Una legge in chiaro-scuro

Una legge in chiaro-scuro

Il Parlamento ha definitivamente approvato la legge sulla “Buona scuola”
Ne è passata di acqua sotto i ponti dal Documento ‘La buona scuola’ del 3 settembre 2014 fino al testo
di Legge ‘Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione’ approvato oggi. Volendo, a questo
punto, esprimere un giudizio complessivo su questi mesi di dibattito e sul testo di legge approvato, il
criterio di giudizio rimane: se lo scopo della scuola è aiutare i ragazzi a diventare veramente persone
libere e responsabili, quanto questa preoccupazione ha determinato il confronto di questi mesi e
sostanzia le scelte contenute nel testo di legge? Quali spazi e strumenti la nuova legge introduce affinché
il fine della scuola sia più facilmente raggiungibile? In che modo è rilanciata la responsabilità dei soggetti
che fanno scuola?
L’impressione è che in questi mesi il confronto si sia in realtà consumato sulla difesa di posizioni
corporative, di diritti acquisiti e prerogative da salvaguardare, condizionato dalla paura di funzioni
ritenute troppo forti. L’intervento delle parti sindacali, un’opinione pubblica condizionata da altri scopi e
contrapposizioni partitiche hanno impedito che nel dibattito emergesse un’idea di scuola. Il testo
approvato sembra mancare di un respiro ideale e culturale capace di restituire un’immagine di reale
autonomia e, quindi, di introdurre semplici spazi e chiari strumenti di protagonismo dei soggetti chiamati
ad interpretarla: famiglie e studenti, docenti e dirigenti, realtà territoriali…
Resta un provvedimento con luci ed ombre
I passi utili
Esistono nel testo di legge alcuni punti qualificanti per una scuola più funzionale al suo scopo. Aver
rifocalizzato il tema dell’autonomia scolastica e rimesso a tema la valutazione di dirigenti e docenti, una
maggiore attenzione al percorso formativo dei ragazzi, la detraibilità delle spese scolastiche e
investimenti consistenti dopo anni di tagli costituiscono i passi iniziali di un cambiamento possibile per la
scuola italiana.
Per lo studente
L’introduzione del curriculum dello studente, con la possibilità di personalizzare il piano di studi
tramite le discipline opzionali, e il potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro, sia a livello finanziario
che in termini di percorsi, identifica una scuola più flessibile e con maggiore attenzione alle esigenze di
famiglie e territorio.
Per gli insegnanti
La legge prevede l’organico dell’autonomia, ovvero un certo numero di docenti assegnati alle scuole
per il potenziamento dell’insegnamento curricolare: occasione per offrire una proposta formativa
davvero più rispondente ai bisogni dei ragazzi.
È previsto un investimento innovativo sulla responsabilità professionale dell’insegnante: 500 euro
annuali della Carta elettronica del docente statale per la formazione personale.
La stabilizzazione dei docenti precari realizza l’aspettativa di stabilità per tanti insegnanti e la
possibilità per gli studenti di veder garantita la continuità didattica.
Senz’altro positivi sono l’intento di superare definitivamente l’annosa questione delle graduatorie ad
esaurimento e la previsione del reclutamento statale solo mediante concorso.
Per un sistema non autoreferenziale
Torna nel dibattito il tema della valutazione, sia a livello di sistema che delle persone che in esso
operano. Sebbene solo abbozzato e poi stralciato nei risvolti applicativi, il tema della valutazione viene
finalmente sdoganato da una serie di veti ideologici che da tempo bloccano tutto il nostro sistema di
istruzione.
Il sistema degli ambiti territoriali offre ai dirigenti e alle scuole la possibilità di inserire nel proprio
organico nuovi docenti non in base a rigide e astratte graduatorie, ma creando l’incontro tra Piano
dell’Offerta Formativa e competenze specifiche degli insegnanti. Cade così l’autoreferenzialità di un
sistema fondato prevalentemente sulle problematiche occupazionali per tornare allo scopo
fondamentale della scuola: l’educazione e la formazione dello studente
Per le famiglie
Una novità importante è costituita dalla detraibilità delle spese sostenute dalle famiglie per la
frequenza scolastica anche presso le scuole paritarie: si riconosce finalmente il principio che la spesa per
l’istruzione è un investimento delle famiglie per il futuro del Paese. La misura prevista per tale detrazione
è al momento poco più che simbolica (76 euro ad alunno), ma lo strumento introdotto può essere
particolarmente significativo, se potenziato, per sostenere la libertà di scelta della famiglia.
Promesse mancate?
Lo slancio di scelte innovative, pur presenti nelle intenzioni della Buona scuola, per promuovere ‘una
risposta semplice a problemi complessi’ si è perso in parte strada facendo. Un testo di legge appesantito
da procedure, vincoli e imprecisioni che ne rendono più farraginosa l’applicazione, mentre si attendevano
semplificazione e maggior libertà di azione. Per rendercene conto basta una rapida ricognizione delle
promesse mancate.
Autonomia scolastica e governance
L’autonomia scolastica ne esce ridimensionata: la gestione delle scuole pur risultando più ampia sotto
il profilo organizzativo è sottoposta al rischio di maggior centralismo.
Cancellando le deleghe per la riforma degli organi collegiali, della governance e dell’ampliamento delle
competenze delle scuole si rinuncia ad un significativo passo verso una compiuta autonomia.
Docenti
Scompare l’ipotesi di una progressione economica basata sul merito e non solo sull’anzianità,
sostituita da un bonus annuale di piccole dimensioni (200 milioni).
Diminuiscono le immissioni in ruolo previste e salta quindi l’ipotesi iniziale di chiudere da subito tutte
le graduatorie a esaurimento.
La formazione in servizio dei docenti diventa giustamente obbligatoria, ma viene definita
prevalentemente a livello centrale.
Dirigenti scolastici
Sembra confermata la paura di affidare la responsabilità a chi dirige scuole. “Il timoniere è essenziale:
al dirigente scolastico va data la possibilità di organizzare meglio il lavoro all’interno della scuola, di
guidare il piano di miglioramento, di concordare le sfide con il territorio e con gli altri attori sociali
dell’area vasta che sostiene l’istituto” (Documento la Buona scuola – 3 settembre 2014): un auspicio
tradotto in una serie di nuove incombenze per i dirigenti scolastici vincolate a prassi decisionali basate su
organismi di rappresentanza ormai obsoleti.
Autonomia e responsabilità
Gran parte delle previsioni di questa nuova legge riguardano esclusivamente la scuola statale e
contribuiscono ad alimentare la confusione tra norme ordinamentali (valide per tutto il sistema) e
disposizioni organizzative (relative solo alle scuole statali). Una maggiore autonomia delle scuole statali
darebbe prevalenza al ruolo regolatore dello Stato e favorirebbe il cammino verso una reale parità
scolastica.
C’è da auspicare, ora, che i decreti e le circolari applicative della legge definiscano ciò che non è
chiaro, senza porre ulteriori vincoli, e che tutta l’amministrazione operi con determinazione e celerità per
un ‘buon’ avvio del prossimo anno scolastico.
Si chiude una fase di riforme annunciate. Ora ad essere chiamata in causa, più di prima, è la
responsabilità dei soggetti – dirigenti, docenti, famiglie, realtà sociali – di interpretare ed utilizzare in
maniera intelligente le nuove norme nella prospettiva di un cambiamento di sostanza e non di facciata.
Una soggettività che, abbandonati i lamenti e le pregiudiziali, contribuisca – senza demandare il
cambiamento alle “buone” leggi – a far diventare sempre di più le scuole luoghi di libertà educativa per
affrontare le sfide formative e dell’innovazione: qui sta il principio di un autentico cambiamento.
Soggetti responsabili di autonomie, nei fatti. Per il bene dei bambini e dei ragazzi.