Diritti dell’infanzia e istruzione

Diritti dell’infanzia e istruzione
MIUR e UNICEF Italia firmano Protocollo di intesa

24 ottobre 2018 – Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’UNICEF Italia hanno firmato oggi a Roma un Protocollo di intesa della durata di tre anni per realizzare e promuovere in tutte le scuole azioni e attività rivolte al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. La firma è avvenuta alla presenza del Direttore generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione del MIUR Giovanna Boda e del Presidente dell’UNICEF Italia Francesco Samengo.

“Rinnovare l’impegno congiunto del MIUR e dell’UNICEF a favore dei nostri ragazzi rappresenta una grande risorsa per il sistema scolastico – ha sottolineato il Direttore Generale Giovanna Boda -. La scuola è il terreno privilegiato per l’educazione alla pari dignità sociale e la formazione di individui responsabili. Accordi come quello siglato oggi ci consentono di rafforzare gli interventi tesi a dare una maggiore informazione agli studenti sui loro diritti individuali, ma anche e soprattutto a promuovere comportamenti concretamente rispettosi dei principi di inclusione e di prevenzione di tutte le forme di discriminazione e violenza”.

“Il Protocollo rappresenta il coronamento di una collaborazione trentennale tra il MIUR e l’UNICEF per promuovere azioni sinergiche per diffondere la cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, operando per la piena attuazione del principio di non discriminazione e la promozione dell’educazione digitale attiva per un uso consapevole delle nuove tecnologie e dei social”. Ha dichiarato Francesco Samengo, Presidente dell’UNICEF Italia. “L’UNICEF Italia dal 2010, in collaborazione con il MIUR, promuove il Progetto “Scuola Amica dei bambini e dei ragazzi” che vede aderire annualmente più di 1.200 scuole di ogni ordine e grado. Il progetto è finalizzato ad attivare prassi educative per promuovere la conoscenza e l’attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”.

Il Protocollo prevede di:

  • favorire azioni rivolte al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, con tutti gli attori coinvolti nel processo formativo-educativo della persona di minore età e nella prevenzione della dispersione scolastica;
  • sviluppare iniziative culturali, di formazione e qualificazione di soggetti a diverso titolo impegnati professionalmente in attività con minori;
  • promuovere percorsi di educazione alla cooperazione internazionale, alla pace, allo sviluppo delle popolazioni del Sud del mondo che vivono in situazioni di guerra e di povertà;
  • migliorare l’accoglienza e la qualità delle relazioni, per favorire l’inclusione delle diversità e delle abilità differenti;
  • promuovere la partecipazione attiva da parte degli alunni, anche nell’ambito delle attività di prevenzione delle diverse forme di esclusione, discriminazione, bullismo e cyberbullismo, violenza fisica e verbale;
  • assicurare l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra le persone.

Disabilità, “meglio a casa che in istituto”

Redattore Sociale del 24-10-2018

Disabilità, “meglio a casa che in istituto”: parola di mamma caregiver

ROMA. Lo spot della Sacra Famiglia, che evidenzia le “luci” della disabilità in istituto e le “ombre” della disabilità in casa, suscita qualche perplessità, soprattutto tra chi spende la propria vita accanto a figli che necessitano di un’assistenza continua. E’ il caso di due mamme, entrambe con figli ormai adulti, entrambe dedite alla cura di una donna e di un uomo che da soli non riescono a fare quasi nulla: Elena Improta è la mamma di Mario, che ha 30 anni; Marina Cometto è la mamma di Claudia, che di anni ne ha ormai 45.

Elena Improta, impegnata non solo dal punto di vista familiare ma anche da quello politico e associativo (è presidente dell’associazione Oltre lo sguardo, che in Maremma partecipa al tavolo di coprogettazione sul Dopo di Noi) per la difesa dei diritti degli adulti (e non solo) con disabilità, non è radicalmente contro l’istituto: “Le persone anziane, per esempio, nel momento in cui presentano anche una condizione di disabilità, sono soggette a patologie organiche e necessitano soprattutto di un intervento sanitario: in questo caso, l’istituto è necessario. Ma dobbiamo far valere proprio il principio che la persona disabile non è malata e normalmente non necessita di interventi sanitari, ma di percorsi riabilitativi, ricreativi e di socializzazione: non si può pensare di tenere in istituto persone adulte con disabilità, laddove non ci siano tracheotomie, peg e altre forti esigenze medico-sanitarie. Anche se – precisa Improta – perfino molti che vivono questa condizione di gravità scelgono di restare a casa propria. Non abbiamo ancora capito che non è la disabilità in sé a rendere infelice o sola una persona, come invece sembra nel video. Abbiamo la legge sul dopo di noi, che parla chiaramente di deistituzionalizzaizone, cohousing, abitazioni a moduli, fondazioni che attivano percorsi riabilitativi, dove per riabilitazione non si intende solo la parte sanitaria, ma piuttosto la possibilità che si offre alla persona di sperimentarsi. Noi non vogliamo i nostri figli in istituto, nel futuro che li attende, ma in moduli abitativi, condomini sociali, strutture di cohousing, in cui siano liberi di uscire (come non accade in istituto) e sperimentarsi in altre forme di quotidianità, che li faccia sentire degni di essere chiamate persone”

Una “brutta impressione” ha ricevuto dallo spot anche Marina Cometto, da ormai più di 40 mamma e caregiver principale di una figlia con gravissima disabilità. “Sembra che la risposta alla solitudine di una persona con disabilitá debba essere per forza la residenza in struttura – osserva – dove ci sono tra l’altro orari da rispettare, non certo cuciti sulle necessità della persona. Da mamma di una donna con grave disabilità, assicuro che la vita quotidiana nella propria casa, tra le pareti che sono familiari e in cui ci si sente protetti è ineguagliabile: mangiare quando e cosa si vuole, fare attività varie, uscire, leggere, stare al pc, o ricevere persone a casa, che siano amici o parenti oppure assistenti, ma che rispettano e aiutano tutti l’autonomia della persona con disabilitá, pur se limitata. Già avere la libertà di svegliarsi e alzarsi quando si vuole significa autonomia. Io, per me, vorrei l’assistenza domiciliare, non il ricovero in.struttura, per essere protagonista della mia vita, pur con tutti i limiti e la complessità, per sentirmi libera di essere e di fare. Non si è spenti e tristi nella propria casa – come si vede invece nel video – se si hanno amici, parenti e assistenza: al contrario si è gioiosi e con voglia di vivere. Francamente, io non vedo nulla di positivo nel dovermi alzare quando lo decidono gli altri, mangiare a orari prestabili, fare la doccia o il bagno solo se gli operatori sono disponibili: per me tutto questo somiglia molto a una prigione, che non vorrei mai, né per me né tantomeno per Claudia”. (cl)

“Una casa per l’autismo”

Agenzia Redattore Sociale del 24-10-2018

“Una casa per l’autismo”: in Friuli il sogno diventa realtà

UDINE. L’autismo trova casa, grazie all’associazione Progettautismo Fvg onlus: una bella notiza, che “con orgoglio” l’associazione comunica, dopo che di autismo si è parlato, tanto e male, nei giorni scorsi, per le dichiarazioni gridate al Circo Massimo da Beppe Grillo. Qui, a Feletto Umberto, in provincia di Udine, c’è “il sogno che diventa realtà – fa sapere l’associazione -: l’inaugurazione dei gruppi appartamento per la residenzialita innovativa, accessibili a persone con autismo all’ultimo piano della nostra “Home special home”: una vera e propria “casa per l’autismo – spiega la onlus – realizzata dopo un anno di grande impegno e lavoro da parte dei nostri meravigliosi volontari e con il contributo economico della Regione Friuli Venezia Giulia e di numerosi partner privati”.

Il taglio del nastro avverrà il prossimo 10 novembre alle 11 (via Perugia, Feletto Umberto), con la presentazione ufficiale della struttura e la visita guidata dei locali. Saranno presenti numerose autorità, tra cui Vincenzo Zoccano, sottosegretario alla Famiglia e disabilità e rappresentanti della Regione e delle comunità locali, di Confindustria, dell’Ottavo Reggimento Alpini e dell’Associazione Nazionale Alpini e i numerosi sostenitori che hanno sponsorizzato il progetto. L’naugurazione dei gruppi appartamento rappresenta il terzo importante traguardo raggiunto nel breve lasso di tempo di due anni: nel marzo 2016 l’acquisizione dello stabile, nel maggio 2017 la conclusione dei lavori di ristrutturazione del centro diurno e la realizzazione dei box di abilitazione, poi la realizzazione dei gruppi appartamento.

Gli spazi. Il Centro è infatti una struttura polifunzionale, unica ed innovativa in regione, adibita all’accoglienza semiresidenziale e residenziale di persone con autismo con i criteri dell’accessibilità per tutti. La struttura si estende su una superficie complessiva di 2.700 mq coperti e 5 mila scoperti e ospiterà la “Zona alloggio A” al secondo piano (circa 600 mq), due “Gruppi appartamenti”, con 8 camere singole con bagno per persone con autismo e due camere con bagno per gli opertori, le zone cucina e salotto, il locale lavanderia, la stireria e 2 magazzini. Al primo piano si trova la “Zona alloggio B”, di circa 200 mq.

All’esterno, si trova il “Giardino pensile”, un grande spazio verde per soggiorno estivo e aiuole con erbe officinali; un monolocale adibito a foresteria per visitatori, tirocinanti e relatori dei corsi formazione dotato di bagno, due letti e angolo soggiorno. C’è poi l’alloggio del custode, con 2 camere, 2 bagni, la zona cucina, pranzo e salotto e il locale magazzino; e l’alloggio emergenza, con una camera singola destinata a persona con autismo in condizioe di emergenza e annessa camera con bagno per l’operatore e la zona cucina, pranzo e salotto.

Al piano terra, su una superficie di circa 380 mq, si trovano il Centro diurno e un “Atelier Noway”, laboratorio di 80 mq per la realizzazione di opere musive e grafico pittoriche con annesso bagno. Completano la struttura il “Giardino d’inverno”, ad uso sportivo e ricreativo con spogliatoio, muro scalabile e zona basket; la zona giaridno, sul lato nord, di circa 1.800 mq., la serra e l’orto accessibili, la zona conviviale e la zona giochi per bambini.

“Home special Home” è una realtà “unica, che ha caratteristiche innovative per ciò che riguarda spazi, allestimento dei locali, innovatività dei servizi rivolti a bambini ragazzi e adulti con autismo a basso medio e alto funzionamento e sindrome di Asperger – spiega la presidente Elena Bulfone – La gestione economica in ‘sharing economy’ ha lo scopo di rendere fruibili i diritti delle persone con autismo che spesso rimangono solo sulla carta e renderli capacità effettive. In ‘Home special Home’ compartecipano le risorse private, quelle delle famiglie e del volontariato e quelle pubbliche di Comuni, Regione e Azienda Sanitaria e sistema della formazione e Università e Ricerca, per abbattere i costi di gestione e per rendere possibile la fruizione di servizi altrimenti troppo onerosi da attivare con le sole risorse pubbliche ad un numero importante di persone con autismo. Attualmente presso il centro sono assistite oltre 60 persone: bambini, adolescenti ed adulti”.

Telecamere a scuola

Telecamere a scuola: rinuncia alla responsabilità educativa

 

Oggi alla Camera va al voto il disegno di legge sulla videosorveglianza nelle scuole materne che, su proposta di Forza Italia e Cinque Stelle, vorrebbe avere lo scopo di prevenire maltrattamenti da parte delle maestre e del personale.  Presentata dal deputato proponente come “una battaglia di civiltà” vuole introdurre nelle aule meccanismi tecnici di controllo sulle persone da cui dipenderebbe “la serenità delle famiglie”.

Tutti coloro che con passione dirigono scuole non possono che  valutare negativamente la proposta di legge, come già hanno fatto altre associazioni tra cui la FISM, la Federazione che in Italia supporta la maggior parte delle scuole dell’infanzia.

Ogni scuola, ed in particolare la scuola dell’infanzia, ha un compito fortemente educativo e si fonda sul rapporto di fiducia con le famiglie.

La Costituzione ricorda che l’educazione dei figli è dovere primario dei genitori. Papa Francesco ha di recente ricordato la grave urgenza di ricostruire l’alleanza educativa tra scuola e famiglia in questo compito.

La proposta di legge rischia di compromettere tutto questo decisivo rapporto fiduciario, già di per sé in grave crisi e del quale ogni comunità scolastica ha essenziale necessità nel cammino formativo.

Ancora una volta politica e media si illudono di trovare in mezzi tecnici la soluzione a problemi culturali e morali.

Chi si rende responsabile di comportamenti incompatibili col profilo di educatore va certamente allontanato dalla scuola, ma è grave illusione oltre che danno introdurre nelle scuole un “grande fratello” facendo di insegnanti e alunni una comunità di sorvegliati speciali.

“Ricostruire una seria e professionale formazione dei docenti – ricorda il presidente di DiSAL Ezio Delfino  -, dare autentica autonomia di governo istituzioni scolastiche, costituire un serio sistema di valutazione del personale della scuola, operare cioè con la dovuta prevenzione educativa, sono le azioni necessarie ed improrogabili per garantire presenze di buoni educatori a scuola”.

 

Introdurre la video sorveglianza a scuola è abdicare a questa responsabilità educativa della comunità scolastica.

ALTERNANZA SCUOLA LAVORO

ALTERNANZA SCUOLA LAVORO: USB SCUOLA DA SEMPRE PER L’ABOLIZIONE

Dal 2015 USB scuola insieme agli studenti di BastaAlternanza si oppone a qualunque tipo di ritocco formale di qualsiasi aspetto della legge 107, volgarmente chiamata Buona Scuola, che riteniamo invece vada integralmente eliminata. In particolare ci siamo sempre opposti all’Alternanza Scuola Lavoro (ASL). Da più di tre anni organizziamo momenti di confronto con cittadini e studenti, assemblee sindacali con lavoratori e corsi di formazione per chiarire l’origine di un dispositivo che in nessun caso può essere considerato formativo o educativo, esponendo invece gli studenti a diversi rischi sul piano della sicurezza e sottraendo loro ore preziose di tempo scuola. L’ASL non ha prodotto alcun risultato positivo checché ne dicano il Ministero o gli uffici scolastici provinciali, favorendo da un lato un’educazione alla precarizzazione e al lavoro gratuito, una sorta di apprendistato per minorenni spesso incoerente col corso di studi seguito; dall’altro ha determinato la deriva della professione docente, con insegnanti distaccati dal proprio orario di cattedra per occuparsi di carte e burocrazia, fino a trasformarsi in alcuni casi preoccupanti da docenti della scuola pubblica statale a caporali dediti all’organizzazione del lavoro, ovviamente un lavoro senza tutele e senza salario.

Abbiamo denunciato in ogni circostanza l’atteggiamento velleitario di quei sindacati che, proclamandosi favorevoli a un riformismo pericoloso e ambiguo, continuavano a esporre i nostri studenti a tutti i rischi connessi all’ASL. Non dimentichiamo la Cgil lombarda che si è resa disponibile ad accogliere nelle proprie sedi gli studenti in Alternanza sostenendone la validità didattica, come scritto anche in questi giorni nel documento congressuale della maggioranza Cgil, in cui si parla di “governo contrattato dell’alternanza scuola-lavoro intesa come metodologia didattica”.

È davvero incredibile che chi, come la CGIL, nel 2016 insieme a USB SCUOLA e ad altri sindacati e associazioni raccoglieva le firme per eliminare l’obbligo delle ore di alternanza scuola lavoro, oggi si esprima a livello nazionale in favore dell’ASL, intravedendo in essa un efficace strumento di formazione. In queste ore il dirigente della CGIL Fabrizio Dacrema ha dichiarato che una delle richieste al ministro Bussetti da parte delle confederazioni sindacali rappresentative è il mantenimento dell’obbligo dell’Alternanza insieme alla declinazione di percorsi significativi e coerenti con gli indirizzi di studi, nonché la presenza dei percorsi di Alternanza all’esame di Stato del secondo ciclo. Il tutto unito alla richiesta di un investimento economico utile a potenziare e qualificare i percorsi ASL.

La Cgil finalmente ha messo nero su bianco, nel suo documento congressuale, cosa pensa realmente dell’alternanza e quanto la sua funzione storica, come sindacato, sia ormai di agevolare i processi di precarizzazione e sfruttamento del lavoro.

Lo ribadiamo chiaramente: BastaAlternanza! Tutti gli investimenti attualmente stanziati per ASL devono servire a finanziare borse per il diritto allo studio, aumentare le ore di sostegno agli alunni con disabilità, potenziare i corsi L2 per gli studenti non italofoni, ripristinare le compresenze e i quadri orari ante legge Gelmini, contrastare la dispersione scolastica, insomma, abolire la legge 107 con tutti i suoi frutti marci.

L’Ocse boccia l’Italia: «L’ascensore sociale della scuola è bloccato»

da Corriere della sera

L’Ocse boccia l’Italia: «L’ascensore sociale della scuola è bloccato»

Il Rapporto «Equità nell’istruzione»:. «Solo il 12% degli studenti più svantaggiati va bene a scuola. Per loro, meno competenze e più disagio»

Antonella De Gregorio

La scuola è uno degli strumenti più potenti per favorire la mobilità sociale, per fare sì che chi nasce in una situazione svantaggiata riesca ad avere accesso a un’istruzione di qualità, e da lì a un lavoro che consenta di esprimere al meglio il proprio talento. Ma questo in Italia non succede. Nel nostro Paese, l’ascensore sociale si è bloccato, le possibilità di progredire tramite l’istruzione sono inesistenti. Già dall’età di 10 anni gli studenti italiani pagano il prezzo della loro condizione sociale di partenza: solo uno su otto, tra gli svantaggiati, entra nel novero dei «più bravi». Di solito questo uno su otto viene dai licei, dove trova migliori condizioni di emancipazione. Gli altri sono quella metà degli studenti meno abbienti che frequenta il 25 per cento delle scuole più svantaggiate del Paese.

Il Rapporto

Sono i dati contenuti nell’ultimo Rapporto Ocse-Pisa: «Equità nell’istruzione: abbattere le barriere alla mobilità sociale». Che ha messo a confronto, in 70 nazioni, le possibilità di progredire grazie all’istruzione. Possibilità molto variabili da un Paese all’altro. La conclusione è che in Italia le origini sociali incidono molto sul percorso scolastico, sulla scelta delle scuole, sulla competenze acquisite; e da quasi 20 anni il divario tra studenti svantaggiati e coetanei più fortunati resta invariato. Disparità di origine sociale che si riflettono sul benessere generale, sul senso di appartenenza, sull’inclusione: un «gap» che proprio la scuola dovrebbe colmare.

Il peso delle differenze

Sulla scala dei test Pisa, si legge nei dati del Rapporto, ci sono 76 punti di differenza nelle competenze di scienze tra un 15enne italiano che gode di una posizione socio-economica avvantaggiata e un coetaneo con un background svantaggiato; e poiché 30 punti di differenza sono pari a circa un anno di studio, ne deriva che tra i due studenti ci sono più o meno due anni scolastici e mezzo di differenza nell’apprendimento. Se poi si mettono a confronto i super-bravi del Paese, quelli che sono al «top» delle competenze – spesso anche a livello internazionale – con gli studenti delle fasce socio-economicamente più svantaggiate, la differenza arriva a 150 punti. Tale è la distanza tra il punteggio medio del 25% più «bravo» (sulla scala dei risultati) dal punteggio medio raggiunto dal 25% più svantaggiato (sulla scala socio-economica). Solo il 12% degli studenti più svantaggiati, poi, risulta tra i più «bravi» in Italia (la media tra tutti gli studenti è il 25%). Un divario «incommensurabile», nota Francesco Avvisati, economista Ocse tra gli autori dello studio.

Le scelte

La fetta di «bravi» frequenta di solito un liceo. Ma anche il 10% dei ragazzi svantaggiati che frequentano gli istituti tecnici o professionali rientrano nella categoria dei più bravi, dato che secondo l’organizzazione sottolinea come le scelte dopo la scuola media in Italia siano spesso più legate alla provenienza sociale che alle attitudini scolastiche. Le differenze si ripercuotono poi nel successivo percorso scolastico.

L’istruzione dei genitori

Ancora: nel nostro Paese, la differenza tra la probabilità di prendere una laurea tra chi ha genitori con un’istruzione elevata e chi ha invece genitori poco istruiti nel tempo è aumentato da 52 a 60 punti percentuali, con un trend che accomuna la Penisola al Cile e alla Repubblica Ceca. I ragazzi con un background problematico, inoltre, spesso si trovano in scuole difficili: la metà degli studenti svantaggiati frequenta il 25% delle scuole più svantaggiate del Paese, mentre solo il 6% frequenta le scuole meglio attrezzate: un livello di «segregazione» per altro simile a quello medio osservato nei paesi Ocse. Solo i paesi nordici hanno livelli più bassi.

Più attenzione

Infine, slo nei Paesi in cui l’attenzione ai bisogni degli studenti più svantaggiati è maggiore, una quota significativa di questi ottiene buoni risultati. «Germania e Stati Uniti – afferma Francesco Avvisati, analista presso la direzione dell’istruzione all’Ocse – negli ultimi anni hanno intrapreso politiche mirate per aiutare le scuole più svantaggiate e ciò ha prodotto risultati apprezzabili».

Insoddisfatti

La proporzione di studenti che si dice poco o per nulla soddisfatto della propria vita, si legge ancora nel rapporto, raggiunge il 18% tra gli studenti svantaggiati, rispetto al 13% tra gli studenti restanti. Inoltre, la percentuale di studenti svantaggiati che dichiara di «sentirsi nel suo ambiente» a scuola è diminuita dal 2003 al 2015, passando dall’85% al 64%: un calo più significativo di quello registrato nel resto della popolazione. In termini numerici corrisponde a circa 60mila studenti che si sentono più disagiati. E non sentirsi bene a scuola si traduce piu’ facilmente, con un circolo vizioso, in un minore impegno, in assenze ingiustificate e magari in una bocciatura. Da sottolineare che nei 12 anni considerati, è fortemente cresciuto il numero degli studenti nati fuori dall’Italia che spesso sommano allo svantaggio sociale quello culturale, dovendo adattarsi alle regole di un paese diverso da quello d’origine.

Concorso, servizio batte laurea

da Italiaoggi

Concorso, servizio batte laurea

Firmato il decreto per la selezione riservata per infanzia e primaria, ora la Gazzetta. Un anno di lavoro pregresso vale quasi tre volte di più

Alessandra Ricciardi

La pubblicazione in Gazzetta ufficiale avverrà ad horas. Il ministro dell’istruzione, Marco Bussetti, ha firmato il decreto che indice la selezione riservata per la scuola dell’infanzia e primaria aperta ai docenti precari che hanno alle spalle due anni di servizio negli ultimi otto. Si tratta di un concorso nato per sanare l’errore della magistratura amministrativa che prima aveva ammesso e poi negato la validità del solo diploma ai fini dell’abilitazione all’insegnamento anche dopo il 2001. Un errore che ha indotto l’amministrazione ad assumere anche a tempo indeterminato i candidati in possesso del titolo e inseriti in posizione utile nelle Gae. Dovendo poi però licenziarli.

Il concorso dunque nasce come atto riparatorio ma è stato aperto anche a quanti non hanno avuto sentenze di licenziamento dei Tar. A farla da padrone nel punteggio finale saranno gli anni di servizio: un anno di contratto vale 5 punti se prestato in scuola statale o paritaria, la laurea in scienza della formazione 1,5; e poi per l’inserimento in graduatorie di merito di precedenti concorsi si otterrà un punteggio di 3,5, per la laurea nelle classi di concorso A-24 e A-25 per la lingua inglese, 2,5. Per l’ulteriore abilitazione 2 punti. Sono 5 i punti per eventuali candidati in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale a professore di I o II fascia. Per i titoli culturali e di servizio si avranno complessivamente fino a 70 punti. Per la prova, che consiste nella simulazione di una lezione e in un colloquio successivo con la commissione, al massimo 30.

È saltata la previsione della durata del colloquio, che era di soli 15 minuti nella versione iniziale del decreto. Nel decreto mandato in G.U. è stata cassata a vantaggio della previsione che la commissione «interloquisce con il candidato e accerta altresì la conoscenza della lingua straniera». Resta il contingentamento invece della lezione, 30 minuti.

I 30 punti di valutazione della prova sono così ripartiti: fino a 8 per la capacità di progettazione didattica, e altrettanti per la padronanza dei contenuti delle competenze metodologiche, fino a un massimo di 4 per l’utilizzo delle tecnologie informatiche e di comunicazione, fino a 5 per «l’interlocuzione con la commissione sui contenuti dell’argomento assegnato e sui contenuti del programma generale», altri 5 punti, al massimo, per l’abilità nelle comprensione scritta e nell’orale in una lingua comunitaria, tra francese, inglese, tedesco e spagnolo di livello almeno B2 del quadro comune europeo.

Dal giorno della pubblicazione in Gazzetta, scatteranno i 30 giorni entro i quali i candidati potranno fare domanda, esclusivamente online. Potranno fare istanza di partecipazione sia per infanzia che per primaria ma per una sola regione. La graduatoria che infatti scaturirà dal concorso sarà di ambito regionale e a esaurimento.

Per i commissari, l’amministrazione ha confermato di non voler concedere nessun esonero, richiesta che invece era stata avanzata da Cspi e sindacati per evitare di dover poi fronteggiare la carenza di candidati a componenti delle commissioni, con i successivi ritardi nella procedura.

Nel cronoprogramma di viale Trastevere, la fase delle istanze di partecipazione dovrebbe chiudersi entro fine novembre. Così da fare le convocazioni già a dicembre. Quello che è certo è che al massimo entro la fine delle lezioni la selezione dovrà essere chiusa. Allo scoccare del 30 giugno 2019, infatti, decadranno anche i contratti di supplenza ponte messi in campo dal decreto dignità per i docenti licenziati in seguito alle sentenze. La soluzione del concorso deve arrivare prima anche se avrà effetto a decorrere dal successivo settembre.

La ruspa M5s sul piano digitale

da Italiaoggi

La ruspa M5s sul piano digitale

Il sottosegretario Giuliano: nella manovra si cambia, via la discrezionalità dei presidi

Il Piano nazionale Scuola Digitale verrà riscritto. «Lo renderemo più snello, con meno azioni rispetto alle 35 che prevede». Il sottosegretario all’istruzione Salvatore Giuliano (M5s)annuncia alcune novità in programma per l’innovazione didattica, intervenendo la scorsa settimana a Roma alla presentazione della piattaforma di CS First di Google per la formazione dei docenti grazie al supporto della Fondazione Mondo Digitale. Due le direttrici della scuola 4.0 su cui punta Giuliano: «investire nella formazione dei docenti e negli ambienti d’apprendimento». Già nella prossima legge di Bilancio 2019. Quando «a supporto dell’innovazione creeremo l’equipe formativa territoriale, andando oltre gli animatori digitali», che spesso sono stati scelti dai presidi in modo non adeguato o frettolosamente. Saranno «docenti esperti esonerati dal servizio di docenza a disposizione delle istituzioni scolastiche, del loro territorio».
Il progetto prevede anche fondi per fare formazione «non solo il pomeriggio», spiega Giuliano, «ma a richiesta», contattando un docente esperto dell’equipe territoriale per affiancarlo nel lavoro in classe con gli alunni. Inoltre, «entro la fine del 2018 saranno pubblicati gli avvisi sugli ambienti di apprendimento per progetti fino a 18 mila euro a scuola». Per aiutare le scuole a progettare corsi formativi «presto saranno convocate al ministero le scuole degli snodi formativi». In arrivo anche un ambiente d’apprendimento innovativo all’interno del Miur: una classe che diventi centro dell’innovazione aperta a tutti i cittadini. A gestirla sarà una scuola. La tecnologia, infatti, è uno strumento, che può aiutare l’apprendimento degli studenti e la didattica dei docenti «a condizione che vi sia un progetto», «senza improvvisazione».

Ai docenti le lettere di licenziamento Ora scatta la supplenza per tutti

da Italiaoggi

Ai docenti le lettere di licenziamento Ora scatta la supplenza per tutti

Direttori regionali in campo, occhio alla data delle sentenze

Carlo Forte

Al via la conversione dei contratti di lavoro dei diplomati magistrali che stanno perdendo le cause: i contratti a tempo indeterminato e i contratti a tempo determinato fino al 31 agosto saranno trasformati in contratti fino al 30 giugno. Ciò in osservanza di quanto prevede l’articolo 4 del decreto legge 87/2018. Finora sono 65 le sentenze di merito emesse dal Tar Lazio che rigettano i ricorsi collettivi presentati dai diplomati magistrali in possesso di titoli conseguiti entro l’anno scolastico 2001/2002. E per il momento, quelle del Consiglio di stato, sempre dello stesso tenore, sono soltanto cinque.Tutte le pronunce accertano l’inesistenza del diritto dei diplomati magistrali di essere inclusi nelle graduatorie a esaurimento. Così come stabilito della sentenza emessa dall’Adunanza plenaria del Consiglio di stato il 20 dicembre scorso (n. 11). E l’amministrazione centrale ha già impartito agli uffici periferici le disposizioni per «l’esecuzione delle decisioni giurisdizionali che comportano la decadenza dei contratti a tempo determinato o indeterminato stipulati… con i docenti in possesso del titolo di diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002».

Le disposizioni sono stata trasmesse dal ministero dell’istruzione ai direttori regionali con la nota 45988 del 17 ottobre scorso. E sono state emanate in conformità ad un parere dell’avvocatura generale dello stato appositamente richiesto dall’amministrazione centrale. Il ministero ha ricordato ai direttori generali che gli uffici scolastici hanno 120 giorni di tempo per dare esecuzione alle sentenze. E ha anche dettato la tabella di marcia a cui dovranno attenersi.

In primo luogo, i direttori regionali dovranno operare una sollecita ricognizione dei destinatari delle sentenze, attualmente titolari di contratti di lavoro a tempo determinato (supplenti fino al 31 agosto 2019 o fino al 30 giugno 2019), o a tempo indeterminato (con assunzione, condizionata, in ruolo da graduatoria a esaurimento per effetto di sentenza non definitiva favorevole).

La direzione del personale del Miur ha raccomandato, inoltre, ai direttori regionali di monitorare costantemente le sentenze sfavorevoli ai ricorrenti consultando il sito: www.giustizia-amministrativa.it. Così da ottimizzare i tempi dell’istruttoria. Dopo di che dovranno formalizzare con apposito decreto la risoluzione dei contratti a tempo determinato e a tempo indeterminato già stipulati dai docenti destinatari di sentenza di rigetto.

Gli uffici dovranno revocare la nomina dei docenti di ruolo abilitati magistrali con conseguente risoluzione, entro e non oltre il termine prescritto di 120 giorni, dei contratti a tempo indeterminato a suo tempo stipulati a seguito di pronunce non definitive. E subito dopo dovranno procedere alla stipula a favore dei medesimi docenti di un contratto di supplenza al 30 giugno 2019. Per quanto riguarda i supplenti annuali fino al 31 agosto, l’amministrazione ha chiarito che gli uffici dovranno procedere alla conversione del contratto a tempo determinato di durata annuale (fino al 31 agosto 2019) in contratto a tempo determinato con termine finale al 30 giugno 2019.

Il ministero ha confermato, invece, fino alla loro scadenza naturale, le supplenze conferite fino al termine delle attività didattiche (30 giugno) ai docenti diplomati magistrali inseriti nelle graduatorie a esaurimento nelle graduatorie di istituto di II fascia «a seguito di sentenza non definitiva, poiché è di tutta evidenza» si legge nella nota ministeriale «che la clausola risolutiva espressa prevista dalla legge, in tal caso, non operi». Fermo restando, però, che l’accertamento dell’inesistenza del diritto ad essere inclusi nelle graduatorie esaurimento, con il possesso del mero diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002, comporterà la decadenza del diritto di rimanere inclusi nelle graduatorie a esaurimento.

Diritto assicurato in via provvisoria all’esito di sentenze non definitive e, spesso, addirittura per effetto di meri provvedimenti cautelari. L’amministrazione ha precisato, infine, che sia i docenti destinatari di sentenze a tempo determinato che indeterminato manterranno il diritto ad essere iscritti in II fascia delle graduatorie d’istituto, perché il diploma magistrale conseguito entro il 2001/02 è comunque abilitante anche se non dà titolo all’inserimento in graduatoria a esaurimento.

Pertanto, a coloro che non risultino già iscritti nelle graduatorie di istituto di II fascia dovrà essere data la possibilità di presentare la domanda di inserimento, probabilmente in formato cartaceo, perché il ministero allo stato attuale non ha predisposto un’apposita funzione. E ciò dovrà essere fatto direttamente dagli uffici scolastici regionali con provvedimenti autonomi. Gli interessati avranno diritto a far valere solo i titoli conseguiti entro il 24 giugno 2017. Vale a dire: entro il termine per la presentazione delle domande a suo tempo fissato con il decreto 374 del 1° giugno 2017.

Ptof, le scuole possono sforare

da Italiaoggi

Ptof, le scuole possono sforare

La legge 107 prevede il termine di ottobre, il Miur concede la deroga con una circolare

Marco Nobilio

Le istituzioni scolastiche hanno tempo fino alla data di apertura delle iscrizioni per predisporre e deliberare il piano triennale dell’offerta formativa (Ptof). La data precisa sarà comunicata alle scuole nel mese di novembre con la circolare annuale sulle iscrizioni. Lo ha fatto sapere il ministero dell’istruzione con la nota 17832 del 16 ottobre scorso.

L’amministrazione centrale ha giustificato lo slittamento del termine, previsto entro il mese di ottobre dall’articolo 1, comma 14 della legge 107/2015, con un intervento interpretativo. Il ministero ha spiegato che vi è la necessità di dare più tempo alle scuole per istruire la relativa procedura. Ma in ogni caso il documento dovrà essere pronto in tempo per le iscrizioni. Perché il comma 17 della legge 107/2015 prevede che «le istituzioni scolastiche, anche al fine di permettere una valutazione comparativa da parte degli studenti e delle famiglie» devono assicurare «la piena trasparenza e pubblicità dei piani triennali dell’offerta formativa». D’altra parte il termine del mese di ottobre non è perentorio perché, per dirla con il Tar della Sardegna: «quando la legge fissa un termine esso si presume ordinatorio in assenza di espressa previsione normativa decadenziale (246/2018)». Ma è comunque necessario assicurare la piena fruizione dei diritti delle famiglie, di orientarsi nella scelta della scuola da far frequentare ai propri figli sulla base della consultazione del Ptof, che è una sorta di carta di identità della scuola.

Con la nota del 16 ottobre l’amministrazione ha anche spiegato ai dirigenti scolastici che, per provvedere agli adempimenti connessi con la redazione del Ptof, potranno avvalersi di una piattaforma informatica predisposta direttamente dal ministero. La piattaforma è una specie di modulo dove i dirigenti potranno inserire i vari dati. Che però non va inteso come una sorta di istanza da riempire in ogni sua parte. Il modulo è suddiviso in 5 sezioni: 1) la scuola e il suo contesto; 2) le scelte strategiche; 3) l l’offerta formativa; 4) l’organizzazione; 5) il monitoraggio, la verifica e la rendicontazione.

Ma ogni scuola potrà apportare regolazioni e personalizzazioni all’interno delle sezioni. I campi, infatti, anche quando presentano dei dati precaricati, sono sempre forniti in maniera modificabile e non ci sono sezioni o sottosezioni che devono obbligatoriamente essere compilate perché il piano si intenda compiutamente predisposto. Tutto è opportunamente rimesso alle scelte autonome delle scuole che, quindi, oltre a personalizzare il contenuto, potranno scegliere di utilizzare o non utilizzare le sezioni o le sottosezioni presenti nell’indice. La nota ministeriale reca anche alcuni chiarimenti.

A proposito della rendicontazione sociale, per esempio, l’amministrazione ha spiegato che il decreto del presidente della repubblica del 28 marzo 2013, n. 80, in merito al procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche, all’art. 6, comma 1, lettera d, identifica quest’ultima fase con la «pubblicazione, diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori e dati comparabili, sia in una dimensione di trasparenza sia in una dimensione di condivisione e promozione al miglioramento del servizio con la comunità di appartenenza». In più il ministero ha ricordato ai dirigenti scolastici che è necessario armonizzare la tempistica del procedimento di valutazione con quella di attuazione del Ptof, in modo da prevedere l’effettuazione della rendicontazione sociale allo scadere del triennio di vigenza del Ptof.

Pertanto le scuole, al termine dell’anno scolastico 2018/2019, potranno iniziare ad analizzare i risultati raggiunti con riferimento alle azioni realizzate per il miglioramento degli esiti, mentre l’effettivo procedimento di rendicontazione, da realizzare attraverso la «pubblicazione e diffusione dei risultati raggiunti», sarà effettuata entro dicembre 2019 secondo le indicazioni che il Miur avrà cura di fornire alle scuole. La nota del 16 ottobre reca anche una tabella con le scadenze da rispettare collegate ai vari adempimenti.

L’eventuale revisione annuale del Ptof 2016/2019 dovrà avvenire entro la fine di ottobre. Mentre, entro la data di apertura delle iscrizioni alle scuole per l’anno scolastico 2019/2020 bisognerà porre in atto le prime analisi sui risultati del piano di miglioramento2016/2019 per definire il nuovo piano 2019/2022, il dirigente dovrà predisporre l’atto di indirizzo, il collegio dei docenti dovrà predisporre il Ptof 2019/2022 e, infine, il consiglio di istituto dovrà procedere alla relativa approvazione.

La rendicontazione sociale dovrà, invece, essere effettuata entro dicembre 2019. Per sostenere le scuole nella nuova fase di progettazione e rendicontazione, che si apre con l’anno scolastico 2018/19, è previsto un piano di accompagnamento da parte del ministero in collaborazione con gli uffici regionali. Le date, i contenuti e le modalità previste per gli incontri verranno diffusi tramite gli uffici regionali. Le funzioni della piattaforma sono già attive dal 17 ottobre scorso.

 

Nuova batosta sui precari No ai permessi per i dottorati

da ItaliaOggi

Nuova batosta sui precari No ai permessi per i dottorati

La cassazione ha negato l’aspettativa

Carlo Forte

I docenti precari non hanno diritto all’aspettativa per dottorato di ricerca. Lo ha stabilito la sezione lavoro della Corte di cassazione con una sentenza pubblicata l’8 febbraio scorso (n.3096). Il provvedimento, di cui si è avuta notizia in questi giorni, toglie ogni speranza di mantenere la retribuzione e di maturare il punteggio di servizio agli insegnanti a tempo determinato che frequentino o intendano frequentare i corsi di dottorato di ricerca. Secondo la Suprema corte, infatti, la fruizione dell’aspettativa retribuita per dottorato di ricerca è vincolata alla permanenza in servizio del dipendente pubblico almeno per altri due anni dopo la cessazione del triennio di corso. E siccome nella scuola i contratti a termine non vanno oltre la durata di un anno scolastico, questa condizione non può verificarsi per i precari e ciò determina automaticamente l’impossibilità di concedere la relativa aspettativa anche a chi non è di ruolo. Il caso riguardava un docente precario che aveva vinto la causa in I e II grado ottenendo il riconoscimento del diritto a percepire la retribuzione e, con essa, a maturare il punteggio di servizio durante la fruizione di un periodo di aspettativa per dottorato di ricerca. Di qui l’ulteriore ricorso da parte dell’amministrazione, che era risultata soccombente in entrambi i giudizi della fase di merito e che davanti alla Cassazione è riuscita a capovolgere la situazione.Secondo i giudici di legittimità la diversità di trattamento tra docenti di ruolo e non di ruolo sarebbe anche compatibile con la normativa europea perché: «La limitazione agli assunti a tempo indeterminato», si legge nella sentenza, «non contrasta con il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE nel caso in cui non vi sia compatibilità fra la condizione risolutiva prevista dallo stesso art. 2, giustificata da una legittima finalità, e la durata del contratto a termine, tale da non consentire, dopo il conseguimento del dottorato, la prosecuzione almeno biennale del rapporto». I giudici di palazzo Spada hanno ritenuto di compensare le spese tra le parti. Ma la soccombenza in giudizio da parte del docente comporta l’accertamento dell’inesistenza del diritto dell’insegnante a mantenere le retribuzioni già percepite durante la fruizione dell’aspettativa per effetto delle sentenze di merito, esponendolo all’obbligo di doverle restituire in caso di rivalsa dell’amministrazione.

Prove e programma d’esame del concorso Dsga

da ItaliaOggi

Prove e programma d’esame del concorso Dsga

cominciano a circolare anticipazioni circa le prove d’esame e chiarimenti sugli assistenti amministrativi che potranno essere ammessi a parteciparvi pur non possedendo il requisito

Franco Bastianini

In attesa della pubblicazione da parte del Miur del bando di concorso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato di oltre 2mila direttori dei servizi generali e amministrativi, pubblicazione che dovrebbe avvenire tra la fine di ottobre e l’inizio del mese di novembre, cominciano a circolare anticipazioni circa le prove d’esame e chiarimenti sugli assistenti amministrativi che potranno essere ammessi a parteciparvi pur non possedendo il requisito culturale di cui alla Tab. B allegata al Ccnl sottoscritto in data 29 novembre 2007 e successive modificazioni: diploma di laurea in giurisprudenza, in scienze politiche, in scienze sociali e amministrative, in economia e commercio e alcuni diplomi di laurea specialistica o di lauree magistrali.

Saranno ammessi a partecipare gli assistenti amministrativi (privi del requisito culturale) che, alla data di entrata in vigore della legge 205/2017, potevano fare valere almeno tre interi anni di servizio negli ultimi otto anni nelle mansioni di Dsga. Per tre anni interi di servizio devono intendersi gli anni, anche non consecutivi, nei quali il servizio di Dsga è stato svolto in via continuativa fino al 31 agosto. Il concorso si svolgerà su base regionale o in alcuni casi espressamente indicati nel bando, su base interregionale. Si articolerà in due prove scritte. Qualora a livello nazionale il numero dei candidati fosse superiore a quattro volte il numero dei posti disponibili sarà previsto lo svolgimento di un test di preselezione.

Delle due prove scritte una potrà essere a contenuto teorico-pratico. Le prove scritte saranno composte da sei quesiti a risposta aperta. Tali quesiti verteranno ad esempio su materia di diritto costituzionale, amministrativo, diritto civile con riferimento alle obbligazioni e ai contratti, gestione amministrativa contabile delle istituzioni scolastiche, pubblico impiego e stato giuridico del personale scolastico.

Prova orale

La prova orale consisterà in un colloquio che verterà oltre che sulle materie oggetto delle prove scritte anche in tema di delitti contro la pubblica amministrazione e di legislazione scolastica con riferimento alle più recenti evoluzioni normative. Nel corso della prova sarà valutata anche la capacità di comprensione della lingua inglese e la conoscenza dell’utilizzo dei sistemi applicativi informatici e delle tecnologie della comunicazione di più comune impiego.

Nota 24 ottobre 2018, AOODGSIP 4437

Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione
Ufficio II
“Welfare dello Studente, partecipazione scolastica, dispersione e orientamento”

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Ai Dirigenti degli Ambiti Territoriali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
Bolzano
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento
Trento
All’ Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca
Bolzano
All’ Intendente Scolastico per la Scuola Località Ladine
Bolzano
Al Sovrintendente degli studi per la Regione Valle D’Aosta
Aosta
Ai Docenti referenti per le Consulte Provinciali degli Studenti
presso gli UU.SS.RR.
Ai Presidenti delle Consulte Provinciali degli Studenti
Ai Dirigenti scolastici
LORO SEDI

Nota 24 ottobre 2018, AOODGSIP 4437

Oggetto: Progetto “Una Scuola Amica delle bambine dei bambini e degli adolescenti” MIURUNICEF – Anno Scolastico 2018-2019


Nota 24 ottobre 2018, AOODPIT 3156

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
e,p.c .
Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana della Provincia di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca di Bolzano
All’Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine di Bolzano
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione della Provincia di Trento
Al Sovrintendente scolastico per la Regione Valle d’Aosta
LORO SEDI

Nota 24 ottobre 2018, AOODPIT 3156

Oggetto: Festival dell’Educazione, Torino, 29 novembre – 2 dicembre 2018