Della valutazione casereccia

Della valutazione casereccia

di Maurizio Tiriticco

E’ noto che in molte istituzioni scolastiche interi collegi dei docenti, in genere di istituti comprensivi, all’inizio dell’anno scolastico decidono, quasi sempre all’unanimità, di adottare una scala di valutazione delle performances degli alunni a partire dal quattro. Però non dichiarano mai se il massimo di dieci possa o debba essere assegnato. Si decide sul “peggio”, mai sul “meglio”! E ritengono anche, e giustamente, che tali decisioni sono deliberate in forza dell’autonomia di cui godono a partire dall’anno scolastico 1999/2000: varata dal dpr 275/99. In realtà, anche negli istituti superiori è assai raro che si assegnino degli uno o dei dieci.
In effetti, nel citato dpr, all’articolo 4, comma 2, leggiamo che le istituzioni scolastiche “…individuano inoltre le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale ed i criteri per la valutazione periodica dei risultati conseguiti dalle istituzioni scolastiche rispetto agli obiettivi prefissati”. Ed al comma 1, dell’articolo 8, relativo alla “definizione dei curricoli”, leggiamo che è di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione definire “gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi”. Occorre anche ricordare che, nel corso degli anni successivi, il Miur si è sempre occupato di intervenire in materia di valutazione degli alunni. E per quanto riguarda i due ordini di istruzione, ha sempre ricordato cha l’operazione valutativa si esprime in decimi. In realtà, quindi, le delibere di quei collegi dei docenti per cui i criteri numerici valutativi vengono modificati sono abnormi! Non nel suo significato morale, ma perché, di fatto, alterano una norma. Il che, tutto sommato, non mi preoccupa più di tanto! A molti collegi… “piace così”! E il Miur… chiude un occhio! Anzi tutti e due! Insomma… le solite “cose all’italiana”!
Ed all’italiana è tutta la macchina valutativa che caratterizza il nostro sistema di istruzione. In effetti, da sempre – da quando andavo a scuola io, anni trenta – erano rarae aves gli insegnanti che assegnavano un uno o un due, o un dieci! Il mio professore di lettere al liceo sosteneva che non avrebbe mai assegnato un dieci, se non a Manzoni! Ed un altro mio professore di lettere, sempre al liceo, consegnandomi un compito in classe corretto, mi disse: “Caro Trittico (il mio cognome sempre sbagliato!), ti ho messo tre! Ma soltanto perché uno e due non si possono mettere”! Ed è da quel giorno che ho cominciato a chiedermi: “Ma davvero i due e i tre non si possono mettere”? Per non dire che sarebbe meglio il verbo “assegnare”! In effetti, non ho mai visto neanche un dieci. Né per me! Né per i miei compagni! Solo alle scuole elementari – una volta si chiamavano così – le buone maestre scrivevano un “lodevole” sul quaderno! E a casa era una gran festa! Ma i dieci, niente! Ricordo soltanto che la pagella di un papa – quale mai sarà stato? – o forse di più papi, era piena di dieci! Grazie tanto! Quel seminarista sarebbe diventato papa! Il che tocca a pochi! A tre o quattro cardinali nel corso di un secolo! I papi, com’è noto, sono longevi!
I dpr sulla valutazione! Lodevolissimi! Siamo in tema di voti, ma… Ed il “ma” è grosso così, perché riguarda l’intero nostro sistema valutativo, che parte da un vizio di fondo. Un’operazione valutativa – anche a prescindere dalla scuola – presume sempre un’operazione precedente, che condiziona la seconda. Parlo della misurazione. Ricorro a due esempi banalissimi, ma ricorrenti frequentemente in tutte le nostre scuole L’insegnante consegna il compito svolto in aula all’alunno X e dice: “Ti ho messo quattro! Ma che mi hai combinato? Non è da te! Prendi sempre bei voti! Forse stavi male quel giorno”? Poi consegna un altro compito all’alunno Y e dice: “Ti ho messo otto! Ma sei proprio sicuro di non avere copiato”? I voti assegnati sono quelli che sono, ma i giudizi formulati sono ben diversi. I voti sono l’esito di una MISURAZIONE (possiamo chiamarla la conta degli errori), ma i giudizi di VALUTAZIONE espressi sono ben diversi! Nessuna meraviglia! In effetti noi MISURIAMO e VALUTIAMO anche nella vita quotidiana! “Quella camicia mi piace tanto, ma costa troppo”! “Quel paio di scarpe mi è costato una tombola! E già si sono sfondate”! Il medesimo film piace a lui, ma non a lei! Per un povero un euro è una ricchezza, per un ricco una nullità!
Anche nella scuola non si può valutare se prima non si è misurato! Ma al Miur, che governa le nostre scuole anche in materia di valutazione, purtroppo non sanno che un’operazione valutativa – nella scuola come nella vita – è sempre preceduta da un’operazione misurativa. E nei suoi dpr il Miur ci dice troppo di VALUTAZIONE, ma nulla di MISURAZIONE! Così, in questa diffusa ignoranza, nelle nostre scuole si continuerà a discuterà all’infinito in un giudizio finale se il cinque di Rossi – esito matematico di una media, perdiana! – debba essere “portato a sei”! L’esito, matematico, cosiddetto, è il risultato di una MISURAZIONE; la promozione, invece, l’esito di una VALUTAZIONE. E finché le due operazioni non saranno distinte oggettivamente e in primo luogo nella testa degli insegnanti, le discussioni saranno sempre interminabili ed esaustive!
Però, possiamo ritenerci fortunati, perché nella nostra scuola l’unica elaborazione che conosciamo ed operiamo è la media! Ma, se si dovesse procedere alle operazioni successive? Mi limito a citarle: mediana, moda, gamma, sigma, punti Z, punti T. Ma il Miur non ne parla! Menomale!
E qui mi fermo! Purché non si fermi la scuola!