Ma avrà ancora un senso la scuola?

Ma avrà ancora un senso la scuola?

di Maurizio Tiriticco

 

La scolarizzazione! In Italia fin dalla conquistata Unità occorreva fare gli Italiani, dopo aver fatto l’Italia! Quindi istruzione elementare – almeno per i primi due anni – obbligatoria! E obbligatoria, soprattutto, la leva militare! Caspita! I Savoia dovevano dimostrare all’’Europa di possedere finalmente dei “regnicoli” che sapessero leggere e scrivere e, soprattutto, combattere! Non potevano essere da meno! Dalle Alpi alla Sicilia, più con le cattive che con le buone, occorreva quindi educare, formare e istruire – con le buone o, più spesso, con le cattive – sudditi che sapessero leggere, scrivere e far di conto, ma, soprattutto, ubbidire! Dopo secoli l’Italia finalmente non sarebbe più stata né serva né di dolori ostello, tanto meno bordello! Così, tra rastrellamenti e fucilazioni e, soprattutto, plebisciti sapientemente addomesticati, l’Italia fu fatta! Mancava Roma, ma prima o poi…. e il poi venne dopo Sedan – addio Secondo Impero napoleonico – quando Napoleone III non poté più garantire a Pio IX l’integrità dello Stato pontificio.

Comunque, questa Unità gli “italianizzati per forza” la pagarono cara, soprattutto al Sud, dove i Savoia saccheggiarono, umiliarono, depredarono e distrussero uno dei regni, quello borbonico delle Due Sicilie, tra i più avanzati d’Europa! Napoli era la terza città europea, dopo Londra e Parigi! E Torino? Mai conosciuta! Ed inventarono anche quella Questione meridionale con cui avrebbero ricercato e ritrovato tutte le giustificazioni socioantropologiche alla violenza della loro occupazione manu militari dell’Italia meridionale.

In una situazione politica così complessa, l’esercito – e i bersaglieri in primo luogo, che non mancavano mai un bersaglio – ebbero un ruolo fondamentale. Ma occorreva qualcosa in più, l’istruzione, ovviamente quella elementare e patriottica, Iddio, il Re e la Patria, appunto, un trinomio perfetto! E risuonarono così i mille tamburi dei romanzi storici, Ettore Fieramosca, Marco Visconti, L’assedio di Firenze, per non dire delle Confessioni di un Italiano e… dei Promessi Sposi… una turris eburnea, il trinomio fondante di Dio, Patria e Famiglia! E, per i più piccoli, quel Libro Cuore che tanti giovinetti italici avrebbe fatto piangere, tra vedette lombarde e tamburini sardi, e soprattutto, “educante” al nuovo Verbo della Patria e, soprattutto del Regno d’Italia! E quel Pinocchio sbarazzino che solo dopo tante disubbidienze finalmente diventerà un bambino vero… se ci fosse stato il Duce, sarebbe diventato un Balilla! Libro e moschetto fascista perfetto!

Quanti ingredienti, quanti contenuti culturali per la nuova scuola del nuovo Stato italiano! Un Ministero tutto dedicato alla Pubblica Istruzione! Che poi in epoca fascista sarebbe diventato “dell’Educazione Nazionale”. Non solo istruire, dunque, ma anche educare agli ideali fascisti!

Ma non voglio tirarla troppo in lungo! Ho voluto sottolineare soltanto che la scuola è sempre stata centrale nella politica di ogni governo, perché istruire all’uso di certe discipline, formare persone, educare a certi valori sono operazioni più necessarie che utili! Ma…

Ecco il problema di oggi! Leggere, scrivere e far di conto – senza nulla togliere alla preziosa azione delle maestre (pare che i maestri non esistano più) – sono operazioni che il “sociale”, o meglio, i social oggi favoriscono e incrementano, a volte fino ad usurpare – se se può dir così – il naturale ruolo della scuola. La sofferenza di tanti alunni delle scuole superiori, fino ai 19 anni di età!!!, e dei loro insegnanti – tranne le dovute, ma rare eccezioni – non è un fenomeno di poco conto! In una società in cui le informazioni sovrabbondano e che sollecitano di fatto “conoscenze”, “abilità”, se non vere e proprie “competenze” nel leggere, scrivere e far di conto, il ruolo della scuola – per come è organizzata e per i fini che persegue – mi sembra fortemente aggredito.

La riduzione di un anno dei nostri studi secondaria è cosa necessaria, anche perché è ridicolo tenere sui banchi cittadini maggiorenni. Però, deve costituire la prima occasione per cominciare a ripensare a come è strutturato e organizzato OGGI l’intero “Sistema nazionale di Educazione, Formazione ed Istruzione”. Non sarebbe interessante riprendere alcune delle indicazioni dei descolarizzatori degli anni Settanta, allora ingenuamente avveniristiche, ma che oggi si inseriscono in una società in cui le strumentazioni cognitive di base sembrano allocate al sociale più che ad una istituzione ad hoc?

Ho sempre pensato e scritto che le tre C, a) la Campanella (i tempi predeterminati per ciascuna disciplina), b) la Classe di età (strumento creato per promuovere e bocciare, come se il tempo di uno studente si possa replicare, come siamo soliti rimettere gli orologi), c) la Cattedra oraria (due ore di inglese a settimana per dieci anni e più… ma nessuno dei nostri studenti parla inglese), o meglio l’organizzazione dei tempi della scuola è tale da limitare l’efficienza e l’efficacia di qualsiasi azione mirata all’apprendimento.

Per concludere, viene da chiedersi: la scuola, per come è organizzata, è una organizzazione che veramente Educa, Forma ed Istruisce come si vorrebbe, stante l’impegno che nel lontano ’99 abbiano assunto con il Regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche? Se la sperimentazione dei quattro anni è un primo passo per sperimentazioni più coraggiose ed avanzate, ben venga! Purché investano il senso stesso che una “scuola” ha oggi in una società avanzata!

I DOCENTI SICILIANI TORNINO A INSEGNARE IN REGIONE

MOBILITÀ, FGU-GILDA: “I DOCENTI SICILIANI TORNINO A INSEGNARE IN REGIONE”
“La Federazione Gilda-Unams della Sicilia ritiene inammissibile che l’amministrazione scolastica si ostini a non voler trovare concrete soluzioni giuridiche per porre fine ad un esodo forzato ed ingiusto, creato ad arte per coprire cattedre vuote al Nord, quando al Sud ve ne sono altrettante libere”. È quanto dichiara Loredana Lo Re, coordinatrice regionale della FGU, in merito al blocco delle assegnazioni provvisorie per i 2mila insegnanti siciliani trasferiti al Nord in seguito alle assunzioni avvenute con la legge 107/2015.
“Il 26 luglio scorso – ricorda Lo Re – non abbiamo siglato il contratto integrativo regionale, in linea di continuità con il rifiuto della Gilda degli Insegnanti di firmare il contratto integrativo nazionale sulla mobilità dell’11 aprile scorso. Diversamente dalle altre sigle sindacali, la FGU, ben consapevole che quel contratto avrebbe determinato forti limitazioni alla mobilità del personale docente, ha posto il proprio netto rifiuto, né tantomeno ha sottoscritto l’accordo a latere sulla chiamata diretta. Gli insegnanti siciliani, come tantissimi docenti del Sud d’Italia, sono stati costretti ad emigrare forzatamente in altre regioni italiane e adesso – afferma Lo Re – di fronte alla totale chiusura dimostrata dall’Usr Sicilia, chiediamo con forza al presidente della Regione Crocetta e all’assessore all’Istruzione Marziano la convocazione di un incontro urgente con la ministra Fedeli per mettere in campo un intervento ad hoc per la scuola siciliana”.
“Non è possibile – conclude la coordinatrice regionale della FGU – che migliaia di docenti debbano pagare lo scotto di un accordo iniquo che assegna soltanto il 30%  dei posti ai movimenti fuori provincia e il 10% alla mobilità professionale e nessuna soluzione per i posti in deroga su sostegno. Una risposta adeguata rispetto a questi due punti nevralgici dell’intesa avrebbe sicuramente garantito il rientro dei docenti nelle proprie provincie”.   

IN ALTO ADIGE DOCENTI ITALIANI DISCRIMINATI

SCUOLA: URZÌ (CENTRODESTRA), IN ALTO ADIGE DOCENTI ITALIANI DISCRIMINATI

 

“In Alto Adige è in corso una grave discriminazione a danno dei docenti precari di lingua italiana”. A denunciarlo è Alessandro Urzì, rappresentante del centrodestra altoatesino, consigliere della provincia di Bolzano e della Regione Trentino Alto Adige con il movimento l’Alto Adige nel Cuore.

“Gli insegnanti precari della scuola in lingua italiana della provincia di Bolzano sono gli unici esclusi dal piano nazionale di assunzioni previsto dalla legge nazionale Buona Scuola”, spiega Urzì. “A tutelare le persone di lingua italiana all’interno della Giunta dovrebbe esserci l’unico assessore di lingua italiana, Christian Tommasini del Pd, un assessore che finora non è riuscito a chiedere ai suoi colleghi di lingua tedesca una soluzione ad una questione come questa, che si protrae ormai da molti anni con insegnanti precari da oltre vent’anni”.

“A parità di requisiti – attacca il rappresentante del centrodestra altoatesino – in tutte le altre province d’Italia altri insegnanti hanno firmato il contratto a tempo indeterminato mentre in Alto Adige la Provincia di Bolzano lascia questa categoria completamente abbandonata a se stessa. Un assessore del Pd che si rifiuta di accettare una soluzione voluta dal governo Renzi perché non accettata dalla Svp”.

“Per questi docenti – afferma Urzì – oltre alla condanna alla precarietà, c’è anche l’impossibilità a trasferirsi in altre province dove le cattedre da destinare al ruolo ci sarebbero e tutto mentre l’Alto Adige accoglie gli insegnanti del resto d’Italia che chiedono il trasferimento a Bolzano, a patto ovviamente che ciò avvenga nella sola scuola italiana, perché in quella di lingua tedesca è necessario il requisito della madrelingua tedesca. Una disparità ingiusta che i docenti dell’Alto Adige non vogliono accettare”.

Lo comunica in una nota l’ufficio stampa di Alessandro Urzì, consigliere della provincia di Bolzano e della regione Trentino Alto Adige con il movimento l’Alto Adige nel Cuore.

C. Sanchez, La voce invisibile del vento

“La voce invisibile del vento” un romanzo di Clara Sanchez

di Mario Coviello

Dopo il grande successo anche in Italia de “Il profumo delle foglie di limone”, il Corriere della sera pubblica in questo mese di agosto ogni settimana un romanzo della scrittrice spagnola Clara Sanchez.

Il titolo originale de “ La voce invisibile del vento”, molto più azzeccato a mio parere, è “ Presentimentios”, Presentimenti.

Se ci sentiamo perduti, abbandonati da tutti, di chi scegliamo di fidarci? Quali sono le sensazioni che il nostro corpo ci trasmette? Possiamo fidarci dell’intuito, del buon senso, della memoria? La nostra mente può ingannarci? I nostri ricordi possono sfumare così facilmente e confondersi e confonderci? Protagonista in questa romanzo è una coppia formata da Julia, che lavora nel bar di un albergo a Madrid e Felix, che fa l’investigatore privato per una compagnia di assicurazione. I due hanno avuto da poco un bambino Tito. Con loro la madre di Julia Angelita e Marcus, un giovane dal fascino misterioso che scopriremo amante di Julia.

Julia sembra non essersi ripresa dal parto, appare stanca, non fa che dormire e anche il piccolo ha bisogno di sole e mare. Decidono così di affittare un appartamento a Las Marinas.

Julia ha dimenticato di comprare il latte per il piccolo, esce e non fa più ritorno a casa. Inizia per i due protagonisti un incubo che richiede ad entrambi di fare un bilancio della loro vita.

Julia ha avuto un incidente ed entrata in coma.Il lettore con angoscia segue i suoi sforzi per tornare a casa dai suoi cari. Felix fa di tutto per risvegliare la moglie dal coma, anche cercare di direzionare i sogni di lei, influenzandoli con ogni cosa crede giusta. Arriva a intraprendere la scelta più difficile che un uomo possa fare. Indaga, soffre, scava nella vita e nei segreti di sua moglie. Si chiede cosa la rendesse veramente felice, quali fossero le sue priorità e se lo avesse mai realmente amato. Lui è certo di amarla e per questo vuole salvarla , nonostante la tentazione, la vulnerabilità e le insicurezze proprie di un animo che soffre.

Quando amiamo, forse è l’insicurezza o forse altro a farci tenere sempre la porta aperta verso il dubbio che le cose possano essere diverse da come ci sembrano.

Il romanzo racconta alternativamente dalla parte di ciascuno dei protagonisti gli sforzi per ritrovarsi. E per trecento cinquanta pagine, avvinti da una scrittura piana, seguiamo il loro affannoso cammino alla ricerca del senso del loro rapporto d’amore.

“La voce invisibile del vento “ è un romanzo molto intimo, che fa riflettere sull’esistenza che conduciamo ogni giorno, fatta di piccoli e ripetitivi gesti, cui non diamo più importanza. La nostra mente, in tutto questo processo ricco di vita, cosa fa? Che azioni ci porta a compiere? La nostra coscienza può essere la risposta? E l’amore che ruolo ha nella nostra vita?

Clara Sanchez ci invita al perdono e alla memoria per non perdere quello che si ha di più caro. ” Abbiamo bisogno di desiderare, amare e avere progetti per essere ricompensati. E’ uno dei meccanismi della sopravvivenza.”

Con Julia la Sanchez suggerisce al lettore di dare valore alle piccole cose, ai gesti quotidiani di affetto, comprensione, agli odori, ai sapori, colori che danno senso e significato alla nostra vita.

Con Felix impariamo a guardare le persone e a coglierne nei dettagli le caratteristiche “ La verità è che non è facile sapere come arrivare a ciò che si vuole, né quando si dorme, né quando si è svegli…”

Julia e Felix si sentono e si ritrovano nei sogni che in questo romanzo sono fondamentali. Attraverso la riflessione sui suoi sogni Felix diventa meno prevedibile, più interessante, più capace di lasciarsi andare, e Julia impara ad essere più forte e capace di “uccidere” il fascinoso Marcus che l’ha soggiogata.

Diploma a quattro anni, candidature delle scuole entro il 30 settembre

da Il Sole 24 Ore 

Diploma a quattro anni, candidature delle scuole entro il 30 settembre

di Alessia Tripodi

Cento classi dei licei e istituti tecnici sperimenteranno il diploma in 4 anni. Lo prevede il decreto firmato nelle scorse settimane dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che dà il via ad un Piano nazionale di sperimentazione per “accorciare” la durata degli studi e permettere agli studenti di uscire da scuola a 18 anni, come già accade da tempo in diversi paesi europei. L’idea, oggetto di alcuni esperimenti negli anni passati, era stata rilanciata dall’ex titolare del Miur, Stefania Giannini. Accantonata con la crisi del governo Renzi, è stata ripresa dalla Fedeli.

Il progetto del Miur
Il bando nazionale per la presentazione dei progetti sperimentali sarà pubblicato a fine agosto dal Miur e le scuole – sia statali che paritarie – potranno candidarsi dal 1° al 30 settembre. Saranno previsti criteri comuni per la presentazione dei progetti, così da «rendere maggiormente valutabile l’efficacia della sperimentazione», spiega il Miur in una nota. Si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante e un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute. Le proposte, si legge ancora nella nota, dovranno distinguersi per «un elevato livello di innovazione», in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (ovvero lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.

Nessuno “sconto” per gli studenti
Agli studenti, sottolinea Viale Trastevere, dovrà essere garantito entro il quarto anno di studi il raggiungimento di«tutti gli obiettivi specifici di apprendimento» del percorso di studi scelto. E l’insegnamento di tutte le discipline sarà garantito anche potenziandone eventualmente l’orario.
Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e ogni anno produrrà una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Il Comitato sarà nominato dalla ministra dell’Istruzione e dovrà individuare le misure di accompagnamento e formazione a sostegno delle scuole coinvolte nella sperimentazione. A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale.

Diploma a 18 anni in molti Paesi Ue
In diversi paesi europei, tra cui Spagna, Francia, Regno Unito, Portogallo, Ungheria, Romania, gli studenti concludono già le superiori a 18 anni. In Finlandia il diploma arriva ancora prima, a 17 anni.
Mentre in Germania, per esempio – spiega un rapporto della Uil Scuola sulla durata degli studi in Ue – l’obbligo di istruzione è dai 6 ai 16 anni a tempo pieno, e a tempo parziale fino a 19. La scuola primaria dura 4 anni e la scuola secondaria inferiore, a indirizzi diversificati, dura 6 anni. Mentre la secondaria superiore è generalmente triennale ed alcune filiere possono essere frequentate in alternanza scuola lavoro.

Niente nido e infanzia per i bambini “no vax”

da Il Sole 24 Ore 

Niente nido e infanzia per i bambini “no vax”

di Al. Tr.

Niente nido e scuola dell’infanzia per i bambini “no vax”. La conferma è contenuta nella seconda circolare operativa sul decreto che ha reintrodotto l’obbligo vaccinale a scuola (per 10 vaccini) diffusa ieri dal ministero della Salute. Il divieto di iscrizione scatta anche in caso di versamento della sanzione: la multa infatti – chiarisce il dicastero guidato da Beatrice Lorenzin «estingue l’obbligo della vaccinazione, ma non permette comunque la frequenza, da parte del minore, dei servizi educativi dell’infanzia, sia pubblici sia privati, non solo per l’anno di accertamento dell’inadempimento, ma anche per quelli successivi, salvo che il genitore non provveda all’adempimento dell’obbligo vaccinale». Nessun divieto, invece, per la scuola dell’obbligo (dalla primaria in poi). Va ricordato, tuttavia, che da settembre partirà una fase transitoria di applicazione delle nuove disposizioni, necessaria anche a dare a istituti scolastici e Asl il tempo di coordinarsi. Da settembre, quindi, i genitori potranno autocertificare l’avvenuta vaccinazione (o l’esenzione) impegnandosi a presentare la necessaria documentazione entro il 10 marzo 2018.

La circolare spiega inoltre che «le vaccinazioni obbligatorie possono essere omesse o differite ove sussista un accertato pericolo per la salute dell’individuo, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate che controindichino, in maniera permanente o temporanea, l’effettuazione di una specifica vaccinazione o di più vaccinazioni». Condizioni cliniche che «devono essere attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta – dice ancora la circolare – e coerenti con le indicazioni fornite dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità». Per chi è immune per aver contratto la malattia, precisa, in aggiunta, il ministero, la possibilità di omettere la vaccinazione deve essere provata presentando copia della notifica di malattia infettiva effettuata alla Asl dal medico curante, oppure producendo l’attestazione di «avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale» rilasciata sempre dal medico di base o dal pediatra.

Le scuole hanno il compito di acquisire la documentazione relativa all’obbligo vaccinale e devono segnalare alle Asl eventuali mancanze. Per comprovare l’avvenuta vaccinazione potrà essere presentata una dichiarazione sostitutiva. Per nidi e infanzia la documentazione va presentata entro il 10 settembre; entro il 31 ottobre per gli altri gradi di istruzione.

Scuola, in tre anni persi centomila alunni: quest’anno 33mila bambini in meno

da la Repubblica

Scuola, in tre anni persi centomila alunni: quest’anno 33mila bambini in meno

I dati del Miur: il calo dovuto al crollo demografico anche dei bambini di origine straniera. A rischio gli organici

Le scuole statali italiane si svuotano: meno 100mila alunni in appena un triennio. Anche l’anno scolastico ormai alle porte è contrassegnato da un calo di bambini e ragazzi: 33mila in meno rispetto al 2016/2017, secondo le stime ministeriali comunicate ai sindacati della scuola nei giorni scorsi. Un trend, quello del decremento progressivo di scolari e studenti, che appare ormai inarrestabile e con cui dovranno fare i conti al ministero dell’Istruzione soprattutto per ciò che concerne il reclutamento. Del resto, le previsioni dell’Istat confermano questa tendenza che nei prossimi decenni assumerà dimensioni ancora più consistenti. Il calo della popolazione scolastica italiana è dovuto all’interruzione della crescita degli alunni stranieri nelle classi italiane. L’ultimo report ministeriale sui figli di genitori non italiani ha confermato che il loro numero non cresce più come una volta. Anzi, nei prossimi anni è previsto anche un calo. Mentre i compagni italiani, per effetto del calo delle nascite, decrescono ormai da diversi anni.
In passato, il numero complessivo di alunni presenti tra le mura scolastiche del Belpaese si è incrementato ugualmente per via della vorticosa crescita di bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana. Ma adesso siamo al punto di svolta. Nel 2015/2016 il Miur certificò un calo della popolazione scolastica di quasi 20mila unità. L’anno successivo – il 2016/2017 i vuoti ammontarono a 46mila unità e il prossimo anno a 33mila. Quasi 100mila alunni in meno, come se fosse sparita di botto l’intera dotazione di alunni di Molise e Basilicata. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, i prossimi anni saranno contrassegnati da ulteriori contrazioni della popolazione scolastica italiana.
Partendo dalle previsioni Istat della popolazione residente in età scolare (3-18 anni), fra cinque anni il calo degli alunni potrebbe attestarsi sulle 361mila unità e fra 10 anni sulle 774mila unità. Un tracollo che renderebbe difficile il turnover complicato dalla legge Fornero, che ha introdotto il doppio paletto per lasciare la cattedra (età e periodo contributivo) e dall’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, argomento in questi giorni al centro del dibattito politico-sindacale. Per “piccoli decrementi”, finora, viale Trastevere si è limitato a confermare gli organici degli anni precedenti, utili a diminuire anche il numero degli alunni per classe. Ma in futuro le cose potrebbero cambiare.

Perché, qualunque sia la dimensione della contrazione degli alunni, questa determinerà quasi certamente un taglio degli organici con tantissimi esuberi. Una prospettiva che renderebbe oltremodo complesso assumere nuovi docenti: sia dalle graduatorie dei precari, sia dai concorsi.

Vaccini: insegnanti, state attenti a trattare i dati

da La Tecnica della Scuola

Vaccini: insegnanti, state attenti a trattare i dati

 

Il provvedimento sull’obbligo dei vaccini sta aprendo un problema dopo l’altro.
Alcuni nostri lettori ci hanno segnalato una questione di cui avevamo già parlato e sulla quale ora ritorniamo.

I lettori che ci hanno scritto nelle ultime ore ci spiegano che i loro dirigenti intendono coinvolgerli nelle operazioni di controllo della documentazione che verrà esibita dalle famiglie e ci chiedono se questo sia regolare.
Per il momento tralasciamo gli aspetti di natura contrattuale (l’incarico deve essere retribuito? e se sì, in che misura? è obbligatorio accettarlo ? ecc…)
Ci vogliamo per ora soffermare sugli aspetti legati alla normativa sulla privacy.
E’ opportuno dunque che i docenti sappiano che maneggiare le dichiarazioni delle famiglie potrebbe voler dire anche dover trattare dati sensibili.
Facciamo un esempio concreto: la circolare ministeriale prevede che le famiglie possano consegnare alla scuola il certificato medico che attesta il fatto che l’alunno ha contratto questa o quella malattia e che quindi non è più necessaria la vaccinazione.
Un certificato del genere, ovviamente, contiene un dato sensibile che riguarda le condizioni di salute del bambino (abbiamo fatto un esempio semplice, ma ci possono essere casi ancora più delicati).

Ora, il fatto è che il trattamento di dati sensibili deve essere regolamentato con molta precisione e, in considerazione delle polemiche che il provvedimento di legge ha già suscitato, non si può escludere che ci siano famiglie che vorranno passare all’azione con esposti, ricorsi e così via.
Per evitare di essere coinvolti in vicende sgradevoli (la violazione delle norme sulla privacy integra anche ipotesi di natura penale) è bene che i docenti prendano qualche precauzione.
I docenti che decidono di collaborare al controllo dei dati è bene che chiedano che l’incarico venga formalizzato con un provvedimento scritto nel quale vengano chiaramente indicate le operazioni autorizzate e soprattutto le concrete modalità operative.
Ma ci sono anche altre situazioni che vanno considerate. Per esempio, nel caso in cui una famiglia consegni direttamente un certificato al docente per il successivo inoltro alla segreteria (questo può accadere nelle scuole dell’infanzia dove il rapporto insegnanti/genitori è più diretto) può essere opportuno inserire il certificato in una busta, chiudere la busta e – per maggior sicurezza – far controfirmare la busta chiusa al genitore stesso.
Si tenga conto che il trattamento di dati sensibili è comporta responsabilità di non poco conto e adottare qualche precauzione non è certamente superfluo.

Docenti, andare in esubero diventerà la regola: in 10 anni -700mila alunni

da La Tecnica della Scuola

Docenti, andare in esubero diventerà la regola: in 10 anni -700mila alunni

 

Chi oggi decide di fare l’insegnante non è proprio fortunato: troppi fattori gli “giocano” contro. E anche chi è di ruolo ha poco da sorridere.

Al turn over ridotto ai minimi termini, per via dell’età di pensionamento portata progressivamente sempre più vicino ai 70 anni, e al reclutamento sempre più selettivo (vedere l’ultimo concorso a cattedra) e lungo (vedere il nuovo reclutamento che per gli idonei alla cattedra prevede una formazione pre-ruolo lunga tre anni), si aggiunge ora un’altra brutta tegola: il numero degli alunni in continuo calo.

Il risultato di questi fattori incrociati o sovrapposti, è che non solo si produrranno probabili tagli agli organici, con meno posti disponibili per le nuove leve di docenti, ma diventerà pure molto più facile di oggi perdere la titolarità.

Secondo Repubblica “quello del decremento progressivo di scolari e studenti” è un processo che “appare ormai inarrestabile e con cui dovranno fare i conti al ministero dell’Istruzione”.

I dati, purtroppo, sono ufficiali e provengono dal Miur. “Nel 2015/2016 – scrive il quotidiano romano – il Miur certificò un calo della popolazione scolastica di quasi 20mila unità. L’anno successivo – il 2016/2017 i vuoti ammontarono a 46mila unità e il prossimo anno a 33mila. Quasi 100mila alunni in meno, come se fosse sparita di botto l’intera dotazione di alunni di Molise e Basilicata”.

Anche il futuro si prospetta con questa tendenza. “Secondo l’Istituto nazionale di statistica, i prossimi anni saranno contrassegnati da ulteriori contrazioni della popolazione scolastica italiana”.
A ben vedere, inoltre, la novità non sta nella riduzione di nascita tra la popolazione italiana, ormai appurata da tempo. “Il calo della popolazione scolastica italiana è dovuto all’interruzione della crescita degli alunni stranieri nelle classi italiane”: anche su questo fronte, “nei prossimi anni è previsto anche un calo”.
I numeri negativi delle iscrizioni scolastiche sono davvero considerevoli: “Partendo dalle previsioni Istat della popolazione residente in età scolare (3-18 anni), fra cinque anni il calo degli alunni potrebbe attestarsi sulle 361mila unità e fra 10 anni sulle 774mila unità”.
Veniamo ora alle conseguenze. Sulle quale sempre Repubblica fa un accenno: siamo dinanzi ad un “tracollo che renderebbe difficile il turnover complicato dalla legge Fornero, che ha introdotto il doppio paletto per lasciare la cattedra (età e periodo contributivo) e dall’innalzamento progressivo dell’età pensionabile, argomento in questi giorni al centro del dibattito politico-sindacale”.
“Per “piccoli decrementi”, finora, viale Trastevere si è limitato a confermare gli organici degli anni precedenti, utili a diminuire anche il numero degli alunni per classe. Ma in futuro le cose potrebbero cambiare”.
La conclusione è ovvia: la forte riduzione degli alunni “determinerà quasi certamente un taglio degli organici con tantissimi esuberi. Una prospettiva che renderebbe oltremodo complesso assumere nuovi docenti: sia dalle graduatorie dei precari, sia dai concorsi”. Appunto.

Obbligo vaccini: il Parlamento non sa come funziona la scuola?

da La Tecnica della Scuola

Obbligo vaccini: il Parlamento non sa come funziona la scuola?

 

Le disposizioni sull’obbligo vaccinale potrebbero incontrare un primo importante ostacolo già fra pochi giorni.
Entro il 10 settembre, infatti, le famiglie dei bambini iscritti alle scuole dell’infanzia statali, paritarie e private dovranno consegnare la certificazione attestante le vaccinazioni effettuate o, in alternativa, una dichiarazione sostitutiva con l’impegno di presentare la documentazione entro il prossimo mese di marzo.
Ora, è del tutto evidente che per poter ottemperare  questo obbligo le famiglie dovranno essere adeguatamente informate al più presto dalle scuole che entro il 20 settembre dovranno trasmettere alle ASL gli elenchi dei bambini non in regola che però nel frattempo non potranno frequentare.
Si dirà: e che ci vuole mai? Basta inviare una mail a tutte le famiglie.
E’ vero, ma è proprio qui che nascono i problemi: siamo sicuri che tutte le famiglie dispongano di un indirizzzo di posta elettronica?
E siamo sicuri che le scuole abbiano già predisposto una mailing list per semplificare l’invio delle comunicazioni?

Il fatto è che la data del 10 settembre è fissata dalla legge e precisamente dall’articolo 5 e quindi disporre una deroga mediante una semplice circolare non è semplice.
A questo punto si pone però una questione molto delicata: le famiglie che, per un motivo o per l’altro, non consegneranno nessuna certificazione o dichiarazione entro il 10 settembre vedranno i loro figli immediatamente esclusi dal servizio?
E fuori discussione che si tratta di un bel pasticcio che si poteva tranquillamente evitare prevedendo scadenze meno ravvicinate. Cosa sarebbe cambiato se il termine fosse stato fissato al 30 settembre, in modo da consentire alle scuole di informare le famiglie dopo l’avvio delle attività didattiche utilizzando un semplice foglio informativo che certamente tutti leggono?
Francamente c’è da chiedersi se i parlamentari e i tecnici delle Camere che rivedono i testi normativi prima che vengano sottoposti al voto definitivo abbiano una mezza idea di come funziona il sistema scolastico italiano.

Graduatorie di istituto docenti: quando e come fare reclamo

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie di istituto docenti: quando e come fare reclamo

 

Dal 21 agosto 2017 gli Uffici territoriali del Miur hanno disposto la pubblicazione delle graduatorie provvisorie dei docenti e del personale educativo per il 2017-2002.

Entro 10 giorni dalla pubblicazione ufficiale delle graduatorie provvisorie c’è tempo 10 giorni per proporre eventuali reclami. Il reclamo deve esserepresentato alla scuola capofila.

Per presentare reclamo è possibile utilizzare questo fac-simile, che può essere presentato a mano (con ricevuta) o per raccomandata con ricevuta di ritorno o anche mediante PEC.

La scuola capofila può eventualmente indicare modalità alternative, che quindi è opportuno verificare preventivamente.

Vaccini: 67 quintali di carta per una (inutile?) autocertificazione

da Tuttoscuola

Vaccini: 67 quintali di carta per una (inutile?) autocertificazione 

Non è nemmeno suonata la prima campanella che già quintali di carta e tanta burocrazia attendono le scuole. Entro il 16 novembre prossimo, infatti, un milione e 400 mila operatori scolastici, supplenti temporanei compresi (come precisato a suo tempo da Tuttoscuola), tra docenti e personale Ata delle scuole pubbliche e private, dovranno presentare alle loro segreterie scolastiche l’autocertificazione sulla propria posizione vaccinale.

Un’autocertificazione che in realtà si risolverà soltanto come un adempimento burocratico, destinato a intasare le segreterie delle scuole, con l’aggiunta di un carico organizzativo non necessario che va ad aggiungersi ai tanti che affliggono la scuola italiana.

Sotto la personale responsabilità, il personale scolastico dovrà dichiarare quali delle dieci vaccinazioni obbligatorie previste dalla nuova legge 119/2017 sulla prevenzione vaccinale hanno effettuato a suo tempo oppure indicare per ciascuna di esse l’eventuale “non ricordo”. Tutto questo attraverso il modello di autocertificazione predisposto dal Miur (allegato n. 2 della circolare ministeriale del 16 agosto 2017) che va compilato su foglio cartaceo e sottoscritto in presenza (o inviato con copia di un documento di identità).

La circolare non chiarisce quali conseguenze ci sarebbero nel caso il dipendente rispondesse con una serie di “non ricordo”. Probabilmente nessuna.

Secondo i calcoli di Tuttoscuola, per un milione e 400 mila operatori dovrebbero servire 2.800 risme di carta (500 fogli l’una, grammatura 80); considerato che una risma pesa circa 2,4 chili, si utilizzeranno 67 quintali di carta, prodotti da 175 alberi.

Dalla circolare inviata alle scuole lo scorso 17 agosto relativa all’obbligo vaccinale per la frequenza a scuola, Tuttoscuola ha tratto una guida utile non solo al personale scolastico, ma anche a genitori e studenti che sintetizza procedure e scadenze. Per visionarla cliccare qui.

Dal bando del concorso DS in arrivo all’Erasmus alle superiori: tutte le novità del nuovo anno scolastico

da Tuttoscuola

Dal bando del concorso DS in arrivo all’Erasmus alle superiori: tutte le novità del nuovo anno scolastico 

Ad elencarle una per una è la stessa ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in un’intervista al Sole24Ore. Le novità del nuovo anno scolastico ormai alle porte sono diverse e vanno dall’alternanza scuola lavoro che entra a regime al bando del concorso per i dirigenti scolastici in arrivo tra pochi giorni. Vediamole insieme.

Erasmus alle superiori

Un’esperienza che a breve potrebbe essere riservata non più solamente agli universitari. “Sto lavorando per estendere l’Erasmus agli ultimi due anni delle superiori, in modo tale da far diventare curriculare questa formidabile esperienza formativa“, ha infatti affermato Fedeli.

Concorso DS

Tra pochi giorni uscirà il bando di concorso per 2mila presidi. Vogliamo abbattere il fenomeno delle reggenze divenuto ormai cronico negli ultimi anni” ha dichiarato la Ministra. Non ci resta che aspettare.

Alternanza Scuola Lavoro

Dobbiamo ora puntare su progetti seri e di qualità – ha detto ancora Fedeli al Sole24Oreanche perché nel 2018/2019 l’esperienza di formazione ‘on the job’ sbarcherà agli esami di Maturità. Entro l’anno promuoveremo gli Stati generali dell’alternanza, e a breve partirà un portale nazionale di supporto alle scuole: ci sarà anche un ‘bottoncino rosso’ affinché gli studenti possano denunciare eventuali abusi“.

Diploma in 4 anni

Ecco un’altra novità che toccherà ancora gli studenti (ma non solo) con non poche polemiche. “A settembre gli istituti che intendono candidarsi potranno presentare domanda e i 100 ammessi alla sperimentazione potranno accogliere le iscrizioni per le classi prime, che partiranno dal 2018/2019 – ha ribadito la Ministra -. Al termine della sperimentazione, nel 2023, si discuteranno i risultati con tutti i rappresentanti del mondo della scuola e con i decisori politici per realizzare il massimo di consenso possibile. Se la valutazione avrà esito positivo si potrà recuperare l’intera riforma dei cicli e, contestualmente, anche portare l’obbligo scolastico fino al termine dei tre cicli, ovvero fino al diciottesimo anno di età“.

Immissioni in ruolo

La vera domanda-tormentone di questo periodo in realtà è solo una: ce la faremo ad avere tutti gli insegnanti in cattedra dal primo giorno di scuola?È un impegno che ho preso – risponde Fedeli al Sole24Ore -. Quest’anno la mobilità ha avuto numeri più contenuti e anche sui movimenti ‘solo per un anno’ abbiamo messo regole più stringenti. Le operazioni di immissioni in ruolo stanno procedendo regolarmente. E grazie alla stabilizzazione di 15.100 posti in organico di diritto anche le supplenze lunghe si ridurranno“.

Contratto scuola

Ritengo giusto premiare i docenti migliori – ha dichiarato Fedeli – ma ci devono essere condivisione e obiettivi comuni, e i criteri vanno negoziati. Il primo anno di applicazione dei 200 milioni di euro premiali ha mostrato più ombre che luci. Nella trattativa con il sindacato affronteremo pure il tema degli scatti d’anzianità. Intanto per i professori universitari m’impegno apertamente a sbloccare gli scatti: è un atto doveroso. E per i presidi lotterò affinché si armonizzino le loro retribuzioni con quelle della dirigenza pubblica. Il mio impegno è ridare dignità e prestigio alla professione degli insegnanti nel nuovo contratto“.

Autocertificazione vaccinale: perché?

da Tuttoscuola

Autocertificazione vaccinale: perché?

Il servizio di Tuttoscuola sull’esercito di operatori scolastici (1 milione e 400 mila) coinvolti nella certificazione vaccinale, oltre a destare sorpresa, ha aperto nuovi interrogativi, a cominciare dalla ragione di questa (strana) scelta del Parlamento.

Va detto che in sede di conversione del decreto legge sulle vaccinazioni era stato presentato in Parlamento un emendamento che prevedeva anche la vaccinazione di tutti gli operatori scolastici per garantire una assoluta barriera protettiva verso i minori presenti a scuola.

Il Mef, però, aveva obiettato per quell’emendamento, evidenziando la mancanza di copertura finanziaria; il Parlamento aveva ridimensionato la scelta, accontentandosi, come si è visto, della autodichiarazione sostitutiva: “Entro tre mesi dalla entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli operatori scolastici, sanitari e socio-sanitari presentano agli istituti scolastici e alle aziende sanitarie nei quali prestano servizio una dichiarazione, resa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, comprovante la propria situazione vaccinale. – comma 3-bis art. 3”,

Sulla nuova norma diversi lettori hanno manifestato perplessità non solo per il dilemma ‘autodichiarazione o certificazione’, ma soprattutto sull’opportunità di tale decisione.

Le persone che possono entrare in contatto con gli alunni a scuola, infatti, non sono soltanto gli operatori scolastici veri e propri, ma sono occasionalmente tante altre (genitori, ospiti della scuola, esperti di progetti, addetti alle mense).

Ancora. La stessa autodichiarazione sostitutiva o la certificazione medica non garantisce l’immunità vaccinale assoluta.

Stando così le cose, alla fine tutto rischia di risolversi in un carico burocratico inutile e di scarsa o nulla efficacia.