Se il libro di testo è un iPad

da LaStampa.it

Se il libro di testo è un iPad

 Verde, digitale, tutta in inglese: la International School di Torino compie cinquant’anni e reinventa la didattica
torino

L’International School Of Turin si riassume in tre numeri: 470 alunni, 50 nazionalità, 50 anni di storia. È un’oasi nel mezzo della collina torinese, un centro di eccellenza dove da mezzo secolo si sperimenta, si cresce, si insegna: sempre in inglese, con insegnanti di madre lingua, provenienti da Inghilterra, Stati Uniti, Australia. La scuola è ospitata in un antico casino di caccia, ampliato con strutture moderne ed ecocompatibili. Ha ottenuto la certificazione energetica di classe A e sul tetto sventola la bandiera verde della Foundation for Environmental Education.

Ma la sfida più importante si gioca sul piano della didattica: da tre anni all’Ist si studia con l’iPad, che ha gradualmente sostituito i libri di testo. “Abbiamo piani di apprendimento individuali”, spiega Gregory Read, responsabile della tecnologia educativa alla scuola. “Ogni allievo affronta argomenti diversi, per questo un libro non basta, serve un metodo nuovo. L’insegnante viene assistito da colleghi o dagli stessi alunni. Lo chiamiamo “collaborative learning”: è un sistema in cui tutti imparano qualcosa, e soprattutto imparano a collaborare”. Si sceglie un concetto e poi si lavora sugli argomenti correlati: parlando di ordine e caos, ad esempio, si può studiare la fisica, ma anche la storia, arrivare alla bomba atomica o raccontare il diario di Anna Frank in letteratura, toccare la geografia, coinvolgere le arti visive. Nella scuola senza frontiere non esistono confini tra i vari ambiti disciplinari. I banchi sono disposti in gruppi per i più piccoli, o in cerchio, per i più grandi, e il maestro non è solo di fronte agli studenti, ma in mezzo a loro; un proiettore consente di mostrare a tutta la classe quello che ognuno ha sullo schermo dell’iPad, per condividere facilmente informazioni e immagini.

Il percorso didattico dell’International School of Turin è unico, come quello di ogni scuola avviata sulla via della sperimentazione. Eppure la scelta della tecnologia arriva da un mondo assi diverso da quello luminoso ed efficiente dell’istituto di Chieri. “Prima di occuparmi dell’Ist ho lavorato a Salvador di Bahia”, racconta il direttore generale Tomm Elliott. “Il mio compito era pianificare i percorsi formativi per aiutare i ragazzi di strada a recuperare gli anni di scuola perduti, e la tecnologia si è rivelata lo strumento più veloce. Incuriosisce i ragazzi, stimola al confronto e alla collaborazione”. Ma perché proprio l’iPad? “Siamo partiti dai laptop, molte scuole li usavano già, ma proprio mentre il nostro progetto stava per diventare realtà è uscito l’iPad, così abbiamo deciso di adottarlo subito. E non è solo il tablet, ma anche tutto il sistema di app e di programmi che fa la differenza”. E qui va sottolineato come,  commentando i recenti risultati finanziari di Apple, il Ceo Tim Cook abbia rivelato due giorni fa che il 94 per cento dei tablet utilizzati nelle scuole americane sono iPad.

I genitori hanno faticato più degli studenti ad adattarsi alla scuola senza libri, ma alla fine ne hanno compreso i vantaggi: zaini più leggeri, flessibilità, costi complessivamente più bassi. D’altra parte chi frequenta l’Ist si aspetta un tipo di educazione di stampo anglosassone, più moderna e pragmatica rispetto alla scuola italiana (“Ma gli allievi più grandi possono scegliere tra indirizzo scientifico linguistico o umanistico, e studiano anche Dante”, precisa Elliott). Più che la nozione conta il metodo: non è tanto importante ricordare una data, quanto essere capaci di trovare su internet la fonte attendibile che riporta quel dato. “Nella nostra visione l’insegnante più che il depositario della conoscenza, è un agente catalizzatore, un mentore, un motivatore”, prosegue Elliott. “La tecnologia sorpasserà gli insegnanti in breve tempo e darà agli studenti tutte le informazioni che servono loro per crescere e imparare”. Un cambiamento radicale, perfino per una scuola così all’avanguardia. “Ma non ci spaventa: solo tre anni fa quello che facciamo oggi era inimmaginabile”.