La “pedagogia in situazione” oggi: Gaetano Santomauro

La “pedagogia in situazione” oggi: Gaetano Santomauro vivant [1]

di Carlo De Nitti [2]

1. PREMESSA

In occasione del centenario della nascita, è sicuramente utile ripensare, all’itinerario teoretico attraverso il quale si è sviluppata la riflessione pedagogica di Gaetano Santomauro (Minervino Murge, BA, 1923 – Bari, 1976) non ha la sua ragione di essere soltanto nella volontà storiografica di scrivere su di uno dei più illustri pedagogisti meridionali del ‘900, ma soprattutto nella rilettura criticamente sostenuta delle tematiche da lui affrontate ancora particolarmente attuali nella temperie culturale che, come persone di scuola, viviamo oggi, nel terzo decennio del XXI secolo[3].

E’ questo l’interesse squisitamente teoretico che muove chi scrive nell’avvicinarsi ad una possibile rilettura di alcune argomentazioni del grande pedagogista[4] pugliese.

2. LA “PEDAGOGIA IN SITUAZIONE”

Rimeditare sul pensiero di Gaetano Santomauro, mediante la costruzione di un itinerario di ricerca all’interno di alcune tra le sue opere[5], significa accostarsi al pensiero di un Maestro della pedagogia italiana di ispirazione meridionalista e personalista: di un personalismo peculiare che “non è dogmatico ma neanche tendenzialmente scettico o relativista. E’ un personalismo realistico, che ha nella persona la misura delle cose e che nella persona ritrova il giusto equilibrio tra l’ansia del trascendente ed il qui ed ora [6].

Chi scrive pensa che esista un modello ‘protagoreo’ della pedagogia, al pari di quello della filosofia[7], come magistralmente teorizzato da Giuseppe Semerari. Tale modello è, di certo, invenibile in quel personalismo realistico che trova nella persona il giusto equilibrio tra l’ ‘hic et nunc’ e l’ansia del trascendente: esso legittima e sostiene la ‘pedagogia in situazione’ che è ermeneutica allorché sollecita a trovare i principi categoriali con i quali ‘comprendere’ le situazioni.

Il qui ed ora, per Santomauro, erano fondamentalmente la scuola e la società meridionali della seconda metà del XX secolo ed il ruolo che la prima aveva il dovere di svolgere per il riscatto culturale, sociale, civile e, conseguentemente, economico della seconda. Il suo impegno sociale in favore del Mezzogiorno fu costante ed accompagnò la sua riflessione teoretica e la sua azione pedagogica a tutto tondo: non a caso, fu vicino ad un altro grande pedagogista pugliese, Giovanni Modugno (Bitonto, 1880 – Bari, 1957)[8], ed intrattenne rapporti, anche epistolari con uno dei più grandi Statisti, meridionale e meridionalista anch’egli, che l’Italia nei suoi centocinquanta anni di vita unitaria abbia mai avuto, Aldo Moro[9].

Il lascito migliore della riflessione pedagogica di Gaetano Santomauro, la cui prematura scomparsa ne ha tragicamente impedito ulteriori e fecondi sviluppi – un’eredità che lo fa essere nostro contemporaneo di persone di scuola del Terzo Millennio – è, “la sua fiducia inconcussa nell’educazione e nel suo ruolo positivo e propulsivo nella società, la sua speranza nell’educazione non in maniera fideistica né in forma ingenuamente ottimistica, ma in forma consapevole, responsabile, lucidamente ancorata al tempo storico e alla condizione umana”[10] .

Particolarmente interessante ed euristica è, a distanza di cinquantacinque anni dalla sua prima pubblicazione, in quest’ottica, la rilettura dell’opera principale della pur vasta produzione scientifica di Santomauro, Per una pedagogia in situazione[11], purché la si affronti utilizzandola come chiave di lettura critica e propositiva delle problematiche pedagogiche del XXI secolo.

La pedagogia in situazione non è una pedagogia relativistica (se non addirittura nichilistica) che si smarrisce nella realtà o la ratifica sic et simpliciter, ma è una pedagogia ermeneutica, in quanto – spiega ancora Pagano – assume il carattere, da un lato, ‘noetico’ perché sollecita la ricerca pedagogica a trovare i principi categoriali con i quali ‘leggere’, ‘spiegare’, ‘comprendere’ le cose, i fatti, le situazioni, e, dall’altro lato, storico-dialettico, perché spinge il pedagogista ad uscire dalle assolutizzazioni e a cercare mediazioni, a cogliere le reali possibilità di un processo educativo. E‟ una pedagogia forte nei suoi principi, ma pronta a mettersi in discussione quando avverte i limiti ed i rischi di una deriva integralista e fondamentalista. E‟ una pedagogia che vuole operare nel mondo e con esso continuamente rinnovarsi”[12].

La ‘pedagogia in situazione’ è, a parere di chi scrive, la scommessa pedagogica che vive ogni giorno chi voglia operare con consapevolezza ed efficacia nella scuola del XXI secolo per formare persone, uomini e donne, competenti nell’umano, educando alla responsabilità, alla cittadinanza attiva, alla solidarietà, alla differenza, ma soprattutto al rispetto di tutt* e di ciascun*.

E’ la scommessa pedagogica che si trova a vivere ogni giorno chi voglia operare nella scuola del XXI secolo: formare persone, uomini e donne, competenti nell’umano significa educare “alla responsabilità, alla partecipazione, alla solidarietà, alla tolleranza, al rispetto della tradizione, all’inclusione contro l’esclusione, al dialogo, alla prossimità, al realismo, alla comprensione del sé storico”[13], in una parola, ai valori.

A parere di chi scrive, l’effettiva competenza nell’umano è, e deve essere, sostanziata di un’originaria responsabilità / libertà per … che contraddistingue la persona: “noi non siamo responsabili perché siamo socialmente impegnati, ma ci impegniamo socialmente perché siamo originariamente responsabili[14]

Negli anni ‘60/’70 del secolo scorso, per Santomauro, praticare una pedagogia in situazione significava difendere le peculiarità valoriali della civiltà contadina, segnatamente pugliese e meridionale, dall’industrializzazione e dall’urbanizzazione spersonalizzante ed alienante. Non è difficile invenire nell’impegno mai disgiunto di ricerca teoretica e attività sociale da parte di Gaetano Santomauro, – consegnato a volumi come Civiltà ed educazione nel mondo contadino meridionale[15], Il senso di una pedagogia impegnata[16] e Problemi educativi e programmazione nel Mezzogiorno[17] ed alle azioni per la scuola pugliese e meridionale nei decenni di transizione dalla società contadina a quella agro-industriale ed industriale come Consulente tecnico dell’Ente Riforma e come membro della delegazione italiana presso l’UNESCO[18] – i fondamenti teoretici e sociali per un impegno odierno di donne ed uomini di scuola contro la spersonalizzazione di una società postindustriale, globalizzata, che tende ad omologare idee, comportamenti, usi, costumi, linguaggi, impoverendo o, addirittura, svellendo le tradizioni e modificando gli stili di vita degli uomini, delle donne e dei bambini nella prospettiva sempre ‘allettante’ dell’incremento dei consumi finalizzato alla produzione ed ad un profitto spesso fuori controllo.

3. LA “PEDAGOGIA IN SITUAZIONE” OGGI

A parere di chi scrive, praticare oggi una pedagogia in situazione significa riconoscere nelle azioni concrete la dignità di ogni persona umana e determinare la necessità di elaborare e di definire itinerari operativi di “educazione compensativa”, ossia di recupero delle situazioni di emarginazione e di insuccesso negli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Tale riconoscimento è la cifra caratterizzante la cultura occidentale dal mondo greco fino al nostro tempo. La dignità dell’uomo definisce il suo essere persona ed il fine dell’educazione di cui è protagonista: in particolare, per la scuola, non è possibile leggere, conoscere ed educare le varie condizioni umane se non nell’ottica dell’accoglienza e della promozione di ogni persona, di tutti e di ciascuno, soprattutto di quelle contrassegnate dall’emarginazione e dell’insuccesso, che non sono soltanto scolastici, ma anche e soprattutto sociali e civili, anche, se non soprattutto, per una serie di ragioni sociali, storiche, economiche e politiche, che non è, in questa sede, dato di indagare ed approfondire, nel Mezzogiorno d’Italia.

In questo senso, operare quotidianamente nella scuola sta a significare porre in essere ogni giorno la pedagogia impegnata in situazione, che non è né può diventare pedagogia della situazione.

La scoperta della dimensione compensativa dell’educazione nella scuola è abbastanza recente: ha riguardato e riguarda tutti i “diversi”: gli svantaggiati, i diversamente abili, gli stranieri ma anche i plusdotati. Ogni persona, in quanto tale, è unica ed irripetibile ed, in questo senso, diversa: la categoria della diversità – e non della semplice differenza – consente alla scuola come comunità educante di valorizzarne ogni esperienza di vita, in un processo di reciproco arricchimento spirituale, foriero dell’estensione dei diritti di cittadinanza, delle opportunità formative e della valorizzazione delle intelligenze multiple, per dirla con l’espressione, ormai divenuta celeberrima, di Howard Gardner.

Ogni diversità arricchisce di esperienze e di valori la classe in cui sono inseriti alunni ‘diversi’ e la comunità scolastica tutta in un rapporto che non può che essere dialogico e di interazione: non è per caso che, in un suo testo di tanti anni fa, Marisa Pavone paragonava il rapporto tra alunni ‘diversi’ e totalità dei discenti a quello, celeberrimo, della colomba con l’aria, di cui parla Immanuel Kant nella Kritik der Reinen Vernunft. L’aria/classe comune, che pure oppone resistenza alle ali che la fendono, è indispensabile: senza di essa, nel vuoto, la colomba/allievo ‘diverso’ non potrebbe volare[19].

La personalizzazione del processo di insegnamento/ apprendimento, attraverso la valorizzazione delle attitudini e delle vocazioni della persona alunno, costituisce la filosofia ispiratrice del processo riformatore in atto: favorire la crescita della persona umana nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno, delle scelte educative delle famiglie nel quadro della cooperazione tra scuole e genitori.

Tutti i documenti programmatici implementano, tanto come orizzonte valoriale quanto come concreta prassi di insegnamento, la filosofia della persona, come elaborata nel corso del ‘900[20].

4. LA PERSONALIZZAZIONE

Personalizzare l’insegnamento significa ‘curvarlo’ sulle necessità, sui bisogni e sulle esigenze di apprendimento di ogni singolo allievo; significa, quindi, non progettare curricoli validi erga omnes ma costruire Piani di studio personalizzati, declinati sulle potenzialità effettive degli alunni in carne ed ossa, affidati alle ‘cure’ della singola équipe docente, in sinergia con le famiglie per rendere possibile il successo formativo di tutti e di ciascuno, per ridurre/rimuovere gli insuccessi e per promuovere le eccellenze. Il ruolo della famiglia e delle sue scelte educative sono fondamentali per indirizzare le strategie delle scuole nella lettura del proprio contesto e nell’organizzazione di servizi per la migliore fruizione degli spazi di insegnamento, pensati nella previsione di tempi eterocroni di apprendimento.

Soltanto attraverso la personalizzazione dell’insegnamento è possibile per i discenti e per le loro famiglie essere protagonisti diretti della vita e del governo dell’istituzione scolastica e non esserne coinvolti soltanto come destinatari di offerte formative pensate in luoghi e da persone altre, secondo la filosofia della sussidiarietà orizzontale e verticale. In quest’ottica, la risposta ai bisogni dei cittadini, i genitori ed i discenti delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, deve essere fornita dalle istituzioni e/o da enti ed associazioni a loro più vicine, al fine di avere tanto una maggiore efficacia quanto una migliore efficienza nell’erogazione e nella fruizione del servizio, evitando sprechi di risorse di ogni sorta: anche in ciò Santomauro aveva antevisto il rischio di un utilizzo del pubblico denaro in modo non sempre congruente con gli obiettivi prefissati.

Al fine di personalizzare gli apprendimenti, nelle scuole del primo ciclo di istruzione è possibile creare le condizioni affinché si sviluppino forme di sperimentazione di nuovi approcci al sapere, fondate sull’imparare facendo (learning by doing)[21], mediante l’attivazione di laboratori di varia tipologia (per gruppi di alunni della stessa classe, di classi diverse, parallele o in verticale). Essi consentono di superare il vecchio schema didattico lezione/verifica/lezione fondato sulla comunicazione logocentrica, per attingere in modo nuovo e ad una pratica della metodologia educativa fondata sul lavoro (l’etimo latino di laboratorium richiama il verbo laborare) e sull’esperienza, che stimolano negli alunni/e la socializzazione e la relazionalità, le caratteristiche tipiche più proprie dell’essere persona che si colloca nel mondo, esperendolo e favorendo la valorizzazione di tutti i talenti.

5. LA “SCUOLA ATTIVA” OGGI: GAETANO SANTOMAURO VIVANT

I laboratori, e la didattica incentrata su di essi, non sono soltanto uno spazio didattico diverso dall’aula tradizionale, ma una modalità di apprendimento fondata su dimensioni altre dell’insegnare, consente di conseguire in modo efficace tanto gli obiettivi formativi quanto gli obiettivi specifici di apprendimento, afferenti il sapere (conoscenze), il saper fare (abilità) il saper essere (comportamenti e competenze) poiché essa promuove linguaggi plurimi e non soltanto quelli “dal collo in su”, quelli dimidiati, per dirla con Papa Francesco, poiché non coniugano la mente con il cuore e con le mani[22].

Questa opzione teoretica per la laboratorialità a trecentosessanta gradi colloca la prospettiva delle scuole, soprattutto del primo ciclo di cui massimamente si è occupato, già nel 1954, Gaetano Santomauro[23] – a parere di chi scrive – sulla medesima linea pedagogica e metodologica che, all’inizio del Novecento, era proposta in modo dirompente, in ben altro contesto culturale, dall’attivismo pedagogico: da John Dewey, alle sorelle Agazzi, da Maria Montessori ad Edouard Claparède, da Céléstin Freinet a Ovide Decroly (a cui Gaetano Santomauro, peraltro, dedicò una specifica monografia[24]) nella direzione dell’ampliamento dell’offerta formativa e delle opportunità di apprendimento per i bambini, i ragazzi, i giovani ma anche gli adulti di tutte le età interessati a crescere, a migliorare se stessi ed a riqualificarsi in un mondo del lavoro in continua trasformazione.

La personalizzazione e la opzione teoretica verso il learning by doing, l’imparare facendo, devono avere il ruolo di stimolare tutta la società a riconoscere le finalità sociali ed i valori che persegue la scuola: è questa una tra le tante lezioni che la “voce” di Gaetano Santomauro può impartire a noi donne e uomini di scuola del XXI secolo. A chi scrive piace concludere queste righe con le sue parole sul ruolo della scuola, valido ora come allora (quasi sessant’anni fa): “Saldamente ancorata ai principi ed al metodo della democrazia sostanziale, che trova il proprio cardine nel pieno riconoscimento del valore, della dignità, della libertà dei diritti dell’uomo, la scuola, da noi auspicata, dovrebbe rappresentare, nel contesto delle istituzioni e della dinamica socioculturale, una ‘forza’ di pressione, tendente ad ottenere un più ampio riconoscimento sociale delle finalità e dei valori che essa persegue ed una loro più attuosa e viva presenza nel tessuto connettivo delle singole istituzioni sociali, affinché queste, progredendo, riflettano sempre più autenticamente la loro essenziale misura umana”[25].

BIBLIOGRAFIA

  • “Quaderni del Dipartimento di Scienze Pedagogiche e Didattiche” dell’Università degli studi di Bari, VII, gennaio – luglio 2002, 3, numero monotematico “Gaetano Santomauro e l’impegno pedagogico in situazione”;
  • CAPORALE, VITTORIANO, Voce “Gaetano Santomauro” in LAENG MAURO (a cura di), Enciclopedia Pedagogica, vol. VI;
  • CHIOSSO, GIORGIO, Novecento pedagogico, Brescia 1997, La Scuola;
  • DE NITTI CARLO – LAVERMICOCCA CARLO (a cura di), Mente – Cuore – Mani: la proposta educativa di Papa Francesco. Riflessioni teoriche e prassi educative, Bari 2022, Ecumenica editrice;
  • PAGANO, RICCARDO, Il pensiero pedagogico di Gaetano Santomauro, Brescia 2008, La Scuola;
  • SANTOMAURO, GAETANO, Il senso di una pedagogia impegnata, Lecce 1963, Milella;
  • SANTOMAURO, GAETANO, Problemi educativi e programmazione nel Mezzogiorno, Lecce 1964, Milella;
  • SANTOMAURO, GAETANO, Per una pedagogia in situazione, Brescia 1967, La Scuola;
  • SANTOMAURO, GAETANO, (a cura di), Dimensioni fondamentali della ricerca pedagogica, Padova 1981, Gregoriana;
  • GIUSEPPE SEMERARI, Responsabilità e comunità umana, Manduria 1966, II ed., Lacaita;
  • GIUSEPPE SEMERARI, Filosofia. Lezioni preliminari, Milano 1994, Guerini e Associati.

[1] Questo contributo rielabora, arricchendolo, il testo Introduzione. Il pensiero pedagogico di G. Santomauro nella scuola del XXI secolo, in AA.VV., Il pensiero pedagogico di Gaetano Santomauro nella scuola del XXI secolo, a cura di CARLO DE NITTI, “Educazione & Scuola”, XVII, marzo 2012, 1015, pp. 4-8.

[2] CARLO DE NITTI (Bari, 1960), laureato in filosofia, dal 2007 è dirigente scolastico, dal 2015 in servizio presso l’I.I.S.S. “Elena di Savoia – Piero Calamandrei” di Bari.

[3] Fondamentale, per chi scrive. è stata, illo tempore, la meditata lettura di Riccardo Pagano, Il pensiero pedagogico di Gaetano Santomauro, edito nel 2008, a Brescia, dalla Casa Editrice La Scuola, nell’ambito della sua collana <Pedagogia cristiana>.

[4] Per mia antica formazione, il rapporto tra teoresi e storiografia lo penso sempre così: “I testi restano muti e insignificanti se non realizziamo il nostro approccio ad essi con un progetto filosofico con la consapevolezza di che cosa sia la ricerca filosofica. Per questa disposizione teoretica nei confronti dei documenti raccolti, il lavoro storiografico rimane a livello della pura e semplice edizione dei testi” (GIUSEPPE SEMERARI, Filosofia. Lezioni preliminari, Milano 1994, Guerini e Associati).

[5] Scrive Maria Tiziana Santomauro: “[…] risulta alquanto arduo e complesso il compito di tracciarne il pensiero pedagogico in assenza di un’opera che sintetizzi le sue articolate riflessioni pedagogiche. In particolare mi riferisco a: l’idea di scuola (attiva); il personalismo; il ruolo del maestro/educatore; il fine dell’educazione/insegnamento (questioni di didattica)”.  I profondi valori cristiani in cui ha sempre creduto, gli studi, l’impegno scientifico a conoscere il pensiero di studiosi italiani ed europei e non solo, con un metodo d’indagine personale e critico, hanno determinato il delinearsi di un pensiero pedagogico i cui principi, innovativi per quel tempo, possono ritenersi ancora attuali nella scuola del terzo millennio” (MARIA TIZIANA SANTOMAURO, Il pensiero pedagogico di Gaetano Santomauro nella scuola del terzo millennio, in AA.VV., Il pensiero pedagogico di Gaetano Santomauro nella scuola del XXI secolo, a cura di CARLO DE NITTI, “Educazione & Scuola”, XVII, marzo 2012, 1015, p. 9.

[6] RICCARDO PAGANO, Il pensiero pedagogico di Gaetano Santomauro, Brescia 2008, La Scuola, p. 6.

[7] Si veda al riguardo GIUSEPPE SEMERARI, Filosofia. Lezioni preliminari, Milano 1991, Guerini e Associati, pp. 61 – 68.

[8] Sui rapporti tra Santomauro e Modugno, si può vedere GAETANO SANTOMAURO, Giovanni Modugno attraverso gli inediti, “Rassegna Pugliese”, 1969, 45.

Un ottimo spunto di ricerca storiografica è l’approfondimento dei rapporti tra i due pedagogisti: Giovanni Modugno ispirò la nascita del “gruppo di maestri sperimentatori” di Pietralba (BZ), dal nome dalla località dolomitica nella quale si riunì per la prima volta nel 1948, cui partecipò anche il venticinquenne Gaetano Santomauro, che era stato anche suo allievo all’Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari.  

[9] La scuola materna statale, istituita ai sensi della L. 444 del 18.03.1968 – che consentì a tanti bambini che abitavano in molti piccoli comuni, ubicati soprattutto nell’Italia meridionale, che non avevano la possibilità economica di finanziare analoghe scuole comunali – nacque grazie all’impegno profuso da parte dell’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, Aldo Moro (Governo Moro III, in cui il Ministro della P.I. era il padovano Luigi Gui).

[10] RICCARDO PAGANO, Op. cit., p. 14.

[11] Brescia 1967, La Scuola

[12] RICCARDO PAGANO, Op. cit., p. 134.

[13] RICCARDO PAGANO, Op. cit., p. 140.

[14] GIUSEPPE SEMERASARI Responsabilità e comunità umana, Manduria 1966, II ed., Lacaita, p. 84.

[15] Padova 1959, Liviana.

[16] Lecce 1963, Milella.

[17] Lecce 1964, Milella.

[18] Cfr. RICCARDO PAGANO, Op. cit., pp. 145 – 157.

[19] Si veda, a tal riguardo, GIUSEPPE BERTAGNA, SERGIO GOVI, MARISA PAVONE, POF, Autonomia delle scuole e offerta formativa, Brescia, 2001, La Scuola, p. 239.

[20] GIORGIO CHIOSSO, Novecento pedagogico, Brescia 1997, La Scuola, pp. 215-243 e 309-311

[21] “Omnia agenda agendo discantur” aveva scritto, nel XVII secolo, nella sua Didactica Magna, il grande pedagogista moravo Johan Amos Komenskẏ, meglio noto con il nome latinizzato di Comenius.

[22] Si può vedere, se è lecita la citazione, DE NITTI CARLO – LAVERMICOCCA CARLO (a cura di), Mente – Cuore – Mani: la proposta educativa di Papa Francesco. Riflessioni teoriche e prassi educative, Bari 2022, Ecumenica editrice.

[23] “ […] G. Santomauro rivolge alla scuola primaria un’attenzione particolare, in quanto essa promuove e sviluppa i valori spirituali umani sottesi al processo educativo; sa realizzare un preciso “disegno educativo” ed un preciso itinerario didattico; promuove la collaborazione attiva degli scolari, tramutandosi in un “elemento funzionale” del processo educativo stesso. Nella sua idea di “scuola attiva”, si superano gli equivoci dell’attivismo pedagogico di allora fine a se stesso, che avevano portato ad un’idea di scuola dello “spontaneismo, dell’espressionismo pedagogico, di una scuola attraente e leggera che evitasse turbamenti e sforzi allo scolaro e si può già intravedere un’anticipazione della scuola-laboratorio” (MARIA TIZIANA SANTOMAURO, Ibidem).

[24] GAETANO SANTOMAURO, Ovide Decroly, Brescia 1964, La Scuola.

[25] GAETANO SANTOMAURO, Problemi educativi e programmazione nel Mezzogiorno, Lecce 1964, Micella, pp. 166 – 167.