Un rituale stanco

Un rituale stanco

di Maurizio Tiriticco

Copio da “Il Messaggero” di oggi, 26 gennaio: “Didattica alternativa, danni dal ’68 ad oggi. Comunque la si giri, la storia della quindicenne in coma etilico a scuola produce un doppio effetto: un po’ di rabbia, un po’ di depressione”, di Maria Latella. Si tratta di un articolo interessante, che suggerisco! Nel ’68 l’occupazione delle scuole (dei padroni, così si diceva) aveva un senso! E ciò avveniva anche a Parigi, a Berkeley e in Cina (il libretto rosso di Mao agitato dagli studenti; e gli studenti maoisti erano anche qui da noi)! Ma oggi le occupazioni e le cosiddette autogestioni sono stanchi rituali in cui solo in casi rari gli studenti costruiscono qualcosa di nuovo e di positivo! Allora gli insegnanti erano i “nemici”! Oggi gli insegnanti nella maggioranza dei casi sono solo i “mal sopportati”! E ciò accade in una scuola stanca – alludo soprattutto al secondo ciclo di istruzione – in cui si celebrano rituali altrettanto stanchi e spesso inutili!

Mah! Occorrerebbe ripensare ex novo al ruolo della scuola qui ed oggi, in una società in cui si sono verificati cambiamenti epocali, nella ricerca, nel lavoro, nelle TIC, nonché negli atteggiamenti e nei comportamenti delle nuove generazioni soprattutto! Ma la nostra scuola che fa? Nulla! Anzi, la legge 107 la inchioda a rituali che irrigidiscono la scuola di sempre! E non innova nulla! Perché, allora, non aprire un ampio dibattito nel Paese sul ruolo dell’apprendere oggi, e, soprattutto, del “cosa”, del “come” e del “perché” apprendere, da parte delle nuove generazioni? Prima viene l’apprendimento, e la scuola deve essergli funzionale! Invece da noi avviene il contrario! L’apprendimento deve essere funzionale alla scuola proposta ed “imposta” dal Miur! Comunque e purtroppo la nostra scuola è sempre la stessa, quella che conosciamo da sempre, quella delle tre C, Classe, Cattedra, Campanella! Ma questa scuola, così organizzata, è in grado di sollecitare realmente processi di apprendimento? E, soprattutto, è in grado di sollecitare conoscenze, capacità/abilità e l’araba fenice delle competenze? Lo so! Non abbiamo più programmi ministeriali! Abbiamo Indicazioni nazionali e Linee guida! Ma in effetti sono “lette” ed “agite” come i programmi  di un tempo! Discutiamo di queste cose, ma… dubito che il nostro Miur e la nostra Ministra siano all’altezza della situazione!

I nostri ragazzi, qui e in questo periodo storico, maturano presto e a 19 anni “suonati”… 19, già maggiorenni, sono tenuti – per non dire costretti – ad affrontare un esame che stancamente molti insistono a chiamare di MATURITA’, nonostante la legge 425 del 1997 – sono trascorsi 21 anni – relativa alla “riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”, abbia introdotto per la prima volta nel nostro sistema di istruzione il termine e il concetto di COMPETENZA. Infatti all’articolo 6 leggiamo testualmente: “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle COMPETENZE, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.

Ma, dopo oltre vent’anni, i nostri esami di Stato verificano veramente e, soprattutto, sono in grado di certificare le COMPETENZE che uno studente ha conseguito alla fine di un percorso di istruzione della durata di ben tredici anni? Tredici anni sono tanti! E scrivere il minor numero di sciocchezze possibile in un italiano grammaticalmente corretto (fonologia, morfologia e sintassi) non dovrebbe essere un obiettivo impossibile! Anche in considerazione del fatto che, in materia di COMPETENZE, ora legifera – se così si può dire – anche l’Unione Europea! E le “competenze di cittadinanza” – che di fatto implicano anche competenze culturali di base – sono richieste a tutti gli studenti/cittadini dell’Unione, dal Portogallo alla Polonia.

Non so, ma in effetti agli esami finali – di maturità, come si insiste nel definirli: e lo stesso Miur ha pubblicato le “materie affidate ai commissari esterni maturità 2017” – il candidato alle prove orali “passa” da un commissario all’altro, nonostante la norma preveda un colloquio pluridisciplinare! Ma il fatto è che un colloquio pluridisciplinare non si improvvisa, va pensato e predisposto! Soprattutto se è finalizzato ad accertare se il candidato abbia acquisito COMPETENZE che, com’è noto, sono pluridisciplinari (se non anche multidisciplinari, se non addirittura transdisciplinari) Purtroppo, è molto più facile…e comodo che il candidato “passi” con la sua seggiola da un commissario all’altro! E i commissari non impegnati nel migliore dei casi si limitano ad ascoltare! Nel peggiore, chiacchierano per i fatti loro! Sono cattivello, lo so! E vorrei essere smentito!