive, con il rischio di vedere la componente incompleta alle riunioni del consiglio che le precedono, occorre presentare liste con un numero di candidati congruo ed in grado potenzialmente di assicurare la presenza per l’intera durata della carica (con studenti anche di classi precedenti all’ultima) per consentire la surroga.

 

 

Costi di riproduzione ed imposta di bollo nell’accesso agli atti della scuola

Costi di riproduzione ed imposta di bollo nell’accesso agli atti della scuola

di Cinzia Olivieri

 

Quando si esercita il diritto di accesso agli atti ai sensi dell’art. 25 della L 241/90, mentre l’esame e la visione dei documenti è gratuito, il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione se in copia informe ed all’imposta di bollo se in copia autentica, oltre ai diritti di ricerca e di visura ove espressamente previsti.

Responsabile del procedimento è il dirigente (art.4 comma 7 L 241/90 ) o altro dipendente addetto da questi designato.

Successivamente alla legge del 1990, la CM 278/92 confermò, per il pagamento delle fotocopie (costo di riproduzione), da assolversi mediante marche amministrative da apporre sulla richiesta e da annullare con la stessa data del rilascio delle copie, l’importo stabilito, in via transitoria, dalla C.M. n. 57/91, di £ 100 a facciata fino al formato di cm 21 x 29,7 e di £ 150 a facciata per formati superiori.

Poiché il D.P.R. 27 giugno 1992, n. 352 (poi modificato dal DPR 184/06 – art. 7) subordinava il rilascio di copia (art 5 comma 7) al pagamento degli importi dovuti secondo le modalità determinate dalle singole amministrazioni, la CM 163/93 recependo la Direttiva 19 marzo 1993, n. 27720/928/46-UCA della commissione per l’accesso agli atti, che poneva la prioritaria l’esigenza di fissare modalità operative e importi dovuti dai richiedenti secondo “criteri di uniformità e di praticità al fine di assicurare un pari trattamento a tutti i cittadini nell’esercizio del diritto di accesso alla documentazione amministrativa”, fissò un corrispettivo omnicomprensivo (costo della carta, spese funzionamento fotoriproduttore, etc.), ritenuto equitativo, pari “all’importo fisso di lire 500 per il rilascio da 1 a 2 copie, di lire 1000 da 3 a 4 copie e così di seguito, da corrispondere mediante applicazione di marche da bollo ordinarie da annullare con il datario a cura dell’ufficio”. Previde altresì la possibilità per l’amministrazione di individuare autonomamente costi diversi, da corrispondere sempre mediante applicazione di marche da bollo, nei casi in cui “il rilascio di copia comporti l’uso di apparecchiature speciali, procedure di ricerca di particolare difficoltà, o formati particolari su carta speciale”.

La CM 94/94, ripetendo quanto contenuto nella Direttiva 28 febbraio 1994, n. 27720/1749 della commissione per l’accesso, ha poi precisato che l’imposta di bollo è esclusa tanto sulla richiesta di accesso, quanto sulla copia informe mentre è soggetta a bollo la copia conforme. Pertanto è dovuta soltanto quando la copia sia spedita – su richiesta dell’interessato – in forma autentica. Ne consegue che la richiesta di accesso dovrà contenere esplicita richiesta in merito.

Tali importi e modalità si trovano reiterati nelle ordinanze ministeriali che dispongono in merito allo svolgimento degli scrutini ed esami OM 80 95 (art. 59); OM 330/97 (Art. 59); OM 90 01 (art. 39).

Convertendo tali importi in euro, i costi di riproduzione, cioè per  il rilascio  di copie  in carta semplice, risulta essere pari a  0,26 centesimi per le prime due copie e 0,52 oltre le due copie e così via.

La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, nella seduta del 13 settembre 2011 ha altresì chiarito che i diritti di ricerca e visura possono essere richiesti legittimamente dall’ente in quanto – secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr. C.d.S., Sez. V 25 ottobre 1999, n. 1709 richiamata nel parere 1 luglio 2008 7.13) – per “costo” non deve intendersi solo quello di riproduzione del documento, ma anche tutti gli altri costi sostenuti dall’Amministrazione (quali ad esempio quelli concernenti la ricerca dei documenti). Tuttavia tale importo, non predeterminabile ma oggetto di valutazione, deve essere equo e non esoso, per non costituire un limite all’esercizio del diritto di accesso con conseguente illegittimità.

Questi cosi pertanto possono essere anche determinati dall’istituzione scolastica.

Le altre ordinanze ministeriali in materia di scrutini ed esami (OM 38/99; Om 35 03; OM 21 04; OM 32 05; OM 22 06; OM 26 07; OM 30 08; OM 40 09; OM 44 10; OM 42 11; OM 41 12; OM 13 13; OM 37 14 ) si sono limitate costantemente ad individuare nel dirigente il soggetto responsabile della custodia degli atti nonché dell’accoglimento delle richieste di accesso e dell’eventuale apertura del plico sigillato, rinviano in generale alla L 241/90.

Per quanto attiene invece le copie spedite in forma autentica su richiesta dell’interessato, bisogna aver riguardo al DPR 642/72 come modificato dal DPR 955/82 ed alla allegata tabella A. I costi delle marche sono calcolati per foglio, composto da quattro facciate unite o rilegate tra di loro in modo da costituire un atto unico recante nell’ultima facciata la dichiarazione di conformità all’originale, e sono determinati periodicamente. Per effetto della L 147/13 tale importo è pari ad € 16,00 per ogni foglio.

Le marche andranno annullate mediante perforazione o apposizione della sottoscrizione di una delle parti o della data o di un timbro parte su ciascuna marca e parte sul foglio usando inchiostro o matita copiativa e senza scrivere né apporre altri timbri o stampigliature ovvero usare marche deteriorate o usate in precedenza.

I genitori e gli organi collegiali nei CPIA

I genitori e gli organi collegiali nei Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (ex CTP)

di Cinzia Olivieri

 

Mentre con il rapporto La Buona Scuola si ripete l’annuncio di una imminente riforma della governance delle scuole, di seguito alcune indicazioni sul funzionamento degli organi collegiali dei recenti CPIA, ex CTP

 

Il DPR 263/12 nel definire l’assetto organizzativo e didattico dei “Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti“, che hanno sostituito i Centri Territoriali Permanenti per l’Educazione degli Adulti (CTP) (di cui all’OM 445 97) ed i corsi serali, funzionanti presso le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado ed individuati nei piani provinciali di dimensionamento, all’art. 7 ne prevede gli organi collegiali così disponendo “1. I Centri costituiscono i loro organi di governo   e   ne disciplinano il funzionamento secondo le disposizioni di cui al titolo I del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, con gli specifici adattamenti di seguito indicati: a) il consiglio di classe e’ composto dai docenti del gruppo di livello (…) e da tre studenti, eletti dal relativo gruppo; (…) c) la rappresentanza dei genitori nel consiglio di istituto e nella giunta esecutiva e’ sostituita con la rappresentanza degli studenti; (…) 2. Fino alla costituzione del consiglio di istituto e della giunta esecutiva le relative funzioni   sono   svolte   dal   commissario straordinario nominato dal direttore generale dell’ufficio scolastico regionale senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica.”

Come già stabilito dal comma 632 della L 296/06 (Finanziaria 2007), che li ha riorganizzati  su base provinciale, articolandoli in reti territoriali e ridenominandoli, nonché dal DM 25 ottobre 2007, che li ha formalmente istituiti definendo i criteri generali per il conferimento dell’autonomia, è ora attribuita ai Centri (aventi lo scopo di far conseguire più elevati livelli di istruzione nonché l’alfabetizzazione funzionale agli adulti, anche immigrati) autonomia amministrativa, organizzativa e didattica.

 

Pertanto, i CPIA costituiscono una istituzione autonoma con proprio assetto e propri organi, tra i quali un consiglio di istituto non aperto ai genitori, in quanto prevalentemente destinati ad un’utenza adulta, sebbene l’iscrizione sia però consentita anche ai sedicenni (con la possibilità di accesso a specifiche condizioni anche ai quindicenni) che non siano in possesso del titolo conclusivo del primo ciclo di istruzione e/o non abbiano adempiuto all’obbligo. Se ne desume comunque che non vi è alcuna continuità e/o collegamento con la scuola presso la quale funzionano.

Nonostante il successivo art. 11 al comma 3 affermi che “La composizione degli organi collegiali di cui all’articolo 7 si applica ai Centri istituiti e funzionanti a partire dal 1° settembre 2013”, analoghe conclusioni devono trarsi anche alla luce della normativa prevista per i CTP. Infatti l’OM 445 97, istitutiva dei Centri Territoriali Permanenti, all’art. 1 comma 7 prevede che “Il Centro trova riferimento didattico e amministrativo presso un’istituzione scolastica individuata tra quelle nel cui ambito territoriale sono programmate attività per adulti (…) con preferenza per quella dove ha sede il distretto scolastico” consentendovi l’accesso anche a coloro che abbiano compiuto il 15° anno di età (art. 3 comma 3).

Sul piano della collegialità, nei CTP è garantito (art. 9 comma 1) il diritto di assemblea dei frequentanti, come regolato dagli articoli 12 e seguenti del dlgs 297/94, precisando che: “3. Alle riunioni del consiglio di istituto o di circolo dell’istituzione scolastica che ha la responsabilità amministrativa del centro, al fine di promuovere la progettualità relativa all’educazione in età adulta, partecipano, a titolo consultivo, due rappresentanti dei docenti del centro e due rappresentanti dei frequentanti appositamente designati, rispettivamente, dai docenti e dai frequentanti del centro medesimo. (…)”. Dunque:

  • il Centro, pur senza piena autonomia, è distinto dall’istituto scolastico di riferimento, che ne ha una responsabilità di carattere amministrativo;
  • non è previsto un consiglio di istituto e la presenza di due rappresentanti dei docenti e degli utenti del Centro alle sedute del consiglio dell’istituto ospite è ammessa a solo titolo consultivo;
  • se ne deve dedurre che è esclusa nel consiglio di istituto della scuola che ne ha la responsabilità amministrativa la presenza dei genitori dei frequentanti il Centro.

Del resto, già l’OM 215/91 all’art. 7 aveva stabilito l’esclusione della rappresentanza dei genitori nei consigli di classe all’interno dei corsi serali per lavoratori studenti.

 

Per l’effetto quindi, tanto nell’uno che nell’altro caso, anche laddove lo studente ancora minorenne decida di continuare il suo percorso formativo all’interno del Centro, si interrompe quel rapporto di appartenenza alla scuola, con l’effetto dell’inevitabile decadenza dalle cariche elettive nell’istituto di riferimento del Centro del genitore, che dovrà essere sostituito dal primo dei non eletti (art.8 comma 10 dlgs 297/94) come previsto all’art. 47 dell’OM 215/91 (e, nel caso, il consiglio dovrà eleggere un nuovo presidente).

Il decreto di nomina dei nuovi membri del consiglio della scuola, integrati per surroga, sarà disposto dal dirigente scolastico per effetto del verificarsi della situazione prevista dalla legge (art. 51 dell’OM 215/91), nella fattispecie del venir meno dei requisiti di eleggibilità in quanto il membro del consiglio cessa di appartenere alla componente scolastica.

Per evitare vuoti e disagi occorre provvedere tempestivamente alla eventuale nomina di un nuovo presidente, ove sia questi a decadere, e/o a disciplinare per regolamento (art. 40 dlgs 297/94) la situazione.

Per quanto riguarda poi la convocazione, in caso di assenza temporanea del presidente, dovrebbe disporre il regolamento interno. La CM 105/75 (art. 10), che opera in mancanza di questo, e il Dlgs 297/94 (art. 8) contemplano la possibilità di nominare un vicepresidente per l’adempimento.

In difetto, l’OM 215/91 prevede all’art. 49 che il consiglio di istituto possa essere presieduto dal consigliere più anziano solo nell’ipotesi in cui manchi del tutto la componente genitori. Pertanto nel caso, in assenza di diversa disciplina interna, si applicherebbero le norme previste dall’OM 215/91 per la prima elezione del presidente (art. 48) rammentando che se ciò dovesse determinare la paralisi del consiglio, ai sensi degli artt. 28 comma 7 dlgs 297/94 e 9 DI 28 maggio 1975 si dovrà provvedere allo scioglimento dello stesso ed alla nomina di un commissario straordinario, come previsto nei casi di irregolarità e mancato funzionamento del consiglio, nonché peraltro fino alla costituzione del consiglio di istituto e della giunta dei CPIA (art. 7 DPR 263/12).

 

Tuttavia, anche in considerazione della premessa e promessa riforma della governance, occorre integrare quanto esposto con ulteriori precisazioni.

E’ evidente infatti che per un buon governo della scuola occorre un quadro normativo chiaro.

Ebbene, i CPIA come si è detto sono chiamati a costituire ed a disciplinare il funzionamento dei propri organi di governo (presumibilmente per regolamento) secondo le disposizioni del titolo I del Testo Unico che sembra ora ci si accinga a modificare.

Pertanto una riforma normativa non potrà prescindere anche dalla peculiare situazione dei Centri in questione e da una più completa disciplina, considerando altresì che gli adattamenti previsti dalla norma non paiono esaustivi. Basta considerare la circostanza che la mancanza dei genitori rende il consiglio del Centro privo di quella componente all’interno della quale è eletto il presidente (art. 8 comma 6 dlgs 297/94) …

Quindi la annunciata nuova consultazione e la successiva prevista riforma, dovranno puntare al massimo coinvolgimento ed all’analitica attenzione a tutte le diverse opportunità partecipative che occorre riorganizzare e per le quali è necessario fare sintesi.

Le deliberazioni degli organi collegiali

Le deliberazioni degli organi collegiali. Costituzione e validità delle delibere

di Cinzia Olivieri

 

  1. Regolarità della costituzione

L’art. 37 del dlgs 297/94 al primo comma recita: “L’organo collegiale è validamente costituito anche nel caso in cui non tutte le componenti abbiano espresso la propria rappresentanza.

Questa disposizione di carattere generale è reiterata anche nell’OM 215/91 (art. 6 comma 10; art. 23 comma 2) e opera sicuramente per il consiglio di istituto mentre non appare riferibile al collegio dei docenti che non ha componenti elettive e dunque rappresentanze da esprimere.

Il tenore letterale rende invece tale previsione applicabile anche al consiglio di classe, interclasse, intersezione. Tuttavia bisogna considerare la circostanza che nel primo grado di istruzione l’unica rappresentanza che si possa esprimere in senso a questo organo collegiale è quella dei genitori, che la componente docente non è eletta e che in mancanza dei genitori (e nel secondo grado degli studenti) esso non potrebbe svolgere uno dei suoi compiti principali che è quello di “agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni” (art. 5 comma 8 dlgs 297/94).

Ebbene, premesso che nel caso delle elezioni dei rappresentanti di classe l’OM 215/91 prevede che tutti i genitori sono candidati (art. 22 comma 7) – e quindi non è corretto ma solo una comodità pratica chiedere ai genitori (o agli studenti) di candidarsi -, il comma 8 del medesimo articolo 22 stabilisce: “Nell’ipotesi in cui due o più genitori o alunni riportino, ai fini dell’elezione dei consigli di classe, di interclasse e di intersezione, lo stesso numero di voti, si procede, ai fini della proclamazione, per sorteggio“. Ed in concreto, nel caso che nessun genitore sia eletto (e votato) tutti avranno riportato lo stesso numero di voti (cioè 0). Che anche zero voti abbiano rilevanza in quest’ambito elettorale lo si desume dall’art. 44 comma 7 dell’OM 215/91, il quale, nella sua ultima parte, nel disciplinare l’assegnazione dei posti ai candidati in consiglio di circolo o di istituto in caso di parità, precisa: “lo stesso criterio (del sorteggio) si osserva nel caso in cui i candidati non abbiano ottenuto alcun voto di preferenza.” Si potrebbe concludere per il sorteggio quindi anche nel consiglio di classe allorquando nessun genitore abbia riportato preferenze. Una simile interpretazione può favorire la partecipazione e rendere i genitori anche più consapevoli della sua importanza.

  1. Quorum costitutivo

Il comma 2 dell’art. 37 dlgs 297/94 stabilisce che “Per la validità dell’adunanza del collegio dei docenti, del consiglio di circolo e di istituto, del consiglio scolastico distrettuale, del consiglio scolastico provinciale e relative sezioni, del Consiglio nazionale della pubblica istruzione e relativi comitati, nonché delle rispettive giunte, è richiesta la presenza di almeno la metà più uno dei componenti in carica”.

Tralasciando gli organi collegiali territoriali, si desume che per la validità delle riunioni del consiglio di classe non sia richiesta alcuna maggioranza mentre per quelle del collegio dei docenti e del consiglio di istituto occorre la presenza della “metà più uno dei componenti in carica” e cioè per il collegio di tutto personale docente di ruolo e non di ruolo in servizio nella scuola e per il consiglio di istituto dei membri eletti e non di quelli potenziali nella sua composizione ordinaria (in quanto, come anzidetto, alcune componenti possono essere incomplete o mancare del tutto).

Tuttavia anche per il consiglio di classe è buona norma che sussista una adeguata maggioranza. Ciò può essere disciplinato per regolamento interno.

Com’è noto, quando opera invece con funzione valutativa, per la validità delle deliberazioni da assumere, il consiglio di classe deve essere “perfetto”, cioè completo di tutti i suoi componenti con eventuale obbligo di sostituzione degli assenti (nota 717 del 14 maggio 1981 Uff. Decreti delegati; e tra le tante: TAR Lazio-Roma, sez. III bis, sentenza 25.08.2010 n° 31634).

 

La legge inoltre per gli organi collegiali della scuola non prevede una seconda convocazione che riduca il quorum costitutivo.

 

È appena il caso di accennare alla circostanza che un confermato orientamento giurisprudenziale (ex multis Cons. di Stato 12 aprile 2001 n.2258), ha evidenziato che la partecipazione di soggetti estranei alle sedute rende illegittime le deliberazioni assunte allorquando la loro presenza possa “aver influenzato la formazione del convincimento dei componenti il collegio”.

  1. Quorum deliberativo

Continua l’art. 37 al terzo comma “Le deliberazioni sono adottate a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi, salvo che disposizioni speciali prescrivano diversamente. In caso di parità, prevale il voto del presidente”.

Uno dei casi in cui la legge prevede una diversa maggioranza è quello dell’art. 8 dlgs 297/94 (e dell’analogo art. 49 OM 215/91) che disciplina l’elezione del presidente del consiglio di istituto: “Il consiglio di circolo o di istituto è presieduto da uno dei membri, eletto a maggioranza assoluta dei suoi componenti, tra i rappresentanti dei genitori degli alunni. Qualora non si raggiunga detta maggioranza nella prima votazione, il presidente è eletto a maggioranza relativa dei votanti”.

In questo caso non è precisato che i componenti debbano essere quelli “in carica” con la conseguenza di un abbassamento del quorum nel caso non tutte le componenti siano (interamente) rappresentate.

Il riferimento ai soli “voti validamente espressi” pone la questione relativa alle astensioni (in particolare quelle volontarie, cioè non dettate da necessità connesse ad eventuali incompatibilità che possano pregiudicare l’imparzialità dell’azione amministrativa).

L’espressione letterale induce a concludere che voti “validamente espressi” possano essere considerati solo quelli favorevoli e contrari, con escussione di quelli degli astenuti con la conseguenza che per determinare l’esito della votazione il calcolo terrà conto solo dei primi. Tanto ha affermato la nota Min. P.I. n.771/1980 uff. Decreti Delegati. In pratica gli astenuti sono normalmente conteggiati nel quorum costitutivo ma non concorrono a determinare il quorum deliberativo.

Nonostante indubbiamente l’astensione sia lecita, in special modo allorquando vi sia un interesse diretto che non renda del tutto serena una valutazione (ex multis Consiglio di Stato, n.7050 del 4 novembre 2003), c’è tuttavia un orientamento costante e condivisibile (tra l’altro T.A.R. Puglia Lecce n. 268 del 22/07/1986 come richiamato nel Parere Regione Sicilia 11/2006)per il quale non sempre può essere ammessa l’astensione (volontaria), salvo adeguata motivazione, in particolare allorquando i componenti siano chiamati ad esprimere una valutazione in ragione della loro competenza, come avviene ad esempio nei consigli di classe con funzione valutativa.

Ecco perché la questione è necessario sia disciplinata per regolamento

In proposito infatti la nota esplicativa del 2008 al dpr 235/07 ha specificato espressamente, con riguardo al funzionamento dell’organo di garanzia di istituto, che il regolamento interno della scuola dovrà precisare:

1) se tale organo in prima convocazione debba essere “perfetto”(deliberazioni valide se sono presenti tutti i membri) e magari in seconda convocazione funzioni solo con i membri effettivamente partecipanti alla seduta o se, al contrario, non sia mai necessario, per la validità delle deliberazioni, che siano presenti tutti i membri;

2) il valore dell’astensione di qualcuno dei suoi membri (se influisca o meno sul conteggio dei voti).”

Infine, per scongiurare una possibile votazione infruttuosa l’articolo 37 ha previsto la prevalenza del voto del presidente, senza che ciò importi una modifica numerica dei voti relativi a ciascuna proposta. Ovviamente tanto non potrà accadere se la votazione è segreta.

  1. Segretezza del voto

Conclude l’art. 37 “La votazione è segreta solo quando si faccia questione di persone”.

Questo costituisce un principio generale, manifestazione anche della obiettività ed imparzialità dell’azione amministrativa (tra le tante: Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 31.01.2006 n° 339) e che rende illegittima qualsiasi diversa deliberazione.

Orario scolastico: i tempi e le modalità di decisione e pubblicità

Orario scolastico: i tempi e le modalità di decisione e pubblicità

di Cinzia Olivieri

 

Purtroppo accade che, magari in concomitanza con l’approvazione degli adattamenti del calendario scolastico, si provveda ad una modifica dell’organizzazione oraria per l’anno scolastico successivo nel periodo estivo al termine delle lezioni e successivamente alle iscrizioni.

Sebbene talvolta a seguito dell’assegnazione dell’organico possono rendersi indispensabili modifiche organizzative e rimodulazioni orarie, tale pratica non è corretta in particolare in caso di cambiamenti consistenti.

In primo luogo occorre precisare che in base al coordinato disposto degli articoli 7, 10 e 396 del dlgs 297 94 il Dirigente Scolastico procede alla formulazione dell’orario sulla base dei criteri generali stabiliti dal consiglio di circolo o d’istituto e delle proposte del collegio dei docenti elaborate tenendo conto dei predetti criteri.

Pertanto l’orario costituisce l’esito di un procedimento che vede la partecipazione e condivisione delle componenti della scuola: delibera del consiglio di istituto che fissa i criteri generali; proposta del collegio; formulazione coerente del dirigente.

È illegittimo quindi un provvedimento unilaterale del dirigente e/o che non rispetti la predetta procedura (Ordinanza TAR Toscana 347/2012), ciò anche successivamente alla riforma introdotta dal dlgs 150/09, il quale ha sì rafforzato i poteri organizzativi allo stesso riconosciuti dall’art. 5 del dlgs 165/01 ma non ha modificato il successivo art. 25, il quale statuisce al comma 2 che gli “autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane” spettanti ai dirigenti scolastici siano esercitati nel “rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici” .

Nulla fin qui si dice in merito ai tempi di formulazione dell’orario scolastico.

Tuttavia a tanto occorre aggiungere che esso costituisce ormai parte integrante dell’offerta formativa che – come previsto dall’art. 3 del DPR 275/99 – è elaborata dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali dal consiglio di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti ed infine è adottata dal consiglio di istituto stesso.

Ebbene, giacché (come dispone il comma 5 del citato art. 3 DPR 275/99)”Il Piano dell’offerta formativa è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione” significa che l’orario per l’anno successivo deve essere fissato precedentemente ad essa.

Lo dice chiaramente la circolare iscrizioni la quale afferma “Ogni singola istituzione scolastica mette a disposizione delle famiglie il proprio Piano dell’offerta formativa (P.O.F.) recante le articolazioni e le scansioni dell’orario settimanale delle lezioni e delle attività (inclusa l’eventuale distribuzione dei rientri pomeridiani) e la disponibilità dei servizi di mensa (…)” (Pag. 7 CM 28/14)

Infatti i genitori sono chiamati a formulare le proprie scelte e ad esprimere le proprie opzioni orarie in base a quanto comunicato. Dunque una modifica successiva violerebbe i principi di pubblicità e trasparenza a cui deve ispirarsi l’attività della Pubblica Amministrazione, secondo quanto disposto dalla L 241/90.

Infine, sebbene non sia previsto il necessario coinvolgimento di tutti i genitori (nonché nella secondaria di secondo grado degli studenti), il procedimento per l’adozione del POF, come descritto dall’art. 3 del DPR 275/99, rende decisamente auspicabile il loro ascolto ed in particolare l’acquisizione dei pareri e delle proposte dei comitati dei genitori e degli studenti prima di una sensibile modifica dell’orario scolastico.

“Pasticcio” o disinteresse?

Solo un “pasticcio” o chiaro disinteresse per la democrazia scolastica?

di Cinzia Olivieri

 

Com’è noto, dopo la mancata proroga del CNPI, il Consiglio di Stato aveva respinto l’appello proposto dal Ministero, avverso la sentenza del Tar Lazio che aveva ordinato al MIUR di avviare le procedure per l’insediamento del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, previsto dal dlgs 233/99 (adempimento in caso di difetto da compiersi dal prefetto di Roma nella qualità di commissario ad acta). Per il Consiglio di Stato, infatti, l’Amministrazione “non può rifiutarsi di applicare una norma legislativa” per un “presunto vizio di legittimità” (e cioè l’eccepita incompatibilità del dlgs 233/99 con le norme del Titolo V della Costituzione) in merito al quale potrebbe pronunciarsi solo la Corte Costituzionale. Nell’attesa, ci si augurava non si volesse ricorrere alla decretazione di urgenza per sanare i vizi di atti emanati senza il previsto parere (1).

Tale speranza è andata delusa e, decorso il previsto termine per l’emanazione dell’ordinanza di cui all’art. 2, comma 9, del dlgs 233/99 (che doveva stabilire termini e modalità delle elezioni), già a giugno si preannunciava (2), nell’imminenza dell’emanando DL 24 giugno 2014, n. 90, entrato in vigore il 25.6.2014, l’inserimento di un articolo che facesse salvi gli atti e i provvedimenti intanto adottati ed i futuri (fino al riordino degli organi collegiali) prevedendosi anche possibili interventi abrogativi.

Tanto non è accaduto, ma una risoluzione della questione si rendeva sempre più urgente non solo a seguito della prevista nomina del commissario ad acta (3), in ottemperanza alla sentenza n.8843 del Tar del Lazio, ma altresì e soprattutto a causa dei ricorsi avverso provvedimenti adottati senza i pareri (obbligatori e facoltativi) del CNPI (4).

Pertanto con Legge 11 agosto 2014, n. 114 di conversione del citato DL n. 90/14, in vigore dal 19 agosto è stato infine introdotto l’art.  23-quinquies che ha disposto la salvezza di tutti i provvedimenti adottati senza i previsti pareri del CNPI, i quali non saranno più dovuti sino alla ricostituzione degli organi collegiali della scuola e comunque non oltre il 30 marzo 2015.

Una sanatoria quindi, sebbene l’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, richiamando l’art. 25 della Costituzione affermi “La legge non dispone che per l’avvenire…”.
Entro il 31 dicembre dovranno invece tenersi le elezioni per il Consiglio Superiore della Pubblica istruzione, denominazione questa già adottata per l’organo istituito nel Regno di Sardegna il 30 novembre 1847… Si attende ora l’emanazione della prevista ordinanza.

Ebbene, sempre l’art. 23 quinquies  della L 114/14 prevede nell’ultimo capoverso “In via di prima applicazione e nelle more del riordino degli organi collegiali, l’ordinanza di cui all’art. 2, comma 9, del decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233, stabilisce le modalità di elezione del predetto organo, anche in deroga a quanto stabilito al comma 5, lettera a), del citato art. 2” il quale, nel disporre in merito alla composizione del CSPI, fa riferimento ai quindici membri eletti dalla componente elettiva che rappresenta il personale delle scuole statali nel consigli scolastici locali.

Giacché è previsto che l’ordinanza possa operare in deroga di detto comma è evidente che non sarà necessario provvedere alle elezioni ed alla costituzione degli altri organi collegiali territoriali (e nella fattispecie dei consigli scolastici locali), risolvendo così ogni presunta eccepita questione di illegittimità costituzionale, mentre il CSPI sarà composto quasi prevalentemente da “nominati” e cioè da:

a) quindici membri nominati dal Ministro tra esponenti significativi dei mondo della cultura, dell’arte, della scuola, dell’Università, del lavoro, delle professioni e dell’industria, dell’associazionismo professionale, che assicurino il più ampio pluralismo culturale e, di questi, tre esperti designati dalla Conferenza unificata Stato-Regioni città e autonomie locali e tre esperti designati dal CNEL (organo la cui sorte è segnata dal progetto di riforma costituzionale).

b) tre membri eletti rispettivamente uno dalle scuole di lingua tedesca, uno dalle scuole di lingua slovena ed uno dalle scuole della Valle d’Aosta

c) tre  nominati dal Ministro in rappresentanza delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute e delle scuole dipendenti dagli enti locali, tra quelli designati dalle rispettive associazioni.

È chiaro quindi che non si tratta semplicemente di una scelta tra eletti e nominati ma, disilludendo le aspettative di chi auspicava che presupponendo il CSPI la costituzione dei consigli scolastici locali si provvedesse anche a questa, di un preciso intento di evitare l’istituzione degli altri organi territoriali, presuntamente (in quanto non vi è mai stata una pronuncia della Corte Costituzionale in merito) incompatibili con il riformato Titolo V, del quale peraltro si stanno ora discutendo in aula ulteriori modifiche.

La norma della L 114/14, inoltre, fa riferimento generico agli organi collegiali della scuola, senza distinguere tra i livelli di istituto e territorio.

Il dlgs 233/99, non ancora vigente in quanto la L 463/01, intervenendo sull’articolo 8 di tale decreto aveva precisato che  l’abrogazione degli organi collegiali territoriali sarebbe seguita solo  “con effetto della costituzione dei nuovi organi collegiali locali e regionali,   ha ad oggetto la riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, attualmente previsti e disciplinati dal dlgs 297/94 e mai abrogati, neanche dalla L 114/14 che formalmente esautora il CNPI ma non lo cancella… A questo ha provveduto di fatto il mancato rinnovo delle componenti elettive conseguente alla non indizione delle elezioni (come già avvenuto per i consigli scolastici distrettuali e provinciali) e la non riconfermata prorogatio (che però ha operato sino al 2012 solo per esso).

Tuttavia si cancella così invece la democrazia scolastica e la “rappresentanza e partecipazione alle componenti della scuola e ai diversi soggetti interessati alla sua vita, alle sue attività e ai suoi risultati” (comma 1 del primo articolo del dlgs 233/99) che le norme vigenti assicurano ad ogni livello territoriale.

Gli organi collegiali erano considerati, ancora qualche anno fa, una “palestra di democrazia”, in quanto operanti secondo i principi della collegialità, della democrazia e della partecipazione ed assunti “come valori fondanti del nostro ordinamento”, tanto da affermare che “la scuola senza partecipazione è come un motore senza olio”. (5) Cosa è cambiato? Dunque gli organi collegiali ora non “servono” più? Ma è questa davvero l’idea di chi opera nella scuola?

Occorre difendere la democrazia scolastica… ma chi lo sa in questo strano agosto che ancora deve finire? Rammentiamo che la circolare elezioni è stata già emanata (CM 42/14) e nonostante il richiamo in esordio al mancato intervento di modifiche di tipo legislativo degli organi collegiali a livello di istituzione scolastica, tutto apparirà normale e potrebbe essere difficile cogliere le implicazioni dell’art. 23 quinquies della L 114/14.

Intanto l’auspicio è che, rivisto nuovamente il Titolo V e superate le lamentate problematiche, si costituiscano organismi territoriali, anche volgendo lo sguardo a modelli come quello della provincia autonoma di Bolzano, fino ad ora forse non adeguatamente considerato sul piano nazionale.

 

Note

(1)  Edscuola.it Ripristino degli organi territoriali Quale modello per un governo del sistema.

(2)  orizzontescuola.it Nella riforma della PA si abroga il CNPI. Così salvano liceo quadriennale. Al via riforma organi collegiali 13/06/2014

(3)  orizzontescuola.it CNPI sarà ripristinato da un commissario ad acta 23/07/2014

(4)  flcgil.it CNPI: il Governo fa grandi pasticci pur di bloccare i ricorsi della FLC CGIL 01.08.2014

Edscuola.it CONVEGNO SCUOLA ORGANI COLLEGIALI – 10 MARZO 2004

La formazione e la Consulta Provinciale dei Genitori di Bolzano

La formazione e la Consulta Provinciale dei Genitori di Bolzano

di Cinzia Olivieri

 

Esperienze di formazione

Ancora una volta il Fonags rilancia la formazione dei genitori nel report della riunione del 3 giugno u.s.

Proprio di recente la Consulta Provinciale dei Genitori di lingua italiana di Bolzano, su proposta della sua tenace presidente, ha organizzato presso la Libera Università di Bolzano due eventi formativi con l’obiettivo di incentivare la partecipazione dei genitori e favorire un rapporto di costruttiva collaborazione tra scuola e famiglia necessaria per la condivisione della corresponsabilità educativa.

Il primo incontro, dal titolo La Scuola è per i nostri figli si è svolto il 15 marzo 2014 ed è stato dedicato alla formazione dei rappresentanti dei genitori nei consigli di istituto e dei presidenti dei comitati genitori delle scuole di ogni ordine e grado.

Al momento informativo sono seguiti Focus Group dedicati all’approfondimento di alcune tematiche quali la partecipazione attuale e futura, il ruolo dei genitori nella scuola ed il rapporto scuola – famiglia.

Positivamente sollecitata dall’apprezzamento dell’iniziativa, per soddisfare le manifestate istanze formative, il 17 maggio la Consulta ha quindi realizzato un nuovo incontro, rivolto stavolta a tutti i rappresentanti di classe e vertente sul tema Il difficile mestiere del rappresentante di classe: valorizzazione e competenza del ruolo” cheha visto una partecipazione numerosa ed interattiva.

 

Bolzano modello di partecipazione

I più recenti disegni di legge di riforma propongono un sistema di governance scolastica caratterizzato dall’autonomia statutaria sul modello trentino (LP 5/06)

La struttura partecipativa proposta dalla Legge Provinciale di Bolzano 18/10/1995, n. 20 è invece simile a quella nazionale, ma con elementi di diversità e maggiore completezza, essendo previsti collegamenti ed interazioni tra i vari organi.

In particolare, un aspetto distintivo significativo è costituito proprio dalla presenza, tra gli organi collegiali di ogni scuola di lingua italiana, tedesca e ladina, della Consulta Provinciale dei Genitori, con funzioni simili a quella degli studenti, composta da un genitore per ogni istituzione scolastica eletto dal comitato dei genitori ovvero designato dai rappresentanti dei genitori del consiglio di circolo di scuole dell’infanzia.

Com’è noto, invece, sul piano nazionale il dpr 567/96 (e successive modificazioni) ha inspiegabilmente escluso la Consulta dei Genitori dal sistema di rappresentanza, avendo previsto solo quella degli studenti.

Alle scuole autonome di Bolzano è rimessa la scelta del modello elettorale (art. 12), a livello nazionale disciplinato con ordinanza ministeriale. Infatti i consigli di circolo e di istituto determinano il ricorso al sistema delle elezioni in forma diretta o indiretta dei componenti del consiglio nonché le modalità di svolgimento di tutte le elezioni degli organi collegiali.

Il comitato genitori è organo presente in ogni istituzione (art. 10) e non facoltativo come nel nostro Testo Unico. Elegge nel suo seno il rappresentante della scuola nella Consulta Provinciale dei Genitori e concorre nell’organizzazione dell’elezione dei rappresentanti dei genitori nel consiglio di circolo o di istituto

Vi fanno parte i rappresentanti dei genitori in consiglio di istituto e in consulta provinciale dei genitori

Inoltre a titolo consultivo partecipano alle sedute del consiglio di circolo o d’istituto (art. 6) i presidenti dei comitati dei genitori e degli studenti ed i rappresentanti della scuola nelle consulte dei genitori e degli studenti

I presidenti del consiglio di circolo o di istituto, del comitato dei genitori e del comitato degli studenti possono poi essere invitati a partecipare, senza diritto di voto, persino alle sedute del collegio dei docenti (art. 4).

Questo consente un potenziale rapporto interattivo tra i diversi organi collegiali.

 

… e risorsa per la formazione

Ora che si torna a parlare di imminenti proposte in materia, occorrerebbe osservare con maggiore attenzione al modello partecipativo di Bolzano ed in particolare alla previsione della LP 12/00 per la quale “Le istituzioni scolastiche possono promuovere specifiche iniziative di informazione e aggiornamento destinate ai genitori…”(art. 10 comma 5).

Ancora una volta un ruolo fondamentale è svolto dal comitato genitori, il quale elabora il proprio programma di lavoro relativo ai contatti tra scuola e famiglia e all’aggiornamento dei genitori e sottopone le relative proposte al consiglio di circolo o di istituto, che delibera in merito e provvede al finanziamento …”(art. 10 comma 3).

Certamente la Consulta dei genitori di Bolzano saprà nuovamente sorprendere, grazie agli strumenti offerti dalla legge, con il programma formativo del prossimo anno.

Intanto queste informazioni dovrebbero sollecitare una riflessione in merito all’alternativa offerta dal sistema della Legge Provinciale di Bolzano alle attuali proposte in discussione…ed alle possibili future.

Tempo di vacanze e …di compiti a casa

Tempo di vacanze e …di compiti a casa

di Cinzia Olivieri

 

La circolare del 1964 per la secondaria “superiore”

Con la fine dell’anno scolastico si ripropone l’annosa e dibattuta questione dei compiti a casa e dell’esistenza di “norme” che li vieterebbero.

Già cinquant’anni fa la CM 20 n. 62/1964 interveniva in merito al sovraccarico segnalato in talune scuole secondarie “superiori”, sollecitando i Capi d’istituto ed i docenti a condividere “anche con riunioni del Consiglio di classe” misure idonee ad attribuire allo svolgimento dei compiti in classe il tempo necessario ed a dosare gli impegni di studio domestico.

Dunque, riconoscendo l’importanza formativa per lo studente di un ripensamento individuale attraverso il lavoro personale a casa, che concorre con l’azione didattica, la circolare ravvisava la necessità di realizzare il giusto equilibrio tra i due momenti della preparazione culturale.

 

Consigli di classe ed altri organi prima dei decreti delegati

Il richiamo al consiglio di classe può sorprendere, giacché la circolare ministeriale del 1964 precede di 10 anni i cosiddetti Decreti Delegati e la disciplina degli organi collegiali, all’interno dei quali si realizza la partecipazione alla scuola comunità.

Tuttavia in realtà già il RD n. 965/1924, intitolato “Ordinamento interno delle giunte e dei regi istituti di istruzione media” aveva previsto: (art. 37) il consiglio di classe, costituito dai professori di una classe e presieduto dal preside o “da uno dei professori delle materie più importanti della classe”; il collegiodei professori di un istituto, convocato e presieduto dal preside o dal facente veci (art. 27); il consiglio dei professori, di una disciplina e di quelle affini (art. 38), indetto dal preside per questioni riguardanti il loro insegnamento; il consiglio di presidenza (Art. 23), composto del preside, dal vice-preside e da uno dei professori di ruolo, eletto dal collegio dei professori negli istituti con almeno duecentocinquanta alunni per le deliberazioni di urgenza in questioni normalmente di sua competenza; nonché un consiglio di amministrazione (art. 104) per gestire la “cassa scolastica” sempre presieduto dal preside, in cui era contemplata la presenza, oltre che di professori della scuola, di padri di famiglia e di rappresentanti di speciali enti o istituti e i privati cittadini, che abbiano dimostrato interesse per l’istituzione.

Insomma l’idea di collegialità precede i decreti delegati come quella del coinvolgimento (seppure modesto in questa fase) delle famiglie.

 

Ancora circolari sui compiti a casa

Poco più di un anno dopo dalla prima, interviene una nuova disposizione, la CM n. 431/1965, la quale, nel diffondere la risposta del Ministero ad alcune interrogazioni parlamentari formulate con riferimento ai compiti scolastici da svolgere a casa, conferma preliminarmente l’orientamento della precedente, affermando espressamente: “L’attività di studio in ore extrascolastiche è, in una certa misura, ineliminabile, in proporzione naturalmente ben diversa a seconda dei vari ordini o gradi di scuola. Un ripensamento personale da parte del discente di ciò che a scuola è stato insegnato costituisce, infatti, una condizione insopprimibile per una vera assimilazione ed educazione al sapere”.

A tanto si aggiunge che non è possibile imporre drastici divieti, perché ciò interferirebbe con la responsabilità didattica dei docenti e risultano inopportune prescrizioni drastiche, giacché sono varie non solo le condizioni di insegnamento ma anche le esigenze delle famiglie.

Insomma, i compiti a casa non sono eliminabili né si possono imporre scelte didattiche. Tuttavia si ribadisce che un sovraccarico di impegni di studio, anche se concentrato solo in qualche giorno, risulterebbe dannoso “sia alla salute dei giovani, sia al processo di maturazione culturale”, ed è pertanto opportuno che i docenti condividano l’azione didattica nel consiglio di classe.

Nel 1969, la CM n. 177 avente ad oggetto: “Riposo festivo degli alunni. Compiti scolastici da svolgere a casa” sottolinea infine con incisività ed in maniera articolata l’importanza nel processo educativo del tempo libero e della possibilità di dedicarlo ad attività sportive, ricreative e artistiche, indispensabili alla crescita ed allo sviluppo della personalità.

La circolare, inoltre, considera la circostanza che i giorni di festa ed i prefestivi costituiscono occasioni per riunire le famiglie, libere da impegni di lavoro, e opportunità anche per trascorrere del tempo in ambienti diversi da quelli abituali.

Contestualmente il Ministero per la prima volta fornisce indicazioni più vincolanti disponendo che “agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo, di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo, in linea di massima, interrogazioni degli alunni, almeno che non si tratti, ovviamente, di materia, il cui orario cada soltanto in detto giorno. Si potrà del pari far luogo ad interrogazioni quando ciò sia richiesto dallo stesso interesse degli alunni, in vista di scrutini o di esami imminenti, ad esempio per poter riparare in caso di precedenti valutazioni sfavorevoli.”. L’interdizione appare quindi limitata al solo giorno successivo a quello festivo per le materie che non si svolgano solo in questo giorno e può essere derogata nell’interesse degli studenti

 

Collegialità e autonomia

In realtà la circolare del 1969 non spiega come questa disposizione possa conciliarsi con la responsabilità, ovvero con l’autonomia, dei docenti, a maggior ragione oggi, dopo che l’art. 4 del Dpr 275/99 ha stabilito che “Nell’esercizio dell’autonomia didattica le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni” adottando le forme di flessibilità che ritengono opportune.

Si aggiunge poi che in virtù dell’art. 5 del regolamento dell’autonomia ogni istituzione stabilisce adattamenti del calendario scolastico “in relazione alle esigenze derivanti dal Piano dell’offerta formativa”, nell’osservanza dei calendari regionali. L’orario complessivo del curricolo è quindi organizzato in maniera flessibile e, nel rispetto del monte ore annuale, le istituzioni articolano le lezioni in sei o in cinque giorni settimanali.

Inoltre, in particolare nell’ambito del primo ciclo, l’organizzazione del tempo scuola e le modalità orarie adottate ed adottabili possono variare e variano non solo tra scuole ma altresì nell’ambito della stessa istituzione scolastica, come si evince dal dpr 89/09, e tutto ciò quindi non potrà non influire sulla valutazione di opportunità in merito ai compiti a casa.

Pertanto ancora adesso resta il consiglio di classe, che ai sensi dell’art. 5 del dlgs 297/94 ha il compito “di agevolare ed estendere i rapporti reciproci tra docenti, genitori ed alunni”, il luogo idoneo a condividere a riguardo l’azione educativa, rinunziando ad attendere indicazioni ministeriali che si porrebbero in contraddizione con la predetta autonomia.

E la questione di immediato interesse pratico, che vede direttamente coinvolte scuola e famiglia, potrebbe costituire un’opportunità per dare contenuti concreti ed elaborazione realmente condivisa all’ormai meramente formale patto educativo di corresponsabilità (dpr 235/07) realizzando intese ed evidenziando un’alleanza che vada oltre il mero aspetto disciplinare.

Quale sistema di sanzioni nella scuola primaria e dell’infanzia

Quale sistema di sanzioni nella scuola primaria e dell’infanzia

di Cinzia Olivieri

 

Le sanzioni alla scuola primaria. Il Regio Decreto del 1928. La scuola dell’infanzia

 

A proposito di regole di disciplina e sospensioni di alunni della scuola primaria e persino dell’infanzia, la nota esplicativa del luglio 2008 ha precisato che i “destinatari delle norme contenute nello Statuto delle Studentesse e degli Studenti sono gli alunni delle scuole secondarie  di 1° e 2° grado. Per gli alunni della scuola elementare risulta ancora vigente il Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1927, salvo che con riferimento alle disposizioni da ritenersi abrogate per incompatibilità con la disciplina successivamente intervenuta. Le disposizioni così sopravvissute devono poi essere comunque “attualizzate” tramite la contestuale applicazione delle regole generali sull’azione amministrativa derivanti dalla L. n 241/1990”.  Infatti la comminazione di una sanzione costituisce l’esito di un procedimento amministrativo che deve essere informato ai principi della legge n. 241/1990. (1) Nessuna menzione invece di un modello sanzionatorio per la scuola dell’infanzia.

Nella scuola primaria operano dunque le norme ancora compatibili del Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (Regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare) che all’art. 412 individua la possibilità di utilizzare “secondo la gravità delle mancanze, i seguenti mezzi disciplinari:

I ammonizione;

II censura notata sul registro con comunicazione scritta ai genitori, che la debbono restituire vistata;

III sospensione dalla scuola, da uno a dieci giorni di lezione;

IV esclusione dagli scrutini o dagli esami della prima sessione;

V espulsione dalla scuola con la perdita dell’anno scolastico.”

Non è chiaro il vantaggio della scelta di cercare di attualizzare (operazione posta a carico delle singole istituzioni scolastiche) disposizioni tanto vetuste, piuttosto che adattare le norme dello Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria alle scuole di ogni ordine e grado.

Le profonde differenze da tra vecchio e nuovo. L’attualizzazione del Regio Decreto

 

L’elencazione del suddetto art. 412 è tassativa e sono vietate punizioni diverse.

Le prime tre tipologie di sanzioni sono inflitte dal maestro (Art. 413), le ultime due, quelle più gravi, dal direttore didattico governativo o comunale con provvedimento motivato.

Le pene che comportano l’allontanamento anche temporaneo dalla scuola possono essere eseguite solo previo avviso per iscritto alla famiglia (Art. 414).

Dunque non c’è coinvolgimento degli organi collegiali (inesistenti nel 1928) e solo per l’esclusione e l’espulsioneè stabilita la motivazione del provvedimento che con l’avviso alla famiglia costituiscono l’unica garanzia di pubblicità e trasparenza riconosciuta. Non è previsto contradditorio e diritto di difesa (principi garantiti dalla Costituzione – artt. 24 e 111 – approvata successivamente nel 1947), né il ricorso all’organo di garanzia interno e manca la previa verifica della sussistenza di elementi concreti e precisi dai quali si evinca la responsabilità disciplinare e la previsione di un percorso di recupero educativo.

Peraltro le sanzioni dell’esclusione e dell’espulsionepossono essere assimilate, nel sistema delineato dal dpr 235/07, a quelle adottate dal Consiglio d’istituto, contemplate nei casi C (Sanzioni che comportano l’allontanamento temporaneo dello studente dalla comunità scolastica per un periodo  superiore a 15 giorni), D (Sanzioni che comportano l’allontanamento  dello studente dalla comunità scolastica fino al termine dell’anno scolastico), E (Sanzioni che comportano l’esclusione dello studente dallo scrutinio finale o la non ammissione all’esame di stato conclusivo del corso di studi )della nota esplicativa del 2008 per fatti tali per la loro violenza e gravità da configurare una fattispecie astratta di reato e/o determinanti una concreta situazione di pericolo per l’incolumità delle persone.

È opportuno precisare che l’art. 97 c.p. dispone che «non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni». Trattasi di una presunzione assoluta ed insuperabile – in ragione della giovanissima età – di non imputabilità, che prescinde dall’accertamento della concreta capacità di intendere e di volere e che importa l’impossibilità di adozione nel minore di 14 anni di misure penali che implichino un addebito di responsabilità. Quindi bisogna essere prudenti nella concreta applicazione di tali sanzioni.

Inoltre sempre solo avverso l’esclusione e l’espulsione è ammesso “entro quindici giorni, reclamo all’ispettore scolastico, contro la cui decisione non è consentito alcun ricorso”. La figura andrà quindi adattata. Ma, ragionando analogicamente, questa possibilità può essere assimilata al ricorso al solo organo di garanzia regionale.

Insomma, è palese che trattasi di disposizioni ormai anacronistiche la cui attualizzazione richiede l’impegno degli organi scolastici.

Soluzioni per superare ed evitare conflitti tra norme e non solo

La questione a questo punto richiede una doppia riflessione: de iure condendo, per quanto attiene gli sviluppi normativi, e de iure condito, con riferimento alla disciplina esistente, anche perché la cronaca ci ha dimostrato quanto sia necessario regolare l’ambito disciplinare sin dalla scuola dell’infanzia.

Perciò, confrontando l’impianto normativo del Regio Decreto del 1928 e quello dello Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, per evitare una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei piccoli studenti della primaria e le inevitabili contestazioni avverso eventuali provvedimenti assunti, occorre tenere conto dell’evoluzione giuridica, come previsto dalla nota esplicativa del 2008.

Le disposizioni del regio decreto devono quindi essere integrate e coordinate con le successive modifiche normative ed in particolare: i principi costituzionali del diritto di contraddittorio e difesa; la potestà regolamentare, riconosciuta già dal Dpr 416/74 e quindi dal dlgs 297/94; il sistema partecipativo dei decreti delegati (poi dlgs 297/94) con il coinvolgimento necessario degli organi collegiali; i principi ispiratori del dpr 249/98 e successive modifiche adeguati a quelli di pubblicità, trasparenza e imparzialità della Pubblica Amministrazione della L 241/90; l’autonomia introdotta dall’art. 21 della L 59/97 e regolata dal dpr 275/99.

La verticalizzazione rende opportuna poi l’adozione in materia di una disciplina uniforme trasparente ed esaustiva in tutti i gradi di scuola, a partire da quella dell’infanzia, sebbene non contemplata d’obbligo nell’impianto dello Statuto, che tenga conto delle diverse età degli alunni.

La corresponsabilità educativa ha senso se condivisa con le famiglie sin dall’ingresso degli alunni nella scuola e non solo dalla secondaria di primo grado, escludendola così nella primissima infanzia.

E ciò è possibile proprio attraverso l’elaborazione e l’adozione di un regolamento di disciplina che tenga conto delle norme in vigore, elaborato con il coinvolgimento di tutte le componenti, che riguardi le istituzioni scolastiche autonome di ogni ordine e grado, compresa quella dell’infanzia, come del resto già avviene in alcuni istituti. Questo per quanto attiene il diritto esistente.

Sotto il profilo delle possibili riforme invece esemplarmente va ribadito che a Bolzano lo Statuto e dello Studente e della Studentessa è già norma generale valida per tutti i gradi di scuola.

Da quanto premesso se ne desume quindi che non solo sia in primo luogo auspicabile una modifica normativa che uniformi la disciplina dello Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, estendendola così come a Bolzano, ed affronti la questione disciplinare anche nella scuola dell’infanzia dirimendo qualsiasi dubbio in merito alla possibilità di irrogare anche qui sanzioni, ma altresì che si preveda uno Statuto dei genitori (2) che definisca i rapporti tra scuola e famiglia in maniera più chiara (in termini di diritto e dovere) di quanto abbia fatto l’ormai effimero “Patto educativo di corresponsabilità”.

12.06.14

 

….

(1)  per le sanzioni disciplinari in generale: Sanzioni, regolamenti e cellulari: spesso più occasioni di conflitto che opportunità di condivisione

(2)  40 anni di partecipazione; da lettera a una professoressa a lettera (aperta) a un genitore …

 

Sanzioni, regolamenti e cellulari

Sanzioni, regolamenti e cellulari: spesso più occasioni di conflitto che opportunità di condivisione

di Cinzia Olivieri

 

La corresponsabilità educativa

Sono sempre d’attualità le questioni relative alle sanzioni disciplinari ed alle modalità che deve adottare la scuola per comminarle, anche per evitare quelle occasioni di conflitto con le famiglie che spesso finiscono per occupare le pagine dei media.

Le modifiche apportate allo Statuto delle Studentesse e degli Studenti con il DPR n. 235/07 e la direttiva del marzo 2007 relativa all’uso dei cellulari e di altri dispositivi elettronici sono state ispirate dalla necessità di intervenire con maggiore incisività sui più gravi episodi di violenza e bullismo. Pertanto i loro contenuti sono analoghi e ribadiscono l’importanza che docenti e genitori vengano coinvolti in un’alleanza educativa che, nel sistema prefigurato, si esplica in particolare attraverso la redazione trasparente (e condivisa) del regolamento di disciplina e la sottoscrizione del “Patto” (art. 3 DPR 235/07).

Si afferma infatti contestualmente il principio della “corresponsabilità educativa” di scuola e famiglia. Compito della prima è “far acquisire non solo competenze, ma anche valori da trasmettere per formare cittadini” mentre l’autonomia scolastica dovrebbe costituire lo strumento per condividere con studenti, famiglie, territorio, il percorso per realizzare l’alleanza educativa e fare “cultura della legalità”. I genitori, ai quali la legge attribuisce  il dovere e diritto di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 Cost., artt. 147, 155, 317 bis c.c.)  si impegnano quindi a condividere con la scuola l’azione pedagogica.

 

Il procedimento disciplinare: la funzione delle sanzioni e i requisiti del regolamento

Le sanzioni hanno una funzione educativa e quindi sono dirette soprattutto a far comprendere agli studenti il disvalore sociale di atti che l’istituzione scolastica è chiamata in primo luogo a prevenire e non semplicemente a punire. Devono essere temporanee; ispirate a criteri di gradualità e di proporzionalità; per quanto possibile, finalizzate alla riparazione del danno e “poter tendere al recupero dello studente anche attraverso attività di natura sociale, culturale ed in generale a vantaggio della comunità scolastica tra le quali: volontariato, attività di segreteria e di ricerca; pulizia dei locali; piccole manutenzioni; riordino di cataloghi e di archivi; frequenza di corsi di formazione; produzione di elaborati che riflettano sugli episodi sanzionati.

Poiché il procedimento disciplinare è azione di natura amministrativa, vi si applicano i principi di imparzialità e trasparenza sanciti dalla Legge n. 241/90, assicurando “il diritto di difesa degli studenti e la snellezza e rapidità del procedimento,  all’esito del quale la sanzione disciplinare deve specificare in maniera chiara  le motivazioni che ne hanno reso necessaria l’irrogazione”. Per l’effetto, come chiarisce la nota esplicativa del 2008, i regolamenti devono individuare:

  1. le mancanze disciplinari;
  2. le sanzioni,  ispirate appunto ad una “finalità educativa e “costruttiva” e alla non interferenza tra sanzione disciplinare e valutazione del profitto;
  3. gli organi competenti a comminare le sanzioni;
  4. il procedimento, con particolare rilevanza alle fasi della contestazione di addebito, audizione, convocazione degli organi competenti, offerta di conversione;
  5. le procedure di elaborazione condivisa e sottoscrizione del Patto educativo di  corresponsabilità.

 

Le caratteristiche delle sanzioni

L’identificazione esatta dei comportamenti sanzionabili evita dubbi e possibili contestazioni, giacché l’azione biasimevole deve costituire la violazione di un preciso dovere e non basta che essa sia semplice fonte di fastidi o irritazioni se priva di quel disvalore che giustifichi l’applicazione di una conseguenza negativa.

La scuola dovrà quindi cercare di tipizzare con precisione quelle condotte individuate genericamente e/o a titolo esemplificativo dalle norme, alle quali il DPR n. 235/07 ricollega i provvedimenti disciplinari, classificati in: Sanzioni diverse dall’allontanamento temporaneo dalla comunità scolastica, non specificate neanche nella nota esplicativa del 2008 e quindi causa di maggiori incertezze e di più ampi margini di discrezionalità (pensiamo ad esempio alle più svariate note disciplinari che talvolta si leggono nei registri di classe); Sanzioni che comportano l’allontanamento temporaneo per un periodo  inferiore a 15 giorni, comminate dal Consiglio di Classe in composizione “allargata” e cioè con la presenza dei rappresentanti genitori e, nella secondaria di secondo grado, degli studenti; Sanzioni che comportano l’allontanamento temporaneo per un periodo  superiore a 15 giorni e/o fino al termine dell’anno scolastico e/o l’esclusione dello studente dallo scrutinio finale o la non ammissione all’esame di stato conclusivo del corso di studi, irrogate dal Consiglio di Istituto.

 

La conversione della sanzione. Confronto con lo Statuto di Bolzano

Il dpr 235 07 dispone che allo studente debba sempre essere offerta la possibilità di convertire la sanzione in attività in favore della comunità scolastica.

Sebbene tale previsione preceda (art. 4) la caratterizzazione delle sanzioni che importano l’allontanamento dalla comunità scolastica, per collocazione e contenuto deve intendersi di ordine generale, così finendo apparentemente per svuotarle di contenuto. Invero, se allo studente deve essere sempre offerta la possibilità di conversione questo allontanamento di fatto potrebbe non realizzarsi mai. Ecco perché anche in tal caso la scuola potrà ovviarvi tipizzando altresì le sanzioni alternative in riferimento ai singoli comportamenti puniti.

A Bolzano, invece, lo Statuto dello studente e della studentessa, approvato con la Deliberazione della Giunta Provinciale 21 luglio 2003, n. 2523, prevede chel’opportunità di conversione in attività a favore della comunità vada offerta allo studente solo “Se possibile”. Ciò impedisce l’effetto collaterale sopra descritto, con la diversa necessità di individuare previamente in quali casi possa o meno essere concessa tale possibilità.

 

Operatività del regolamento

Il regolamento deve essere rispettato all’interno della comunità scolastica. Ciò comporta che il regime sanzionatorio si applichi, anche nei casi più gravi che configurano astratte situazioni di reato, a comportamenti che si realizzano dentro la scuola, in quantoil dovere di vigilanza sugli alunni sussiste all’interno degli spazi scolastici. Tanto si evince con chiarezza in particolare nella direttiva del 2007 sull’uso dei cellulari che prevede che tanto il divieto di utilizzo – che peraltro sussiste anche per il personale docente (CM n. 362 del 1998) – quanto la possibilità di ritiro dello stesso operano solo in orario di lezione.

In caso di uso scorretto, il ritiro del telefono cellulare dovrà essere temporaneo ed intervenire solo (appunto) durante le ore di lezione. Non è consigliabile quindi operare un sequestro dello stesso fino al prelievo da parte del genitore, giacché una tale autoritaria e duratura apprensione di un bene personale, anche se prevista da regolamento, può costituire occasione di contrasto e contestazione.

Si sottolinea inoltre come il divieto riguardi il solo utilizzo scorretto e non la semplice detenzione. Inoltre sempre più spesso l’evoluzione tecnologica, che influenza anche la didattica, comporta la possibilità di far uso anche in classe di dispositivi elettronici.

Pertanto, come chiarito nel testo normativo, un uso improprio o una violazione del divieto di utilizzo comporterà, quindi, l’irrogazione delle sanzioni disciplinari appositamente individuate da ciascuna istituzione scolastica, nella sua autonomia, con il proprio regolamento, ed adeguate secondo il criterio di proporzionalità.

La questione riguarda altresì eventi, anche gravi, che dovessero coinvolgere gli studenti durante il loro tragitto verso casa e fuori dall’ambito scolastico, ovvero a mezzo internet (pensiamo al cyberbullismo).

Occorre rammentare che per il codice civile (art. 2048 c.c. e art. 147 c.c.), anche per quei comportamenti sanzionabili che dovessero realizzarsi durante l’orario scolastico, la culpa in educando può concorrere con le responsabilità del personale scolastico per culpa in vigilando in quanto i doveri di educazione che incombono sui genitori nei confronti dei figli non vengono meno solo perché il minore è affidato all’altrui vigilanza. Pertanto per liberarsi da responsabilità i genitori saranno tenuti a dimostrare di avere impartito al minore stesso un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti ed il personale scolastico di non aver potuto impedire il fatto compiuto dal minore durante la vigilanza.

A maggior ragione quindi nessuna responsabilità può gravare sulla scuola per episodi che si realizzano fuori dalla suddetta vigilanza a meno che non siano collegati al periodo di permanenza dello studente nella struttura scolastica come nel caso ad esempio di un filmato realizzato illegittimamente all’interno della stessa e in seguito divulgato ovvero anche allorquando l’immagine della scuola venisse apertamente lesa dal comportamento posto in essere dallo studente. In tali casi la scuola difficilmente potrebbe imporre sanzioni, se non direttamente coinvolta, senza incorrere in conseguenti impugnazioni di eventuali provvedimenti.

Inoltre è consigliabile disciplinare con attenzione, condividere e divulgare opportunamente le regole relative alla vigilanza all’uscita.

Bisogna aggiungere che dal sistema delle sanzioni previsto dal dpr 235 07 continuano ad essere esclusi gli alunni della scuola primaria, mentre a Bolzano lo “Statuto” (che peraltro contiene esplicita previsione (art. 3) delle regole relative alle verifiche in occasione di giorni festivi o sospensioni dell’attività didattica ed ai compiti a casa – tema pure di recente molto dibattuto) si applica a tutti i gradi di scuola (art. 5 comma 10).

 

Limiti del patto di corresponsabilità

Il punto debole di questo sistema è rappresentato proprio dal Patto educativo di corresponsabilità, che è idealmente distinto dal regolamento d’istituto (sebbene ormai ne faccia parte integrante).

Invero il regolamento è considerato un atto unilaterale della scuola verso gli studenti, vincolante con la sua adozione da parte del consiglio e la pubblicazione all’albo
e diretto a specificare i comportamenti consentiti, dovuti o vietati e le sanzioni per le violazioni. Diversamente il Patto dovrebbe essere condiviso tra scuola e famiglia diventando vincolante con la sua sottoscrizione.

A parte l’estrema labilità del vincolo, privo di reale coazione, nella sua immediatezza il Patto è stato utilizzato in particolare al suo esordio per richiamare i genitori alla responsabilità civile che può insorgere a loro carico per eventuali danni causati dai figli a persone o cose durante le attività didattiche. Insomma un monito al “chi rompe paga” anche con la previsione di sanzioni collettive (contrarie al principio della personalità della responsabilità e della pena).

Poi, la consapevolezza della sostanziale insuperabilità per via pattizia di disposizioni normative di grado superiore che subordinano la responsabilità, appunto sempre personale, al suo accertamento e l’entità del risarcimento alla quantificazione del danno, hanno ridotto l’interesse per questo strumento anche per la difficoltà a prevedere reali procedure di elaborazione condivisa, la cui disciplina è rimessa dal dpr 235 07 (comma 2 dell’art. 5 bis) al regolamento d’istituto. Idealmente pertanto la scuola potrebbe attribuire la competenza ad elaborare e modificare il Patto al Consiglio di istituto, dove sono rappresentate le diverse componenti della comunità scolastica, compresi i genitori e gli studenti ovvero attraverso l’istituzione di commissioni miste. Ma è noto che anche il regolamento di fatto prevalentemente viene sottoposto all’approvazione del consiglio senza previa reale condivisione. E dove manca una chiara disciplina prevale una prassi eterogenea.

Infatti l’art. 10 del Dlgs 297/94 si limita ad affermare che il consiglio di istituto “adotta” il regolamento, ma non fornisce indicazioni in merito al procedimento di elaborazione che non è previsto avvenga in forma condivisa. La forma verbale (“adottare”) poi, utilizzata anche per il POF dall’art. 3 del dpr 275/99 nonché per le “adozioni” dei libri di testo, più che di “approvazione” configura un atto di “scelta”. Pertanto di prassi la fase preparatoria è affidata a figure individuate. Il testo è poi portato a conoscenza dei consiglieri che possono, se vogliono, leggerlo e suggerire modifiche. Un processo di condivisione apparente o comunque formale perché privo di un reale confronto.

Quanto al momento di sottoscrizione del patto, l’art. 5 bis comma 1 dispone che questa debba avvenire, da parte dei genitori e degli studenti, “contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica”.  Com’è evidente, seguito delle iscrizioni on line, essa diventa meramente virtuale in questa fase e le scuole, nella parte relativa al proprio modulo, di prassi prevedono dei richiami. Pertanto, nell’ambito delle due settimane di inizio delle attività didattiche (art. 3 comma 3) dovrebbero porsi in essere le iniziative più opportune per la condivisione e la presentazione del patto di corresponsabilità. Il che, nella gran prevalenza dei casi, si realizza invece attraverso la semplice somministrazione del testo cartaceo in occasione del primo incontro con le famiglie, nonostante il recente rilancio del Patto attraverso le Linee di Indirizzo sulla partecipazione dei genitori e la corresponsabilità educativa del novembre 2012.

Diversamente a Bolzano lo Statuto, che non reca menzione del Patto di corresponsabilità, fornisce indicazioni maggiormente chiare in merito all’elaborazione condivisa del regolamento, stabilendo espressamente (art. 5) che il Consiglio d’Istituto definisca le infrazioni disciplinari e le relative sanzioni, tenuto conto delle proposte formulate dal collegio dei docenti, dai comitati dei genitori, nonché, nelle scuole superiori, delle proposte formulate dai comitati degli studenti e delle studentesse. Solo dopo l’approvazione di queste da parte del consiglio, le stesse vengono inserite nel regolamento interno e comunicate a tutti gli interessati. Un processo quindi che si conclude con un atto di approvazione e che prevede il coinvolgimento di tutte le componenti. Ovviamente poi tutto questo, idealmente previsto, dovrà essere concretamente realizzato nella pratica.

Da tanto si desume che solo attraverso un’elaborazione davvero condivisa e la massima divulgazione del regolamento e del Patto si eviteranno conflitti relativi alla loro applicazione in quanto “Non conoscenza e disinteresse si rinforzano a vicenda” (Audizione UCIIM 2004). Le norme ci danno spesso degli strumenti che poi non vogliamo o sappiamo utilizzare ed il processo di condivisione e coinvolgimento per lo più appare difficile, arduo e faticoso.