Autonomia Differenziazioni
di Adriana Rumbolo
In molti ricorderanno la famosa commedia di Edoardo De Filippo “Gli esami non finiscono mai”.
Uscendo di teatro il commento comune: E’ proprio così!
Ma niente è cambiato
Nasce un bambino, amici e parenti corrono a congratulars , ma prima di andarsene si preoccupano di attribuire con una certa sicurezza, le somiglianze del bambino con uno dei familiari più stretti.
Nei mesi che seguono sarà la famiglia stessa a notare le caratteristiche fisiche e psicologiche del neonato con qualche componente della famiglia, influenzati dalle varie simpatie o antipatie.
Tutto questo naturalmente “coram populo”.
Un genitore non immagina neppure lontanamente che non solo il DNA ci differenzia ma cose meravigliose avvengono, nel cervello, nell’ incontro natura-cultura, che si manifesteranno in ogni individuo, in nuove espressioni, in nuovi gesti, in piccole autonomie…
Ogni piccola conquista rientra in un percorso ben definito del cervello che non dovrebbe mai essere disturbato dall’interventismo e dal pregiudizio.
Un neonato continuerà in una progressione spaventosa: un giorno camminerà a gattoni e poi i primi passi, poi eretto e poi le prime parole: mamma, babbo, pappa
Soprattutto l’autonomia di camminare gli permetterà di raggiungere, in un ambiente protetto, tutto ciò che attira il suo interesse, azzardare le prime arrampicate aprire le maniglie in cerca di nuove stanze.
Allora cominciano i pregiudizi:adesso è diventato un birbone, fa i capricci, si impunta, lo fa apposta.
E’ un pezzo che sento ripetere queste cose anche se questi giudizi non corrispondono mai al vero.
Il bambino ancora non dispone di molti mezzi di comunicazione e allora si arrangia come può e comincia a manifestare incautamente differenziazioni dal suo gruppo familiare.
La famiglia è un gruppo, dimentichiamoci la leggenda della voce del sangue.
L’appartenenza che può esistere solo annullando il singolo è impensabile.
Quindi se un bambino/a si discosta dal modello che i genitori si aspettano da lui allora si cercherà il difetto o il dispetto.
E’ una cosa gravissima definire un bambino “un ribelle” o un bambino cattivo mentre lui non desidera altro che essere se stesso.
E’ un momento molto importante per cominciare le prime contrattazioni senza scambiare ogni divergenza come un attacco ad personam.
E’ difficile sempre accettare una diversità mettiamocelo bene in testa, ma dovrebbe insegnarcelo proprio la famiglia che diversità possono benissimo andare d’accordo basta che non intervengano pregiudizi e fin dall’inizio si dia spazio a una buona relazione.e a continue espressioni affettive.
In ogni famiglia ci possono essere due o tre fratelli ognuno con potenzialità e tendenze diverse: se un genitore sente che un figlio preferisce atteggiamenti che non sono i suoi si offende. e potrebbe pensare lo fa per farmi dispetto perchè non mi stima,o perchè mi sfida.
Francamente non riesco a pensare che un bambino di poco più di due anni faccia una sciocchezza una cosa illogica perchè proprio la natura l’ha dotato della logica per la sua sopravvivenza.
Quando sento parlare molti “esperti” inesperti in televisione mi chiedo, che cosa è rimasto del bambino che era in loro?
Aiutiamo il bambino a esprimere meglio la sua autonomia con l’attenzione e l’ascolto.
Ci vuole molta pazienza ma con i nostri figli cresceremo anche noi genitori.
Quando dico a un bambino: tu sei cattivo in una reciproca incomprensione pensate quale problema grande gli do, rifiuto tutto quello che lui è e non lo accetto perchè è diverso da me che sono buono.
Quando aspettiamo l’adolescenza come l’inizio del manifestarsi di un carattere, di una personalità non ci rendiamo conto che fra la nascita e l’adolescenza, lungo periodo, il bambino ha già dimostrato molto di quello che è nella ricerca di un equilibrio fra la sua nature e la cultura che lo circonda per realizzarsi al meglio e speriamo gli sia riuscito.
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