Ritorno a scuola: modificati orari e introdotti turni solo per uno studente su due. Resta l’affollamento dei trasporti

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Tutto (o quasi) come prima. Per molti ragazzi delle scuole superiori il ritorno in classe finora è stato un film già visto. Rispetto allo scorso autunno sono pochi gli istituti che, pur avendo riaperto, hanno cambiato radicalmente l’organizzazione della giornata scolastica, recependo i consigli operativi contenuti nelle linee guida approvate dai Tavoli prefettizi di fine dicembre.

Solo 1 studente su 2 ha dovuto fare i conti con orari d’ingresso e di uscita scaglionati, lezioni accorciate e didattica pomeridiana; appena 1 su 4 ha visto prolungare la didattica anche al sabato (molti, però, già la facevano). Per non parlare, poi, dei trasporti: meno della metà (47%) ha notato dei miglioramenti.

Eccole le prime settimane di scuola in presenza del 2021, raccontate da 3500 studenti di licei, istituti tecnici e professionali – raggiunti da un sondaggio di Skuola.net – residenti in quelle Regioni in cui è ripresa la didattica “dal vivo”.

Ammesso che ciò sia realmente avvenuto, visto che quasi 3 su 10 dicono, per ragioni varie, di non essersi ancora potuti sedere al proprio banco. Il vero nemico delle riaperture, oltre alla curva dei contagi, è sempre stato l’affollamento (fuori e dentro le scuole o sui mezzi pubblici). Così, per scongiurarlo, si è pensato di invitare gli istituti a dividere ulteriormente le classi che quotidianamente sarebbero dovute andare fisicamente in classe (garantendo la presenza di almeno il 50% degli iscritti).

Individuando due turni: 8 -14 e 10 -16. Ma, ad oggi, per il 56% dei ragazzi l’orario è rimasto quello di sempre. E, anche laddove sono stati fatti dei cambiamenti (44%), l’ipotesi delle lezioni al pomeriggio è comunque stata evitata il più possibile: solo 1 su 4 ha il turno fisso fino alle 16:00, gli altri (72%) o vanno sempre e solo di mattina oppure si alternano tra le due fasce. Il motivo? E’ duplice. Da un lato, infatti, non tutte le scuole sembrano ancora aver digerito appieno le novità.

Un esempio? Per chi dovrà sperimentare il nuovo orario (10:00-16:00), in 4 casi su 5 non è stata data un’indicazione precisa per il pranzo (il 36% dice addirittura che non è stata prevista una vera e propria pausa). D’altro canto, però, non sempre è una precisa volontà dei singoli istituti visto che non tutti i territori hanno dato il via libera al restyling.

Tra le altre ipotesi messe a punto per agevolare il ritorno alla didattica in presenza c’è anche quella di aggiungere un giorno di lezione a chi in precedenza faceva la settimana corta, prolungando le lezioni al sabato. Ma, se togliamo quel 46% che già diceva di fare sei giorni di scuola su sette, ci si accorge che appena il 28% degli altri ragazzi sperimenterà per la prima volta la settimana lunga.

Caduto parzialmente nel vuoto pure l’invito ad assegnare a ogni studente un orario d’ingresso specifico, per evitare l’affollamento davanti agli istituti: il 50% continuerà a entrare in qualsiasi momento, basta che sia in tempo per la campanella. Stessa sorte per il suggerimento di accorciare l’ora delle singole lezioni – da 60 a 45 minuti – soprattutto per consentire l’aerazione delle classi: sta avvenendo solo nella metà dei casi.

Ma, alla fine, la cosa che interessa di più ai ragazzi è un’altra: quando si deve andare a scuola e quando, invece, si resta a casa? Anche su questo, ogni scuola ha adottato un proprio modello. La maggior parte degli studenti (62%) dice che la scuola ha cercato di alternare le classi e non gli alunni: si sta tutti in presenza o tutti in Dad ma non tutte le classi vanno a scuola. Il 28%, invece, ha visto dividere la propria classe in gruppi (alcuni vanno a scuola e gli altri restano a casa, alternandosi sui giorni) per avere tutte le classi rappresentate. Non manca, infine, chi sta subendo una doppia alternanza: in 1 caso su 10 l’istituto ha diviso sia le classi sia, al loro interno, gli alunni. Perché l’approccio che sembra prevalere è quello più prudente: solamente il 18% degli studenti dice che nelle prossime settimane proverà a fare più giorni di scuola in presenza che in Dad, un altro 72% arriverà al massimo a metà e metà, il 10% sostiene che non è ancora stata decisa un’articolazione chiara.

Si continua, dunque, a navigare a vista. Non stupisce quindi che il 60% avrebbe aspettato ancora per riaprire.