QUALE MERITO PER LA SCUOLA ITALIANA?

QUALE MERITO PER LA SCUOLA ITALIANA?

Il termine “merito” viene oggi incorporato nella stessa denominazione del Ministero guidato dall’On.le Giuseppe Valditara, ma non è dato di antivedere (poiché di “vedere” non se ne parla proprio) come conseguirlo. È indubbiamente presto per capire qualcosa della intenzioni del Ministro, ma invero a noi osservatori del sistema scolastico la pazienza non manca, avvezzi come siamo alle lunghe attese di promesse non mantenute come alle spiacevoli sorprese.

Siamo pertanto costretti ad accontentarci di indizi, ben disposti peraltro a smentire noi stessi se sarà il caso di farlo. Uno di questi indizi – il primo probabilmente, tralasciando l’anticomunismo a tempo scaduto dell’ormai famosa lettera agli studenti –  è costituito dalla partecipazione del Ministro a “Job&Orienta”, Salone internazionale dell’orientamento, della scuola, della formazione e del lavoro tenutosi, come ogni anno, a Verona.

Beninteso non c’è niente di male nel fatto che il Ministro faccia la sua prima comparsa pubblica a Job&Orienta”. Ma se è vero che nulla avviene per caso, non vorremmo che tale incipit scaturisse da una visione prevalentemente pragmatica e mercantile della scuola, quella visione che si è rapidamente imposta nelle aule scolastiche e negli Uffici dirigenziali facendo capolino – approssimativamente – tra la fine degli anni ’80 e lo scorcio del decennio successivo.

Noi epigoni testardi (ma non necessariamente misoneisti) continuiamo a pensare che la scuola abbia in primo luogo una funzione formativa ed educativa della persona e della personalità, in secondo luogo la scoperta delle proprie attitudini e conseguentemente la scelta della professione. Si tratta insomma di mantenere ferma la dimensione teorica del sapere senza affatto negare quella dell’auto-realizzazione nel mondo del lavoro, e sia pure in una prospettiva non meramente individualistica ma che contemperi le esigenze del singolo con quelle della nostra nazione, anzi   della nostra Patria, come direbbe l’on.le Valditara e noi con lui.

Molto più facile a dirsi che a farsi, certo. E infatti in questa sede ci limitiamo a segnalare in termini brevi ed icastici una sola tra le diverse possibili linee-guida da seguire. Altri contributi seguiranno, nella speranza che viale Trastevere voglia prenderne atto.

La scuola vive del rapporto docente-studente. Anzi, per meglio dire la scuola è questo rapporto. Pertanto una classe docente demotivata a causa della sua annosa, diffusa, desolante perdita di autorità (non parliamo di autorevolezza, che è dote del singolo e non rientra nella contrattazione sindacale) non può avere, parlando in generale, sufficiente ascendente nei confronti degli alunni e degli studenti. Ne consegue che ogni iniziativa mirante a rafforzare il prestigio degli insegnanti (istituzione di Ordine professionale, Albo, Codice deontologico, area contrattuale autonoma, retribuzione dignitosa) sarebbe benvenuta e sortirebbe nel tempo risultati significativi.

Oggi l’insegnante è un travet pressato tra il potere semiassoluto del Dirigente scolastico (nella scuola-azienda non esiste più il Preside primus inter pares) e  classi ingestibili che lo fanno bersaglio di irrisione, di offese e sempre più spesso anche di violenza. Evidentemente nessun merito si potrà raggiungere, nella scuola,  se il rapporto fra il docente e la sua classe non verrà riequilibrato. Gli strumenti che abbiamo elencato più sopra vanno in tale direzione. Se ne parlava, e molto, anni addietro, poi sopravvenne l’aziendalizzazione della scuola operata dal governo Renzi, quando i DS per assumere i supplenti chiedevano il video-autopromozionale, quasi che l’assunzione fosse un concorso per la velina più bella.

Alfonso Indelicato – responsabile Comunicazione dell’ Associazione Europea Scuola e Professionalità Insegnante