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LA NOSTRA MOBILITAZIONE CONTINUA

D O P O I L 5 M A G G I O ….
LA NOSTRA MOBILITAZIONE CONTINUA
per tutto il periodo di discussione alla camera dei deputati
del disegno di legge sulla “buona scuola”
CON DIVERSE INIZIATIVE IN LOMBARDIA
Per rappresentare le aspettative di chi vive la scuola, per presentare le nostre proposte,
per condividere l’idea di una scuola buona, mettiamo in campo diverse iniziative:
– incontri, appelli, confronti con tutti i parlamentari lombardi, con gli studenti e le famiglie
– richieste di incontro con rappresentanti istituzionali
– e contemporaneamente in TUTTE LE PROVINCE DELLA LOMBARDIA:
invitiamo lavoratrici e lavoratori della scuola a partecipare ad un
PRESIDIO
davanti alla PREFETTURA di Bergamo
in via Torquato Tasso
MARTEDI’ 19 maggio 2015
Ore 15.00
Ci incontriamo per ribadire (anche con conferenza stampa e richiesta di colloquio col Prefetto):
· l’urgenza di un piano di assunzioni che soddisfi le legittime aspettative di migliaia di precari
esclusi da quanto prevede l’attuale stesura della legge, pur avendo gli stessi requisiti di chi è nelle
GAE. Serve un piano pluriennale che interessi il personale docente e il personale ATA
· il rifiuto di un modello di governo della scuola che enfatizza le prerogative del dirigente
contrapponendole alla collegialità e alla dimensione cooperativa che deve caratterizzare la
progettazione e la gestione delle attività della scuola
· la salvaguardia delle prerogative contrattuali su materie che investono aspetti normativi e
retributivi del rapporto di lavoro, come l’assegnazione di sede, la mobilità e la retribuzione
accessoria
· l’esclusione di soggetti non adeguatamente qualificati nelle sedi di valutazione ai fini della
conferma in ruolo e della valorizzazione professionale
Inoltre le OO.SS. Regionali Lombardia, Flc-CGIL – CISL SCUOLA –
UIL Scuola – SNALS Confsal – GILDA UNAMS, hanno già proclamato,
fino a tutto il 19 maggio, lo sciopero/astensione delle attività
aggiuntive programmate. (comunicazione per le scuole inviata all’USR il 13 maggio

LA “BUONA SCUOLA” TRA IL DIRE ED IL FARE

LA “BUONA SCUOLA” TRA IL DIRE ED IL FARE

La notizia è di questi giorni: al Liceo Sarpi di Bergamo il dirigente scolastico prof. Damiano Previtali ha deciso di accettare l’incarico di Dirigente presso il Ministero dell’Istruzione e di conseguenza ha lasciato la Presidenza del Sarpi. Al suo posto è stato nominato il Dirigente prof. Giuseppe Pezzoni. E allora, qual è il problema ? Per un dirigente che se ne va, un altro ne arriva ! Come la risolve semplicemente il nostro buon Presidente Renzi ! Peccato, però, che su due prestigiosi Istituti orobici avremo un Dirigente scolastico dimezzato. I danni arrecati alla Scuola, in questi anni, dal sistema delle reggenze è ancora oggi sotto gli occhi di chi la Scuola, la vive ogni giorno. Era proprio così urgente nominare Damiano Previtali dirigente al Miur del nuovo ufficio nazionale che si occuperà dei sistemi di valutazione ? Ci sono tre frasi del buon Presidente Renzi che, se accostate a questa improvvisa violenza operata sul Sarpi e sul Suardo, ci convincono ancora di più che la buona scuola di Renzi “non sa da fare”.

La prima accompagna l’offensiva multimediale del video registrato e pubblicato sul sito di Palazzo Chigi e su youtube, su facebook e su twitter “Ci sono dei momenti in cui il linguaggio della franchezza e della verità sono l’unica soluzione. Per questo ho scelto di mettere la faccia e raccontare cos’è davvero per noi la buona scuola”.

Le altre due sono scritte nella mail inviata dal premier a ciascun docente della scuola pubblica italiana, circa 750mila persone ( più o meno i dati degli scioperanti del 5 maggio): ci serve restituire prestigio e rispetto alla scuola”, Vogliamo che il posto dove studiano i nostri figli sia quello trattato con più cura da chi governa”

Mettendosi alla lavagna, Renzi voleva forse scimmiottare il lavoro degli insegnanti ? oppure, toccata con mano la rabbia del Personale della Scuola, che continua a non capire “la buona scuola” si è messo alla lavagna con la santa pazienza del maestro di fronte agli allievi più zucconi e l’ha rispiegata ? Ma è in questo modo, trattando i Docenti come scolaretti, che si restituisce “prestigio e rispetto alla scuola” ? Ma se il nostro buon Presidente Renzi, non ha il titolo per insegnare e non è abilitato, cosa ci fa in cattedra ? Forse l’ha nominato qualche dirigente sceriffo, suo amico !

E visto che al nostro buon Presidente Renzi piace tanto metterci la faccia, venga a Bergamo e spieghi agli studenti, alle famiglie e al Personale del Sarpi e del Suardo perché con un solo provvedimento è stato capace di rendere acefali due “fiori all’occhiello” della Scuola orobica, a due mesi dalla conclusione della scuola ed a un passo dagli esami di Stato ?

Presidente Renzi, noi siamo qui e l’aspettiamo.

 

Loris Renato Colombo – Segretario provinciale Snals Confsal di Bergamo

La Buona scuola e il vero significato delle parole

da Il Fatto Quotidiano

La Buona scuola e il vero significato delle parole

A costo di diventar noioso, torno a parlare di scuola. Da poeta stavolta, non da insegnante.

Non lo faccio per intervenire su questo, o quell’aspetto della cosiddetta “buona scuola” renziana, ma, più modestamente, per riflettere sul significato di due parole (di due espressioni, se preferite) che vengono usate spessissimo a proposito di scuola.

Intanto, a parere di molti, almeno a parere di quasi tutti quelli che di scuola parlano e scrivono sui media mainstream, la scuola sarebbe un’azienda.

Proprio qualche mattina fa l’ennesimo economista chiamato a dare il suo parere sulla scuola durante un servizio di RaiNews24 (ma perché occorrerebbe chiedere il parere di un economista sulla scuola? a me pare che sia come se si chiedesse a un poeta, o a un chimico, un parere sulla prossima riforma fiscale, o sui mutui subprime) sosteneva che la scuola fosse un’azienda che eroga servizi.

Davvero? A me non risulta.

A me risulta, piuttosto che, come sosteneva Calamandrei, la scuola, per la nostra Carta costituzionale, sia un’istituzione.

Un’istituzione non eroga servizi, piuttosto realizza diritti. Il suo fine non è quello di accumulare profitti, ma promuovere conoscenze e ‘competenze’.

Nel caso della scuola si tratta di diritti, conoscenze e ‘competenze’ basilari: quelli degli allievi di imparare a essere, prima di tutto, cittadini coscienti e responsabili, tanto dei propri diritti, quanto dei propri doveri e quelli degli insegnanti di professare la propria disciplina in piena libertà, per realizzare il fine di garantire alla società la formazione di quei futuri cittadini di cui sopra, educati al difficilissimo compito di esercitare la libertà.

Trasformare la scuola in un’azienda (e i suoi insegnanti in operai alla catena di produzione di qualcosa che non è più possibile chiamare ‘cultura’ e meno che mai ‘cultura dei diritti’, o i suoi allievi in ‘clienti’ di un market dove possono scegliere il prodotto più conveniente, o alla moda) significa colpire alla base le fondamenta di una società democratica, dividere diritti civili e diritti politici alla maniera del Bonaparte.

Chiamare azienda la scuola, insomma, non è soltanto un’espressione irragionevole, priva di senso comune, ma anche l’ultimo segnale, devastante, di una società in cui la dimensione economica pretende di sovrastare ogni altro ambito della vita umana. Fino a imporre al linguaggio che le uniche metafore legittime siano quelle che a essa rimandano.

Fin la famiglia è oggi un’azienda, si sa, e, soprattutto, ogni azienda è una famiglia: peccato che i genitori di codesta famiglia (una volta si diceva: i padroni) si comportino poi come Chronos e divorino i propri figli…

Tutto ciò, da umile operaio delle parole quale sono, mi inquieta e mi inquieta ancora di più che a parlare per prima della scuola-azienda, spacciandola per una trovata avanzata e ‘moderna’, sia stata la Sinistra.

Ma ricordarlo mi aiuta a non stupirmi più di tanto che sia proprio essa a concludere, oggi, un lavoro appaltato per qualche decennio alla Destra.

Da Berlinguer a Renzi: tout se tient nella cosiddetta, sinistra, Sinistra italiota.

Un altro dei cavalli di battaglia di questo nuovo tentativo di riformare la scuola italiana a forza di decreti è poi l’idea del cosiddetto preside-sindaco.

Il preside-sindaco giunge infine a sostituire l’ormai stanco e liso preside-manager.

Difficile, peraltro, convincere qualcuno che il suo lavoro sia quello di manager, se ciò che si trova ad amministrare sono solo pochi spiccioli stenterelli, raschiati dal fondo del barile. Meglio, allora, dirgli che sarà un sindaco, altrettanto povero, magari, ma almeno in condizione di prendere decisioni.

Un sindaco è figura più amichevole e più autorevole di un manager.

Ma un sindaco non viene nominato, viene eletto. Almeno da quando l’Italia è una Repubblica. Un sindaco, se svolge male il suo compito, difficilmente potrà essere scelto dai suoi cittadini per un altro mandato.

Dunque, invece di rimandare al mittente la proposta del preside-sindaco, imho, i docenti italiani dovrebbero accettarla e farla propria.

A patto, però, che davvero di un preside-sindaco si tratti, a patto, cioè, che il Governo faccia davvero ciò che dice di voler fare e non pretenda di cambiare addirittura il significato corrente delle parole.

Un preside-sindaco sarà, a lume di ragione, eletto dai suoi cittadini-insegnanti (e magari da genitori e allievi), dovrà rendere loro conto della sua amministrazione, sarà la realizzazione massima della ‘collegialità’, non la sua negazione.

Altrimenti, a norma di vocabolario, meglio chiamarlo sindaco-prefetto, o sindaco-federale: avrà meno appeal, ma almeno avremo usato le parole per far fare loro ciò che devono fare: descrivere e conoscere la realtà, non mascherarla.

«E’ finita l’epoca del 6 politico»

da Corriere.it

«E’ finita l’epoca del 6 politico»

Ma Cofferati attacca il premier: il governo si fermi, la scuola è partecipazione

di Redazione Scuola Online

«Io credo che la maggior parte degli insegnanti sia pronto per un sistema di valutazione. Qualcuno dice che non deve dipendere dal preside ma da un nucleo tecnico, ma io penso che in qualcuno resti l’idea di mantenere una filosofia del 6 politico». Ma «c’è bisogno di dire: è finita la stagione del 6 politico» ora è «il tempo del merito». Nuovo intervento del premier Matteo Renzi sulla riforma della scuola durante “L’Arena” di Massimo Giletti su Rai1- Il premier, che ha ribadito che il governo non metterà la fiducia sul provvedimento in discussione alla Camera, ha ammesso di aver fatto errori di comunicazione durante questi ultimi dieci mesi in cui il governo ha imposto il tema della riforma della scuola come una priorità. Anche l’ex segretario della Cgil Sergio Cofferati è intervenuto ieri sul tema dal Salone del Libro di Torino: «La riforma a cui sta lavorando il governo, così com’è, è un provvedimento regressivo perché introduce nella scuola un modello di responsabilità che è l’esatto contrario della partecipazione e della collegialità sulla quale si è eretto l’impianto scolastico fino ai giorni nostri». «Credo che il governo – conclude Cofferati – farebbe bene a fermarsi e a ricominciare, con umiltà, tutta la discussione sulla scuola coinvolgendo tutti i soggetti che operano al suo interno».

Chi ha sostenuto spese d’istruzione per familiari a carico può detrarle dall’Irpef

da Il Sole 24 Ore

Chi ha sostenuto spese d’istruzione per familiari a carico può detrarle dall’Irpef

di Luca De Stefani
Anche chi ha sostenuto le spese di istruzione, nell’interesse di familiari a carico, può detrarre questi pagamenti dall’Irpef al 19 per cento. Sono agevolate tutte le spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria (medie e superiori) e universitaria (anche master, dottorati di ricerca, di perfezionamento e di specializzazione), ma comunque in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali (articolo 15, comma 1, lettera e, Tuir).

Le condizioni
Per poter detrarre le spese di istruzione sostenute nell’interesse di familiari «fiscalmente a carico», è sufficiente che questi ultimi rispettino le condizioni reddituali (reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro) e soggettive indicate nell’articolo 12 del Tuir (oltre al coniuge e ai figli, sono interessati anche i discendenti dei figli, i genitori, i generi e le nuore, il suocero e la suocera, i fratelli e le sorelle, i nonni e le nonne, a patto che convivano con il contribuente o ricevano dallo stesso assegni alimentari non imposti dal giudice). Non è necessario, invece, che chi sostiene l’onere sia proprio il contribuente che beneficia della detrazione forfettaria per i «carichi di famiglia» prevista dall’articolo 12 del Tuir. Secondo le istruzioni al modello 730, infatti, queste detrazioni spettano anche se non si fruisce delle detrazioni per carichi di famiglia, che invece sono attribuite interamente a un altro soggetto . In questi casi, chi ha sostenuto la spesa, deve comunque indicare nel quadro «familiari a carico» del modello Unico o del 730, il “codice fiscale del familiare” nell’interesse del quale ha pagato la spesa, oltre che «il numero dei mesi a carico», e nel campo relativo alla «percentuale di detrazione» del carico di famiglia deve indicare zero. Quindi, per esempio, il nonno che paga le tasse scolastiche al nipote convivente può beneficiare della relativa detrazione del 19%, anche se il bonus forfetario dell’articolo 12 del Tuir, relativo al nipote a carico, viene usufruito da uno o da entrambi i genitori.

Documento intestato a chi detrae
Quando le spese per l’istruzione (detraibili al 19%) sono pagati nell’interesse di familiari a carico (cioè per i quali si rispettano le condizioni soggettive e reddituali per la detrazione forfettaria per i «carichi di famiglia» dell’articolo 12 del Tuir, anche senza beneficiarne concretamente), il documento, che certifica la spesa, deve essere intestato al contribuente che paga l’onere (istruzioni al 730). Se il documento è intestato al figlio, le spese devono essere suddivise al 50% tra i due genitori.
Tuttavia, siccome ai fini della detrazione degli oneri è necessario che essi siano rimasti effettivamente a carico del contribuente, se la spesa è stata sostenuta da uno dei genitori e questi è in grado di provarlo, il medesimo può detrarre l’intero importo , annotando nel documento comprovante la spesa una dichiarazione con la quale attesta di aver sostenuto interamente la spesa (circolare 108/E/1996, risposta 2.4.6). Quindi, se i genitori intendano ripartire le spese in misura diversa dal 50% devono annotare nel documento comprovante la spesa la percentuale di ripartizione .
Infine, se uno dei due coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, quest’ultimo può considerare l’intera spesa sostenuta, ai fini del calcolo della detrazione o della deduzione (circolare 11/E/2007, risposta 2.1).

Edilizia scolastica, lavori ancora in corso in una scuola su due

da Il Sole 24 Ore

Edilizia scolastica, lavori ancora in corso in una scuola su due

di Valeria Uva

Lavori completati in una scuola su due per le ultime risorse destinate all’edilizia scolastica. Mentre difficoltà maggiori si registrano sui vecchi programmi cofinanziati con le risorse europee e destinati alle Regioni del Mezzogiorno, dove secondo un’indagine a campione è in ritardo il 62% dei lavori.

Va meglio, appunto, in base al monitoraggio della Struttura di missione per l’edilizia scolastica, il programma di interventi speciali diviso in tre filoni (ribattezzati «scuole belle» «scuole sicure» e scuole nuove»). In poco più di un anno dall’insediamento del Governo Renzi, l’avanzamento complessivo degli interventi (un miliardo in tutto) è a metà percorso (si veda la scheda a fianco) con risultati migliori per i 280 milioni delle scuole belle e i 233 delle scuole nuove, entrambi attestati verso un avanzamento del 50% contro il modesto 18% del più corposo pacchetto delle scuole sicure (549 milioni di euro).

A facilitare l’avanzamento del programma «Scuole belle» è la natura stessa degli interventi: si tratta per lo più di manutenzioni ordinarie, di piccoli e piccolissimi cantieri da poche migliaia di euro che ovviamente sono più facili da avviare e da completare. E infatti l’annualità 2014 è praticamente tutta conclusa e i 7mila interventi restanti sono quasi tutti in calendario per le prossime vacanze estive. Al contrario, a far marciare meglio il capitolo delle scuole nuove è lo strumento finanziario. In questo caso il Governo non ha assegnato nuove risorse ma si è limitato a sbloccare quelle esistenti, concedendo un allentamento del patto di stabilità. In altre parole, fondi e progetti in questo caso erano di fatto già pronti ma bloccati nelle casse degli enti locali dal Patto.

Le criticità

Tutt’altra storia per le «scuole sicure» che procedono più lentamentemente, nonostante peraltro siano finanziamenti di più antica data (i fondi li ha trovati il Governo Letta con i primi 150 milioni del Dl 69/2013, ai quali si è aggiunta una riprogrammazione Cipe da 400 milioni nel giugno scorso). I problemi qui sono quelli già noti. Prendiamo la Campania, ad esempio che da sola assorbe il 12% degli importi: «Qui nessun cantiere si è concluso e si scontano forti ritardi – spiega la coordinatrice della struttura di missione, Laura Galimberti – per via di ricorsi dei Comuni contro la graduatoria regionale, che di fatto hanno bloccato per mesi le erogazioni». La Campania, insieme con Calabria e Sardegna, è nel mirino anche per il ritardo accumulato nella gestione dei fondi europei (Pon 2007-2013). Secondo la (nuova) task force per l’edilizia scolastica (che si va ad aggiungere alla struttura di missione), creata dall’Agenzia per la coesione con il compito di monitorare da vicino i cantieri, il 62% degli interventi esaminati presenta criticità: 250 quelle contate dagli ispettori tra difficoltà di ottenere pareri, problemi di collaudo e, nella maggior parte dei casi, «inerzia o inadeguatezza del soggetto attuatore».

A rallentare è anche la “governance” dei fondi: «Finora l’edilizia scolastica ha ricevuto finanziamenti da moltissimi canali – aggiunge Galimberti – alla legge principale del 1996 sono seguiti vari piani stralcio, poi si sono aggiunti i fondi europei e da ultimo anche 350 milioni del ministero dell’Ambiente per l’efficientamento energetico». Nelle tre Regioni del Sud monitorate finora, la task force ha contato 13 fonti di finanziamento, comprese le ordinanze di protezione civile per le emergenze.

Un caos che dovrebbe finire con la partenza del Fondo unico per l’istruzione che concentrerà al Miur sia la programmazione che il finanziamento (compresa la «cassa» finora in mano all’Economia) con un unico strumento di intervento e graduatorie a scorrimento.

I fondi in arrivo

Nell’immediato futuro, ci saranno da investire i circa 950 milioni del decreto mutui Bei (si veda la tabella qui sotto), che dovrebbero tradursi in altri 1470 cantieri (ma la stima dipende dalle condizioni finanziarie). Saranno i primi ad utilizzare le nuove graduatorie uniche in via di elaborazione dopo che le Regioni hanno mandato le richieste entro il 30 aprile. Mentre anche per le Province è in arrivo un allentamento del Patto di stabilità per 50 milioni quest’anno e altrettanti nel 2016, tutti destinati ai a lavori nelle scuole superiori.

Buona Scuola, 72 ore per decidere. E Renzi apre al dialogo sui presidi

da la Repubblica

Buona Scuola, 72 ore per decidere. E Renzi apre al dialogo sui presidi

Il governo vuole arrivare al voto finale sulla riforma nei primi giorni della settimana. Il premier bacchetta i docenti che minacciano il boicottaggio degli scrutini, ma si dice disposto al confronto sui poteri della dirigenza scolastica

di SALVO INTRAVAIA

Sul preside-sceriffo il premier Matteo Renzi è ancora disposto al confronto, ma bacchetta gli insegnanti che minacciano lo sciopero degli scrutini e quelli che hanno invitato i propri alunni a boicottare i test Invalsi. Quella che sta per aprirsi è una settimana decisiva per il disegno di legge sulla Buona scuola, che ha portato in piazza lo scorso 5 maggio oltre 600mila docenti, presidi e personale Ata: amministrativi, tecnici e ausiliari. Domani – lunedì – alla Camera riprendono i lavori con la discussione degli emendamenti sugli articoli 6, 8 e 9. Dopo l’approvazione dei primi tre la scorsa settimana. I lavori proseguiranno a ritmi serrati anche nella giornata di martedì, mentre mercoledì 20 è previsto il voto finale a Montecitorio. Successivamente, il provvedimento passerà al vaglio del Senato, dove non sono previste modifiche sostanziali, ma qualche aggiustamento è ancora possibile.

Magari su uno dei punti più controversi: la figura del super preside con poteri speciali. Ad aprire la porta a sindacati e docenti è lo stesso presidente del Consiglio che su Rai1 ha detto a Massimo Giletti: “Sul preside discutiamo. Sono pronto alla condivisione e al confronto”. Venerdì scorso, sono stati approvati i primi cinque articoli del disegno di legge  –  tra i quali l’Alternanza scuola-lavoro, per 400 ore negli istituti tecnici e professionali e 200 ore nei licei, e il curriculum dello studente al superiore  –  più l’articolo sette, con 90 milioni di stanziamento per il Piani digitale e il potenziamento dei laboratori. Nei prossimi tre giorni, verranno passati in rassegna tutti gli altri articoli e mercoledì arriverà il voto finale. Poi, il provvedimento passerà al Senato e nuovamente alla Camera per la votazione definitiva, che dovrebbe arrivare entro metà giugno.

Restano sul tappeto le divisioni tra i sindacati e il governo soprattutto su tre aspetti: i poteri del preside-sindaco, che sono già stati stemperati, il finanziamento attraverso il 5 per mille versato dai contribuenti a favore della singola scuola e l’esclusione di 166mila abilitati che resteranno fuori dalle 100mila assunzioni previste dalla Buona scuola. I Cobas hanno già proclamato lo sciopero degli scrutini, articolato per regioni. Ma il garante degli scioperi, Roberto Alesse, ha già fatto sapere che gli insegnanti rischiano la precettazione e una eventuale sanzione disciplinare, se lo sciopero bloccasse gli scrutini delle classi terminali.

E a Giletti, che affacciava l’ipotesi di un uso della malattia strategico da parte dei docenti, Renzi ha risposto: “Non si può minacciare il blocco degli scrutini, non si può giocare sulla pelle dei ragazzi. Anche chi boicotta i test Invalsi perché non li condivide non dà un bell’esempio di educazione civica”. “Io  –  a proposito dei premi che il super preside potrà assegnare ai docenti migliori, ha aggiunto Renzi  –  credo che la maggior parte dei professori siano pronti ad un sistema di valutazione. Chi ha voglia di parlare in modo serio avrà un governo attento  –  ha spiegato  –  Noi siamo pronti a dialogare”. Non è quindi escluso che al Senato qualche altra modifica arrivi. Ma non sarà certo stravolto l’impianto della riforma che ormai ha una sua fisionomia ben delineata.

Blocco scrutini, i Cobas sfidano il Garante

da la Repubblica

Blocco scrutini, i Cobas sfidano il Garante

Due giorni di sciopero a inizio giugno. Il presidente della commissione di garanzia: il danno lo subiranno solo gli studenti Renzi: “Farò tesoro delle critiche, ma ascoltare non è assecondare”. Dopo le ultime modifiche, scontente anche le paritarie

Venerdì l’Unicobas, ieri i Cobas. Hanno proclamato in successione il blocco degli scrutini per due giorni. I sindacati confederali restano in attesa: la Cgil vorrebbe muoversi, ma non intende rompere l’unità faticosamente costruita con Cisl e Uil che sulle pagelle consegnate in ritardo hanno forti dubbi. Il Garante sugli scioperi, Roberto Alesse, viste le mosse dei sindacati di base, replica: «Chi si muove fuori dalle regole danneggia solo studenti e famiglie e a loro dovrà spiegare le ragioni di un blocco illegale degli scrutini. Userò il massimo rigore».
Il portavoce Cobas, Piero Bernocchi, spiega: «Avremmo preferito una convocazione unitaria, ma dobbiamo dare con urgenza un segnale che tranquillizzi i docenti e che dimostri la legittimità della forma di lotta». Due giornate di stop, a partire dal giorno seguente la fine delle lezioni, diversa per regione. Gli Unicobas, venerdì, avevano proposto due date tra l’8 e il 18 giugno, periodo in cui ci sarà la discussione finale sulla “Buona scuola” alla Camera. La base Cobas si dice pronta a proseguire la lotta oltre i due giorni indetti rischiando, così, denunce e precettazioni. Per domenica 7, sempre il sindacato di base, ha previsto una nuova manifestazione. La Cisl ricorda che prima dovrà consumarsi l’incontro previsto con il ministro Stefania Giannini: «Siamo contrari a un blocco che ci mette contro famiglie e studenti, in quel periodo ci sono le ultime interrogazioni e compiti in classe». L’idea dei confederali è quella di scioperi brevi: la giornata del 5 maggio è costata 42 milioni a oltre 600 mila docenti.
Ieri Matteo Renzi si è espresso via Twitter. «Sto leggendo le risposte dei prof», ha scritto il premier. «Faremo tesoro di suggerimenti e critiche, ma ascoltare significa ascoltare, non assecondare per forza. Non è che o facciamo ciò che dice lei o non siamo democratici… », ha risposto a un utente. Con i tweet Renzi ha confermato che la card per la formazione dei prof — 500 euro — varrà anche per i docenti di sostegno e che chi sarà assunto non sarà poi licenziato dopo tre anni.
Francesca Puglisi, responsabile scuola del Pd, ha ricordato a Stefano Fassina che quando era responsabile economico del partito «lo implorai, senza risultati, di inserire un piano di assunzioni di 60 mila insegnanti». E ora sulla “Buona scuola” arrivano le critiche degli istituti privati. A Firenze Luigi Sepiacci, presidente dell’associazione nazionale, dice: «Questo testo condanna le paritarie a scomparire per l’impossibilità di reperire docenti qualificati».
(c. z.)

DdL, il mea culpa di Renzi c’è stato ma non servirà

da La Tecnica della Scuola

DdL, il mea culpa di Renzi c’è stato ma non servirà

Sul video-messaggio del 13 maggio ammette: “mia moglie con un sms immediato mi ha detto che su “umanista” ho sbagliato”. Il merito e la valutazione vanno introdotti, anche se in qualche professore c’è ancora l’idea di mantenere la filosofia del 6 a tutti i costi. Blocco scrutini? Non è un bell’esempio di educazione civica. Insomma, il passo indietro del premier c’è stato. Ma su contenuti marginali.

Il premier si assume tutte le responsabilità sulla riforma della scuola, che hanno collaborato ad esasperare la situazione e ad aumentare i mugugni della piazza: “ci sono stati errori di comunicazione per colpa mia” ma il governo è pronto a continuare a dialogare, ha detto Renzi nel corso dell’Arena di Giletti (Rai Uno).

Come già indicato in un altro nostro articolo, il presidente del Consiglio ammette che “ci sono stati problemi di comunicazione e mi assumo la responsabilità”. Conferma, poi, che il ddl ‘La Buona Scuola’ sarà approvato nelle Camere senza ricorrere alla fiducia dell’Aula. “Mentre sull’Italicun abbiamo messo la fiducia, con una forzatura rispetto alle altre forze politiche, sulla scuola non la mettiamo. E ribadisco: mettiamo più soldi sulla scuola che in passato e apriamo alla meritocrazia”.

A proposito del video-messaggio di mercoledì scorso, 13 maggio, il premier rivela che il suo errore grammaticale non è sfuggito nemmeno alla prof di “casa”: “sì, mia moglie con un sms immediato mi ha detto che su “umanista” ho sbagliato”, perché bisognava scrivere cultura umanistica.

Renzi, inevitabilmente, è stato poi sollecitato a dire la sua sul blocco degli scrutini proclamato dai Cobas e su cui potrebbero convogliare anche altri sindacati maggiori. “Non si gioca sulla pelle dei ragazzi. Noi siamo disponibili al confronto, deciderà il Parlamento, ma chi boicotta i test Invalsi” o chi “blocca gli scrutini” non fa un bell’esempio di educazione civica”.

Per quanto riguarda la stagione della meritocrazia, invece, Renzi non ha dubbi: è giunta l’ora di introdurla. “Penso anche che in qualche professore ci sia ancora l’idea di mantenere la filosofia del 6 politico. Ma è finta la stagione del 6 politico. Dalle lettere che mi sono arrivate credo che la maggior parte dei professori sia pronta ad un sistema di valutazione”.

Insomma, il passo indietro del premier c’è stato. Ma su contenuti marginali. Su quelli indicati dai sindacati e della “piazza”, invece, i margini di trattativa appaiono minimi. A queste condizione, quindi, il muro contro muro con sindacati e corpo insegnante è destinato a continuare: i docenti, infatti, non accettaerano con serenità un sistema valutante, con influenze dirette sui premi economici annuali, gestito da un comitato di valutazione nel quale il preside continua ad avere un ruolo centrale.

Sciopero scrutini? I giuristi non hanno dubbi: i docenti rischiano la sanzione

da La Tecnica della Scuola

Sciopero scrutini? I giuristi non hanno dubbi: i docenti rischiano la sanzione

Roberto Alesse, presidente Autorità di garanzia sugli scioperi: l’accordo del 1999 proibisce la proclamazione di scioperi nelle giornate di valutazioni degli alunni, vigileremo affinché quelle norme vengano rispettate. Cesare Mirabelli, presidente emerito corte costituzionale: se lo sciopero è limitato dal garante, viene meno la legittimità di quell’assenza, che diventa dunque una inadempienza all’obbligo contrattuale.

Nelle stesse ore in cui i Cobas ufficializzano il blocco degli scrutini per fermare il ddl di riforma della scuola, in corrispondenza dei due giorni successivi al termine della scuola, con differenze per ogni regione, si alzano gli scudi in difesa del diritto degli alunni ad essere valutati. Ad iniziare da Roberto Alesse, presidente dell’Autorità di garanzia sugli scioperi, che in un’intervista al Corriere della Sera ribadisce quanto già detto nei giorni scorsi ai media: “di fronte all’eventuale violazione palese delle normative di settore si porrebbe il problema di ricorrere a quello strumento eccezionale, a tutela delle famiglie e degli studenti che hanno diritto ad una regolare conclusione del loro cicli di formazione”, sostiene il garante.

“L’Autorità di garanzia – chiarisce il giurista – non ha ricevuto alcuna comunicazione. Se arriveranno, esamineremo le carte. Ma a nessuno è dato muoversi al di fuori delle regole. I diritti degli utenti vanno tutelati”. Alesse ritiene che l’accordo del 1999 proibisce in modo categorico la proclamazione di scioperi in concomitanza con le giornate nelle quali si effettuano gli scrutini finali. “E noi vigileremo affinché quelle norme vengano rispettate”.

Gli dà manforte Cesare Mirabelli, presidente emerito della corte costituzionale, che in un’intervista, stavolta al Messaggero, ha spiegato che la priorità in queste occasioni è “tutelare il diritto degli studenti ad ottenere le valutazioni annuali deve essere una priorità”.

Secondo Mirabelli, “lo sciopero è un diritto collettivo costituzionalmente garantito. Naturalmente allo stesso tempo vanno tutelati i servizi pubblici essenziali. Dunque è tollerabile uno slittamento dei tempi previsti per gli scrutini ma non è accettabile che siano presi in ostaggio i diritti degli studenti che a fine corso aspettano una valutazione, specie se dovessero essere messi a rischio gli esami di stato”.

L’esperto di normativa, sottolinea come di fronte ad una proclamazione dello sciopero, l’autorità garante “può dare delle prescrizioni, ad esempio facendo slittare le date. Se queste vengono violate, scattano le sanzioni nei confronti delle organizzazioni sindacali che hanno violato il dispositivo”.

Cosa rischiano i singoli insegnanti se non rispettano la prescrizione del garante? “Se lo sciopero è stato vietato o limitato dal garante, viene meno la legittimità di quella assenza, che diventa dunque una inadempienza all’obbligo contrattuale, con conseguenze da valutare caso per caso. Ma non credo che si arriverà a tanto”.

“Un muro contro muro sarebbe inutile. Se i sindacati proclameranno uno sciopero e questo sarà inibito o accettato con limiti di salvaguardia, il valore politico della protesta sarà stato comunque capitalizzato”, l’ex presidente della Corte Costituzionale.

A spingere contro il boicottaggio degli scrutini c’è ovviamente la maggioranza del Pd, il partito da dove ha preso avvio la riforma: secondo il democratico Matteo Colaninno, “la mobilitazione decisa dai Cobas, che prevede il blocco degli scrutini per due giorni, appare francamente incomprensibile”, perché “il governo e la maggioranza hanno raccolto tutte le indicazioni costruttive che sono arrivate, dando vita a un testo equilibrato e che rappresenta un punto di svolta”. “Tutte le riforme sono perfettibili – conclude Colannino – ma occorre decidere se vogliamo irrobustire quel percorso di uscita dalla crisi che il nostro Paese ha intrapreso: non possiamo rimanere vittime dell’immobilismo”.

A certe condizioni il blocco degli scrutini è legittimo

da La Tecnica della Scuola

A certe condizioni il blocco degli scrutini è legittimo

Le condizioni sono sostanzialmente due: ciascun docente può scioperare al massimo per due giorni e dallo sciopero sono escluse le classi terminali della scuola secondaria. Già nel 2005 la Commissione di Garanzia considerò legittimo una proclamazione analoga a quella attuale dell’Unicobas in cui non è indicato il calendario preciso dello sciopero

Lo sciopero nei giorni degli scrutini, ove condotto secondo certe regole, è perfettamente legittimo.
Lo sostiene Stefano d’Errico, segretario nazionale Unicobas, che in un lungo comunicato diramato poche ore fa, invita gli altri sindacati (e soprattutto i Cobas che hanno già proceduto ad annunciare un proprio sciopero) a prestare molta attenzione alla forma e alle modalità della proclamazione.
La questione è effettivamente piuttosto complessa.
I Cobas, per esempio, hanno annunciato lo sciopero indicando con precisione il calendario specifico, diverso da regione a regione: in Emilia-Romagna e in Molise l’astensione è programmata per i giorni 8 e 9 giugno, per la Lombardia e il Lazio per il 9 e il 10 e così via, a seconda dei diversi calendari regionali.
Il fatto è – però – che le date degli scrutini non sono fissate dal calendario regionale ma possono essere decise dalle singole scuole, con l’unico vincolo che devono iniziare dopo il termine delle lezioni.
E così a Roma ci possono essere scuole primarie in cui si fanno gli scrutini il giorno 9 giugno e altre in cui si fanno il 12 o il 15.
A questo punto uno sciopero indetto nei giorni 9 e 10 potrebbe perdere buona parte della propria efficacia.
Ecco perché Unicobas già dal giorno 15 maggio aveva proclamato il proprio sciopero con una modalità diversa e cioè “per i primi due giorni di scrutinio di ogni singolo docente secondo le convocazioni nelle singole scuole dopo il termine delle lezioni (non contando le classi terminali, escluse dallo sciopero)”.
A chi fa osservare che gli scioperi devono essere sempre indetti con un calendario preciso, Stefano d’Errico replica: “Già anni addietro i confederali avevano usato una formula analoga e il Garante non ebbe nulla da ridire”.
In effetti, facendo una ricerca sul sito del Garante si scopre che a fine maggio del 2005 Cgil, Cisl e Uil indissero in Piemonte uno sciopero, sul quale il Garante non fece osservazioni, per il periodo che andava dall’8 al 18 giugno ricorrendo alla modalità che così veniva chiarita dalla Cisl Scuola del Piemonte: “l’astensione interesserà i primi 2 giorni previsti dal calendario degli scrutini predisposto da ogni singola istituzione scolastica; i singoli lavoratori aderiranno con scioperi articolati di durata oraria in coincidenza con l’inizio delle operazioni di scrutinio del consiglio di classe di cui fanno parte”.
Formulazione da cui, tra l’altro, consegue che se un insegnante romano è impegnato in un solo scrutinio il giorno 11 giugno dalle ore 10 alle ore 11 può benissimo scioperare solo per un’ora di quel giorno.
Su questo punto d’Errico insiste molto perché ritiene “la proclamazione dello sciopero e le informazioni da dare alla categoria devono essere chiare in modo da consentire che lo sciopero possa avvenire comunque, sia che i presidi convochino gli scrutini immediatamente nei due primi giorni successivi alla chiusura delle lezioni, sia che invece li convochino per la prima volta nel terzo, quarto, quinto giorno (etc.) successivo al termine delle lezioni”.
Per meglio comprendere la questione bisogna aggiungere che le riunioni dei consigli di classe per lo scrutinio finale sono valide solo se sono presenti tutti i docenti; basta quindi l’adesione allo sciopero di un solo docente perché sia necessario riconvocare il consiglio.
Peraltro, va anche detto che l’Unicobas è stato il sindacato ad aver indetto lo sciopero per primo e quindi le proclamazioni fatte successivamente ne dovranno tenere conto.
Adesso, quindi, non resta che attendere le osservazioni della Commissione di Garanzia che, forse un po’ troppo precipitosamente, aveva parlato nei giorni scorsi di illegittimità del blocco e di possibile precettazione del personale.

Graduatorie di istituto docenti integrate per abilitati oltre il termine

da La Tecnica della Scuola

Graduatorie di istituto docenti integrate per abilitati oltre il termine

L.L.

L’integrazione riguarda anche chi consegue il titolo di specializzazione per il sostegno agli alunni con disabilità, purché entro il 1 °febbraio ed entro il 1° agosto

Con la nota prot. n. 14578 del 13 maggio 2015 il Miur ha trasmesso il decreto prot. n. 248 del 4 maggio 2015 concernente l’integrazione delle graduatorie di II fascia del personale docente.

Il decreto consente, con cadenza semestrale, l’inserimento in II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto dei docenti che conseguono il titolo di abilitazione oltre il previsto termine di aggiornamento collocandosi in un elenco aggiuntivo relativo alla rispettiva finestra di inserimento.

Nelle more degli aggiornamenti periodici delle graduatorie di istituto di II fascia, a tali docenti è dunquericonosciuta la precedenza assoluta per l’attribuzione delle supplenze dalla III fascia di istituto ove già inclusi nella citata fascia di istituto. In particolare, hanno titolo all’inclusione nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto i docenti che conseguono il titolo di abilitazione entro il 1° febbraio e entro il 1° agosto di ciascun anno di vigenza del triennio di validità delle graduatorie. Oltre al titolo di accesso, sono valutabili i titoli di cui alla Tabella A allegata al D.M.n. 353/2014, posseduti alla data del 23 giugno 2014.

Negli stessi termini temporale è consentito agli aspiranti che abbiano conseguito il titolo di specializzazione per il sostegno agli alunni con disabilità, di inserirlo nelle graduatorie ove sono presenti per l’ attribuzione delle relative supplenze, senza tuttavia riconoscimento del relativo punteggio nelle more dell’aggiornamento.

Con successivo Decreto Direttoriale verranno comunicati, di volta in volta, termini e modalità per la presentazione delle istanze.

Scrima (Cisl): “Avanti con le iniziative unitarie”

da La Tecnica della Scuola

Scrima (Cisl): “Avanti con le iniziative unitarie”

 

Pantaleo sul Manifesto parla di blocco degli scrutini, ma in un comunicato del pomeriggio di domenica la posizione è più morbida. Scrima: “E’ strumentale interpretare le dichiarazioni di Annamria Furlan come un cambio di rotta”

Si complica (e non poco) la vicenda del blocco degli scrutini anche perchè dai sindacati rappresentativi arrivano messaggi non propriamente univoci.
Sul Manifesto di oggi, per esempio, compare una intervista al segretario nazionale della Flc-Cgil Mimmo Pantaleo che ribadisce l’intenzione di andare avanti con lo sciopero degli scrutini nei primi due giorni successivi all termine delle lezioni (e quindi con una proclamazione della protesta analoga a quella dei Cobas).
Ma il comunicato diramato nel pomeriggio è decisamente più morbito: “In assenza di risposte concrete le lotte continueranno a partire dai presìdi a Montecitorio e in tutta Italia del 18, 19 e 20 maggio. Non escludiamo nulla compresi ulteriori scioperi e non ci faremo intimidire da nessuno”.
Intanto dalla CislScuola arrivano alcune precisazioni in merito alla intervista ad Annamaria Furlan pubblicata oggi sulla Stampa e che ha fatto parlare anche di una possibile “rottura” dell’unità sindacale.
“E’ del tutto pretestuoso e strumentale – sostiene Francesco Scrima, segretario nazionale di CislScuola – il tentativo di accreditare inesistenti ‘cambi di rotta’, attraverso letture distorte e fuorvianti di un’intervista nella quale non vi è alcuna presa di distanza, e ancor meno smentita, rispetto al percorso che unitariamente si sta seguendo nel confronto in atto col governo per ottenere sostanziali modifiche al ddl in discussione alla Camera”.
Al contrario, secondo Scrima la rottura o l’indebolimento del fronte sindacale “è responsabilità che in questo momento ricade per intero su chiunque inneschi e alimenti polemiche pretestuose e strumentali, rischiando di vanificare per pura smania di protagonismo il patrimonio di credibilità e di forza costruito con una grande mobilitazione e uno sciopero così ampiamente condiviso”.
Secondo CislScuola, poi, in questa fase non ha molto senso “assumere come questione centrale del dibattito il cosiddetto ‘blocco degli scrutini’, offrendo al governo un comodo diversivo per distogliere l’attenzione dal cuore delle questioni su cui è invece indispensabile concentrare attenzione e impegno”.
Insomma il messaggio di Scrima è chiaro: la Cisl è per la prosecuzione di iniziative unitarie per ottenere il massimo possibile dal Governo, ma non fino al punto di arrivare al blocco degli scrutini.
Chi si vuole avventurare su questa strada si assume la responsabilità di rompere l’unità che si è costruita in queste settimane.

L’unità sindacale si è già liquefatta

da La Tecnica della Scuola

L’unità sindacale si è già liquefatta

Cisl-Scuola rompe il fronte che si era creato in occasione dello sciopero del 5 maggio.
E’ addirittura la segretaria nazionale della confedazione Annamaria Furlan ad annunciare che “non faremo da sponda ai Cobas”.  Adesso si tratta di capire cosa decideranno gli altri sindacati.

L’inedito “fronte” che si era creato in occasione dello sciopero del 5 maggio si sta già sgretolando, come peraltro era pressochè inevitabile: pensare che dallo Snals ai Cobas passando attraverso la Cgli, la Gilda e l’Unicobas possano essere tutti d’accordo sulle modalità di prosecuzione della “battaglia” contro il ddl sulla scuola fa parte più della fantapolitca che della realtà.
E infatti proprio poche ore fa la Cisl ha fatto sapere di non essere assolutamente disponibile a prendere in considerazione l’ipotesi di bloccare gli scrutini. Per dare maggior peso a questa decisione è uscita allo scoperto persino la segretaria nazionale Annamaria Furlan che ha dichiarato: “Nessuna sponda ai Cobas sul blocco degli scrutini, ma il governo deve rispettare l’impegno di dialogare con il sindacato. il blocco crea disagio alle famiglie e agli studenti. Ci stiamo spendendo per evitare una situazione così grave. Il governo e anche il sindacato devono assumersi le loro responsabilità”.
In effetti una protesta che veda uniti Bernocchi,  d’Errico, Nigi, Scrima e tutti gli altri segretari nazionali non sarebbe molto realistica. D’altra parte anche nei giorni scorsi Cisl Scuola non si era esposta più di tanto facendo appunto intuire di non voler assumere posizioni troppo estreme.
A questo punto, però, bisognerà vedere cosa decideranno gli altri sindacati: già in occasione dello  sciopero del 5 maggio, per esempio, Massimo Di Menna (Uil-Scuola) e Rino Di Meglio (Fgu-Gilda) aveva fatto sapere di essere intenzionati a proseguire nella protesta arrivando anche alla sciopero degli scrutini. E anche Mimmo Pantaleo della Flc e Marco Paolo Nigi dello Snals si erano pronunciato in questa direzione. Ma adesso il passo indietro della Cisl fa sorgere un problema di non facile soluzione: Cgil e Uil manterranno fede agli annunci dei giorni scorsi o si allineeranno alla scelta della Cisl per evitare di rompere del tutto quella parvenza di unità sindacale che sembrava essere rinata il 5 maggio?