Lo spettro delle competenze

Uno spettro si aggira per la scuola: lo spettro delle competenze

di Maurizio Tiriticco

Faccio mio l’incipit del saggio di Mario Castoldi “Dietro la certificazione: valutare le competenze”, pubblicato da “Notizie della Scuola”, n. 11 dello scorso 1-15 febbraio! Quale miglior titolo per tornare a parlare dei modelli di certificazione delle competenze terminali della scuola primaria e del primo ciclo di istruzione, di cui alla cm 3/15? [1]. Non riesco a capire perché un’operazione, che avrebbe dovuto richiedere indicazioni chiare e nette, per quanto riguarda la definizione delle competenze da accertare e da certificare da parte della istituzioni scolastiche e le relative procedure, sia invece sostenuta da pagine e pagine… una cm, Linee guida e relativi allegati, per un totale di 24, inclusi i due modelli. Insomma, un conto è un trattatello sulle competenze, altro conto una norma che ne prescriva la certificazione, anche se in via sperimentale. Il fatto è – a mio vedere – che in materia di competenze è lo stesso Miur a balbettare. Nelle Indicazioni nazionali non si “indicano” competenze da certificare, ma si ripiega sui traguardi; nelle Linee guida si passa dai traguardi ai profili. Ma queste benedette competenze da certificare quali sono? Non le possono inventare gli insegnanti! Se vuoi imparare a guidare un’automobile, non è la scuola guida che inventa che cosa devi conoscere e saper fare, ma la Motorizzazione, se non erro, o chi per essa. La medesima cosa vale per le abilitazioni rilasciate dagli ordini professionali: si parva licet componere magnis

Basti pensare che, per quanto riguarda la conclusione dell’istruzione obbligatoria decennale, il Miur ha indicato con chiarezza quali sono le competenze da certificare e con quali procedure [2]. In effetti, spetta all’amministrazione centrale – qualunque essa sia – scegliere e decidere ciò che va certificato: si tratta di operazioni di ampio respiro sulle quali organi periferici non hanno e non possono avere alcuna competenza.

Di fatto, e di diritto, è una materia sulla quale non si può sperimentare. Chi deve individuare, definire e descrivere competenze che abbiano un respiro nazionale – ed oggi anche europeo, stando alle indicazioni dell’EQF [3] – è l’Amministrazione centrale. Ovviamente, con il passar del tempo le competenze cambiano – il meccanico della Ford T del 1908 non è il meccanico della Toyota ibrida dei nostri giorni – e tocca sempre al potere centrale la responsabilità di intercettare i cambiamenti.

Comunque si è scelta la via della sperimentazione. Fino ad ora gli insegnanti sono stati “costretti” (sic!) a “inventare” le competenze terminali del primo ciclo di istruzione! Ora non sono più tenuti a “inventare”, ma a “sperimentare”. Ma non è chiaro se la sperimentazione consenta di modificare i modelli proposti. Comunque, per quest’anno non è obbligatoria. Così gli insegnanti possono continuare a inventare! Ma dal prossimo anno scolastico, l’adozione “del prototipo di modello, così come viene validato ed eventualmente integrato” sarà generalizzata in tutte le scuole e, dall’anno scolastico 2016-17, diventerà obbligatoria. Insomma, lo schiacciasassi procede comunque! E non scioglie un’altra questione di fondo, che è a monte, da sempre: e cioè che valutare con i voti è una cosa; certificare competenze è un’altra cosa. Sono norme che configgono, e che ci portiamo dietro da anni e che nessun ministro è stato capace finora di modificare conseguentemente.

Va anche detto che l’adesione al percorso comporta operazioni complesse e un coinvolgimento da parte degli insegnanti pressoché totalizzante. Il rischio di riempire carte su carte è evidente e non vorrei che si realizzasse! Già nel precedente scritto ho manifestato una serie di riserve sui due modelli, in primo luogo perché le competenze non sono individuate, definite e descritte in quanto tali (che cosa concretamente sa fare l’alunno al termine di un percorso), ma indicate secondo la voce “profili delle competenze”: il che, a mio vedere, vuol dire tutto o nulla! O meglio, l’Amministrazione centrale non si vuol far carico di nulla e scarica alle periferie la responsabilità di “dire la loro”! Tanti galli a cantare! Per non dire poi che lo sforzo che l’Amministrazione ha fatto è pressoché nullo! Se è vero che i “profili” sembrano risultare un copia e incolla dei “traguardi” di cui alle Indicazioni nazionali.

Ma la cosa più preoccupante è che le competenze conclusive del primo ciclo sono certificate dal consiglio di classe in sede di seduta finale di ammissione all’esame di Stato. Ciò che cosa significa, di fatto e di diritto? Che quelle competenze, pardon, quei profili, una volta certificati e con tanto di livello, saranno messi in discussione e forse anche smentiti dall’esito delle prove. Se si pensa al fatto che la prova nazionale proposta e imposta dall’Invalsi in larga misura mette in discussione i voti di ammissione in due delle materie fondamentali, si potrà verificare che certe competenze saranno smentite dall’esame. Mah!

Concludendo: la certificazione di competenze è un ATTO FINALE, comunque, esame di Stato o non esame di Stato! Non solo! Una reale certificazione di competenze nulla ha a che fare con i voti a cui siamo abituati, in quanto nasce da una logica diversa e profondamente innovativa dell’insegnare/apprendere! Insomma, non si possono salvare capra e cavoli: da un lato la certificazione perché è un’innovazione e perché, come si suol dire. “ce lo chiede l’Europa”; dall’altro un esame di Stato con tanto di voti finali perché, terminando un ciclo, ce lo impone la Costituzione!

Insomma, temo molto che tale incongruenza – da un lato la normativa tuttora vigente, dall’altro una innovazione normativamente ancora non vigente – possa creare all’interno delle istituzioni scolastiche un grande e inutile lavoro. Tuttavia gli scudieri del re mi diranno che per la prima volta gli insegnanti sono tenuti a partecipare a una grande operazione, in virtù dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e che in materia di valutazione – stando all’articolo 4, comma 4 del dpr 275/99 – la responsabilità è tutta loro. Ed è vero, però, “nel rispetto della normativa nazionale”, all’interno di quadri di riferimento che solo il potere centrale può e deve indicare.

Comunque, voglio essere ottimista e… speriamo che ce la caviamo! Ne abbiano viste di peggio!


 

[1] Vedi “Con le competenze non si gioca”, del 20 febbraio u.s.

[2] Si vedano i dm 139/07 e 9/10. Il fatto poi che sulle indicazioni ministeriali si avanzino critiche o meno è altro discorso, ma la norma è la norma.

[3] Si tratta dell’European Qualifications Framework che il nostro Governo ha recepito con l’Accordo quadro Stato-Regioni siglato il 20 dicembre 2012. In quell’Accordo leggiamo che il livello 2 dell’El notro Il livello