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Scuola: il digitale [non] può attendere

da L’Espresso

21 luglio 2013

Avvocato del Diavolo di Guido Scorza

Scuola: il digitale [non] può attendere

Settembre 2014 è troppo presto per lo sbarco dei libri digitali nelle scuole italiane.
È questo il pensiero del Ministro dell’Istruzione Anna Maria Carrozza che, nei giorni scorsi, ha incontrato i rappresentanti dell’editoria scolastica e anticipato loro l’intenzione di bloccare l’efficacia del provvedimento con il quale il suo predecessore, Francesco Profumo aveva dettato tempi e modi per la progressiva introduzione degli e-book nelle scuole italiane.
Hanno vinto, dunque, gli editori che nelle scorse settimane avevano trascinato il Ministero davanti ai Giudici amministrativi contestando la legittimità del provvedimento che avrebbe previsto – a loro dire – una troppo rapida digitalizzazione dell’editoria scolastica.
Ed hanno vinto ancora prima che la partita cominciasse perché il Ministro dell’Istruzione ha  detto di voler evitare ogni contenzioso.
«L’accelerazione sui libri digitali – hanno spiegato gli editori – non poggiava su alcuna seria e documentata validazione di carattere pedagogico e culturale, così come non sono state valutate le possibili ricadute sulla salute di bambini e adolescenti esposti a un uso massiccio di apparecchiature tecnologiche».
Ma naturalmente queste sono solo considerazioni di facciata se non balle.
Le uniche vere preoccupazioni degli editori riguardano il loro portafoglio.
Dover mandare al macero tonnellate di carta stampata pensando – in modo tanto miope da lasciare senza parole – che il futuro, in Italia, non sarebbe mai arrivato e doversi adattare a nuovi modelli di business.
Ma il punto non è questo perché la posizione degli editori è assolutamente legittima come legittima è la difesa dei loro bilanci.
Il punto è la decisione del Ministro Carrozza, sbagliata nel metodo prima ancora che nei contenuti.
È inaccettabile, tanto per cominciare, che ad ogni cambio di Governo si ceda all’irresistibile tentazione di disfare tutto quel che è stato fatto da chi c’era prima e che – come in questo caso – un provvedimento adottato un pugno di mesi fa da un Ministro, venga cancellato dal suo successore, all’esito di un procedimento di valutazione più breve di quello che aveva portato all’adozione del provvedimento stesso.
Specie quando certe decisioni riguardano il digitale e la politica dell’Innovazione.
Il Paese è in uno stato di conclamato deficit digitale, inchiodato da anni sul fondo di tutte le classifiche internazionali che misurano il livello di diffusione delle nuove tecnologie dell’informazione eppure continuiamo a permetterci il lusso – perché di questo si tratta – di giocare con il futuro, facendo un passo avanti e due indietro ad ogni cambio di guardia a Palazzo Chigi.
Un approccio inammissibile da parte di chi è chiamato a gestire, solo temporaneamente, nel superiore interesse generale, la cosa pubblica.
Ma c’è di più.
A quanto consta, infatti, il neo-Ministro dell’Istruzione – che pure è persona straordinariamente competente e di grande spessore scientifico – avrebbe assunto la sua pre-decisione riunendo attorno ad un tavolo solo gli editori scolastici.
Salvo smentite, non c’erano i rappresentanti dei genitori che pure in fatto di formazione dei loro figli forse avrebbero avuto qualcosa da dire, non c’erano le associazioni dei consumatori che certamente avrebbero potuto rappresentare i risparmi stratosferici che l’ebook nelle scuole avrebbe consentito in un momento di crisi economica come questa, non c’erano né gli insegnanti, né gli studenti, come se il loro pensiero non contasse e dovesse necessariamente appiattirsi su quello di Ministro ed editori.
Come dire che si per riscrivere il futuro della scuola, non serve sentire cosa ne pensa chi nella scuola deve viverci, lavorarci e crescerci.
Le questioni di merito, d’altra parte, non appaiono meno rilevanti di quelle di metodo.
«Fermiamo tutto, l’accelerazione impressa all’introduzione dei libri digitali è stata eccessiva – ha detto il Ministro agli editori – voglio prendere in mano la questione ed esaminarla a fondo. Deponete le armi».
Difficile chiamare eccessiva un’accelerazione sulla strada della digitalizzazione in Italia.
Siamo tanto in ritardo che qualsiasi accelerazione può solo produrre effetti positivi e qualsiasi effetto collaterale sarebbe ampiamente giustificato e giustificabile.
Ma sono le ragioni per le quali, secondo il Ministro, l’accelerazione sarebbe stata eccessiva a spiazzare completamente.
Stando a quanto riferito dagli editori, infatti, “Il ministro Carrozza avrebbe scelto di congelare i libri digitali anche perché ha compreso il ritardo infrastrutturale tecnologico della scuola italiana: banda larga, wifi, cose per ora residuali nelle nostre aule.
Ammesso che il ritardo sia davvero così grave, si tratterebbe comunque di un ritardo non legato a doppio filo all’introduzione degli ebook che si leggono anche se internet e, comunque, agevolmente superabile.
Sarebbe, probabilmente, stato auspicabile che il Ministro si preoccupasse di colmare il ritardo rilevato piuttosto che cavalcarlo come alibi per il repentino dietro-front sulla digitalizzazione del pianeta scuola.
Ma non basta.
Il punto è che la scuola è esattamente il canale dal quale occorre partire per alfabetizzare, finalmente, i cittadini all’uso delle nuove tecnologie.
Se si frena anche qui, se si torna indietro, se si rallenta il processo di digitalizzazione solo perché qualcuno rischia di rimetterci dei soldi, possiamo dire addio al futuro del Paese.
E’ dalla scuola che ci aspetta da tempo parte la rivoluzione digitale italiana e, ora, immaginare che parte attraverso i cari e vecchi libri di carta è davvero difficile.
Senza contare – ed uno degli ulteriori elementi per il quale la decisione del Ministro Carrozza è pericolosa e sbagliata – che nessuno potrà impedire agli studenti più fortuati di iniziare ad utilizzare tablet e libri digitali già domani mattina con la conseguenza che, in pochi mesi, avremo studenti di serie A, pronti a confrontarsi con le sfide del futuro e studenti di serie B, condannati a continuare a studiare come i loro padri e prima i loro nonni.
La scuola deve essere la sede per eccellenza, almeno, della democrazia culturale e formativa: pari possibilità di accesso al sapere per tutti.
Così, però, non sarà.
I più fortunati, ora, saranno online e pronti a confrontarsi con il futuro nello spazio di qualche mese mentre i meno fortunati dovranno attendere anni.
Al contrario di quello che pensa il Ministro Carrozza il digitale, nella scuole, non può attendere oltre e peccato se per portarcelo sarà necessario produrre effetti collaterali che si ripercuoteranno sulle tasche degli editori di carta.
Uno studente alfabetizzato in più vale ben qualche euro in meno nella tasca di un editore che, peraltro, se si ritrova in questa condizione lo deve, in buona misura, solo ed esclusivamente alla propria miopia ed alla pretesa di continuare a risparmiare sul futuro in danno dei suoi lettori.

Assistenza ai disabili gravi, congedo straordinario anche per zii e affini

Dal REDATTORE SOCIALE:

Assistenza ai disabili gravi, congedo straordinario anche per zii e affini

Sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima la norma che non consentiva anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado conviventi di persone con grave disabilità di poter godere di un congedo straordinario per l’assistenza. La norma vale in caso di mancanza, decesso o patologie degli altri parenti più prossimi

19 luglio 2013

Anche parenti e affini entro il terzo grado conviventi di persone con grave disabilità possono godere di un congedo straordinario, «in caso di mancanza, decesso, o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati» dalla legge, per prendersi cura del disabile. Lo ha sancito la Corte Costituzionale, con la sentenza 203/2013, dichiarando illegittimo un articolo del Testo unico in materia di sostegno della paternità e della maternità.
Lo ha stabilito ieri la Corte Costituzionale con la sentenza 203, relatore il giudice Marta Cartabia, che ha stabilito l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 151/2001 su riposi e permessi per i figli con handicap grave. Una norma che garantisce questo diritto al coniuge e poi al padre o alla madre, ai figli e ai fratelli, ma non agli altri parenti e affini, come per esempio agli zii.
“La limitazione della sfera soggettiva vigente – osserva la Consulta – può pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso”. La dichiarazione di illegittimità costituzionale “è volta precisamente a consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico”.

Per queste ragioni la Consulta ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del Dlgs 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave”.
Il caso all’attenzione della Consulta aveva avuto origine dal ricorso di un assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Palmi, contro due decreti del Ministero della giustizia: il primo aveva rigettato l’istanza presentata per poter assistere lo zio materno, il secondo prevedeva il congedo straordinario per assistenza a disabile e la contestuale decadenza da ogni trattamento economico. La persona da assistere non era il padre, ma lo zio, e per questo la richiesta era stata respinta. La questione era finita per questo di fronte alla Consulta.

Falsi invalidi? Per la Corte dei conti nessuna frode. Sprecati i controlli Inps

da Il Redattore Sociale

“Falsi invalidi? Per la Corte dei conti nessuna frode. Sprecati i controlli Inps”

Conferenza nazionale sulla disabilità. Le federazioni Fish e Fand si scagliano contro la campagna sulle pensioni percepite illegalmente. Pagano: solo malavitosi. Barbieri: solo lo 0,06 per cento del totale

13 luglio 2013

BOLOGNA – Forti del sostegno venuto il giorno prima dal viceministro Maria Cecilia Guerra, le due maggiori federazioni di associazioni di persone disabili hanno colto l’occasione della sessione conclusiva della Conferenza di Bologna per dire parole molto dure contro la campagna sui “falsi invalidi”.

“Non esistono!”, ha tuonato con nettezza il presidente della Fand Giovanni Pagano, “O esistono in una percentuale talmente vicina allo zero da considerarsi fisiologica. E questo fenomeno è frutto soprattutto di malavitosi”, ha concluso, invitando la platea a non confondere tra i casi di falsi invalidi e le revisioni della percentuale di disabilità, che avvengono continuamente in conseguenza di variazioni dello stato di salute.

Ancora più argomentato l’intervento di Pietro Barbieri, presidente della Fish, il quale ha citato l’ultima relazione della Corte dei conti nella quale si legge testualmente che “non si segnalano frodi riguardanti l’invalidità civile”. Ciò vuol dire, ha sottolineato Barbieri, che “gli 800 mila controlli disposti dall’Inps (la metà di tutte le pensioni di invalidità pagate in Italia) per smascherare il presunto fenomeno non sono serviti a nulla: hanno scovato solo 1.500 casi, pari allo 0,06 per cento del totale”. I falsi invalidi sono invece esistiti un tempo e in modo diffuso, ha aggiunto, “quando un posto di lavoro si pagava 30 milioni di lire”.

 

Invalidità civile, ritardi cronici per il riconoscimento: “Costano 58 milioni di euro”

Rapporto sull’invalidità civile di Cittadinanzattiva. Ci vuole quasi un anno di attesa per il riconoscimento della condizione di invalido civile e lo Stato è costretto a pagare gli interessi passivi: il peso della burocrazia brucia risorse pubbliche

58 milioni di euro: è il costo per lo stato di tutti i ritardi accumulati per il riconoscimento dell’invalidità civile. Con l’aumento delle attese aumentano infatti anche gli interessi passivi. Specifica Cittadinanzattiva nel suo rapporto: “I 58 milioni di euro rappresentano la somma dei costi per interessi passivi e costi per i medici convenzionati Inps (unica tipologia di costi rispetto ai quali esistono dati certi). E’ la somma del peso della burocrazia, dei ritardi dell’iter di riconoscimento e dello svolgimento del Piano straordinario di verifica”. Su dati della Corte dei conti (Relazione controllo Inps esercizio 2011, determinazione n. 91/2012), in media occorrono 278 giorni per riconoscere l’invalidità civile, 325 per la cecità civile e 344 per la sordità, tempi ben lontani dall’obiettivo del termine massimo di 120 giorni. In particolare – riferisce il rapporto – gli interessi passivi sulle prestazioni pensionistiche arretrate nel 2011 sono di 37,5 milioni, in aumento rispetto ai 34 del 2010. L’incidenza, sul totale degli interessi, della quota relativa al settore dell’invalidità civile è pari al 63,3%, ossia circa 24 milioni di euro, in aumento rispetto al 2010 (62,2%). (ep)

Invalidità civile, ecco come cambiare: le proposte di Cittadinanzattiva

Nel rapporto le proposte per migliorare la situazione attuale: attenzione alla semplificazione dell’iter burocratico per dare risposte più veloci ai cittadini e far pagare meno la collettività e alla revisione delle linee guida operative

ROMA – Contenute nel I rapporto sull’invalidità civile e la burocrazia, ecco le proposte di Cittadinanzattiva per invertire una tendenza che, come denuncia l’associazione, pare mirare sopra tutto e tutti, anche se in modo non dichiarato, a contenere quanto più possibile la spesa assistenziale nel nostro paese.

Per prima cosa va messa a punto una semplificazione dell’attuale iter amministrativo di riconoscimento dell’invalidità civile. Poi, va annullata la Comunicazione interna del direttore generale Inps delle “linee guida operative” del 20 settembre 2010, con riguardo ai criteri di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento: “Ciò garantirebbe – spiega il rapporto – il rispetto della volontà del Parlamento, il quale si era già espresso sull’argomento (bocciando l’emendamento al Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, poi convertito nella Legge 30 luglio 2010 n. 122, che tentava di restringere i criteri per la concessione dell’indennità di accompagnamento).

Terza proposta, l’approvazione del ddl n. 538 che in modo esplicito pone come limite reddituale per ottenere la provvidenza economica legata all’invalidità civile parziale o totale solo il reddito personale, senza considerare il reddito dell’eventuale coniuge. Il ddl è una risposta concreta alla Circolare n. 149 del 28 dicembre 2012 dell’l’Inps che aveva previsto che si dovesse fare riferimento anche al reddito del coniuge: l’Istituto l’ha temporaneamente ritirata, ma se trovasse nuovamente applicazione metterebbe a rischio le pensioni di oltre 850.000 persone.

Le altre proposte di Cittadinanzattiva sono le seguenti: che prosegua e si concluda l’Indagine Conoscitiva sulle procedure di accertamento delle minorazioni civili da parte dell’Inps, avviata dalle Commissioni 11ma (Lavoro, previdenza sociale) e 12ma (Igiene e sanità); che venga ripristinata la possibilità d’impugnazione del giudizio di primo grado sul ricorso giudiziario da parte dei cittadini contro i verbali emessi dall’Inps; che l’Inps istituisca presso i propri uffici un tavolo permanente e paritetico di confronto, composto dalle organizzazioni civiche di tutela del diritto alla Salute, dalle organizzazioni di tutela dei diritti delle persone con disabilità, dai rappresentanti dei Ministeri coinvolti, nonché dai rappresentanti dell’Inps, per “individuare le misure necessarie per superare le criticità del sistema e a formulare proposte di miglioramento condivise”. Infine, che contro il fenomeno delle assegnazioni indebite delle indennità, lo Stato avvii azioni ad hoc anche nei confronti dei propri funzionari che violano le norme, e non soltanto attraverso controlli, in molti casi vessatori, nei confronti dei cittadini. (ep)

Disabilità, la Conferenza è un successo. Ma ora c’è “una montagna da scalare”

Disabilità, la Conferenza è un successo. Ma ora c’è “una montagna da scalare”

Partecipazione folta, molti applausi e quasi nessuna polemica. Bilancio positivo nonostante i pochi giorni di preparazione. Protagonista il Programma biennale d’azione sulla disabilità, che il ministro Giovannini dà già “per approvato”

BOLOGNA – “E’ andata pure troppo bene…”. Sembrano quasi increduli gli organizzatori (sia politici che funzionari) della IV Conferenza nazionale sulla disabilità, conclusasi oggi a Bologna. Partecipazione folta e clima positivo, molti applausi e quasi nessuna polemica, ad eccezione della notizia, poi smentita, dell’ascensore guasto che avrebbe bloccato “una cinquantina di disabili”. Una vicenda che ha poi finito per ritorcersi sia contro chi l’aveva diffusa (il presidente dell’associazione  Fiaba), sia indirettamente contro l’informazione locale e nazionale, che della prima giornata di lavori non aveva quasi parlato, salvo riprendere appunto il lancio di un’agenzia scaturito da una “telefonata”.

Cominciamo dalla partecipazione: “In realtà avevamo prenotato solo metà della sala grande – svela un funzionario del ministero del Lavoro e delle politiche sociali – perché prevedevamo al massimo 4-500 persone. Poi invece la sala è servita tutta: 750 preiscritti e quasi 200 che si sono presentati direttamente”. Un risultato sorprendente, se si pensa che il primo annuncio dell’evento era quasi sfuggito al viceministro Guerra solo il 30 maggio e che la conferma della data era arrivata solo il 18 giugno, quando si era avuta la conferma della partecipazione di Giovannini.

Quanto al clima, ha colpito l’applauso finale alla viceministra Maria Cecilia Guerra, responsabile diretta dell’organizzazione di “una conferenza diversa dalle altre”, come ha rilevato il ministro Enrico Giovannini, e anche il consenso all’intervento di quest’ultimo, il quale dopo aver ricordato il padre disabile dall’età di 12 anni a causa della poliomielite, ha affermato in un modo che non è sembrato formale di aver vissuto una mattinata “di arricchimento straordinario”.

Tra le varie attestazioni pubbliche di apprezzamento bastino le parole di Giovanni Pagano, presidente della Fand, a sottolineare “l’ottima riuscita della conferenza e della sua preparazione: abbiamo sempre avuto in questi mesi degli interlocutori disponibili al dialogo, che hanno ascoltato e spesso accolto le nostre proposte”. Il riferimento era al programma biennale d’azione sulla disabilità, il documento stilato dall’Osservatorio nazionale e grande protagonista dell’incontro bolognese. Un documento che il ministro Giovannini ha definito “una montagna di 140 azioni, che io mi sento impreparato a scalare e della quale dovremo imparare a distinguere le cose importanti da quelle urgenti, altrimenti ne ricaveremmo solo un senso di frustrazione”. Ma anche un documento che per lo stesso Giovannini costituisce una “pietra miliare” e che è “intriso di concretezza”, tanto da “darlo per approvato” già qui a Bologna, nonostante debba ancora sottostare al passaggio della Conferenza stato regioni per poi diventare, se non ci saranno ostacoli, un decreto del Presidente della Repubblica.

Quelle 140 azioni sono dunque da mettere in sequenza e da monitorare, ha aggiunto Giovannini, individuando le priorità da attuare e non cambiandole in corsa: “Non facciamoci prendere dall’idea che tanto non cambia nulla – ha detto il ministro rivolto alle associazioni – Siate equlibrati, solo lavorando insieme faremo passi avanti: la burocrazia ama il cambiamento delle priorità perché ciò costituisce un alibi per non fare davvero nulla”. Un atteggiamento che poco prima avevano del resto mostrato di condividere gli stessi sindacati. Secondo Cerrito (Cisl) “il programma avrà valore se daremo segnali sulle cose che si possono fare subito”, mentre per Scacciavillani (Ugl), “se realizzato il programma segnerà una svolta per il mondo della disabilità”.

Secondo Pietro Barbieri, presidente della Fish, l’importanza del programma biennale d’azione è che recepisce appieno le indicazioni della Convenzione Onu sulle persone con disabilità. “Ho molti dubbi – ha affermato – che noi siamo il paese dalla normativa più avanzata, come spesso ci diciamo compiaciuti. La legge quadro sulla disabilità (104 del 1992) in realtà non aveva previsto diritti, ma solo interventi. Così i disabili hanno dovuto continuare a marciare sul doppio binario del recinto e della contenzione da una parte e della lotta per la vita indipendente dall’altro: la Convenzione è il grimaldello per affermare la scelta che d’ora in poi si lavorerà solo sulla strada dell’indipendenza”. A patto però, ha affermato Barbieri, “che le risorse siano uguali e i diritti applicati in tutto il paese, superando  il solito schema a macchia di leopardo”. (st

Fonte: REDATTORE SOCIALE

Disabilità a scuola: l’inclusione secondo il piano dell’Osservatorio nazionale

da Il Redattore Sociale
10 luglio 2013

Disabilità a scuola: l’inclusione secondo il piano dell’Osservatorio nazionale

Nel Programma d’azione, analisi, obiettivi e azioni per contrastare la dispersione scolastica degli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali e garantire agli adulti l’accesso ai percorsi di formazione permanente e professionale

ROMA – Sostenere i percorsi di inclusione scolastica degli alunni con Bisogni educativi speciali e la formazione continua: sono questi i principali obiettivi indicati dall’Osservatorio nazionale nel Programma d’azione sulla disabilità, precisamente nella quinta linea d’intervento, dedicata a “Processi formativi ed inclusione scolastica”. A fronte di una legislazione avanzata in materia di integrazione scolastica, infatti, si registra tuttavia ancora, in Italia, un elevato tasso di abbandono scolastico da parte degli alunni con disabilità, che l’Osservatorio si propone di contrastare. Le azioni proposte riguardano due grandi ambiti: il percorso formativo scolastico e l’istruzione per gli adulti.
Istruzione scolastica. Introdurre nella legislazione corrente il concetto di “accomodamento ragionevole” (Accordo di Programma), già previsto nella Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità; ottimizzare i percorsi di formazione obbligatoria iniziale e in servizio prevista per gli insegnanti, sia curricolari che di sostegno, “sulle strategie educative appropriate a favorire l’apprendimento per gli alunni con disabilità e necessità educative speciali”; garantire la continuità didattica, cioè la permanenza dello stesso docente di sostegno accanto all’alunno per tutto il ciclo scolastico: sono alcune delle azioni suggerite dall’Osservatorio al governo. Si chiede poi di rendere accessibili gli istituti scolastici attraverso il progressivo abbattimento delle barriere architettoniche.
Istruzione per gli adulti. L’accesso ai percorsi di “educazione integrata permanente” e professionali da parte di adulti con disabilità sono attualmente soggetti alla “discrezionalità regionale”, mancando sia standard nazionali sia meccanismi di monitoraggio. Occorre quindi “garantire un sostegno quantitativamente e qualitativamente adeguato alle necessità educative individuali degli adulti con disabilità nei Ctp (Centri territoriali permanenti), nei corsi serali nei centri di formazione professionale, nei tirocini lavorativi e nei servizi socio-sanitari”.ì, definendo a livello nazionale gli standard relativi a tali percorsi. L’accesso alla formazione permanente dovrebbe essere inserito, secondo l’Osservatorio, tra i livelli essenziali di assistenza.
Altre questioni “calde”. Il programma non contiene alcun riferimento diretto ai “numeri dell’inclusione scolastica”: quanti siano cioè gli alunni con disabilità, quanti i docenti di sostegno e, in particolare, quale sia il rapporto numerico tra gli uni e gli altri. Così come non si fa alcun accenno alla questione del numero delle ore di sostegno assegnate, ridotte negli ultimi anni a causa dei tagli economici, né al problema delle certificazioni e del loro aggiornamento, che sta destando preoccupazione tra gli insegnanti e le famiglie. Tutte questioni che l’Osservatorio non ha mancato di sollevare in diverse occasioni e che molto probabilmente saranno discusse nel gruppo di lavoro dedicato, durante la Conferenza nazionale di Bologna. (cl)

Lavoro e disabilità

da Il Redattore Sociale
10 luglio 2013

Lavoro e disabilità: la “fotografia” e le proposte dell’Osservatorio

“Scopertura” dei posti riservati, nessun dato sui disoccupati disabili e legislazione inadeguata: l’analisi della situazione nel Programma di azione di cui si occuperà la Conferenza di Bologna. Tra le idee, un nuovo “livello essenziale di servizio”

ROMA – E’ di oggi la sentenza della Corte europea che condanna l’Italia per non aver adottato tutte le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro e la invita a porre rimedio a questa situazione al più presto. Della questione si occupa ampiamente il Programma di azione per la disabilità, approvato dall’Osservatorio nazionale, che sarà oggetto dell’ormai imminente Conferenza di Bologna, in programma per il 12 e 13 luglio. Pur non contenendo alcun riferimento esplicito alla procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea, l’Osservatorio apre il secondo capitolo del documento (“Lavoro e occupazione”) proprio con la rilevazione dell’inadeguatezza del sistema di inclusione lavorativa delle persone con disabilità nel nostro Paese.

Criticità e obiettivi. Non si conosce il numero dei disoccupati con disabilità, ma si sa che i posti di lavoro a questi riservati restano in parte (21%) inoccupati. E’ questa una delle principali incongruenze nell’applicazione della legge (n. 68/99) che norma l’inserimento lavorativo delle persone disabili. I principali dati sul fenomeno sono contenuti nella VI Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge (anno 2011)Obiettivo principale è quindi “aggiornare la legislazione in vigore e renderla più efficace nell’offrire occasioni di lavoro, in particolare attraverso un miglior funzionamento del collocamento mirato di cui alla legge 68/99”. C’è poi l’esigenza di migliorare il sistema di raccolta dei dati, attraverso l’integrazione delle fonti amministrative e statistiche e la rilevazione sistematica e periodica dei dati sulla situazione occupazionale delle persone con disabilità, comprese quelle con disabilità intellettiva.

Azioni legislative. “Rifinanziare il fondo nazionale per la legge 68/99, oggi sostanzialmente azzerato”, prevedere nuove “competenze per il collocamento mirato in modo da seguire i lavoratori con disabilità durante tutto il percorso lavorativo”, elaborare una “legislazione  ad hoc” per il lavoratori colpiti da “malattie ingravescenti/croniche progressive”, prevedere modalità come il part-time e il telelavoro per le persone con disabilità: sono alcune delle proposte di carattere legislativo contenute nel Programma

Politiche del lavoro. “Ridefinire i criteri di distribuzione regionale dei fondi disponibili per la legge 68/99”; creare in ogni provincia “équipe competenti nel sostenere in forma tecnica l’inclusione lavorativa di lavoratori con disabilità”, definendo questi come “livelli essenziali di servizio”; favorire l’occupazione delle donne con disabilità (attualmente rappresentano solo un terzo dei lavoratori disabili), anche attraverso un sistema di incentivi; sostenere le cooperative di tipo B e le forme di autoimpiego; e, ancora, istituire un “centro nazionale di informazione, consulenza e sostegno, in cui vengano raccolte le buone pratiche di inclusione lavorativa”, da porre alle dipendenze dell’Osservatorio stesso: sono alcune delle azioni previste dal Programma per migliorare le condizioni occupazionali delle persone con disabilità. Infine, si propone di “inserire l’Inail nella rete del collocamento mirato territoriale” e di prevedere,all’interno di ogni azienda di grandi dimensioni, una “unità tecnica” dedicata ai lavoratori con disabilità, dal momento che occorre “seguire il lavoratore non solo nelle fasi di avviamento al lavoro, ma in tutte le fasi del percorso lavorativo, raccordando la legge 68/99 con quella della legislazione non discriminatoria”. Infine, un ruolo fondamentale deve essere svolto dalle associazioni, “adeguatamente professionalizzate, nel campo dell’intermediazione e del tutoraggio al lavoro”. (cl)

 

Sono oltre 22 mila in Italia i disabili avviati al lavoro nel 2011

I giudici ritengono che l’Italia non abbia recepito correttamente la direttiva sulla parità di trattamento. Nel 2011 in calo le assunzioni, sono oltre 19.600. Gli iscritti alle liste speciali poco più di 644 mila

Roma – Italia bocciata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea. La condanna riguarda le norme sul lavoro per i disabili. In particolare i giudici ritengono che l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie per imporre ai datori di lavoro l’adozione di provvedimenti pratici ed efficaci a favore dell’inserimento lavorativo dei disabili. La Corte europea accusa l’Italia di essere venuta meno agli obblighi comunitari per aver recepito  in maneria non adeguata quanto previsto dalla direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione.

Oltre 22.023 i disabili avviati al lavoro in Italia nel 2011. Dopo la grave flessione registrata nel biennio 2006-2008 (-34 per cento), nel corso del 2010-2011 i lavoratori disabili sono cresciuti del 18,5 per cento rispetto al 2008-2009. Gli iscritti alle liste provinciali speciali del lavoro sono poco più di 644 mila, di cui quasi 65.800 nuovi iscritti (erano 83 mila nel 2010). (Isfol, Relazione sullo stato di attuazione delle norme per il collocamento obbligatorio e mirato delle persone disabili  relativo al biennio 2010-2011).

Donna quasi la metà dei disabili iscritti al collocamento. Le donne  rappresentano il 48 per cento del totale degli iscritti, e raggiungono la quota di 308.142 (erano oltre 359 mila nel 2010). Dall’esame delle iscrizioni per tipologia di invalidità si osserva che sia per il biennio 2010-2011 che nel biennio precedente, prevalgono gli invalidi civili nell’ambito del numero di beneficiari che accedono agli elenchi unici. Essi ammontano a 70.138 nel 2011 (erano 75.988 nel 2010), seguono sempre per il 2011 gli invalidi del lavoro 1.778, gli invalidi per servizio 384, i non vedenti 282, i sordi 703.

Gli immigrati con disabilità. Nel 2011 risultano iscritti agli elenchi provinciali 11.600 immigrati. Un terzo di questi sono donne. Ne erano 7.073 nel 2008. La dislocazione territoriale delle iscrizioni nelle liste provinciali degli immigrati riguarda soprattutto le aree del nord ovest e del nord est dove ci sono mercati del lavoro più ricettivi. Gli avviati al lavoro nel biennio 2010-2011 ammontano a 693. Come per gli iscritti anche in questo caso un terzo degli avviati riguarda le donne.

Settore pubblico e privato. Se si prendono in considerazione i posti disponibili nei settori del pubblico e del privato si ha la seguente situazione: al 31 dicembre 2008 erano 78.200 i posti scoperti, di cui 64.866 nel settore privato e 13.334 nella pubblica amministrazione. Quasi 80 mila posti scoperti, che nel corso del 2009 sono stati occupati solamente per un quarto, con i 20.830 avviamenti al lavoro. Il maggior numero di avviamenti è avvenuto attraverso lo strumento della convenzione (49%) e gli avviamenti nominativi rappresentano il 41,9%, vanificando la quota dell’avvio numerico previsto dalla legge. (Indagine Isfol Plus 2008)
In calo le assunzioni, sono oltre 19.600 nel 2011. Le assunzioni registrate nel biennio risultano complessivamente a 20.793 nel 2010 e 19.605 nel 2011. In entrambe le annualità la prevalenza in termini assoluti dei rapporti di lavoro a tempo determinato è netta nelle ripartizioni settentrionali, mentre al centro e nel sud continuano a prevalere gli avviamenti a tempo indeterminato. Per la prima volta, nel 2009 i rapporti di lavoro a tempo indeterminato scendono sotto il 50% e si attestano al 47,5%. Erano il 54,6% nel 2008. Aumentano d’altro canto i contratti a  tempo determinato (erano il 41,6% nel 2008, salgono fino al 48,5% nel 2009).

 

Disabilità e lavoro: la situazione in Italia

Sono 22.023 le persone con disabilità avviate al lavoro registrate a fine biennio 2010-2011, secondo il report curato dall’Isfol, della “Sesta Relazione sullo stato di attuazione delle norme per il collocamento obbligatorio e mirato delle persone disabili (Legge 68/99)” relativo agli anni 2010-2011.
In generale, i disabili avviati al lavoro nel corso del 2010-2011 mostrano una ripresa del 18,5% rispetto al biennio 2008-2009; rispetto alla grave flessione registrata nel biennio 2006-2008 che si attestava al 34%: gli avviati al lavoro erano 31.535 nel 2007 e solo 22.023 nel 2011.

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Contemporaneamente, nel solo anno 2011 ci sono stati 65.795 nuovi iscritti alle liste speciali del collocamento obbligatorio e 83 mila nel 2010. Numeri che portano il totale dei disabili iscritti alle liste provinciali speciali del lavoro a quota 644.029 (dato riferito al 2011; nel 2010 erano 743.623).
Le donne nel 2011 rappresentano il 48% del totale degli iscritti, e raggiungono la quota di 308.142 (erano oltre 359 mila nel 2010).

Dall’esame delle iscrizioni per tipologia di invalidità si osserva che sia per il biennio 2010-2011 che nel biennio precedente, prevalgono gli invalidi civili nell’ambito del numero di beneficiari che accedono agli elenchi unici. Essi ammontano a 70.138 nel 2011 (erano 75.988 nel 2010), seguono sempre per il 2011 gli invalidi del lavoro 1.778, gli invalidi per servizio 384, i non vedenti 282, i sordi 703.

Gli immigrati con disabilità. Nel 2011 risultano iscritti agli elenchi provinciali 11.600 immigrati. Un terzo di questi sono donne. Ne erano 7.073 nel 2008. La dislocazione territoriale delle iscrizioni nelle liste provinciali degli immigrati riguarda soprattutto le aree del nord ovest e del nord est dove ci sono mercati del lavoro più ricettivi. Gli avviati al lavoro nel biennio 2010-2011 ammontano a 693. Come per gli iscritti anche in questo caso un terzo degli avviati riguarda le donne.

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Settore pubblico e privato.
(I dati che seguono si riferiscono all’indagine Isfol Plus 2008) – Se si prendono in considerazione  i posti disponibili nei settori del pubblico e del privato si ha la seguente situazione: al 31 dicembre 2008 erano 78.200 i posti scoperti, di cui 64.866 nel settore privato e 13.334 nella pubblica amministrazione. Quasi 80 mila posti scoperti, che nel corso del 2009 sono stati occupati solamente per un quarto, con i 20.830 avviamenti al lavoro. Il maggior numero di avviamenti è avvenuto attraverso lo strumento della convenzione (49%) e gli avviamenti nominativi rappresentano il 41,9%, vanificando la quota dell’avvio numerico previsto dalla legge.

Le assunzioni registrate nel biennio risultano complessivamente a 20.793 nel 2010 e 19.605 nel 2011. In entrambe le annualità la prevalenza in termini assoluti dei rapporti di lavoro a tempo determinato è netta nelle ripartizioni settentrionali, mentre al centro e nel sud continuano a prevalere gli avviamenti a tempo indeterminato. Per la prima volta, nel 2009 i rapporti di lavoro a tempo indeterminato scendono sotto il 50% e si attestano al 47,5%. Erano il 54,6% nel 2008. Aumentano d’altro canto i contratti a  tempo determinato (erano il 41,6% nel 2008, salgono fino al 48,5% nel 2009).


GLOSSARIO
Per collocamento mirato dei disabili si intende tutta quella serie di strumenti (tecnici e non) che permettono un’adeguata valutazione della capacità lavorativa delle persone con disabilità. Comprende l’analisi dei posti di lavoro, le forme di sostegno da attivare, siano esse di eliminazione di barriere architettoniche che di relazione. Hanno diritto al collocamente mirato tutti i disabili con percentuale di invalidità uguale o superiore al 46%. I servizi offerti sono:

  • adempimenti amministrativi (ad esempio iscrizioni, rilascio di certificati, ecc.)
  • sportello informativo sulla legge 68/1999
  • consulenza e orientamento agli iscritti e alle aziende per facilitare l’incontro tra le diverse esigenze
  • l’inserimento mirato per favorire l’incontro domanda/offerta.  

Il collocamento obbligatorio. La legge n. 68/1999 stabilisce che tutti i datori di lavoro che collochino più di 15 dipendenti siano obbligati a riservare una quota delle proprie assunzioni a soggetti disabili, con percentuale di invalidità uguale o superiore al 46%. Questa “quota di riserva” deve essere comunicata annualmente ai servizi per l’impiego ai fini del collocamento mirato.

Saccomanni: scivolone sulla disabilità

Saccomanni: scivolone sulla disabilità

Maria Cecilia Guerra, vice Ministro alle politiche sociali, durante la Conferenza stampa promossa dalla rete “Cresce il welfare, cresce l’Italia” di venerdì scorso, ha, fra le altre dichiarazioni, affermato l’importanza della ricerca e dell’analisi dei fenomeni sociali per aumentare la conoscenza e, soprattutto, per rimuovere i luoghi comuni sbagliati che condizionano negativamente le scelte politiche.

Luoghi comuni che divengono ancora più odiosi quando si tratta di garanzia dei diritti umani.

Ma dopo nemmeno 24 ore il suo autorevole collega, il Ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, scivola maldestramente proprio su uno dei luoghi comuni che ci si augurava non appartenessero al Governo Letta. Nel 2010 il suo predecessore, Tremonti, aveva senza mezzi termini dichiarato che quella per gli invalidi era una spesa improduttiva e insostenibile per il nostro Paese.

Ora Saccomanni, più prosaicamente, definisce l’Italia “il Paese dei falsi invalidi e dei falsi ciechi”.

Forse il Ministro si ferma alle cronache giornalistiche che, con grande enfasi, riportano casi di indagini della Guardia di Finanza e della Polizia, ma volutamente ignora altri dati di fatto che potrebbero interessare molto di più il suo Ministero. Qualsiasi siano le motivazioni, le dichiarazioni del Ministro contribuiscono ad uno stigma negativo e lesivo delle persone con disabilità.

Forse il Ministro non ha ricevuto informative adeguate: i verbali (tutti) di invalidità o di handicap vengono emessi da una Commissione composta da sei medici. Gli stessi verbali vengono poi verificati e controllati da una seconda Commissione dell’INPS prima di essere convalidati. L’unico caso in cui la Pubblica Amministrazione controlli se stessa due volte, prima di rilasciare un atto di certificazione. Spesso poi la stessa persona viene rivista e controllata nel tempo anche se è affetta da una menomazione cronica o permanente. Il Ministro dovrebbe preoccuparsi di questo spreco, invece di lasciarsi andare a facili luoghi comuni.

Negli ultimi 5 anni il suo Ministero è stato l’ispiratore di controlli a tappeto, dai costi elevatissimi e dagli esiti risibili (appena il 10% delle revoche, prima che gli interessati facessero ricorso e vincessero le cause nella metà dei casi).

Pensi, il Ministro e non solo, ai costi spaventosi per i controlli straordinari sulle invalidità (800mila dal 2009 al 2011, altri 450mila nei prossimi tre anni).

Pensi che, solo per pagare medici esterni all’Istituto, la spesa INPS è passata da 9 milioni nel 2010 a 25 milioni nel 2011. E questa è solo una parte minima della spesa complessiva: 1.250.000 lettere di convocazione, le spese amministrative, i medici dipendenti coinvolti, i costi dell’assistenza dei Caaf e i successivi ricorsi.

Pensi, il Ministro, alla elefantiaca lentezza amministrativa per la quale il sistema, costoso e farraginoso, si distingue: fra la presentazione della domanda di accertamento e l’erogazione delle provvidenze economiche trascorrono in media 278 giorni per l’invalidità civile, 325 giorni per la cecità civile e 344 giorni per la sordità.

Consulti, il Ministro, non già le pagine di cronaca locale, ma le Deliberazioni della Corte dei Conti che ben evidenziano queste storture e questi sprechi. Forse, oltre che allontanarsi da luoghi comuni infruttuosi, coglierà qualche idea di spending review oltre che di semplificazione amministrativa. Sicuramente eviterà di confermare uno stigma di cui le persone con disabilità possono certamente fare a meno.

Accessibilità dei siti web, le nuove regole

da Corriere delle Comunicazioni
5 luglio 2013

Dopo tre mesi di stallo, attesa per la prossima settimana la pubblicazione del decreto che aggiorna i requisiti a cui devono attenersi gli sviluppatori per creare portali e applicazioni per la PA
di F.Me.

Sarà pubblicato la settimana prossima in Gazzetta Ufficiale il decreto di aggiornamento dei requisiti di accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni. Lo fanno sapere fonti del ministero dell’Istruzione. Il decreto, firmato 3 mesi fa dall’allora titolare del Miur Francesco Profumo, aggiorna le regole della legge Stanca a cui devono attenersi gli sviluppatori per creare i siti e le applicazioni web delle pubbliche amministrazioni, in linea con lo standard internazionale WCAG 2.0.

A questo proposito appena ieri Antonio Palmieri, deputato Pdl e responsabile Innovazione del partito, aveva depositato un’interrogazione parlamentare per il ministro Maria Chiara Carrozza, in cui chiedeva appunto che fine avesse fatto il decreto e perché non fosse ancora stato pubblicato in Gazzetta. Secondo Palmieri, la mancata pubblicazione causa “problematiche per i fornitori delle pubbliche amministrazioni per le stesse pubbliche amministrazioni ma soprattutto per i cittadini”. Si tratta infatti – si legge nell’interrogazione – di un provvedimento di vitale importanza per garantire la legalità delle forniture di siti e applicazioni web per la pubblica amministrazione basati su tecnologie web di ultima generazione.

“Senza le nuove regole tutte le forniture fatte alle PA, di fatto,  non sono conformi alla legge – spiegaRoberto Scano, presidente di Iwa Italy – I requisiti contenuti nella legge Stanca si basavano infatti sulla versione “stabile” delle specifiche di accessibilità emanate dal consorzio mondiale del Web (W3C) nel 5 maggio 1999.Ciò significa che oggi queste specifiche non sono adatte alle tecnologie nate successivamente, tra cui i social media e il web “dinamico”. I nuovi requisiti si basano invece sull’ultima versione delle specifiche di accessibilità, W3C WCAG 2.0,  necessarie per poter garantire alle PA i diritti di tutti gli utenti di usufruire dei servizi digitali”.

Senza i nuovi requisiti, inoltre, ci sarebbe anche un problema per il rispetto dei criteri di valutazione della qualità dei servizi erogati ai cittadini tramite Web. “Uno dei criteri di valutazione della qualità dei siti Web delle PA, indicato nelle linee guida – conclude Scano – è proprio il grado di accessibilità ed usabilità dei servizi mentre un ulteriore criterio di valutazione è il cosiddetto Amministrare 2.0″.

Napolitano firma il decreto di cittadinanza per Cristian Ramos

Il diciottenne con Sindrome di Down, dopo essersi visto negare la cittadinanza perché giudicato incapace di prestare giuramento, ha ricevuto oggi il decreto. La madre: “Siamo felicissimi. Speriamo che facciano una legge che dia questo diritto a tutti”

Cristian Ramos sarà italiano. Il diciottenne con sindrome di Down, figlio di una madre colombiana, cui era stata negata la cittadinanza perché giudicato incapace di prestare il necessario giuramento per completare l’iter burocratico per diventare italiano a tutti gli effetti, si è visto recapitare oggi il decreto di cittadinanza con la firma del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. A darne notizia è l’Associazione italiana persone down (Aipd), che ha supportato Cristian e la famiglia per tutto l’iter. Il giuramento avverrà a Roma il prossimo 19 giugno, all’anagrafe di via Petroselli n. 50 alle ore 9.

Si conclude così l’odissea di Cristian. “Siamo felicissimi, finalmente si conclude questo lungo percorso di riconoscimento dei diritti di mio figlio e, speriamo, per tutte le persone con sindrome di Down – ha raccontato commossa la madre, Gloria Ramos – ora speriamo che facciano una legge che dia questo diritto a tutti”. Soddisfatto l’operatore che ha seguito la vicenda. “Dopo aver supportato in ogni modo possibile questa sacrosanta battaglia – ha aggiunto Andrea Sinno, operatore di Telefono D, linea dell’Aipd – ci uniamo alla felicità di Cristian e di mamma Gloria, sperando che il buon esito della vicenda serva a richiamare l’attenzione sulla necessità delle modifiche alla normativa in tema di acquisizione della cittadinanza (L. 91/92) nelle parti in contrasto con quanto disposto dall’art. 18 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con L. 18/09”.

eBook anche per chi non ci vede

da Key4biz

eBook anche per chi non ci vede. Il 18 giugno l’AIE presenta il servizio LIA

Il servizio LIA (Libri Italiani Accessibili) è realizzato dall’AIE, con la collaborazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, e finanziato dal MiBAC.

Media – eBook per le persone non vedenti e ipovedenti, un progetto al quale l’Associazione Italiana Editori (AIE) sta lavorando da tempo e che martedì 18 giugno verrà presentato alla Camera dei deputati. Sarà presente anche il presidente Laura Boldrini.

Il servizio si chiama LIA (Libri Italiani Accessibili) ed era stato anticipato a ottobre in occasione della Buchmesse di Francoforte.

Sempre il 18 giugno, con la presentazione di LIA, sarà messo online un catalogo di libri digitali accessibili.

Al termine del progetto saranno disponibili in un catalogo online 3.000 titoli di narrativa e saggistica, di cui 500 selezionati sulla base di specifiche richieste.

All’evento, coordinati dal direttore di radio Rai 3 Marino Sinibaldi, interverranno il presidente AIE Marco Polillo, e il presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Tommaso Daniele e la dirigente del Ministero per i Beni e le Attività culturali Rossana Rummo.

A inquadrare in una panoramica internazionale il servizio LIA, definito dall’agenzia ONU per i disabili (G3ICT) tra i più interessanti casi in cui la tecnologia è stata messa al servizio dell’accessibilità, sarà quindi l’intervento di George Kerscher, presidente IDPF (International Digital Publishing Forum) e Segretario Generale Daisy Consortium, esperto sui temi dell’accessibilità per l’editoria e insignito dal presidente Obama del titolo di “Champion of Change 2012”, una delle massime onorificenze USA per chi si occupa di tecnologie.

A Cristina Mussinelli, direttore scientifico di LIA, assieme a Mario Barbuto, direttore dell’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza spetterà il compito di presentare il vero e proprio funzionamento del servizio, mentre Stefano Mauri, presidente del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, interverrà spiegando il punto di vista di un editore su come cambiano i processi produttivi all’interno di una casa editrice che decide di produrre i propri libri digitali per tutti, seguendo le linee guida LIA.

Il servizio LIA – Libri Italiani Accessibili è realizzato dall’Associazione Italiana Editori (AIE), con la collaborazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, e finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, all’interno del “Fondo in favore dell’editoria per ipovedenti e non vedenti”.

Il progetto LIA ha come obiettivo aumentare l’attuale disponibilità on line sul mercato di titoli accessibili di narrativa e saggistica per le persone non vedenti e ipovedenti.

Per raggiungere questo risultato è necessario un vero e proprio cambiamento culturale nel modo in cui si affronta il tema dell’accessibilità. A tale proposito uno degli elementi fondamentali che caratterizzano il progetto LIA è la promozione del dialogo e della collaborazione tra i diversi attori di tutta la filiera editoriale, finalizzata a favorire un sostanziale miglioramento rispetto alla situazione attuale.

Gli sforzi del progetto LIA sono quindi concentrati a:

*promuovere presso tutta la filiera editoriale l’attenzione verso l’accessibilità, mettendo in atto un modello per la produzione, catalogazione e distribuzione dei titoli accessibili che mira ad integrarsi il più possibile con gli attuali flussi produttivi e distributivi della filiera editoriale tradizionale;

*creare una libreria online che consenta ai non vedenti e agli ipovedenti di consultare il catalogo dei titoli accessibili e di acquistarli attraverso gli store online aderenti;

*garantire che le informazioni bibliografiche dei titoli accessibili siano presenti nelle principali librerie online, grazie all’utilizzo di specifici metadati e alla loro integrazione nel catalogo dei libri in commercio;

*assegnare a tutti i titoli accessibili un particolare bollino LIA che li renderà riconoscibili all’interno dei canali distributivi utilizzati per gli ebook.

Raffaella Natale

Lia – Libri italiani accessibili

da REDATTORE  SOCIALE

Progetto nato dalla sinergia tra Unione ciechi e ipovedenti e Associazione italiana editori, con il sostegno del Mibac. 2.500 titoli digitali, 40 marchi editoriali aderenti. Daniele (Uic): “Un sogno che inizia a realizzarsi”

ROMA – “Per noi ciechi, è un sogno che inizia a realizzarsi: avere la possibilità di leggere gli stessi libri di chi può vedere, allo stesso prezzo e nelle stesse modalità”: così Tommaso Daniele, presidente dell’Uic (Unione italiana ciechi e ipovedenti) ha presentato il lancio dell’iniziativa “Lia – Libri italiani accessibili”, una vera e propria libreria on-line, che da oggi offrirà 2.500 titoli in digitale, completamente accessibili anche a chi ha disabilità visive. Un catalogo che, nel tempo, continuerà ad arricchirsi, così come si arricchirà, probabilmente, la lista di marchi editoriali aderenti: sono oltre 40 quelli che al momento prendono parte all’iniziativa. Il progetto, finanziato dal Fondo in favore dell’editoria per ipovedenti e non vedenti del Mibac (ministero per i Beni e le attività culturali), è frutto della sinergia tra l’Unione italiana dei ciechi e gli ipovedente e l’associazione italiana editori (Aie), che l’hanno presentata questa mattina a Roma, presso la Camera dei deputati.

“Per noi è il primo, importante passo verso la creazione di parità di accesso alla cultura per le persone non vedenti – ha detto Rossana Rummo, direttore generale per le biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore presso il Mibac – E’ anche la concreta dimostrazione di quanto possa essere vincente il binomio tra cultura e nuove tecnologie. Siamo però solo all’inizio: occorre continuare questo percorso, potenziando il catalogo attraverso uno sforzo condiviso e continuativo”.

Sull’importanza fondamentale del lavoro di rete nella costruzione di questo percorso, si è soffermato Marco Polillo, presidente dell’Aie: “questo progetto è un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico, privato e associazioni di categoria – ha detto – E’ fondamentale che sia accessibile l’intero ciclo distributivo, dalla produzione del libro al suo acquisto da parte dell’utente: abbiamo quindi coinvolto distributori, librerie on-line e sistemi di pagamento in rete e ci siamo impegnati a testare regolarmente i sistemi di lettura e i relativi strumenti. E’ importante continuare in questa direzione”.

Per Tommaso Daniele, “inaugurare questo sito è come tenere a battesimo un bambino che nasce, segno di speranza: la speranza di colmare, prima o poi, l’abisso tra la disponibilità di libri per chi vede e per chi non vede. Questo progetto è un punto di partenza importante per migliorare la qualità dell’accessibilità: un diritto che, in quanto tale, non va discusso, ma rispettato”. Accessibilità che, peraltro, non riguarda solo i non vedenti, ma “l’intera comunità di lettori disabili, che ha abbracciato prima degli altri i testi digitali – ha riferito George Kerscher, presidente dell’Indpf (International digital publishing forum) – Proprio la comunità disabile ha lavorato fin dall’inizio accanto a chi sviluppava questa tecnologia. Una tecnologia che, però, non va a beneficio soltanto delle persone con disabilità, ma in generale allargherà il mercato editoriale, permetterà di allargare la lettura (permettendo, per esempio, di ascoltare un libro in automobile) e potrà essere vantaggiosamente utilizzata anche nell’apprendimento delle lingue”.

Il catalogo attualmente disponibile comprende una vasta gamma di libri: dai best seller alla saggistica, dai libri per bambini e ragazzi (suddivisi in base alle diverse fasce d’età) ai manuali di cucina. La libreria, suddivisa per generi, fornisce tutte le informazioni bibliografiche contenute nelle altre librerie on-line, oltre alle indicazioni relative all’accessibilità. Quest’ultima è certificata e resa evidente dal bollino “Lia”. Il processo di acquisto è anch’esso completamente accessibile, grazie all’accordo con l’Abi, che ha facilitato l’accesso degli utenti con disabilità visiva ai sistemi di pagamento on-line: dopo aver inserito i prodotti nel carrello, l’acquirente viene indirizzato a una delle librerie online aderenti: attualmente, Bookrepublic e Ultima Books. La vetrina Lia può essere consultata da computer o dispositivi mobili. (cl)
(cl)

La vetrina LIA
LIA è la vetrina di ebook accessibili pensati per le persone non vedenti e ipovedenti.

Su LIA puoi sfogliare l’intero catalogo degli ebook accessibili oppure fare una ricerca per genere, autore, titolo. Una volta selezionati i titoli di tuo interesse, puoi scegliere su quale delle librerie partner di LIA perfezionare l’acquisto. Per ciascun ebook puoi conoscere le caratteristiche di accessibilità facendo click sul bollino LIA che si trova nella scheda libro. Consultando invece la sezione Come leggere puoi avere informazioni sugli ebook e su quali dispositivi, software e applicazioni di lettura accessibili utilizzare per leggere gli ebook.

LIA è un servizio sviluppato da LIA-Libri Italiani Accessibili, progetto coordinato dall’Associazione Italiana Editori e finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Per tutte le informazioni sul progetto visita il sitowww.progettolia.it.

Autismo, aule di sostegno? “Niente di scandaloso”

da Il Redattore Sociale del 10 giugno 2013

Autismo, aule di sostegno? “Niente di scandaloso”
Il direttore della fondazione “Oltre il labirinto” Mario Paganessi, commenta il recente caso del ragazzo autistico vessato dall’insegnante: “Se le scuole si aprissero ai professionisti, cose del genere non potrebbero accadere”

ROMA – “E’ giusto e indispensabile che un ragazzo autistico trascorra alcune ore fuori dalla propria classe, possibilmente in un’aula dedicata: chi afferma il contrario, non sa cosa sia l’autismo”. Tornando sulla vicenda del ragazzo autistico vessato dall’insegnante, in una scuola vicentina, e ripreso dalle telecamere nascoste (vedi lancio nel notiziario del 7 giugno 2013), così commenta Mario Paganessi, direttore della Fondazione Oltre il Labirinto, affiliata ad Autism Europe, la principale associazione in Europa che si occupa di questa sindrome. “Ci sono i momenti dell’integrazione, a scuola, ma ci sono anche momenti che obbligatoriamente devono essere condotti in un rapporto 1:1, perché il ragazzo autistico non è in grado di stare in aula troppo tempo. Questo non significa che questi studenti debbano essere separati dai compagni, ma non trovo scandaloso il fatto che trascorrano del tempo in un’aula separata”.

Le modalità del sostegno nella scuola, quindi, sono funzionanti ed efficaci? “No, la situazione è drammatica in molte regioni italiane. Il principale problema, secondo me, è che le scuole non si aprono all’esterno, non lasciano entrare figure professionali capaci di sostenere il percorso educativo si questi ragazzi. Invece il lavoro in rete è fondamentale: abbiamo calcolato un ragazzo autistico tra i 4 e i 16 anni ha a che fare con circa 14 persone tra familiari, istruttori ecc. Tutte queste figure dovrebbero far parte di una rete educativa, con un progetto a monte, di cui la scuola sia il momento focale”.

Per quanto riguarda la formazione degli insegnanti, che per molti è un nodo fondamentale della questione, “i corsi per l’abilitazione e la specializzazione sono certamente utili, ma solo come infarinatura. Molto più efficace è l’affiancamento dei docenti da parte di figure professionali esperte. A tal proposito, la nostra fondazione  ha concluso un accordo con la Ulss 7 di Treviso, per cui da settembre e per cinque anni manderemo i nostri psicologi nelle classi, accanto agli insegnanti statali. Ecco, quest’apertura della scuola è fondamentale. Di solito, però, le porte ci vengono chiuse, sebbene i nostri progetti siano finanziati dalla fondazione stessa e quindi senza oneri per le scuole. Dagli insegnanti, poi, ci arrivano moltissime richieste di aiuto e di formazione. I casi come quello di Vicenza, purtroppo, sono tanti: sappiamo di bambini che, a scuola, hanno mangiato palloni di gommapiuma, sotto gli occhi degli insegnanti. Se le scuole si aprissero ai professionisti, cose del genere non potrebbero accadere”. (cl)

Applicazione DPR sul Sistema Nazionale di Valutazione

Al Capo Dipartimento per l’Istruzione
Dr.ssa Lucrezia Stellacci
Al Direttore generale per gli ordinamenti scolastici e per
l’autonomia scolastica
Dott.ssa Carmela Palumbo
Al Direttore Generale
per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione
Dr.ssa Giovanna Boda
Al Direttore Generale per il Personale Scolastico
Dott. Luciano Chiappetta

OGGETTO: Applicazione DPR sul Sistema Nazionale di Valutazione

L’8 marzo scorso il Governo ha approvato lo schema di Regolamento di cui all’oggetto.
Dalle bozze circolanti, in attesa del testo che verrà ufficialmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ci si
rende conto che trattasi di un atto importantissimo, atteso da anni e nel quale però non sembra ci siano
riferimenti espliciti alla valutazione della qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.
Quali rappresentanti delle associazioni di persone con disabilità riunite nella FISH e nella FAND e
membri del Comitato tecnico dell’Osservatorio permanente sulla disabilità, Ci permettiamo pertanto di
sottoporre alla Loro attenzione i passaggi salienti del Regolamento su cui, a nostro avviso, dovrebbe
essere focalizzata la Loro attenzione in sede applicativa per garantire una valutazione della efficacia ed
efficienza dell’inclusione scolastica quale componente ineliminabile del SNV.
1. Compiti dell’INVALSI:
1.1 Nel Regolamento si attribuisce all’INVALSI il compito di definire “gli indicatori di efficienza e di
efficacia in base ai quali l’SNV individua le istituzioni scolastiche che necessitano di supporto e da
sottoporre prioritariamente a valutazione esterna”. Come associazioni di persone con disabilità abbiamo
più volte comunicato anche al di fuori delle riunioni dell’Osservatorio Ministeriale sull’inclusione
scolastica, la necessità che il Ministero individui come “livelli essenziali” alcuni indicatori strutturali, di
processo e di esito concernenti la qualità dell’inclusione scolastica, fornendo anche taluni esempi
orientativi in tal senso. Si ricordano in proposito:
– la ricerca dell’AIPD “L’integrazione scolastica delle persone Down” (P. Gherardini, S.
Nocera, AIPD, 2000, Erickson, Trento);
– Le proposte di indicatori elaborate dal gruppo di lavoro , istituito con decreto dirigenziale
del 5 maggio 2004, su proposta delle Associazioni componenti l’Osservatorio , proposte
ufficialmente acquisite dall’Amministrazione scolastica centrale, come risulta dalla nota n.
3050 del 21 luglio 2004.
– la ricerca dell’INVALSI svolta nell’a.s. 2005-06 e pubblicata in
www.invalsi.it/invalsi/download.php?page=risquestsistema, citata nella Delibera dekl
CNEL del 29/11/2009, oltre ai siti indicati nella C M n. 8/2013 sui BES.
Inserire tra gli indicatori generali che individuerà l’INVALSI anche alcuni relativi all’inclusione
scolastica è fondamentale sotto due profili:
A. individuare in sede di autovalutazione e valutazione esterna quali sono le scuole che
necessitano di correggere le loro prassi didattiche per migliorarne i risultati anche a favore
degli alunni con disabilità;
B. individuare le scuole in cui si realizzino casi di inclusione di qualità in lodo da segnalarle
come esempi di eccellenza in una logica positiva di emulazione.
1.2 L’INVALSI inoltre dovrà individuare “indicatori per la valutazione dei dirigenti scolastici”.
Tra tali indicatori sembra indispensabile individuarne alcuni concernenti l’efficacia e l’efficienza della
funzione direttiva di una comunità scolastica accogliente ed inclusiva in termini di qualità.
1.3 L’INVALSI dovrà ancora provvedere alla “selezione, la formazione e lì’9inserimento in un apposito
elenco degli esperti dei nuclei per la valutazione esterna”, nonché alla “formazione degli ispettori che
partecipano ai citati nuclei”.
È indispensabile che detti programmi di formazione e dette prove selettive abbiano ad oggetto un debito
spazio concernente la tematica della qualità dell’inclusione scolastica e della sua valutazione nel quadro
del sistema generale di istruzione.
2. Compiti dell’INDIRE:
2.1. L’INDIRE deve effettuare “il supporto alle istituzioni scolastiche nella definizione e attuazione dei
piani di miglioramento della qualità dell’offerta formativa e dei risultati degli apprendimenti degli
studenti, autonomamente adottati dalle scuole.”
Nello svolgimenti di tali compiti è indispensabile che l’INDIRE tenga presente tra i suoi obiettivi
programmatici e nella prassi operativa il debito rilievo da dare agli aspetti della qualità, efficacia ed
efficienza dell’inclusione scolastica.
2.2. l’INDIRE “cura il sostegno ai processi di innovazione centrati sulla diffusione e sull’utilizzo delle
nuovo tecnologie, attivando coerenti progetti di ricerca tesi al miglioramento della didattica nonché
interventi di consulenza e di formazione in servizio del personale docente, amministrativo, tecnico e
ausiliario e dei dirigenti scolastici, anche sulla base di richieste specifiche delle istituzioni scolastiche.”
È indispensabile che anche per questa attività debba tenere nel debito conto gli aspetti concernenti
l’inclusione scolastica.
Per tutto quanto sopra si chiede che l’Osservatorio Ministeriale sull’inclusione scolastica possa dedicare
il suo prossimo incontro, da svolgersi anche prima della formazione del nuovo Governo, data l’urgenza,
a queste tematiche, anche in considerazione del fatto che lo stesso Regolamento prevede il
coinvolgimento anche di Associazioni nelle “azioni di miglioramento” previste nel “procedimento di
valutazione” e nella fase di comunicazione dei risultati.
Certi di una positiva valutazione di queste richieste, si rimane in attesa di un positivo riscontro e si
porgono distinti saluti.

21 MARZO 2013 – GIORNATA MONDIALE SULLA SINDROME DI DOWN

21 MARZO 2013 – GIORNATA MONDIALE SULLA SINDROME DI DOWN
ANFFAS ONLUS: “RISPETTO E TUTELA DEI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E/O RELAZIONALE, ANCHE NELLA FORMAZIONE ED INFORMAZIONE”

Si celebra oggi, 21 marzo 2013, la Giornata Internazionale delle Persone con Sindrome di Down, evento riconosciuto dall’ONU che rappresenta un importante appuntamento per informare e sensibilizzare sui temi relativi alla Sindrome di Down e che si svolge il 21 marzo proprio perché il 21 è il numero della coppia cromosomica presente all’interno delle cellule che caratterizza la Sindrome di Down.

Così come già fatto per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, 3 dicembre di ogni anno, anche in questa occasione Anffas Onlus vuole evidenziare come l’attenzione ai diritti delle persone con disabilità debba essere prestata ogni giorno e non solo in concomitanza di eventi come quelli odierni e per quanto concerne in particolare le persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, Anffas Onlus sottolinea l’importanza della tutela anche del diritto alla formazione ed informazione, elemento troppo spesso sottovalutato o non preso in considerazione.

L’Associazione quindi vuole riaffermare la necessità di continuare a lavorare per eliminare le barriere relative all’accesso alla formazione ed informazione e alla partecipazione attiva a tutti gli ambiti della vita, nonché all’accesso al mondo del lavoro “vero”, e tali concetti saranno portati all’attenzione dell’opinione pubblica anche il prossimo 7 aprile 2013, giorno in cui si svolgerà “Anffas in Piazza – VI Giornata Nazionale della Disabilità Intellettiva e/o Relazionale”, la manifestazione nazionale promossa e organizzata da Anffas Onlus volta a sensibilizzare ed informare i cittadini sui temi della disabilità intellettiva e/o relazionale.

“Sono migliaia le persone con sindrome di down” dichiara Roberto Speziale, Presidente Nazionale dell’Associazione “che afferiscono ad Anffas. Cinquantacinque anni fa – quando l’Associazione è stata fondata – la maggior parte di loro viveva vite brevi, di esclusione dal mondo della scuola e del lavoro, di negazione dell’espressione di abilità e potenzialità”. “Oggi” prosegue il Presidente “grazie ai progressi scientifici e culturali, ma anche all’impegno delle famiglie, fortunatamente le loro possibilità di affermazione e raggiungimento di una buona qualità della vita sono considerevolmente aumentate. Ma c’è ancora molto da fare, soprattutto nel campo dell’inclusione scolastica e lavorativa e della piena partecipazione alla nostra società”.

“Anffas” conclude Speziale “proprio in questi mesi sta diffondendo anche in Italia, attraverso il progetto Pathways 2 (realizzato in collaborazione con Inclusion Europe e co-finanziato dal Programma per l’apprendimento dell’Unione Europea) strumenti ed esperienze relative al “linguaggio facile da leggere” utili a garantire l’accesso alla formazione ed informazione delle persone con disabilità intellettiva. Speriamo che questi strumenti possano trovare la massima applicazione anche nel nostro Paese e che possano rappresentare opportunità in più per tutte le persone con sindrome di down, e non solo”.