“IN VIAGGIO CON ERODOTO”, di Ryszard Kapuscinski, Feltrinelli editore, recensione di Mario Coviello
“Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e praticamente non finisce mai, dato che il nastro della memoria continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile”.
È il 1956 e Kapuscinsky è un giovane reporter polacco con un grande desiderio, quello di varcare un confine, non un confine importante, ma un confine qualsiasi, per attraversare quelle linee reali quanto immaginarie che dividono i popoli. Viene accontentato dalla sua caporedattrice allo Sztandar Mlodych che lo manda in India affinché con i suoi reportage favorisca i legami fra i due paesi. Prima di partire gli regala una copia delle Storie di Erodoto, storico greco del quarto secolo avanti Cristo, un libro tanto difficile da trovare nel suo paese.
Le Storie di Erodoto sono destinate a trasformarsi per l’autore in un autentico punto di riferimento, dove cercare tregua dagli avvenimenti del mondo e risposta agli interrogativi che la curiosità incalzante gli pone di fronte: dove ha inizio la storia? Perchè gli uomini si combattono tra loro?
Se non amate difendervi dall’esotismo vero con i villaggi turistici, se siete un po’ stanchi dei romanzi tutta trama che vi fanno solo notare che la vita vera trama non ha, allora vi innamorerete di questo reporter polacco e del suo sguardo sul mondo. Scoprirete che la realtà è più avvincente e vicina a voi di quanto lo siano le armi di distrazione di massa dell’intrattenimento televisivo.
Lo scrittore si chiede cosa spinga l’uomo a girare il mondo. La curiosità? Il desiderio di avventura? Il continuo bisogno di stupirsi? E sottolinea “ Chi perde la capacità di stupirsi è un uomo interiormente svuotato, ha il cuore bruciato. Chi considera tutto un déjà vu e non riesce a stupirsi di niente, ha perso la cosa più preziosa, l’amore per la vita.”
Erodoto è l’esatto contrario. Nomade infaticabile, sempre in movimento, sempre concentrato, sempre pieno di idee, di ipotesi e di progetti. Sempre in viaggio. Le rare volte in cui sta a casa (ma dov’è la sua casa?) è perché è appena tornato da una spedizione, oppure perché sta per intraprenderne un’altra. Per lui il viaggio è uno sforzo, un’indagine tesa a conoscere tutto: la vita, il mondo, se stesso. Ha fissa in mente la mappa del mondo, una mappa che è lui stesso a creare, modificare, completare. E’ un mondo quello di Erodoto dove accade continuamente qualcosa: gli egiziani costruiscono le piramidi, gli sciti vanno alla caccia grossa, i fenici rapiscono le donne e Feretime, regina di Cirene, fa una brutta morte…
Kapuschinsky è convinto che il viaggiatore “del futuro non si preoccupa: il domani è semplicemente un altro oggi. Lo interessa il passato che scompare: ha paura che ne svanisca la memoria e che vada perduto.”
“ Ciò che ci rende uomini e ci distingue dagli animali è la nostra capacità di narrare storie e miti: condividere storie e leggende rafforza il senso della comunità , l’unica condizione nella quale l’uomo può vivere. Mancano ancora duemila anni alla comparsa dell’individualismo, dell’egocentrismo e del dottor Freud. Per il momento, la sera la gente si riunisce in grandi tavolate davanti al fuoco o sotto un albero, meglio se in vicinanza del mare, per mangiare, bere vino e chiacchierare. Alle chiacchiere si intrecciano racconti e storie d’ogni genere. …. Una dopo l’altra, le serate si accumulano e se il viandante ha buona memoria (e quella di Erodoto doveva essere prodigiosa) mette insieme un patrimonio di storie. Questa fu una delle fonti alle quali attinse il nostro greco. La seconda fu ciò che vedeva. La terza, ciò che pensava. “
Kapuscinski è scrittore fluente e mai autocompiacente, fedele ai vecchi dettami di quel giornalismo per il quale si scrive ciò che si vede e non ciò che si legge nelle agenzie di stampa. L’autore narra i rischi e i pericoli corsi, gli incontri fortuiti e i dialoghi tra persone che non parlano la stessa lingua, le sue emozioni in presa diretta. Ne esce un mondo che non è mai una semplice catena di eventi ma un magma emotivo di passioni che ogni uomo vive a suo modo. Il lettore viene portato da Kapuscinski nelle zone più soffocanti del pianeta, facendogli dono dei propri dubbi e imbarazzi, delle proprie incomprensioni e paure di fronte a ciò che non conosce ma che si presenta come l’unica realtà di quel momento.
Il dialogo con le Storie di Erodoto serve a Kapuscinski per universalizzare le sue esperienze e le sue domande. Emerge così l’anima del viandante che si specchia in eserciti in disfatta, accampamenti in festa, imperatori sul rogo. Una storia fatta di guerre e rivoluzioni, ma anche di incontri, di volti, di scoperte, cercati con insaziabile curiosità e incrollabile fiducia nel prossimo, perchè “è solo a questo tipo di persone che gli estranei svelano i propri segreti”.
E le descrizioni di Kapuscinski sono quelle di chi ha viaggiato senza le cinture di sicurezza dei viaggi tutto compreso e diventano figure dell’anima di ogni uomo disposto ad incontrare il mondo.
Così, anche il lettore è interrogato sullo stato di salute del suo sguardo sulla realtà.
Non c’è lettura migliore per smentire il villaggio globale con cui spesso ci riempiamo la bocca. Se solo si esce dal mondo bidimensionale raccontato alle poltrone davanti ai televisori, tutto è diversità. Quella diversità che rende il mondo difficile, ma capace di stupire .
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