Lis, approvato il disegno di legge

Redattore Sociale del 04-10-2017

Lis, approvato il disegno di legge. “Data storica per le persone sorde”

La soddisfazione dell’Ens per l’approvazione da parte del Senato del testo unificato, composto di 14 articoli, che definiscono i diritti delle persone sorde e la rimozione delle barriere comunicative in ambito politico, formativo, lavorativo. La Lingua italiana dei segni viene riconosciuta e promossa. Ora il testo passa alla Camera.

ROMA. “Una data storica per le persone sorde”: così l’Ens, ieri, esultava per l’approvazione, al Senato, del Disegno di Legge sul riconoscimento della Lingua dei Segni Italiana. “Dopo una intensa discussione nella quale hanno preso la parola diversi Senatori – riferisce ancora Ens – l’Assemblea ha approvato, con un nuovo titolo, il Ddl n. 302 “Legge quadro sui diritti di cittadinanza delle persone sorde, con disabilità uditiva in genere e sordocieche”. Era presente in Senato anche una delegazione dell’Ens, guidata dal presidente nazionale Giuseppe Petrucci. Ora il testo passa alla Camera.

COSA PREVEDONO I 14 ARTICOLI DEL TESTO. Così l’Ens sintetizza i contenuti del provvedimento approvato al Senato: “Il nuovo testo proposto dalla Commissione Affari Costituzionali, è composto da 14 articoli che: riconoscono e tutelano i diritti delle persone sorde e la libertà di scelta sulle modalità di comunicazione e i percorsi formativi; promuovono l’inclusione scolastica e lavorativa delle persone sorde; la prevenzione, l’identificazione precoce, la cura della sordità e della sordocecità; i servizi di interpretariato della lingua italiana dei segni; favoriscono l’accesso all’informazione, agli spazi pubblici e privati, ai rapporti con la pubblica amministrazione, al patrimonio storico, artistico, culturale; istituiscono l’osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità; prevedono il monitoraggio sull’attuazione della legge e la clausola di invarianza finanziaria”.

DIRITTI E RIMOZIONE DELLE BARRIERE. L’articolo 1 ribadisce e formula “i diritti delle persone sorde e rimozione delle barriere della comunicazione”, che la Repubblica deve promuovere attraverso “tutti gli strumenti finalizzati alla prevenzione e alla cura della sordità”: tra questi, la lingua dei segni italiana (LIS) e la LIS tattile”, “l’insegnamento della lingua italiana parlata e scritta, l’oralismo e il bilinguismo (lingua italiana parlata/LIS)”, i “sistemi di sottotitolazione, servizi di interpretariato nella LIS e ogni altra azione atta a realizzare la piena autonomia, integrazione e realizzazione umana, nel rispetto delle scelte delle persone con disabilità e delle loro famiglie”.

LIBERTA’ DI SCELTA. L’articolo 2 riconosce alle persone sorde il diritto di libera scelta “in merito alle modalità di comunicazione, ai percorsi educativi e agli ausili utilizzati per il raggiungimento della piena integrazione sociale” e assicura “le garanzie necessarie affinché le persone sorde, sordo-cieche e con disabilità uditiva in genere possano, liberamente, fare uso della LIS o dei mezzi di sostegno alla comunicazione orale in tutti i settori pubblici e privati”.

PREVENZIONE E DIAGNOSI. L’articolo 3 prevede “interventi diagnostici precoci, abilitativi e riabilitativi, per tutti i bambini nati o divenuti sordi, ai fini dei necessari interventi protesici e logopedici, quali livelli essenziali delle prestazioni”, nonché “sostegno psicologico per tutti i bambini nati o divenuti sordi”.

ACCESSIBILITA’. L’articolo 4 prevede “l’accessibilità universale di ambienti, beni, processi, servizi e dispositivi, “affinché siano comprensibili, utilizzabili e praticabili da parte di tutte le persone in condizioni di sicurezza e nella maniera più autonoma e naturale possibile”, anche attraverso “la diffusione e l’utilizzo della LIS, della LIS tattile e delle tecnologie per la sottotitolazione”. Accessibili devono anche essere “tutti i servizi di emergenza e pronto intervento mediante l’utilizzo delle nuove tecnologie, come le applicazioni per smart-phone, tablet e altri dispositivi; garantisce, altresì, l’accesso ai messaggi relativi a eventuali dichiarazioni di stato di emergenza e allarme per eventi eccezionali che coinvolgano la popolazione”.

SCUOLA. Il tema dell’inclusione scolastica è declinato nell’articolo 5, che chiede alla pubblica amministrazione di garantire “la prestazione di tutti i servizi a sostegno e a integrazione dell’alunno sordo, tra cui la presenza dell’insegnante di sostegno, dell’assistente alla comunicazione, di ausili tecnologici e altre risorse e operatori che assicurino la piena partecipazione alle attività scolastiche ed extrascolastiche. La pubblica amministrazione garantisce altresì all’alunno e alla sua famiglia la libertà di scelta tra le metodologie didattiche e di sostegno alla comunicazione e all’apprendimento”. Il Miur deve inoltre garantire “l’apprendimento della LIS e della LIS tattile da parte degli studenti sordi, sordo-ciechi e con disabilità uditiva in genere, che abbiano optato per questa lingua”. Per facilitare la piena inclusione, inoltre, “i piani di studio possono includere l’apprendimento della LIS come materia facoltativa da parte di tutti gli alunni”. Per quanto riguarda gli assistenti alla comunicazione e gli interpreti Lis da affiancare agli alunni sordi, “l’amministrazione competente determina, di concerto con l’Associazione preposta dallo Stato alla tutela e alla rappresentanza dei sordi in Italia, i titoli di studio e l’iter formativo per l’accesso a tali professionalità e favorisce la loro formazione iniziale e permanente”.

UNIVERSITA’ E LAVORO. Anche l’accesso all’istruzione universitaria e post-universitaria deve essere garantito “attraverso la possibilità di accedere a tutti gli strumenti e servizi per l’abbattimento delle barriere della comunicazione, linguistiche, tecnologiche e di altra natura, tesi a garantire pari opportunità e autonomia dello studente sordo, sordo-cieco e con disabilità uditiva in genere”. E’ quanto prevede l’articolo 6 del testo unico. Il successivo (art. 7) intende invece assicurare l’inclusione lavorativa e la formazione permanente, “mediante l’utilizzo di tutti gli strumenti e ausili possibili, nonché delle nuove tecnologie, tra cui applicazioni, chat, e-mail, videoconferenza, atti a realizzare la piena inclusione sociale delle persone sorde, sordo-cieche e con disabilità uditiva in genere sui luoghi di lavoro”.

SALUTE, TEMPO LIBERO E CULTURA. L’articolo 8 chiede alle amministrazioni pubbliche di garantire “l’accesso alle strutture preposte alla salute del cittadino e ai servizi sanitari e informativi, di pronto soccorso e cura, promuovendo l’utilizzo di tutti i canali comunicativi e linguistici nonché le tecnologie atti a favorire l’accesso alla comunicazione e all’informazione da parte delle persone sorde, sordo-cieche e con disabilità uditiva in genere”. E prevede che tutte le campagne informative in materia di salute siano accessibili alle persone sorde. Accessibile deve essere anche (articolo 9) “il patrimonio storico, artistico e culturale italiano”, come pure la “pratica sportiva, le manifestazioni e gli eventi ricreativi, attraverso la realizzazione di servizi di interpretariato nella LIS e di sottotitolazione”.

PARTECIPAZIONE POLITICA E MONITORAGGIO. L’articolo 10 impegna le amministrazioni “a rendere accessibili e pienamente fruibili campagne informative, norme, tribune elettorali, programmi e calendari concernenti eventi elettorali alle persone sorde, sordo-cieche e con disabilità uditiva in genere, veicolando la comunicazione e l’informazione nella LIS e con sottotitoli e utilizzando strumenti e canali adeguati”. Gli ultimi quattro articoli (11, 12, 13 e 14) si riferiscono rispettivamente ai regolamenti attuativi, da emanare entro 6 mesi dall’approvazione della legge; al monitoraggio della condizione delle persone sorde, con disabilità uditiva in genere e sordo cieche, affidato all’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, ma “nei limiti delle risorse disponibili”; alle eventuali sanzioni e alla “invarianza finanziaria”. “Le Amministrazioni interessate – chiosa il testo – provvedono all’attuazione delle disposizioni previste dalla presente legge nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. (cl)

Boom di studenti che scelgono le lezioni di cinese. Ma è difficile trovare prof qualificati

da Il Sole 24 Ore 

Boom di studenti che scelgono le lezioni di cinese. Ma è difficile trovare prof qualificati

di Maria Piera Ceci

Aumenta il numero di studenti italiani che scelgono di seguire lezioni di cinese. Sono 279, l’8% del totale, le scuole che hanno attivato un corso di cinese, coinvolgendo circa 17.500 studenti. A scorrere la ricerca La nuova via della Cina, promossa dalla Fondazione Intercultura con Ipsos nell’ambito dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, si scopre che il cinese si studia per lo più nelle scuole secondarie di secondo grado (74) e più in particolare nei licei. Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica, è nel nord Italia che si registra un maggiore interesse verso la lingua e la cultura cinesi (46%).

In quasi la metà dei casi (48%) il cinese si e’ affermato come materia curriculare e nel 41% dei casi è stato inserito tra le materie dell’esame di maturità.
«Cresce il numero di scuole interessate al cinese, ma se pensiamo all’importanza che ha questo Paese, si potrebbe fare di più» – spiega a Scuola24 Roberto Ruffino, segretario generale Fondazione Intercultura. «Le difficoltà sono tante. Non si improvvisano centinaia di insegnanti di cinese. Non è facile trovare docenti qualificati, così la domanda supera l’offerta».

Il 93% dei presidi delle scuole che hanno attivato corsi di cinese si dice complessivamente soddisfatto, grazie anche al coinvolgimento e alla soddisfazione dimostrati dagli studenti (45%), per la qualità dei corsi messi in atto dalla scuola (23%), per le migliori prospettive per il futuro offerte ai ragazzi (22%) e per il fatto di essere protagonisti nell’avvicinare questa generazione di adolescenti a questa nuova cultura (21%).

«La situazione è in miglioramento» – sottolinea Ruffino – «le scuole coinvolte intendono proseguire e offrire più corsi in futuro, quindi potrebbero aiutare a convincere altre scuole».
Presidi soddisfatti dunque, così come gli studenti. Oltre 500 hanno partecipato alla ricerca e hanno messo il cinese al secondo posto tra le lingue considerate come «strumento fondamentale per il proprio successo futuro» (dopo l’inglese e prima di spagnolo e tedesco). Ad interessare molto l’ambito tecnologico e dell’innovazione (38%) in un Paese la cui influenza in Italia è destinata ad aumentare nei prossimi anni (ne è convinto il 70% dei giovani) e già oggi il suo peso a livello economico è ritenuto molto rilevante da oltre la metà degli intervistati (il 55% esprime un giudizio 8-10 su una scala da 1 a 10).

Quasi tutti sanno che le due storiche squadre di calcio di Milan e Inter sono in mano ai cinesi (84% e 70%) e una percentuale non trascurabile di ragazzi sa che anche molti marchi della moda sono di proprietà cinese.
«Una presenza, quella cinese nella realtà economica italiana che non è più vissuta come negativa e destabilizzante. Questo ha un’influenza sui genitori e di conseguenza sui ragazzi»- fa notare Ruffino. «La Cina sta vivendo un momento di visibilità positiva e chi si prepara a entrare nel mondo del lavoro pensa che parlare cinese sia una cosa importante. La preoccupazione di dove troverò lavoro nel futuro è una spinta in più».

«I ragazzi hanno iniziato a capire che si tratta di una cosa importante per i loro futuro» – dice Ruffino. «E’ cambiata la percezione di questo Paese, perché se ne sa un po’ di più e soprattutto quelle che arrivano non sono più solo notizie negative. Una volta una serie di fatti negativi davano un’immagine della Cina di un paese chiuso, poliziesco, arretrato. Oggi mostra di essere una delle grandi potenze del mondo e che nelle sue città si vive in modo non molto diverso che nelle nostre. Ci sono ancora note negative, come l’inquinamento. Pechino va sempre sui giornali con le foto terribili della nebbia grigia, ma in generale la Cina dà un’immagine molto più positiva di trent’anni fa».

Alla presentazione della ricerca Fondazione Intercultura-Ipsos ha partecipato anche la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. «Il numero degli istituti che offrono l’insegnamento del cinese è destinato ad aumentare. Perché la curiosità verso l’altro, il desiderio di incontro, l’apertura verso mondi e culture differenti sono le caratteristiche intrinseche di cittadine e cittadini globali, esattamente ciò di cui il nostro Paese, e non solo, ha bisogno» – ha commentato la ministra, la quale ha ribadito l’importanza di estendere il programma Erasmus anche alle scuole secondarie di secondo grado.
«Vogliamo che la partecipazione degli studenti a questi progetti sia serena, così come anche il loro rientro nel loro contesto di provenienza» – ha sottolineato la ministra Fedeli. «Qualcuno talvolta lamenta difficoltà in questa fase. Dobbiamo far sì invece che il sistema sia pronto a riassorbire questi giovani e ad arricchirsi grazie alla loro esperienza. Lavoreremo per questo».

Sindacati pronti ad alzare il tiro

da ItaliaOggi

Sindacati pronti ad alzare il tiro

Contro lo stallo del contratto, l’atto di indirizzo non c’è

Alessandra Ricciardi

l tempo stringe per la definizione della manovra 2018, il 15 ottobre la legge di bilancio va mandata alla Commissione europea. L’ultimo atto di rilievo del governo di Paolo Gentiloni prima della fine della legislatura. E intanto che aumenta il pressing dei singoli ministri sul dicastero dell’Economia per portare a casa il proprio pacchetto di misure e fondi, la direttiva per il rinnovo del contratto di scuola, università e ricerca, la cui copertura finanziaria è in quella legge, non vede la luce.

L’atto di indirizzo della ministra Valeria Fedeli è ancora fermo ai piani alti di via XX Settembre per verifiche tecniche circa le coperture.

Una situazione di stallo che i sindacati non sono più disposti a tollerare e contro la quale una risposta potrebbe arrivare già domani quando i direttivi di Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda si riuniranno per tentare una piattaforma rivendicativa unitaria.

Al rinnovo contrattuale le sigle assegnano innanzi tutto il compito di recuperare la perdita salariale registrata con nove anni di blocco del contratto, ma anche di ripristinare la pregressa disciplina del rapporto di lavoro, dopo una riforma, quella Brunetta, che ha cancellato spazi di contrattazione e tutele a favore della legificazione nazionale e del potere dirigenziale dei presidi. C’è dunque il nodo salariale sul tavolo politico, ma anche quello giuridico del rapporto di lavoro.

Il tempo per sbrogliare la matassa è veramente poco. Ecco perché i sindacati potrebbero decidere di scendere subito in campo con azioni di protesta e provare così a essere incisivi prima che la manovra sia chiusa al consiglio dei ministri.

Che il governo per momento abbia preferito tirare i remi in barca sulla partita del contratto è confermato anche dal silenzio che è calato sulle trattative che erano partite all’Aran per gli statali. Il presidente dell’agenzia governativa, Sergio Gasparrini, ha evidenziato i limiti del suo mandato sul fronte della delegificazione del rapporto di lavoro ma anche sulla sterilizzazione dell’aumento degli 85 euro medi mensili per i redditi che percepiscono gli 80 euro di bonus.

Servono altri fondi per garantire la coesistenza di entrambe le misura, come prevedeva l’intesa del 30 novembre 2016, fondi che dovrebbero andare a sommarsi al miliardo e 600 milioni previsto nel Def per garantire l’aumento mensile degli 85 euro ai dipendenti della scuola e dello stato.

Trattative sospese, i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Franco Martini, Maurizio Petriccioli e Antonio Foccillo, hanno chiesto al ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia un incontro per avere chiarimenti sul rispetto di quell’intesa e per la riattivazione dei tavoli negoziali all’Aran. Per ora, nessuna risposta.

C’è conflitto di interessi, i sindacati non possono impugnare il bonus merito

da ItaliaOggi

C’è conflitto di interessi, i sindacati non possono impugnare il bonus merito

Il tar lazio: legittima l’esclusione dei precari. Cgil: ricorreremo

Carlo Forte

I sindacati non possono fare ricorso al Tar se gli interessi degli iscritti che difendono davanti al giudice sono in conflitto con quelli di altri lavoratori appartenenti alla stessa categoria. Pertanto, la Cigl e la Gilda non avevano titolo a presentare ricorso al Tar per impugnare i provvedimenti del Ministero dell’istruzione con i quali era stata data attuazione alle disposizioni sul bonus ai docenti più meritevoli previsto dalla legge 107/2015. Lo ha stabilito la III sezione-bis del Tar del Lazio con due sentenze: la n. 7831/2017 e la 9405/2017 (si veda ItaliaOggi di sabato scorso). Il collegio ha respinto due ricorsi presentati separatamente dai due sindacati dichiarandoli entrambi inammissibili per effetto della carenza di legittimazione attiva. Ma li ha dichiarati infondati anche nel merito. «Faremo ricorso al Consiglio di stato», replica il segretario della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli, «c’è un’ampia giurisprudenza europea a tutela dei diritti dei lavoratori a tempo determinato a maggior ragione quando lavorano su posti di organico di diritto».

Entrambi i ricorsi muovevano dalla considerazione che il bonus del merito è destinato solo ai docenti di ruolo. E ciò costituirebbe una discriminazione a danno dei docenti precari. Discriminazione che risulterebbe in contrasto con il divieto in tal senso ordinariamente previsto dalla normativa comunitaria. In entrambi i casi le organizzazioni sindacali avevano chiesto al Tar di sollevare una questione pregiudiziale davanti alla Corte di giustizia europea oppure una questione di legittimità costituzionale in riferimento alle norme della legge 107. Ma il Tar ha respinti entrambi i ricorsi. Nella sentenza 7831/2017 (ricorso Gilda) il Tar ha spiegato che il limite alla legittimazione ad agire dell’organizzazione sindacale, per interessi non esclusivi dell’organizzazione stessa, è rappresentato dall’esistenza di un conflitto d’interessi all’interno della categoria quale conseguenza dell’azione proposta.

E il ricorso contro l’esclusione dei docenti precari dal bonus del merito, secondo il Tar, mirerebbe «a tutelare gli interessi esclusivi di alcuni iscritti», si legge nella sentenza, «e proprio sotto quest’aspetto sussiste una situazione di conflitto d’interessi atteso l’eventuale estensione della platea dei beneficiari del Fondo, nei termini invocati in ricorso, andrebbe necessariamente a ledere la posizione dei docenti di ruolo, anch’essi iscritti al sindacato ricorrente, atteso che agisce in asserita rappresentanza anche del personale di ruolo, i quali vedrebbero sensibilmente ridotta la quota per essi disponibile».

Nella sentenza 9405/2017 (ricorso Cigl) i giudici amministrativi hanno ribadito lo stesso principio e hanno anche dichiarato la inammissibilità del ricorso anche per carenza di contraddittorio. «Ove, infatti, il ricorso dovesse essere accolto sotto il profilo della spettanza del bonus anche ai docenti assunti con contratto a tempo determinato» si legge nel provvedimento «ne deriverebbe la lesione della posizione dei docenti di ruolo, i quali vedrebbero sensibilmente ridotta la quota per essi disponibile, con conseguente necessità di notificare il ricorso ad almeno un docente di ruolo». Nel merito, la sentenza 7831/2017 reca una motivazione ampia e articolata, mentre la 9405/2017 appare piuttosto succinta, sebbene concluda sostanzialmente allo stesso modo. In buona sostanza il Tar ha ritenuto di non accogliere la richiesta delle organizzazioni sindacali di investire della questione la Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale. Ciò perché non esisterebbe alcuna discriminazione di trattamento a danno dei docenti precari.

Secondo al III sezione-bis l’assenza di discriminazione sarebbe dovuta al fatto che l’elargizione del bonus si collega all’esito di un processo di valutazione, previsto dalla legge 107/2015, al quale non sono sottoposti i docenti precari. E ciò giustificherebbe la diversità di trattamento insieme al fatto che la durata triennale degli incarichi dei docenti di ruolo consentirebbe solo a questi ultimi di partecipare in modo funzionale alla realizzazione degli obiettivi prefissati del piano triennale dell’offerta formativa collegati alla maturazione del bonus. Il Tar ha motivato la propria posizione anche facendo riferimento all’assenza di norme dell’ordinamento che prevedano la parità di trattamento retributivo tra precari e non precari. E che tale sarebbe anche l’orientamento della Corte di Cassazione. Orientamento che, però, sembrerebbe essersi assestato di recente su una posizione contraria a quello individuato dal Tar. La Suprema corte, infatti, è ormai costante nel ritenere che ai docenti precari debba essere riconosciuto il diritto alla ricostruzione di carriera esattamente come i docenti di ruolo. Il mutamento di indirizzo della Cassazione, peraltro, ha indotto il legislatore a prevedere un apposito stanziamento nella legge 107/2015 proprio per fare fonte alle soccombenze in giudizio.

Alunni minori in uscita da scuola, non basta più la liberatoria: vanno consegnati ai genitori

da La Tecnica della Scuola

Alunni minori in uscita da scuola, non basta più la liberatoria: vanno consegnati ai genitori

 

Sono sempre di più i dirigenti scolastici che si stanno organizzando per cambiare i regolamenti d’istituto sull’uscita degli alunni da scuola.

È l’effetto della sentenza 21593/17 della Cassazione, pubblicata qualche settimana fa, conseguente alle morte di un bambino toscano che nel 2003 fu investito da un autobus di linea all’esterno della propria scuola: per la Suprema Corte, in sostanza, la scuola – dirigente e personale – in caso di incidente ad un alunno fuori dall’edificio, è ugualmente responsabile, perché gli insegnanti hanno l’obbligo sia di assicurarsi che i bambini siano saliti sul bus sia di aspettare i genitori se in ritardo.

Ancora di più se ciò è previsto dal regolamento approvato in Consiglio d’Istituto.

In questo caso, per la Cassazione il personale scolastico ha l’obbligo «di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandando al personale medesimo la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardino».

Il controllo e la vigilanza, da parte dell’amministrazione scolastica, dunque, non si sarebbe dovuta interrompere fino a quando gli alunni non sarebbero stati presi «in consegna da altri soggetti e dunque sottoposti ad altra vigilanza, nella specie quella del personale addetto al trasporto».

Pertanto, non basta una liberatoria dei genitori per scaricare le responsabilità delle scuole in caso di uscita di bambini e ragazzi prima dell’orario previsto.

A Montesilvano, in Abruzzo, riporta un’Ansa del 3 ottobre, dopo quelle sentenza si è venuto a creare un è braccio di ferro tra un gruppo di mamme e l’Istituto comprensivo statale ‘Troiano Delfico’.

Il dirigente, si legge, nel corso di confronti informali aveva detto che avrebbe approfondito la questione e valutato le possibili soluzioni, tra cui quella di una eventuale liberatoria. In pochi giorni è iniziato a circolare tra le mamme, anche grazie ad un tam tam su WhatsApp, un modello di liberatoria che dalla scuola definiscono “non ufficiale e non elaborato dal dirigente”. Un modulo che, di fatto, non ha alcun valore legale.

“Abbiamo approfondito la materia e ci siamo confrontati anche con altri istituti – dicono all’Ansa dalla scuola – ma sembra proprio che la strada della liberatoria non sia percorribile“.

La materia è particolarmente complessa, perché regolamentata da articoli del codice civile e di quello penale: come anche scritto più volte dalla Tecnica della Scuola, e ribadito dalla Cassazione, infatti, i minori, al termine delle lezioni, devono essere accompagnati ai cancelli dai docenti dell’ultima ora e presi in consegna dai genitori.

Nel caso non via siano genitori, o chi per lui (con delega), il minore viene preso in consegna dal collaboratore scolastico di servizio e dal dirigente, che provvederanno a chiamare la famiglia (qualora si tratti di una consuetudine si potrebbero chiamare anche le forze dell’ordine).

Nel frattempo, nell’Istituto comprensivo statale ‘Troiano Delfico’ dell’istituto è apparso un annuncio in cui si comunica “a tutti i genitori che i modelli di liberatoria che stanno ricevendo via WhatsApp non sono autorizzati dalla scuola” e che “la dirigente non ha ancora emanato disposizioni in proposito. Le disposizioni definitive saranno pubblicate entro lunedì 9 ottobre 2017. Fino ad allora sono valide le disposizioni dell’ultima circolare”.

E quest’ultima circolare, del 22 settembre scorso, prevede che “tutti i minori, alla fine delle attività didattiche, siano accompagnati ai cancelli dai docenti dell’ultima ora di lezione e ripresi in consegna dai genitori o da soggetti ufficialmente delegati dai genitori”. Ribadendo, di fatto, quanto prevede la legge. Ed è bene che nel regolamento d’istituto non vi siano norme interne che la rendano ancora più severa di quella che già è. Ecco perché molti presidi stanno cercando di trovare delle modalità che non si rivelino delle trappole.

Graduatorie III fascia ATA, inserimento di nuovi titoli

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie III fascia ATA, inserimento di nuovi titoli

 

In aggiunta alle FAQ pubblicate ieri, il Miur ha pubblicato ulteriori domande e risposte, riferite all’inserimento di nuovi titoli.

Le riportiamo di seguito:

Se sono già inserito in graduatoria e nel 2014 avevo già dichiarato un titolo informatico, come faccio a sostituirlo con un nuovo titolo di maggior favore che ho acquisito?

Nella sezione D2 del modello D2 posso dichiarare il nuovo titolo acquisto scegliendo tra quelli elencati e contestualmente barrare la casella relativi al titolo già valutato nel 2014 (“Dichiaro, sotto la mia responsabilità, che nel precedente triennio è stata già valutata la certificazione informatica: …………”) La scuola che valuta la domanda assegnerà il punteggio del nuovo titolo dichiarato.

Se sono già inserito in graduatoria di terza fascia e compilo il modello D2 di aggiornamento per aggiungere nuovi titoli e servizi quale opzione devo selezionare nella sezione C2?

Le varie voci presenti nella sezione C2 sono mutuate dal modello D1. In caso di aggiornamento è sufficiente utilizzare la lettera “F” nella quale si dichiara anche la scuola alla quale fu inviata la domanda nel 2014.

Se sono già inserito in graduatoria di terza fascia e compilo il modello D2 di conferma/aggiornamento devo compilare la sezione C3 per dichiarare nuovamente il/i titolo/i di accesso ai vari profili?

Sì, sia per la conferma che per l’aggiornamento è comunque necessario dichiarare nuovamente il titolo di accesso . Anche per chi conferma e non aggiorna, occorre indicare il codice del titolo di studio accesso e modalità di accesso indicati nel 2014. Qualora l’aspirante non li ricordasse è possibile ricavarli dalla compilazione delle sezioni C1 e C2.

Graduatorie istituto III fascia ATA, domande valide anche se il modello presenta dicitura 2017/2019

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie istituto III fascia ATA, domande valide anche se il modello presenta dicitura 2017/2019

 

Fino al 30 ottobre è possibile presentare domanda per l’aggiornamento delle graduatorie di istituto di terza fascia del personale ATA.

Dopo la pubblicazione dei modelli, avvenuta lo scorso 29 settembre, i tantissimi candidati hanno subito storto il naso e fatto notare che il modulo da compilare non riporta il triennio 2017/2020, bensì il biennio 2017/2019, generando panico fra i candidati sul web.

Rassicuriamo i vari candidati, in base a quanto riferito dal Miur, sul fatto che si tratta di un mero errore di dicitura e pertanto, i modelli si possono compilare e consegnare tranquillamente.

Infatti, la validità dei modelli è data dal decreto sull’aggiornamento delle Graduatorie dello scorso 30 agosto, che espressamente sanciscono il periodo di riferimento, ovvero il triennio che va dal 2017 al 2020.

Ricapitoliamo adesso tutte le informazioni utili per la presentazione delle domande:

Le domande per le graduatorie di terza fascia d’istituto per il personale ATA (collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici, guardarobieri, infermieri e cuochi), per le supplenze nella scuola statale, si potranno presentare dal 30 settembre al 30 ottobre 2017.

 

 

Chi deve compilare il modello D1?

Compila il modello D1 il personale che si trova in una delle seguenti situazioni:

– chi si inserisce per la prima volta
– chi era inserito nelle graduatorie di terza fascia del triennio 2011/2014, ma non ha rinnovato l’iscrizione nelle  graduatorie del triennio 2014/17
– chi cambia il titolo di accesso per uno o più profili
– chi aggiunge un nuovo profilo a quelli in cui già figurava nel triennio 2014-17
– il personale già incluso nelle graduatorie provinciali permanenti/ad esaurimento del personale ATA di una determinata provincia che intenda includersi nelle graduatorie di terza fascia di provincia diversa, previo depennamento dalle suddette graduatorie provinciali (art. 2 comma 3 del DM 640 del 30 agosto 2017)

Chi deve compilare il modello D2?

Compila il modello D2 il personale che si trova in una delle seguenti situazioni:

– chi deve confermare il modello presentato nel 2014, anche in scuola o provincia diversa (sezione conferma)
– chi deve aggiungere uno o più titoli culturali (diversi dal titolo di accesso) e/o uno o più servizi alla domanda del 2014 (sezione aggiornamento).
– Chi è inserito nel triennio 2014/17 per 2 profili e vuole inserirsi in un nuovo profilo, compila SOLO D1 ridichiarando tutto da capo anche per i “vecchi” profili?
Sì, in quanto ai sensi del DM 640 del 30 agosto 2017, art. 5 comma 2, il modello di domanda deve essere unico.

Chi è inserito nel triennio 2014/17 per 2 profili e vuole cambiare il titolo di accesso di un profilo deve compilare D1: in questo caso deve dichiarare tutto da capo per entrambi i profili?

Sì, in quanto il modello D1 è un modello di nuovo inserimento e, ai sensi del DM 640 del 30 agosto 2017, art. 5 comma 2, è incompatibile con il modello D2.

Chi deve presentare l’allegato D4?

Deve presentare l’allegato D4 il personale già incluso nelle graduatorie provinciali del personale ATA di una determinata provincia che intenda includersi nelle graduatorie di terza fascia di provincia diversa.

Come può fare l’aspirante che non ricordi la scuola a cui è stata destinata la domanda nel precedente triennio?

Può accedere alle Istanze online, sezione “Altri servizi”, Visualizzazione dati storici ATA III fascia 2014-2017 e prendere visione, fra l’altro, dell’istituzione scolastica competente

Come può fare l’aspirante che non ricordi i profili in cui era inserito nel 2014 e i relativi punteggi?

Può accedere alle Istanze online, sezione “Altri servizi”, Visualizzazione dati storici ATA III fascia 2014-2017 e consultare, fra l’altro, i profili presenti e il dettaglio dei punteggi. Si ricorda che nello scorso triennio il punteggio del titolo di accesso era cumulato insieme agli eventuali altri titoli culturali.

 

MODELLI DI DOMANDA

Altri riferimenti a normativa e approfondimenti (fonte Flc Cgil)

Scheda sui requisiti per poter accedere.

Bando (DM 640/17).

Tabella di corrispondenza titoli/laboratori assistenti tecnici.

Guida alla registrazione su istanze online.

Regolamento delle supplenze ATA

PISA: qualità ed equità non sono inconciliabili

da Tuttoscuola

PISA: qualità ed equità non sono inconciliabili

L’ultimo fascicolo di PISA in Focus (numero 76) contiene un approfondimento sul tema di se e quanto le scuole contribuiscano alla riduzione dello svantaggio socio-economico, e può essere consultato cliccando sul seguente link: How do schools compensate for socio-economicdisadvantage? 

Come sempre il punto di riferimento è costituito dai risultati dell’indagine PISA, in questo caso di quella condotta nel 2015, che aveva come principale campo di studio il livello di apprendimento delle Scienze.

I dati raccolti mostrano che in realtà (ma non ovunque) le scuole finiscono per rafforzare, anziché ridurre, le disparità legate alla diversa provenienza economica e sociale degli studenti. Ciò avviene soprattutto dove le scuole operano esse stesse in contesti svantaggiati dal punto di vista economico e sociale (periferie, zone in crisi per deindustrializzazione, disoccupazione, forte immigrazione ecc.). In questo caso la funzione di riequilibrio e compensazione affidata al sistema educativo non produce risultati significativi perché gli studenti di queste scuole traggono minori benefici dagli ambienti di apprendimento nei quali sono inseriti. Di fatto risulta che queste scuole dispongono di minori risorse umane e finanziarie rispetto a quelle collocate nelle città e nei quartieri benestanti.

In 50 su 72 sistemi scolastici studiati e messi a confronto da PISA risulta che le scuole di quest’ultima categoria ottengono migliori risultati in Scienze perché hanno maggiore accesso a specifiche risorse educative: insegnanti qualificati, laboratori di qualità ed esperienze pratiche.

Risulta anche che gli studenti svantaggiati sono quelli che beneficiano di più delle esperienze extracurriculari, che però sono molto più presenti nelle scuole delle zone agiate che in quelle sfavorite.

Questa è la situazione, conclude l’approfondimento di Pisa in Focus, ma non è detto che le cose debbano necessariamente andare in questo modo, perché ci sono Paesi che dimostrano che è possibile contemperare risultati di qualità ed equità. Tra quelli che hanno realizzato progressi in questa direzione vengono citati Estonia, Lettonia, Israele, Macao (Cina), Montenegro, Norvegia e Tunisia.

Tensione sul portfolio dei dirigenti scolastici

da Tuttoscuola

Tensione sul portfolio dei dirigenti scolastici

C’è ancora tensione tra il Ministero dell’Istruzione e i dirigenti scolastici rappresentati dai sindacati confederali del settore, dallo Snals e dall’Anp.

Nei giorni scorsi, a fronte delle richieste ministeriali di provvedere alla compilazione integrale del portfolio e di completare l’invio delle documentazioni, i sindacati dei dirigenti scolastici avevano concordemente dichiarato l’altolà all’Amministrazione, diffidandola dal procedere in azioni antisindacali e da vessazioni burocratiche.

A quanto sembra, il Miur avrebbe deciso di procedere con maggiore cautela, invitando i nuclei di valutazione a prendere atto dell’esistente, senza sollecitare i dirigenti riottosi a rivedere le proprie decisioni o a completare l’invio di altre documentazioni.

Una frenata che sa di ripensamento e di buon senso, ma che pone la valutazione dei dirigenti scolastici in standby, innalzando le problematiche dei dirigenti a livello politico.

In proposito, da parte dei sindacati confederali e dallo Snals, sono stati interessati direttamente alla questione dei dirigenti scolastici l’on. Simona  Malpezzi, responsabile del Dipartimento Scuola del PD, e l’on. Elena Centemero, responsabile per la scuola e l’università di Forza Italia.

Le divergenze sui dirigenti scolastici si stanno allargando anche all’Invalsi che nei giorni scorsi ha annunciato l’invio di un questionario ai dirigenti scolastici per poter disporre un monitoraggio delle attività di valutazione dei dirigenti scolastici.

L’Anp ha ritenuto intempestiva la compilazione di un siffatto questionario in un momento di forte contrapposizione della categoria all’Amministrazione.

“Un no, grazie” che non promette rapporti tranquilli tra dirigenti e Miur e che vede il portfolio vittima sacrificale del conflitto sindacale.

Concorso DS, DiSAL: buona notizia, ma tanti problemi da risolvere

da Tuttoscuola

Concorso DS, DiSAL: buona notizia, ma tanti problemi da risolvere

Un comunicato della Direzionale nazionale dell’associazione di dirigenti di scuola statali e paritarie DiSAL muove una serie di osservazioni critiche al D.M. 138/2017, il nuovo Regolamento per il concorso. L’unica buona notizia è che il Regolamento stesso sia stato finalmente emanato, ma il modello adottato, sostiene l’Associazione, “lascia fortemente perplessi” perché torna al “centralismo statale che viene restaurato dopo l’infelice esperienza causata dalla gestione regionale del 2011”.

Si sarebbe dovuti andare in direzione opposta, quella del “decentramento e della autonomia di gestione delle fasi del concorso, come accade per analoghe procedure di assunzione negli Enti Locali, nella sanità, nelle università, nelle Camere di commercio”. E invece si va verso una procedura centralizzata, a partire “dalla prova preselettiva, costituita da una batteria di 100 quiz: una modalità assolutamente inadeguata all’accertamento di quelle attitudini umane e relazionali indispensabili per la figura professionale di dirigente scolastico che si va a selezionare”.

Ciò premesso in linea di principio, prosegue DiSAL, esistono comunque nel Regolamento punti problematici che potrebbero almeno essere chiariti e corretti dal Bando concorsuale, che dovrebbe valorizzare “le esperienze relazionali-comunicative, le competenze pregresse e le motivazioni dei candidati”. Tra i suggerimenti formulati – ferma restando la riserva-rifiuto dei 100 quiz – vengono indicati l’eliminazione della ulteriore prova scritta alla fine del tirocinio; l’aumento del numero dei posti messi a concorso, perché i 2.400 previsti non copriranno le dirigenze che si renderanno vacanti a settembre 2019; la modifica della tabella di valutazione dei titoli in modo da “valorizzare adeguatamente l’esperienza acquista per tutti gli anni di servizio dai candidati nella collaborazione alla dirigenza”; una “adeguata soluzione” per la direzione delle scuole sottodimensionate, specie se ubicate in territori disagiati.

Alcune di queste richieste sono onerose, e hanno in pratica poche possibilità di essere accolte, mentre altre, come la modifica della tabella dei titoli in modo da premiare le esperienze relazionali-comunicative e le competenze pregresse, soprattutto quelle di collaborazione con i dirigenti, potrebbero essere recepite.

Diffusione Libro in 7a Camera

Il 19 settembre ed il 4 ottobre la 7a Commissione della Camera torna ad esaminare il DdL C. 1504, Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura

L’11 e 12 febbraio, il 20 e 27 marzo, il 3, 10 e 24 aprile, 8 e 15 maggio, 5, 17 e 24 giugno, 31 luglio, 18 e 25 settembre, 7 e 14 ottobre, 18 e 25 novembre, 3  e 9 dicembre 2014, 22 gennaio, 3 febbraio, 10, 19 e 24 marzo, 11, 18 e 23 giugno, 7, 9, 14, 15, 16, 22, 23 e 29 luglio, 10 settembre, 6 ottobre, 24 e 25 novembre 2015, 13 gennaio, 22 e 31 marzo, 6 e 27 aprile 2016  la 7a Commissione della Camera esamina il DdL C. 1504, Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura

(7a Camera, 11.2.14) Nicola FRATOIANNI (SEL), relatore, ricorda che la proposta di legge in esame è composta di 18 articoli e reca disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura. Fa preliminarmente presente che il disegno di legge atto Camera 1920, concernente la conversione in legge del decreto-legge n. 145 del 2013, cosiddetto «Destinazione Italia», in corso di esame da parte dell’Assemblea della Camera, all’articolo 9 reca misure per favorire la diffusione della lettura e, in particolare istituisce un credito d’imposta sui redditi delle persone fisiche e giuridiche per l’acquisto di libri muniti di codice ISBN. Osserva che il progetto di legge oggi in esame si propone un proposito ben più ampio ed organico, promuovendo sotto molti profili – e con diverse misure – la diffusione del libro e la promozione della lettura. Aggiunge che secondo la relazione illustrativa al presente provvedimento, questo vuole fornire strumenti adeguati alla promozione e alla diffusione del libro e della lettura e riaffermare il loro valore come strumento insostituibile di conoscenza e di formazione culturale dei cittadini, nonché essere un completamento a quanto già stabilito dalla legge n. 62 del 2001, che reca nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge n. 416 del 1981. Entrando nel dettaglio delle singole disposizioni, segnala intanto che l’articolo 1 del provvedimento riporta i princìpi e le finalità dello stesso. Si prevede quindi – al comma 1 – che la Repubblica consideri la lettura e il libro quali strumenti insostituibili per l’affermazione e lo sviluppo della cultura, della cittadinanza e della conoscenza, nonché per l’unione e la coesione fra popolazioni e generazioni. Aggiunge che il comma 2 prevede che la Repubblica si doti di strumenti e promuova azioni volte a favorire la diffusione della lettura, la produzione, la circolazione e la conservazione del libro e che il comma 3, infine, dispone che lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni, assicurino, secondo il principio di leale collaborazione, la piena attuazione delle disposizioni della legge in esame, al fine di garantire la democrazia della lettura. Rileva poi che l’articolo 2 della proposta di legge riporta le definizioni. Precisa che, ai fini della stessa, si intende, per libro, il prodotto editoriale realizzato su supporto cartaceo o digitale destinato a comunicare al pubblico informazioni, parole, immagini o simboli, anche accompagnati da supporti quali CD o DVD con suoni o con immagini in movimento, indipendentemente dal supporto o dai canali attraverso i quali il libro è distribuito; per editore, il soggetto che ha come oggetto prevalente della propria attività la progettazione e la pubblicazione di libri; per distributore e promotore, il soggetto che svolge come attività prevalente la promozione, la diffusione e la commercializzazione di libri nei circuiti librai, bibliotecari o scolastici; per biblioteca pubblica, le biblioteche che, finanziate da enti pubblici o privati, sono aperte a tutti, assicurando l’accesso a una raccolta di documenti pubblicati o diffusi di carattere generale. Sottolinea inoltre che è previsto che le regioni disciplinino le modalità di riconoscimento di status di biblioteche pubbliche alle biblioteche di proprietà privata. Aggiunge che segue, infine, la definizione di libreria, come luogo d’incontro fra domanda e offerta di conoscenza e di competenza, nonché l’impresa che si occupa di vendere e di promuovere libri. Rileva inoltre che il comma 2 del medesimo articolo 2 prevede che al prodotto editoriale si applichi l’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, che prescrive le indicazioni obbligatorie sugli stampati e, quando è diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata costituente un suo elemento identificativo, esso è sottoposto agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948, che prevede l’obbligatoria registrazione di ogni giornale o periodico presso la cancelleria del tribunale. Aggiunge che l’articolo 3 del testo in esame concerne la promozione dei libri e della lettura. Esso prevede quindi che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MIBACT) indichi, d’intesa con le regioni, con le città metropolitane, con le province e con i comuni linee di azione periodiche di promozione della lettura e del libro, dotate di un’adeguata copertura finanziaria.
Evidenzia che le linee di azione indicate garantiscono la continuità nel tempo delle politiche di promozione e possono coinvolgere ulteriori istituzioni ed enti pubblici o privati. Aggiunge che le stesse: riconoscono il ruolo delle biblioteche pubbliche nella promozione della lettura e del libro, garantendo, in condizioni di pari opportunità, l’accesso di ogni soggetto al pensiero e alla cultura; promuovono l’apertura delle biblioteche scolastiche e la loro integrazione con le nuove tecnologie, anche attraverso accordi con le amministrazioni pubbliche o private; sono adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema del decreto; decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato. Precisa che il comma 5 dell’articolo 3 prevede, poi, che nella predisposizione di tali linee di azione il Governo tenga conto dei seguenti princìpi: individuazione della lettura quale strumento di base per l’esercizio del diritto all’istruzione e alla cultura nell’ambito della società della conoscenza; diffusione di un interesse generale nei confronti della lettura nella vita quotidiana della società, attraverso la promozione dell’abitudine alla lettura; attenzione particolare nei confronti dei minori, dei giovani e dei soggetti socialmente svantaggiati, nonché attuazione di una formazione permanente; potenziamento dei servizi e delle dotazioni bibliografici delle biblioteche, al fine di agevolare l’accesso alle informazioni e di creare condizioni favorevoli per la formazione e lo sviluppo di lettori; accesso delle persone disabili alla lettura, al libro e alle biblioteche pubbliche, con garanzia di un uso regolare, senza discriminazioni dei servizi, dei beni e dei prodotti culturali, nonché con garanzia della promozione, divulgazione e standardizzazione di formati e di metodi accessibili. È previsto inoltre che, a tale fine, il Centro per il libro e la lettura di cui al successivo articolo 11 del presente provvedimento e le amministrazioni pubbliche possano concludere accordi di cooperazione con le istituzioni e con le associazioni senza fini di lucro operanti nel settore della disabilità.
Aggiunge che altri principi di cui il Governo deve tenere conto nella predisposizione delle predette linee di azione sono i seguenti: promozione della diffusione e della fruizione di libri in formato digitale, nonché dell’accesso libero e gratuito ai contenuti digitali di fonte pubblica e a quelli non coperti dal diritto d’autore, con l’impegno di favorire lo sviluppo di un mercato editoriale dai contenuti digitali coperti dal diritto d’autore libero, pluralista e sostenibile, nonché rispettoso dei diritti degli autori e dei lettori; organizzazione e promozione, anche in collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con le regioni, con le città metropolitane, con le province, con i comuni, con le associazioni di categoria degli editori, dei librai e dei bibliotecari, con le associazioni culturali, di manifestazioni ed eventi, in Italia e, d’intesa con il Ministero degli affari esteri, all’estero, sulla produzione editoriale italiana e sulla promozione della lettura, in particolare prevedendo l’istituzione di apposite giornate della lettura, nonché con la previsione di iniziative, anche tematiche, dirette ai cittadini per aumentare il numero dei lettori e per diffondere l’interesse generale verso la lettura; istituzione della festa nazionale del libro e della lettura; realizzazione di campagne informative mediante tutti i mezzi di comunicazione per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti dei libri e della lettura. Si prevede, infine, che i messaggi pubblicitari sulle suddette linee di azione, trasmessi gratuitamente da emittenti televisive e radiofoniche pubbliche o private, non siano considerati ai fini del calcolo dei limiti massimi previsti dall’articolo 38 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, che indica i cosiddetti «limiti di affollamento» nella trasmissione di messaggi pubblicitari. Aggiunge che l’articolo 4 della proposta di legge in esame, prevede gli strumenti e le procedure per la promozione della lettura e del libro. È quindi prescritto che, per la promozione della lettura e del libro, nonché per l’indicazione e l’attuazione delle suddette linee di azione, il Governo si avvalga del citato Centro per il libro e la lettura. È inoltre previsto che per la trattazione degli aspetti della promozione del libro di interesse regionale e locale, la Conferenza unificata si riunisca in una apposita sessione dedicata alla promozione della cultura, della lettura e del libro: questa sessione è convocata almeno una volta all’anno e assicura il raccordo delle citate linee di azione con le esigenze dello Stato, delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni nelle materie di loro competenza. Viene inoltre specificato che, al fine dell’indicazione delle predette linee di azione, il Governo garantisca il coinvolgimento e la consultazione delle principali associazioni culturali e degli autori, degli editori, dei librai e dei bibliotecari, nonché dei cittadini interessati e che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, siano stabiliti i criteri per l’individuazione delle principali associazioni e le modalità di coinvolgimento e di consultazione anche in via telematica.
Rileva inoltre che l’articolo 5 reca disposizioni in materia di promozione delle biblioteche pubbliche. A tal fine, è affermato – intanto – che la biblioteca pubblica è uno strumento di attuazione della Costituzione assicurando uguaglianza sostanziale e pari opportunità di accesso all’informazione, all’istruzione, alla conoscenza, alla cultura e alla libertà di ricerca scientifica. Si prevede poi che, fatte salve le competenze delle regioni e degli enti locali, lo Stato garantisca i seguenti aspetti: l’apertura delle biblioteche pubbliche a qualsiasi utente indipendentemente dal suo luogo di origine o di residenza e la loro gestione da parte di personale qualificato, con un orario di servizio adeguato alle esigenze degli utenti; l’accesso ai servizi di base delle biblioteche pubbliche libero e gratuito. È quindi specificato che sono considerati servizi di base delle biblioteche pubbliche: la consultazione in sede delle pubblicazioni che fanno parte del loro patrimonio; l’accesso alle informazioni digitali tramite internet o altre reti telematiche; la messa a disposizione, aperta e gratuita, di contenuti e di pubblicazioni in formato digitale nelle forme e con le garanzie concordate con gli editori e con i distributori, promuovendo, in particolare, le biblioteche pubbliche che dispongono di libri di notevole interesse per la rarità dei loro contenuti o per la loro rilevanza nella storia locale, il ricorso alla digitalizzazione, sotto la supervisione del Servizio bibliotecario nazionale, anche attraverso collaborazioni interbibliotecarie o con altre istituzioni pubbliche o private; il prestito individuale o collettivo; le informazioni e l’orientamento all’uso della biblioteca e la soddisfazione dei bisogni informativi dei cittadini. Aggiunge che il comma 3 del medesimo articolo 5 del testo in esame dispone che, allo scopo di favorire la diffusione e la conoscenza dei libri italiani nonché la diffusione della lettura, il MIBACT, d’intesa con le regioni, con le città metropolitane, con le province e con i comuni, promuova progetti sulle biblioteche pubbliche volti a: incrementare il patrimonio mediante l’acquisto di libri e di riviste su qualsiasi supporto; realizzare cataloghi e inventari, anche su supporto digitale, con metodologie condivise; assicurare l’adeguata formazione del personale e il suo periodico aggiornamento; attuare iniziative di invito alla lettura, destinate in particolare ai giovani. È poi previsto che i criteri e le modalità per promuovere e sostenere le attività di cui al medesimo articolo 5, prevedendo anche la disponibilità di idonei servizi e risorse tecnologici, nonché di adeguate forme di collaborazione professionale, siano disciplinati con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988. È inoltre disposto che, sempre ai fini indicati nell’articolo 5 della proposta di legge in esame, il Ministro (dei beni e delle attività culturali e del turismo), attribuisca alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i contributi necessari per le biblioteche pubbliche e che la ripartizione dei predetti contributi sia effettuata con decreto del Ministro, sentita la Conferenza unificata e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Aggiunge poi che l’articolo 6 del testo in esame concerne disposizioni in materia di biblioteche scolastiche. Viene quindi previsto che le scuole di ogni ordine e grado provvedano all’istituzione di biblioteche scolastiche, tenuto conto anche di eventuali progetti in materia già realizzati, e assicurino la loro gestione in conformità agli obiettivi educativi e didattici elaborati nell’esercizio della loro autonomia nonché agli orientamenti indicati dalle Linee guida dell’International Federation of Library Associations and Institutions (IFLA). È inoltre disposto che per assicurare il pieno utilizzo e la migliore gestione delle risorse, le biblioteche scolastiche si organizzino in rete tra loro e, ove possibile, con le biblioteche del territorio al fine di realizzare azioni integrate o complementari e che, inoltre, ciascuna rete individui una o più scuole capofila denominate «scuole polo». A ciascuna di queste «scuole polo» è preposto almeno un bibliotecario scolastico, previsto dal regolamento di cui al comma 4 del medesimo articolo 6, esperto e costantemente aggiornato su tutti gli aspetti biblioteconomici, gestionali e tecnologici che il profilo richiede, come previsto dalle Linee guida dell’IFLA. Viene previsto, inoltre, che periodici corsi di formazione, finalizzati alla migliore fruizione delle risorse della biblioteca scolastica, siano altresì previsti per il personale dirigente, direttivo e docente delle scuole. È infine disposto, appunto al comma 4 dell’articolo 6, che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro (dei beni e delle attività culturali e del turismo), sia adottato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, un regolamento recante disposizioni per l’istituzione e l’organizzazione delle biblioteche scolastiche. Rileva poi che l’articolo 7 concerne la diffusione all’estero dei libri. Si prevede quindi che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo promuova la diffusione all’estero dei libri italiani, d’intesa con il Ministero degli affari esteri. In particolare, il MIBACT: realizza iniziative per la promozione all’estero dei libri italiani; promuove la traduzione delle opere di narrativa, poesia, drammaturgia e saggistica italiane, con particolare attenzione alla produzione contemporanea; realizza e diffonde libri che contribuiscono alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio culturale italiano all’estero. Aggiunge che l’articolo 8 indica misure a sostegno degli autori e dei traduttori. È quindi previsto che il MIBACT conceda annualmente borse di lavoro e prestiti d’onore agli autori e ai traduttori di opere di saggistica, drammaturgia, narrativa e poesia, purché non pubblicate a loro spese. I criteri e le modalità di attribuzione delle predette provvidenze sono definiti da un regolamento adottato con decreto del Ministro (dei beni e delle attività culturali e del turismo) entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente proposta legge.
Aggiunge poi che l’articolo 9 concerne delle agevolazioni per gli studenti. È quindi previsto che, nell’ambito del finanziamento del diritto allo studio, sia istituito un fondo di 25 milioni di euro, presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per il credito agevolato e i prestiti d’onore per l’acquisto di libri di testo; entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sia adottato il regolamento per l’accesso al predetto fondo. Specifica poi che l’articolo 10 concerne le cosiddette librerie di qualità. Tale qualifica di «libreria di qualità» può essere riconosciuta alle librerie che svolgano come attività principale la vendita al dettaglio di libri, che dispongano di locali aperti al pubblico, che assicurino un servizio di qualità caratterizzato da un’offerta ampiamente diversificata di libri, che impieghino personale qualificato e che realizzino nel territorio iniziative di promozione culturale. È poi previsto che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinino le modalità di riconoscimento della qualifica di libreria di qualità e le misure per favorire l’operatività nel territorio delle librerie con tale qualifica. Aggiunge che l’articolo 11 del provvedimento in esame disciplina, poi, il citato Centro per il libro e la lettura, disciplinato dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2010, concernente, appunto, un regolamento recante organizzazione e funzionamento del Centro per il libro e la lettura. Il predetto Centro – nella proposta di legge in esame – svolge quindi i compiti istituzionali ad esso attribuiti – in materia di promozione del libro e della lettura – dall’articolo 2 del medesimo regolamento n. 34 del 2010, nonché dal presente progetto di legge. Precisa che il comma 2 dell’articolo 11 del testo in esame prevede, quindi, che il presidente del Centro sia scelto dal Presidente del Consiglio dei ministri tra personalità in possesso di comprovati requisiti di capacità ed esperienza in relazione ai predetti compiti istituzionali. È inoltre disposto che al consiglio di amministrazione del medesimo Centro, previsto dall’articolo 5 del regolamento di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2010, partecipino anche un rappresentante del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, un rappresentante del Ministero degli affari esteri, un rappresentante del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze, nonché tre componenti designati dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Si prevede, poi, che i componenti del consiglio di amministrazione del Centro siano nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro e che al consiglio scientifico del Centro, previsto dall’articolo 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2010, partecipi anche un componente designato dal Ministro, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, scelto tra professori universitari o altre categorie di esperti nelle materie di competenza del medesimo Centro.
Aggiunge che l’articolo 12 del presente provvedimento concerne la promozione dell’industria e del commercio di libri. Intanto è disposto che le linee d’azione di cui al precedente articolo 3 promuovano il sostegno dell’industria e del commercio di libri per garantire il pluralismo e la diversità culturale, nonché per facilitare l’accesso alla lettura in considerazione dei valori culturali che i libri rappresentano e della loro importanza industriale ed economica. Inoltre è previsto che le linee di azione promuovano, altresì, la collaborazione delle istituzioni pubbliche con le associazioni professionali del settore librario in tutte le attività connesse alla promozione della lettura e della diffusione dei libri, in quelle che favoriscono una migliore organizzazione professionale e nello sviluppo di servizi che incidano positivamente sui lettori e sul commercio di libri, nonché nella promozione di tecnologie applicate alla gestione, allo scambio di informazioni e alla formazione. Si dispone inoltre che le amministrazioni pubbliche, in collaborazione con l’industria editoriale, promuovano la gestione sostenibile di libri attraverso la promozione di sistemi di certificazione che garantiscono l’origine forestale ecologicamente responsabile e che le predette linee di azione prevedano, inoltre, la diffusione internazionale dei libri. Rileva altresì che l’articolo 13 riguarda la digitalizzazione delle opere di pubblico dominio. È quindi previsto che il Servizio bibliotecario nazionale, coordinato dall’Istituto centrale per il catalogo unico del Ministero, sia responsabile della digitalizzazione su larga scala delle opere di pubblico dominio, fuori commercio od orfane, con funzioni di conservazione e di promozione dell’accesso. È inoltre disposto che l’accesso alle opere digitalizzate sia aperto e gratuito nelle biblioteche poli del Servizio bibliotecario nazionale e che l’accesso alle opere digitalizzate non coperte dal diritto d’autore sia aperto e gratuito per ogni utente tramite via telematica. Segue poi la previsione che l’accesso esterno alle opere orfane o fuori commercio digitalizzate sia considerato un obiettivo prioritario, da perseguire attraverso appositi accordi con le associazioni degli autori e degli editori, in conformità alla normativa europea in materia. È altresì disposto che le pubblicazioni scientifiche e di ricerca destinate esclusivamente o prevalentemente a diffondere risultati di ricerche finanziate per una quota superiore al 60 per cento con fondi pubblici locali, nazionali o europei, indipendentemente dalle modalità della loro eventuale pubblicazione a stampa, debbano comunque essere sempre disponibili anche in formato elettronico e in accesso aperto, su depositi istituzionali o di settore che garantiscano l’interoperabilità Open Archives Initiative – Protocol for Metadata Harvesting (OAI-PMH). Specifica poi che il comma 4 del medesimo articolo 13 prevede che presso la Biblioteca nazionale centrale di Firenze sia istituito un centro per il deposito legale digitale e per la conservazione di lungo periodo delle pubblicazioni elettroniche e che, entro sei mesi dalla sua istituzione, il centro definisca una procedura di deposito digitale per tutte le pubblicazioni elettroniche dotate di codice International Standard Book Number (ISBN) o International Standard Serial Number (ISSN) e provveda a definire le modalità per la loro conservazione di lungo periodo, garantendo inoltre la possibilità di consultazione delle pubblicazioni digitali depositate nelle biblioteche che costituiscono poli del codice ISBN. Si dispone, infine, che per il finanziamento del processo di digitalizzazione sia istituito un apposito capitolo nel bilancio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, finanziato con una quota non inferiore al 25 per cento della tassa sui supporti per la riproduzione privata di contenuti digitali e con una quota non inferiore al 50 per cento delle sanzioni pecuniarie previste per la riproduzione e la distribuzione illegali di contenuti digitali. Rileva poi che l’articolo 14 concerne agevolazioni fiscali finalizzate a promuovere la lettura. In base a questo articolo, l’imposta sul valore aggiunto applicata alla compravendita delle pubblicazioni in formato elettronico dotate di codice ISBN o ISSN viene uniformata a quella prevista per i libri a stampa. Si prevede, inoltre, che siano deducibili dal reddito imponibile ai fini del computo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche le spese per l’acquisto di libri, anche scolastici, per un importo annuale massimo pari a 200 euro. Aggiunge poi che l’articolo 15 riporta poi ulteriori disposizioni per promuovere l’acquisto di libri e la lettura. In particolare, si prevede che il Centro promuova accordi con le associazioni degli editori e dei librai al fine di consentire il rilascio di buoni acquisto di libri in favore di persone in cerca di occupazione, secondo le modalità e i requisiti stabiliti tramite regolamento adottato con decreto del Ministro (dei beni e delle attività culturali e del turismo), sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge. Si prevede poi, con un’integrazione al comma 2 dell’articolo 15 della legge n. 633 del 1941, che non è considerata pubblica anche «la lettura al pubblico di opere protette dal diritto d’autore effettuata senza fini di lucro in biblioteche o in altri luoghi pubblici o aperti al pubblico». Inoltre, con un’integrazione al primo periodo del comma 46 dell’articolo 23 del decreto-legge n. 98 del 2011, tra le finalità alle quali può essere destinata, a scelta del contribuente, una quota pari al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è inserita, altresì, quella del finanziamento dell’attività di promozione dei libri e della lettura. Rileva poi che l’articolo 16 della proposta di legge in esame dispone l’istituzione della Festa nazionale del libro e della lettura, a decorrere dall’anno successivo a quello della data di entrata in vigore del presente provvedimento. È quindi previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri – con decreto da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge, sentiti i pareri del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del Centro, della Conferenza unificata e delle competenti Commissioni parlamentari – stabilisca la data di celebrazione della predetta Festa e fissi i criteri generali per l’organizzazione delle relative iniziative e manifestazioni. È, infine, previsto che agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo 16 si faccia fronte con le risorse dell’istituendo Fondo per la promozione del libro e della lettura di cui al successivo articolo 17. Sottolinea poi che l’articolo 17, come anticipato, istituisce il Fondo per la promozione del libro e della lettura, nell’ambito dello stato di previsione del MIBACT, finalizzato alla realizzazione delle finalità di cui agli articoli 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16 della presente proposta di legge. Si stabilisce quindi che, ai predetti fini, con regolamento adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, siano disciplinati i criteri e le modalità del sostegno alle predette finalità, sentiti il Ministro (dei beni e delle attività culturali e del turismo), il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il Ministro degli affari esteri, la Conferenza unificata e le competenti Commissioni parlamentari. Per le finalità del presente articolo 17 viene autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2014 e di 125 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2015. Aggiunge che l’articolo 18, infine, reca la copertura finanziaria del provvedimento. Precisa che agli oneri derivanti dalla presente proposta di legge si provvede mediante l’utilizzo dei risparmi derivanti dalla riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscali di cui all’allegato C-bis annesso al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, con l’esclusione delle disposizioni a tutela dei redditi di lavoro dipendente, autonomo e da pensione, nonché a tutela della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell’ambiente, in misura da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 50 milioni di euro per l’anno 2014 e a 125 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. È poi previsto che tramite uno o più regolamenti adottati con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 siano stabilite le modalità per l’attuazione della predetta disposizione, con riferimento ai singoli regimi interessati. Segue la formula di rito che prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze sia autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.