Brevi Riflessioni sul superamento della concezione del “Mondo EUCLIDEO”

Brevi Riflessioni sul superamento della concezione del “Mondo EUCLIDEO”

Paolo Manzelli e Daniela Biganzoli <egocreanet2016@gmail.com> , 30/10/2017

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“Noi non conosciamo lo spazio, non lo vediamo, non lo ascoltiamo, non lo percepiamo. Siamo in mezzo ad esso, ne facciamo parte, ma non ne sappiamo nulla…”.( M.C.Escher-, in Esplorando l’infinito)

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Il mondo Euclideo è stato concepito sulla base degli assiomi interpretativi della percezione visiva da Euclide ,e cio’ ha permesso in seguito di dare forma alle certezze della interpretazione meccanica della scienza che sono state costruite da Newton, separando arbitrariamente la misura convenzionale dello spazio da quella del tempo. Cosi durante l’ epoca industriale l’ edificio delle concezioni scientifiche è stato concepito con modalita’ “analitiche-deterministiche” che hanno trovato conferma filosofica in Descartes e poi in Kant sulla intrinseca necessita’ di considerare come necessario riferimento la geometria Euclidea quale presupposto della conoscenza del mondo naturale.

All’ inizio del ‘900, con le concezioni quantistiche relative al microcosmo, “non piu’ direttamente osservabile” , si è compreso come lo spazio ottico non poteva essere determinato con esattezza, di conseguenza si rese evidente che il mondo Euclideo non avrebbe piu’ potuto essere l’unico riferimento geometrico della scienza quantistica , divenuta non piu’ deterministica ed matematicamente esatta. Cio’ proprio in seguito alla necessita di ammettere il principio di indeterminazione (Heisemberg 1927) , con il quale la scienza ha cambiato il contesto significante da “deterministico a probabilistico“. Pertanto il superamento della opinione comune che lo spazio Euclideo avesse una struttura indipendente dalle nostre menti ,in quanto considerato come verita’ unica, necessaria ed assoluta della nostra osservazione , ha avuto effetti dirompenti sia nella scienza che nell’ arte le quali hanno simultaneamente iniziato a liberarsi di concezioni che apparivano come verita’ auto-evidenti relative alla realta’ macroscopica osservabile.

L’ uomo è libero di pensare… “ ma non lo sa” e pertanto la cultura acquisita storicamente gli impedisce di liberarsi da preconcetti e pregiudizi condizionanti.<Il pregiudizio vede ciò che gli pare e non vede ciò che è evidente.-Aubrey de Vere> .

Comunque a partire dagli inizi del ‘900 Einstein, basandosi su una revisione Newtoniana della Gravita’, propose una nuova concezione dello “Spazio-Tempo” come quadri-dimensione (4D) basata su una geometria curva “non euclidea“, mentre contemporaneamente nell’ arte ,molti artisti tra cui Picasso, abbandonarono ogni precedente raffigurazione prospettica della geometria Euclidea, ormai simulata dalla fotografia , al fine di ricercare liberamente espressioni motivanti sensazioni innovative .

Vedi: Arte e Scienza: Mondi Simultanei: http://www.edscuola.it/archivio/lre/mondi_simultanei.htm ,

In seguito il processo di progressiva decomposizione della societa’ industriale-meccanica,tutt’oggi in corso d’opera, ha condotto l’arte visiva e la scienza a concepire come la simultaneita’ degli eventi conduca a immaginare e concepire “mondi sovrapposti” che rappresentano altre realta’ possibili, la cui esistenza non e’ direttamente visibile, ne misurabile perche’ non piu’ riconducibile al mondo locale macroscopico inizialmente descritto da Euclide. Interessanti sotto tale aspetto sono le opere di Escher , orientate a svelare i limiti e ambiguità della permanente concezione sociale e culturale dello spazio, dipinti che realizzano sovrapposizioni di simmetrie per creare figure inconciliabili con il mondo Euclideo.

Contemporaneamente nella scienza la “sovrapposizione del quanti di luce” (entanglement) conduce a rinnovare profondamente le nostre concezioni sulla percezione “non-locale” dello spazio-tempo, cio’ a partire dalla simultaneita’ tra “corpuscolo ed onda del fotone”, che è a fondamento del mezzo che ci permettere di vedere e osservare il mondo.

Vedi: http://www.ticonzero.name/1/scienza_e_arte_di_paolo_manzelli_6597996.html

Una nuova dimensione “olografica” (da: Olo =Tutto e Grafe’ =grafico) fu scoperta nel 1947 dal fisico ungherese D.Gabor, che riusci a memorizzare la informazione visiva su una lastra ,sotto forma di intreccio di frange di interferenza , cosi che le immagini tridimensionali (3D) vengono ridotte a Ologrammi in (2D) , che quando vengono illuminati, generano la illusione della terza dimensione.

Tale scoperta ha favorito la teorizzazione del “potenziale quantistico” di David Bohm ,quale interpretazione “olistica della meccanica quantistica”, la quale viene fondata sulla estensione dello “ entanglement sperimentato nel 1982 dal fisico Francese Alain Aspect” , con cui si mette in evidenza come particelle quantiche trasformano il loro “stato locale” per comunicare energia ed informazione de-localizzandola a distanza . Il potenziale quantistico “non -locale”, ha una “forma olografica” la quale diversamente dal potenziale elettromagnetico non dipende dalla sua intensita’ ma da un “ordine implicato” in 2D che è di un livello quantico superiore allo “ordine esplicato “locale” in 3D”, che è quello visivamente manifesto.

La teorizzazione quantistica d Bohm ci riconduce al mito della caverna di Platone per il quale il mondo delle apparenze è in effetti, l’ombra di un mondo più profondo delle forme e delle idee che ancora debbono essere espresse creativamente.

In tal modo la scienza contemporanea ha aperto la strada per una nuova visione cosmica-olistica della realta’ delineando un netto superamento del Mondo Euclideo , cosi che possiamo comprendere come le realta’ osservabili e misurabili nell’ordine esplicato, debbano essere correlate alla forma “Olografica” dell’ordine implicato, per ottenere una “in-formazione- integrata” ( =formazione realmente intrinseca ) alla “vita”, la quale va al di la delle categorie tradizionali dello spazio e del tempo.

Pure l’uscita dalla scuola è diventato un problema

Scuola =

Claudia Pratelli (resp.le scuola Sinistra Italiana):

Pure l’uscita dalla scuola è diventato un problema in questo Paese.

Subito intervenire con una legge correttiva.

La scuola italiana sempre più presa dalla rigida applicazione di regolamenti, circolari, norme

 

“Se hai meno di 14 anni non puoi tornare  da scuola a casa da solo” In tutta Italia in questi giorni non si fa altro che parlare giustamente di questo. Ma che senso educativo ha, ci chiediamo, una disposizione di questo tipo in una società in cui è consentito il lavoro a 15 anni e a 14 anni i ragazzi possono guidare il motorino? Quale distanza si produce tra la scuola e la vita quotidiana dei ragazzi e dei loro genitori cui si chiede di assentarsi  dal proprio lavoro ed accompagnare i figli a casa per poi lasciarli uscire con gli amici il pomeriggio?”

Lo afferma la responsabile scuola di Sinistra Italiana, Claudia Pratelli.

“Abbiamo una  scuola  – prosegue Sinistra Italiana – sempre più presa dalla rigida applicazione di norme e regolamenti, circolari e disposizioni rischia di smarrire la sua missione pedagogica.  Non consentire agli adolescenti , nemmeno dietro accordo con i genitori, di uscire da scuola da soli è la dichiarazione di una sconfitta del mondo adulto e di quanto sia ancora lontano quel rapporto di condivisione di responsabilità tra genitori e scuola.”

“È necessario intervenire con una legge che regolamenti la materia restituendo autonomia ai giovani e ai loro genitori e sollevando le scuole dall’obbligo della vigilanza in presenza di espressa volontà delle famiglie. E serve farlo urgentemente per non lasciare da sole le scuole e le famiglie nel caos.

“Altrettanto necessaria tuttavia è una riflessione pedagogica sul ruolo della scuola in una società molto diversa da quella del secolo scorso – proprio la riflessione che la legge 107 ha eluso –  conclude Pratelli -,  sul cosa e sul come dell’insegnamento, sui principi educativi necessari a far acquisire ai giovani esperienza e autonomia che a volte camminano anche fuori dalle aule, anche nel percorso dalla scuola fino a casa.

Culpa in educando

Culpa in educando (Art.2048 CC)

di Luigi Manfrecola

Meglio farebbero giudici , governo e Ministero a fare la loro parte più adeguatamente! I minori si dimostrano , di fatto, sempre più “minori” : nel senso del “minus habens”.

Minorati principalmente nel senso morale e nella capacità critica, per come sono ridotti : vittime della noia, del disimpegno, del sensazionalismo, del narcisismo, della flebo – music che ne fa rintonare cuffiette e cervello fin dal mattino.

Gli atti di bullismo e di criminalità violenta che li vedono protagonisti si sprecano e fanno ormai parte del nostro raccapricciante quotidiano.

Il buonismo, il permissivismo, il protezionismo folle dei loro nuovi genitori allevati, essi stessi, con troppa benevolente indulgenza sono all’origine della situazione di degrado che è sotto gli occhi, anche complici (ma non solo) della mancanza di prospettive occupazionali che li rinchiude in un presente asfittico ed affollato di mostriciattoli da video-game che , mediante le quotidiane esperienze “virtuali” , ma molto più coinvolgenti di quelle cosiddette reali, li educano “alla violenza” regalando loro “ vite” da spendere e da bruciare irresponsabilmente sul piccolo schermo: al di fuori – ma anzi contro – ogni regola del vivere civile.

Ed in questa situazione intollerabile, quale è la risposta delle Istituzioni? Il MIUR pretende di risolvere la questione con qualche circolarina e qualche docente” referente “che si prenda carico di una rieducazione infarcita di retorica e buoni propositi. Il governo si autoelogia giochicchiando con le risibili statistiche di “crescita occupazionale “,viaggianti sullo 0,….virgola e qualche cosa.

Ma c’è di più. Ci sono poi i giudici che pontificano sulle responsabilità degli adulti – scuola in primis – blaterando sul dovere di vigilare sull’incolumità dei minori poiché, si sa, fino a quattordici anni si è giuridicamente irresponsabili ed incapaci di provvedere a se stessi.

Così arriviamo a ridicole sentenze piovute da Marte che imporrebbero a docenti e Presidi di non fare uscire gi alunni da scuola se non consegnandoli ad un familiare che ne prenda carico.

Dal che consegue (conseguirebbe) un affollamento sine die dei locali da parte di ragazzini, bidelli e docenti nella speranzosa attesa che un volto familiare si profili all’orizzonte .

Come poi potrebbe essere rispettato l’orario di servizio del personale , non è dato sapere.

E nemmeno è dato sapere come farebbero i genitori impegnati al lavoro ad abbandonarlo per ubbidire al diKtat dei “giudiziosi” giudici.

Ebbene, non sarebbe il caso di chiedere il conto solo ai genitori, ma non per questa sola impraticabile incombenza bensì per tutte le altre…?

Per le malefatte e le scorrettezze imputabili ai figli divenuti ingestibili perfino nelle scuole ma sempre , viceversa, amorevolmente tutelati e protetti dalla mammine chiocce?

Non sarebbe il caso di applicarlo quel benedetto articolo di legge che profila la “culpa in educando” in modo da allertare i genitori sprovveduti e lassisti richiamandoli ai rischi personali conseguenti dalla condotta dei figlioli.

Personalmente sono certo che solo un’educazione al rispetto ed alla responsabilità, impartita fin dai primi anni dai genitori, potrebbe arginare la deriva assurda che va minando la convivenza civile e la pubblica incolumità. I guasti fatti dalla cosiddetta pedagogia non direttiva (Carl Rogers) e dalla malaugurata pediatria dello spockismo (Benjamin Spock e seguaci) sono ormai sotto gli occhi di tutti, così come è evidente quella “Morte del padre” e del principio di autorità segnalata da tempo dalla sociologia e dalla psicanalisi.

E’ il caso di porvi rimedio con un’azione tempestiva e precoce confidando negli insegnamenti della filosofia e della psicologia (da Locke fino a Bandura).

E QUESTO COMPITO PUÒ ESSERE SOLO DEI GENITORI e , posto che sia tardi per rieducarli, non è certo tardi per impensierirli richiamandoli alle loro responsabilità .

Il Codice va attualizzato e va applicato con discernimento quando serve e dove serve.

Ed è questo proprio il compito del giudice che è chiamato ad applicare le leggi con intelligenza, come vuole lo stesso codice che, non a caso, prevede aggravanti ed esimenti.

O almeno così dovrebbe essere, visti i recenti esempi…

L’uscita da scuola dei ragazzi della secondaria

L’uscita da scuola dei ragazzi della secondaria

di Giuseppe Guastini

 

Le recenti prese di posizione ministeriali sulle restrizioni all’uscita dei ragazzi della scuola sec. 1° grado sono l’occasione per tornare a ragionare sul quadro normativo che disciplina la figura dell’alunno minore e pensare a possibili aggiornamenti.
Personalmente ho esaminato tre diverse fonti normative:
1) i codici civile e penale, segnatamente l’Art. 2048 CC, l’Art. 591 CP e la giurisprudenza collegata;
2) la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’assemblea generale
ONU del 1989 e recepita dallo stato italiano;
3) Lo statuto dello studente, DPR 249/1998 con le modifiche del DPR 237/2007.
L’impressione che ne ho tratto è quella di un quadro incoerente e contraddittorio.

L’ALUNNO MINORE NEI CODICI CIVILE E PENALE
Il codici italiani e la giurisprudenza collegata trattano l’alunno minore più o meno come un incapace assoluto e configurano l’intera materia nella forma della “colpa” e della “responsabilità” in capo ai docenti (vigilanza di prossimità) e al dirigente scolastico (vigilanza organizzativa).

Art. 2048 del Codice Civile
Responsabilità dei genitori; dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte
…I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi…nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non avere potuto impedire il fatto.

 

Ancora più categorico è l’Art. 591 del codice penale che equipara il minore di anni 14 alla “persona incapace”:
Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni…

 

Come si vede anche dal lessico (i docenti sono chiamati “precettori”) la norma del CC è piuttosto datata, risalente probabilmente ai primi decenni del ‘900. E’ anche probabile che nella formulazione il Legislatore sia stato influenzato dal fatto che la scuola di massa di allora era soprattutto la scuola elementare e la grandissima maggioranza degli alunni andava dai 6 ai 10 anni, situazione che lo ha indotto ad instaurare una tutela assoluta. Ma la condizione dell’incapacità totale può essere generalizzata anche ai ragazzi della secondaria di oggi? Sfortunatamente, in assenza di aggiornamenti e malgrado una certa indulgenza da parte dei singoli giudici, la disciplina (come per molti edifici scolastici) resta ancora quella di allora, con la differenza che a ricadere entro le previsioni dell’Art. 2048 sono oggi anche milioni di ragazzi over 11.

L’ALUNNO MINORE NELLA CONVENZIONE ONU E NELLO STATUTO DELLO STUDENTE Leggendo le norme più moderne che incidono e definiscono il profilo dello studente si ricava un’impressione totalmente diversa: lo studente, ancorché minore, è considerato soggetto capace ed autonomo, titolare di diritti, doveri e responsabilità.

Ecco alcuni stralci tratti dalla Convenzione ONU:
Art. 12
1. Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente
la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente
prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.

Art.14
1. Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

Art. 15
1. Gli Stati parti riconoscono i diritti del fanciullo alla libertà di associazione ed alla libertà di riunirsi
pacificamente.
1.
Art. 29
1. d) …preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi… .

Non meno divergenti, rispetto al paradigma dell’incapacità idiomorfa, risulta lo “Statuto dello studente” (DPR 249/1998 con le modifiche del DPR 237/2007):

Art. 1 (Vita della comunità scolastica)
2. La scuola è una comunità di dialogo… In essa ognuno con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno…
4. La vita della comunità scolastica si basa sulla libertà di espressione, di pensiero, di coscienza e di religione…quale che sia la loro età e condizione…

Art. 2 (Diritti)
3. Lo studente ha diritto di essere informato sulle decisioni e sulle norme che regolano la vita della scuola.
4. Lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola… Lo studente ha inoltre diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca ad individuare i propri punti di forza e di debolezza a migliorare il proprio rendimento.
6. Gli studenti hanno diritto alla libertà di apprendimento ed esercitano autonomamente il diritto di scelta tra le attività curricolari integrative e tra le attività aggiuntive facoltative…
8.
b) …offerte formative aggiuntive e integrative, anche mediante il sostegno di iniziative liberamente assunte dagli studenti e dalle loro associazioni;
9. La scuola garantisce e disciplina nel proprio regolamento l’esercizio del diritto di riunione e di assemblea degli studenti, a livello di classe, di corso e di istituto.

Art. 3 (Doveri)
4. Gli studenti sono tenuti ad osservare le disposizioni organizzative e di sicurezza dettate dai regolamenti dei singoli istituti.
5. Gli studenti sono tenuti ad utilizzare correttamente strutture, i macchinari e i sussidi didattici e a comportarsi nella vita scolastica in modo da non arrecare danni al patrimonio della scuola.

“Art. 4 (Disciplina).
3. La responsabilità disciplinare è personale. Nessuno può essere sottoposto a sanzioni disciplinari senza essere stato prima invitato ad esporre le proprie ragioni. 
4. In nessun caso può essere sanzionata, né direttamente né indirettamente, la libera espressione di opinioni correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità.

Non trovate che, almeno in termini di capacità ed autonomia (e vigilanza), il quadro normativo dovrebbe essere armonizzato e revisionato? Sfortunatamente a determinare il regime sanzionatorio e le posizioni MIUR non sono le norme contemporanee ma quelle più arcaiche.
In Svizzera l’uscita autonoma dalla scuola è fatto normale ed ordinario: diversamente rispetto all’Italia, la capacità di agire in autonomia è caratteristica propria del ragazzo, salvo che si provi il contrario (i ragazzi svizzeri sono più maturi di quelli italiani? Oppure, ad essere più maturo, è il Legislatore?).

Uscita autonoma: leggi reali e presunte e nuove soluzioni normative

Uscita autonoma: leggi reali e presunte e nuove soluzioni normative

di Cinzia Olivieri

 

Poiché sembra ormai che solo una soluzione normativa possa fornire idonea risposta all’uscita autonoma, mentre dilaga il panico e si vaga nel buio alla ricerca di rassicurazioni, giunge una nuova proposta legislativa.

Annuncia infatti l’on. Malpezzi, anche attraverso il profilo facebook, una proposta di legge (un articolo costituito da due comma) che riconosce la possibilità ai “genitori esercenti la responsabilità genitoriale e i tutori dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età, del grado di autonomia e dello specifico contesto, nell’ambito di un processo di autoresponsabilizzazione”, di autorizzarne l’uscita autonoma esonerando così la scuola dall’obbligo di vigilanza. L’autorizzazione del primo comma è dunque funzionale all’esonero di responsabilità per il personale scolastico previsto al secondo.

Essendoci ancora margini temporali per effettuare un aggiustamento, si evidenziano nella formulazione del testo alcuni aspetti da chiarire: perché si esclude una ipotesi di responsabilità per gli ultra quattordicenni (considerato che trattasi comunque di minori)? Da quale età minima può essere consentita l’autorizzazione? La valutazione è rimessa alla sola famiglia? E se vi sono situazioni di pericolo non considerate dalla famiglia? Fino a che punto si estende l’esonero di responsabilità del personale scolastico in relazione alle norme civili e penali vigenti?

Diventa necessario allora soffermarsi sulla tanto richiamata sentenza della Cassazione,Sezione I, del 30 marzo 1999, n. 3074, che legge non è (come anche la recente ordinanza della Cassazione – terza Sezione Civile – n. 21593/2017) ma costituisce un mero precedente autorevole relativo al caso concreto sottoposto all’esame del Giudicante.

Ebbene, il fatto storico riguarda uno studente minorenne (ma, attenzione, frequentante un istituto tecnico statale), lasciato uscire anticipatamente, cioè prima del previsto termine delle lezioni, con tutta la classe per l’assenza dell’insegnante dell’ultima ora, accoltellato durante il rientro da giovani rimasti ignoti.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 1992 (perciò oltre 20 anni fa…sebbene nel mentre non si è invocata così forte una norma che disciplini la questione) aveva condannato l’Istituto, decisione poi confermata dalla Corte d’Appello di Roma, sul presupposto che “grava sull’istituto scolastico il dovere di sorvegliare gli allievi minorenni per tutto il tempo in cui sono affidati e fino al subentro, almeno potenziale, della vigilanza dei genitori o di chi per loro”.

Si rilevava inoltre ad abundantiam che all’assenza dell’insegnante doveva ovviarsi in casi estremi con il ricorso al personale ausiliario o anche accorpando più classi ma ovviamente mai lasciando uscire gli alunni per decisione unilaterale prima della fine dell’orario scolastico. Per l’effetto si era realizzata da parte della scuola una sorta “di cooperazione colposa nel fatto doloso altrui, perché l’evento è stato reso possibile anche per l’imprudenza e la violazione di norme da parte dell’amministrazione scolastica”. Invero “il ferimento si era verificato in un quartiere periferico privo di case e in cui episodi del genere … erano abbastanza frequenti” e “non si sarebbe verificato se non fosse stato violato il dovere di vigilanza, in quanto, come accadeva tutti i giorni, il ragazzo alla fine delle lezioni sarebbe stato prelevato dalla madre che aveva manifestato appunto il timore che il figlio potesse essere aggredito fuori delle scuola”.

La Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso formulati dall’amministrazione, affermando che “in conformità con l’orientamento costante di questa Corte (Cass. 5424/86, 18 maggio 1982, Albano), il principio generale, che l’istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui le sono affidati e quindi fino al momento del subentro almeno potenziale della vigilanza dei genitori o di chi per loro.” L’adempimento di tale “dovere di sorveglianza degli alunni minorenni, dunque anche ultraquattordicenni, “resta di carattere generale e assoluto, tanto che, come ritenuto dalla citata sentenza n. 5424/86, non viene meno neppure in caso di disposizioni impartite dai genitori di lasciare il minore senza sorveglianza in luogo dove possa trovarsi in situazione di pericolo. Tale dovere pertanto permane per tutta la durata del servizio scolastico, servizio che non può essere interrotto per la semplice assenza dell’insegnante che dovrebbe tenere la lezione, in quanto, contrariamente a quanto assume la ricorrente, tale assenza non costituisce certamente un fatto eccezionale, ma normale e prevedibile”.

Dunque ci troviamo dinanzi al caso di uno studente minorenne che durante il servizio scolastico, quindi durante il tempo il cui il minore era affidato alla vigilanza della scuola e prima che questo potesse dirsi terminato, era stato fatto uscire anticipatamente, senza così realizzare le condizioni per il passaggio di responsabilità “almeno potenziale” dalla scuola al genitore, il quale “ogni giorno andava a prelevare il figlio a scuola proprio perché temeva che potesse essere oggetto di aggressioni”. La scuola non ha quindi rispettato la scelta educativa della famiglia in merito al rientro.

Tanto dovrebbe servire anche a far maggiore luce sull’aggettivo “potenziale”, anche perché la Cassazione non entra nel merito se sia legittima o meno l’uscita autonoma di un minore.

Pertanto in sintesi e riguardo alla proposta summenzionata

  • La responsabilità si estende ai “minorenni” e non si limita ai minori di 14 anni.

La capacità di intendere e volere (art. 85 c.p.) richiesta per l’imputabilità si acquisisce con la maggiore età. Ne può tuttavia essere valutata la sussistenza nel maggiore degli anni 14 (art. 98 c.p.). In considerazione della incapacità è punito chi lascia in condizioni di abbandono un minore di anni 14 (art. 591 c.p.). Nessuna delle norme summenzionate vieta l’uscita autonoma di un minore né ravvede in essa automaticamente una condizione di abbandono, che va accertato. Ma, come detto, gli obblighi di vigilanza sono connessi alla minore età (si veda anche art. 2048 c.c.) e non necessariamente al superamento degli anni 14. Anzi, con la sentenza 11751/2013 la Cassazione ha riconosciuto la responsabilità anche in caso di studente maggiorenne.

  • Nel caso di specie si tratta di una uscita anticipata in condizioni di pericolo ed in contrasto con le scelte educative delle famiglie. Le modalità di uscita vanno concordate e valutate anche dalla scuola. La responsabilità non sarebbe esclusa comunque a priori dalla norma proposta, che non supera le questioni oggi poste con riferimento alle norme civili e penali, specie se la valutazione della pericolosità è rimessa ai soli esercenti la responsabilità sul minore. Il riferimento alla sentenza della Cassazione del 1986 è chiaro. Laddove anche il genitore autorizzasse l’uscita autonoma in condizioni di evidente pericolosità la scuola non si liberebbe dalla responsabilità. Pertanto la scuola non potrebbe autorizzare l’uscita autonoma allorquando il genitore chiedesse di “lasciare il minore senza sorveglianza in luogo dove possa trovarsi in situazione di pericolo”. Ciò non rende inutilizzabile ogni “liberatoria” ma quella che non preserva il minore.

Questi sono alcuni degli aspetti più critici.

Le disposizioni civili e penali richiamate non vietano l’uscita autonoma ma affermano un principio incontestabile: del minore è responsabile il genitore o il personale scolastico in orario di servizio.

Ciò posto, considerato che una modifica normativa richiede i necessari tempi di approvazione, la questione attiene alla responsabilità e non può risolversi con generalizzazioni e senza la necessaria condivisione con le famiglie.

Abbiamo gli strumenti: regolamento e patti di corresponsabilità a cui però non diamo adeguata importanza, pur avendo natura contrattuale.

Vorrei rammentare che già nel 1995, la carta dei servizi scolastici parlava di “contratto formativo” chiedendo ai genitori di: esprimere pareri e proposte e collaborare nelle attività.

Autonomia è responsabilità.

Studenti a casa da soli con la «liberatoria» dei genitori

da Il Sole 24 Ore

Studenti a casa da soli con la «liberatoria» dei genitori

di Claudio Tucc

Un’interpretazione del codice penale che consente alle famiglie, a determinate condizioni, di firmare liberatorie che sollevino da ogni responsabilità giuridica, anche di natura penale, presidi e personale scolastico al termine dell’orario di lezione. È la proposta normativa a cui sta lavorando l’esecutivo, su input del Pd e della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, dopo le prese di posizioni di alcuni dirigenti scolastici in materia di tutela dell’incolumità degli alunni minori di 14 anni (alcuni capi d’istituto sono arrivati a invitare i genitori, o chi per loro a prendere i figli, pena la chiamata ai carabinieri).

Non si esclude il decreto fiscale come veicolo dell’emendamento
L’obiettivo del governo – la questione è seguita in prima persona dalla deputata dem Simona Malpezzi – è inserire la disposizione nel primo provvedimento legislativo utile (non si esclude anche il decreto fiscale – ma c’è da verificare la compatibilità della disposizione allo studio con il contenuto del provvedimento, che esula da tematiche scolastiche).

La normativa attuale
La questione è delicata. Oggi, in base all’attuale normativa, la scuola ha il dovere di sorveglianza sugli studenti minori per tutto il tempo in cui le sono affidati. Due sono le finalità generali dell’obbligo di vigilanza sul minore: impedire che compia atti illeciti e salvaguardarne l’incolumità.

La vicenda
A far tornare alla ribalta la questione “sicurezza dei minori” all’uscita di scuola è stata a settembre una pronuncia della Corte di Cassazione che ha stabilito che il coinvolgimento di un minore in un incidente fuori dal perimetro scolastico non esclude la responsabilità della scuola. Nel caso specifico, un bambino di 11 anni era stato investito dall’autobus di linea sulla strada pubblica all’uscita di scuola. La Cassazione ha affermato che l’obbligo di vigilanza in capo all’amministrazione scolastica, discendeva da una precisa disposizione del regolamento d’istituto, che poneva a carico del personale scolastico l’obbligo di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola le alunne e gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandava al personale stesso la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardassero.

L’interpretazione dei giudici
Dalla lettura di questa ordinanza si poteva dedurre che la responsabilità della scuola sussista solo se il regolamento di istituto impone al personale scolastico compiti di vigilanza specifici che vengono violati. In realtà non è così: la responsabilità della scuola si ricollega più in generale al fatto stesso dell’affidamento del minore alla vigilanza della scuola. La Cassazione civile ha infatti più volte affermato il principio secondo cui l’istituto scolastico ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui le sono affidati e quindi fino al momento del subentro, almeno potenziale, della vigilanza dei genitori o di chi per loro (si veda ad esempio la sentenza n. 3074 del 30 marzo 1999).

Secondo la Cassazione, quindi, il dovere di sorveglianza degli alunni minorenni è di carattere generale e assoluto, tanto che non viene meno neppure in caso di disposizioni impartite dai genitori di lasciare il minore senza sorveglianza in luogo dove possa trovarsi in situazione di pericolo. Le disposizioni si attuano in genere a tutti i minori, anche se, già a partire dai 14 anni, si considera che il minore abbia maturato una certa capacità di intendere e di volere intesa come sua idoneità alla autodeterminazione, nella consapevolezza dell’incidenza del proprio operare sul mondo esterno.

Con l’ipotesi di intervento da parte dell’esecutivo si darebbe, pertanto, “più peso” alla liberatoria dei genitori che “equivarebbe”, nei fatti, a una sorta di autorizzazione all’istituto a far tornare a casa da solo il minore. Alleggerendo, così, la posizione di presidi e personale scolastico.

Statali, alla scuola il conto maggiore della crisi

da Il Sole 24 Ore

Statali, alla scuola il conto maggiore della crisi

di Gianni Trovati

Dal 2010 lo stipendio medio reale nella scuola ha perso il 12,4% del proprio potere d’acquisto, e quello dei tecnici dell’università ha lasciato per strada l’11,8%. Nello stesso periodo, la busta paga tipo nelle Autorità indipendenti (Antitrust, Privacy, Energia eccetera) è cresciuta del 7,6%, negli enti pubblici come l’eterno abolendo Cnel o DigitPa (oggi agenzia per l’Italia digitale) è aumentata del 7% mentre Palazzo Chigi non segna impennate, ma riesce comunque a difendersi dal carovita: e a conservare il +23,5% raggranellato prima della crisi. Insomma: nella pubblica amministrazione la cultura non paga, l’autonomia sì.

I censimenti dell’Aran, l’agenzia che rappresenta la Pa come datore di lavoro, sull’evoluzione degli stipendi negli uffici pubblici offrono un termometro concreto per misurare gli effetti della crisi di finanza pubblica nei diversi rami della nostra amministrazione. All’appuntamento con il rinnovo dei contratti, bloccato dal 2010, imposto dalla Corte costituzionale nel luglio 2015, celebrato dall’accordo governo-sindacati nel novembre 2016 e ora finanziato dalla manovra che questa settimana inizia il proprio cammino al Senato, arriva insomma una pubblica amministrazione solo apparentemente monolitica.

Ora i tavoli sono aperti e i soldi sono in arrivo. Il pubblico impiego è l’unico settore a ricevere dalla legge di bilancio un finanziamento aggiuntivo scritto in miliardi (1,7) e non in milioni. Il super-assegno, che unito ai soldi messi da parte nelle ultime due leggi di bilancio porta a 2,85 miliardi l’accantonamento complessivo dedicato al tema, non basterà a placare tutti i maldipancia, perché Regioni ed enti locali dovranno trovare nei propri bilanci una somma quasi analoga per i dipendenti propri e della sanità. Ma ora bisogna passare ai fatti. E non sarà semplice.

Il rinnovo deve chiudere una sorta di “era glaciale”, che oltre ai contratti nazionali ha bloccato gli stipendi individuali e limitato al minimo i rinnovi degli organici. Ma il lungo inverno ha avuto effetti diversi da settore a settore. Dove il blocco delle buste paga individuali è stato totale, senza sconti, il potere d’acquisto del dipendente-medio è sceso in modo più secco, spinto al ribasso anche dai pensionamenti che hanno fatto uscire dal sistema gli stipendi cresciuti con l’anzianità, sostituendoli con (pochi) neo-assunti privi di scatti.

Ma in altre aree il freddo non si è sentito più di tanto, come mostra l’incrocio fra le retribuzioni medie e l’inflazione del perioso. Scuola, Regioni, enti locali, ministeri, sanità ed enti di ricerca hanno pagato alla crisi un prezzo più o meno pesante, mentre in generale è andata molto meglio alle aree più piccole, da centinaia di dipendenti e spesso coperte dallo scudo efficace dell’autonomia. La regola ha funzionato splendidamente nelle Authority, in alcuni enti pubblici minori, ma anche sul territorio. Nei monitoraggi Aran pubblicati in pagina il dato non c’è, ma i conti della Ragioneria (che mostrano la media complessiva per settore senza distinguere dipendenti e dirigenti) offrono sul punto un numero chiaro: nell’Italia ordinaria lo stipendio medio di Regioni ed enti locali si ferma a 29.057 euro lordi all’anno, dove l’Autonomia è “speciale” diventa speciale anche la busta paga: 35.345 euro, cioè il 21,6% in più.

Le trattative per i rinnovi contrattuali si dovranno occupare anche di queste vite parallele fra i comparti, a partire dal caso della scuola: il settore di gran lunga più numeroso all’interno della pubblica amministrazione, che ha pagato il pegno maggiore alle misure anti-crisi. Nel tentativo di tamponare le buste paga leggere degli insegnanti è stata creata la carta del docente, con il bonus da 500 euro all’anno per acquistare libri, software o partecipare a corsi di formazione. Anche il destino di questo strumento si incrocia però con il rinnovo contrattuale: nella scuola la riscrittura delle intese nazionali costa 1,6 miliardi, e la ricerca di risorse guarda in tutte le direzioni, compreso il bonus e i 200 milioni da distribuire in base al “merito”. A scuola è atteso anche il primo passo che avvicinerà gli stipendi dei presidi a quelli degli altri dirigenti pubblici, con un aumento che entro il 2020 dovrebbe arrivare a 400 euro (come anticipato sul Sole 24 Ore del 18 ottobre) e che fa storcere il naso agli insegnanti.

Un altro tema bollente per il tavolo dei contratti, dopo che il governo si è finora opposto all’idea di concentrare tutto sui contratti, per una ragione politica ma anche per un motivo tecnico. Se assorbisse bonus e premi, il nuovo contratto finirebbe per dare meno degli 85 euro lordi promessi dall’intesa, replicando nella scuola il caso 80 euro.

Primo ciclo, come funziona l’esame di Stato. Via la prova Invalsi: anticipata al mese di aprile

da Il Sole 24 Ore

Primo ciclo, come funziona l’esame di Stato. Via la prova Invalsi: anticipata al mese di aprile

di Laura Virli

Nella circolare 1865 del 10 ottobre 2017 il dipartimento per il sistema educativo e di formazione riassume le novità introdotte dal Dlgs 62/2017 riguardo allo svolgimento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione.

Composizione delle commissioni
La commissione d’esame è composta da tutti i docenti assegnati alle terze classi, che si articola in tante sottocommissioni quante sono le classi terze, compresi eventuali docenti di sostegno e di strumento musicale, mentre, si precisa, non ne fanno parte i docenti che svolgono attività nell’ambito del potenziamento dell’offerta formativa.
Le funzioni di presidente della commissione sono svolte dal dirigente scolastico della scuola (o in caso di sua assenza o di impedimento o di reggenza da un docente delegato).

Lavoro preliminare delle commissioni
Spetta al dirigente scolastico definire e comunicare al collegio dei docenti il calendario delle operazioni d’esame e in particolare le date di svolgimento della riunione preliminare, delle prove scritte (che devono essere svolte in tre giorni diversi, anche non consecutivi) e dei colloqui.
Durante la riunione preliminare, la commissione definisce la durata oraria, che non deve superare le quattro ore, di ciascuna delle prove scritte, il loro ordine di successione e quello delle classi per i colloqui; predispone, inoltre, le tracce delle prove d’esame sulla base delle proposte dei docenti delle discipline coinvolte e in coerenza con i traguardi di sviluppo delle competenze previste dalle indicazioni nazionali; definisce, inoltre, i criteri comuni per la correzione e la valutazione delle prove stesse.

Le prove d’esame
La novità più rilevante è l’esclusione dalle prove d’esame della prova Invalsi che è anticipata al mese di aprile. La prova Invalsi è prerequisito di ammissione agli esami, ma non concorre al voto finale. Pertanto, le prove scritte predisposte dalla commissione sono tre: italiano, matematica e una prova articolata in una sezione per ciascuna delle lingue straniere studiate.
Per ciascuna delle prove scritte il Dm 741/2017 ha individuato le finalità e proposto diverse tipologie.
La commissione, attraverso il colloquio condotto collegialmente, valuta il livello di acquisizione delle conoscenze, abilità e competenze dello studente comprese quelle connesse alle attività svolte nell’ambito di Cittadinanza e Costituzione.

La valutazione delle prove d’esame e il voto finale
La valutazione delle prove scritte e del colloquio viene effettuata sulla base di criteri comuni adottati dalla commissione, attribuendo un voto in decimi a ciascuna prova. Alla prova scritta di lingua straniera, anche se distinta in sezioni corrispondenti alle due lingue studiate, viene attribuito un unico voto espresso in decimi.
Il voto finale è il risultato della media del voto di ammissione con la media dei voti attribuiti alle prove scritte e al colloquio.
Supera l’esame l’alunno che consegue un voto finale non inferiore a 6/10.
La commissione può, su proposta della sottocommissione, con deliberazione assunta all’unanimità, attribuire la lode agli alunni che hanno conseguito un voto di 10/10, tenendo a riferimento sia gli esiti delle prove d’esame sia il percorso scolastico triennale.

Al via il Piano nazionale per l’educazione al rispetto. Sui social la campagna #Rispettaledifferenze

da Il Sole 24 Ore

Al via il Piano nazionale per l’educazione al rispetto. Sui social la campagna #Rispettaledifferenze 

Un Piano nazionale per promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione al rispetto, per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze, secondo i principi espressi dall’articolo 3 della Costituzione italiana.
Lo ha presentato ieri a Roma la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, nella cornice del teatro Eliseo, alla presenza di Elena Centemero, presidente della commissione Equality and non discrimination del Consiglio d’Europa, Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione, Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico, Ernesto Caffo, presidente di Telefono azzurro, rappresentati di studentesse e studenti e delle famiglie. Ha condotto il dibattito la giornalista Mirta Merlino, che ha di recente lanciato una campagna dal titolo #odiolodio per sensibilizzare sul problema della violenza verbale e dell’offesa gratuita sui social network. La campagna rientrerà fra le collaborazioni lanciate ieri alla presentazione del Piano.

«Il lancio di questo Piano ci rende orgogliosi ed è particolarmente importante – ha spiegato Fedeli – perché il rispetto delle differenze è decisivo per contrastare violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere. Perché il rispetto include un modo di sentire e un modo di comportarsi e relazionarsi fondamentali per realizzare l’art. 3 della Costituzione, cui tutto il Piano si ispira. Perché la scuola deve, può e vuole essere un fattore di uguaglianza, protagonista attiva di quel compito – “rimuovere gli ostacoli” – che la Repubblica assegna a se stessa».

«Con il Piano – ha proseguito Fedeli – mettiamo a disposizione delle scuole risorse e strumenti operativi specifici, pensati come l’avvio di un percorso che si prolungherà nel tempo per accompagnare quel cambiamento positivo della società che la scuola può contribuire a realizzare. Al di fuori di ogni approccio ideologico, è importante sottolinearlo, ma solo volendo realizzare la Costituzione, dare attuazione a leggi dello Stato, far crescere bambine e bambini, ragazze e ragazzi condividendo fondamentali valori umani e di convivenza civile».

Con il Piano presentato ieri vengono stanziati 8,9 milioni di euro per progetti e iniziative per l’educazione al rispetto e per la formazione delle e degli insegnanti. In particolare, 900.000 euro serviranno per l’ampliamento dell’offerta formativa, 5 milioni (fondi Pon) per il coinvolgimento di 200 scuole nella creazione di una rete permanente di riferimento su questi temi. Altri 3 milioni sono messi a disposizione per la formazione delle e dei docenti.
In attuazione del Piano vengono emanate le Linee guida nazionali per l’attuazione del comma 16 della legge 107 del 2015 per la promozione dell’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere. Le Linee guida sono state messe a punto da un gruppo di esperti istituito presso il Miur.
Fra i punti del Piano lanciato ieri c’è il rafforzamento degli Osservatori attivi presso il ministero sui temi dell’integrazione, dell’inclusione e per la promozione di iniziative sui temi della parità fra i sessi e della violenza contro le donne. Il Piano prevede anche il lancio, il 21 novembre, del nuovo Patto di corresponsabilità educativa per rinsaldare il rapporto fra scuola e famiglia. E la distribuzione a tutte le studentesse e gli studenti della Costituzione. I materiali e le proposte didattiche sui temi del Piano saranno pubblicati sul portale www.noisiamopari.it.
Aderiscono alla campagna e daranno visibilità ai contenuti del Piano: il Comitato olimpico (Coni) e quello paralimpico (Cip), la Federazione nazionale della stampa, Rai, La 7, Mediaset, Sky, Skuola.net, Tuttoscuola.

Il link al video della campagna:
https://www.youtube.com/watch?v=Jg53dRp_4LY

Pensioni, 11 categorie escluse da quota 67: ci sono le maestre di nido e materna

da La Tecnica della Scuola

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Scuole sporche, quando le cooperative addette alle pulizie non lavorano bene

da La Tecnica della Scuola

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Uscita da scuola per i minori di 14 anni: il testo della proposta Malpezzi

da Tuttoscuola

Uscita da scuola per i minori di 14 anni: il testo della proposta Malpezzi

Sul tanto polemizzato tema dell’uscita da scuola per i minori di 14 anni la deputata Pd Simona Malpezzi ha presentato una proposta di legge che vorrebbe risolvere i limiti delle norme in vigore evidenziati ultimamente da una sentenza della Corte di Cassazione.
Il provvedimento si intitola “Misure volte a incentivare il processo di autoresponsabilizzazione dei minori di 14 anni, finalizzate a consentire l’uscita autonoma dei minori dai locali scolastici”. La responsabile scuola del Pd l’ha postata sulla sua pagina Facebook e noi ve la riportiamo di seguito. Si tratta di un solo articolo diviso in due commi.

Primo comma

I genitori esercenti la responsabilità genitoriale e i tutori dei minori di 14 anni, in considerazione dell’età, del grado di autonomia e dello specifico contesto, nell’ambito del gradi di processo di autoresponsabilizzazione, possono autorizzare le istituzioni del sistema nazionale di istruzione a consentire l’uscita autonoma dei minori dai locali scolastici al termine dell’orario delle lezioni.

Secondo comma

L’autorizzazione di cui al comma 1 esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza.

Inclusione sociale e lotta al disagio: precisazioni sulle modalità di inserimento dei Codici SIDI degli studenti

Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020 – Asse I – Istruzione – Fondo Sociale Europeo (FSE) – Obiettivo specifico 10.1. – Riduzione del fallimento formativo precoce e della
dispersione scolastica e formativa. Azione 10.1.1 – Avviso pubblico prot.n. AOODGEFID/10862 del 16-09-2016 “Progetti di inclusione sociale e lotta al disagio nonché per garantire l’apertura delle scuole oltre l’orario scolastico soprattutto nella aree a rischio e in quelle periferiche”. Precisazioni sulle modalità di inserimento dei Codici SIDI degli studenti.

Prot. 36882 del 30 ottobre 2017

Gazzetta ufficiale – Serie Generale n. 254

n° 254 del 30-10-2017