Cosa resta degli ambiti?

Cosa resta degli ambiti?

di Alessandro Basso

 

Potrà sembrare molto didattico,  ma inizio questa breve riflessione con alcune domande: quale senso ha cancellare lo spirito di una legge attraverso un accordo sindacale? Chi ne esce vittorioso?

Sicuramente, i sindacati possono avocarsi il merito di aver ridotto fortemente gli effetti fondamentali della legge 107,  ma allora sorge spontanea un altro interrogativo rivolto al Governo: che senso ha avuto  esporsi ed esporre le scuole  ad una battaglia mediatica, prima ancora che di categoria, se poi c’era l’intenzione, in sede di trattativa di secondo livello, di  cancellare con un colpo di spugna le questioni fondanti (e più lungimiranti) del provvedimento?

Ci si riferisce, ovviamente,  all’intesa sulla mobilità sottoscritta in questi giorni,  tra l’altro con un  forte ritardo che metterà l’apparato nuovamente in difficoltà, in sede tecnica, per la generazione degli organici 2016/2017.

Una volta determinati gli ambiti territoriali, chi ci andrà dentro?

Di fatto, allo stato attuale,  negli ambiti non ci sarà  quasi nessuno, se non alcune categorie residuali di docenti, che avranno tutto il diritto di sentirsi offesi per essere gli unici sacrificati alle ragioni dell’accordo e quindi pronti a ricorrere in sede giudiziaria per veder riconosciuta la loro equiparazione al resto del mondo.

La configurazione degli ambiti con un bacino studentesco di ventimila alunni e il loro svuotamento contenutistico non permetteranno certo di registrare quella “funzionalità” (da tener ben distinta dal concetto di organico funzionale, non sia mai) e quella “flessibilità” dell’impiego delle risorse umane che pareva essere garantita dalla legge.

Chi ci guadagna?

Le varie categorie di personale avranno dei vantaggi immediati, perché sono ridotte le potenzialità di un cambiamento visto come dannoso nei loro confronti.

Ma ad una lettura meno miope, si può solo constatare che una volta in più non si è pensato al bene degli studenti ma si è lavorato sulla strenua difesa dell’interesse di categoria, in un accordo che ha tutto il sapore di prima repubblica, riportandoci indietro di anni e anni, pur volendo fregiare l’amministrazione pubblica di istanze di rinnovamento e cambiamento.

E senza nemmeno citare il confronto con il mondo del lavoro privato, dove tanti accordi si sono consumati in tempi di crisi con tutt’altre prerogative a favore base lavoratrice.

Anche senza voler scendere nell’interpretazione tecnica, siamo di fronte ad un’operazione in voga nel passato, quando  una legge veniva, legittimamente,  destrutturata dai vari accordi sindacali, cosa che oggi pare si sia consumata in modo ancor più sibillino poiché ciò che si è andati a modificare è un principio.

Sarà l’apertura di un varco a favore di intese e trattative nelle singole scuole?

Qualche lettore più addentro potrebbe benissimo intravvedere in questa soluzione nazionale lo sbocco naturale per risolvere allo stesso modo le molte ed a volte estenuanti trattative, dove, però, il vertice di un istituto è chiamato a non cedere alla tentazione di compiere un’operazione semplificatoria, in quanto non gli è concesso, stante l’interpretazione del dettato normativo.

Si attende, ora, con una certa curiosità,  la sequenza contrattuale che dovrà essere sottoscritta entro un mese che detterà i criteri alla base della ” chiamata diretta”  dei docenti, profetizzando un elenco blindato sulla base prevalente dei “titoli”, quintessenza  delle recentemente e faticosissimamente svuotate graduatorie.

Louis Braille e i suoi epigoni. Dal buio… alla luce della cultura

SOVRINTENDENZA CAPITOLINA – MUSEI CAPITOLINI

 

UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI onlus

SEZIONE PROVINCIALE DI ROMA

 

ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO MUSEUM onlus

 

con il patrocinio di Roma Capitale

 

 

Invitano all’Evento – Mostra

 

Louis Braille e i suoi epigoni. Dal buio… alla luce della cultura

 

Musei Capitolini   Sala Pietro da Cortona

 

Giovedì 18 febbraio 2016

 

 

Un incontro per conoscere l’opera di Louis Braille, teorico e pratico, ideatore del sistema di scrittura in rilievo; una riflessione sull’evoluzione nel tempo alla luce delle nuove tecnologie, per comprendere l’importanza di questo linguaggio.

Uno strumento prezioso per conquistare la propria autonomia nella lettura e nella scrittura e permettere l’accesso alla cultura delle persone prive della vista; un forte impulso all’apprendimento dell’esplorazione tattile degli oggetti e dello spazio fino alla sua evoluzione ultima a vantaggio della percezione dell’arte figurativa (scultura e pittura) e della produzione di opere da parte di artisti non vedenti.

 

 

Programma

 

 

Moderatore: Giuliano Frittelli – Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI) Roma

 

Ore 9.40      Benvenuto del Sovrintendente Capitolino Claudio Parisi Presicce

 

 

Ore 9.50      Saluti delle Autorità

 

 

Ore 10.05 Mario Barbuto – Presidente Nazionale UICI

Introduzione

 

 

 

 

Ore 10.15 Nando Maurelli – UICI Roma

Louis Braille: colui che ha consentito ai ciechi di leggere e scrivere in autonomia, aprendo loro il mondo della cultura e dell’esplorazione tattile

 

Ore 10.30   Giuseppina Simili – Associazione di volontariato Museum onlus

Il braille, l’esplorazione tattile e la percezione dell’arte figurativa da parte di chi non vede

 

Ore 10.45   Luciano Domenicali – UICI Roma

Il braille concretamente: sviluppi e conseguenze di una grande idea

 

Ore 11.00   Isabella Serafini – Musei Capitolini – Servizi Educativi e Didattici

I Musei Capitolini per tutti: un percorso in continua evoluzione

 

Ore 11.10   Conclusioni

 

 

Dopo il Convegno i partecipanti potranno visitare:

 

Pinacoteca Capitolina Sala di S.Petronilla

Percorso tattile permanente con riproduzioni su leggii di opere di Garofalo, Caravaggio e Rubens

 

 

Area espositiva Tempio di Giove (presso l’Esedra di Marco Aurelio)

18-21 febbraio 2016

Mostra delle strumentazioni Braille e opere del gruppo “Mano sapiens

Piccoli gruppi saranno accompagnati da esperti, con possibilità di sperimentare un diverso approccio percettivo all’arte e di conoscere le autrici delle opere esposte

 

Che scuola è se non addestra al pensiero?

Che scuola è se non addestra al pensiero?

di UMBERTO GALIMBERTI

da La Repubblica
del 13 febbraio 2016

Dietro lo slogan dell’alternanza studio-lavoro c’è l’idea sbagliata che le due attività siano alternative, come se non fosse proprio la cultura ciò che permette all’uomo di migliorare

Approdato in uno dei licei classici più rinomati di Roma, ho dovuto prendere atto che anche qui alla mentalità immediatamente applicativo-produttiva che pervade ormai la nostra società non si fa resistenza. Anche il liceo classico ha ammainato il suo vessillo e ha fatto suo il nuovo grido di battaglia pedagogico della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”. Scriveva Hegel: «Un popolo senza metafisica è come una chiesa senza il suo altare». Metafisica ovvero visione; momento teoretico che va al di là del momento applicativoproduttivo, fosse anche solo per guidarlo. Bene, credo che se c’è qualcosa che il mondo occidentale debba temere, questa sia la sua incapacità a stringersi intorno all’altare della visione, di quella visione che, da Socrate all’Illuminismo, l’Occidente aveva coltivato.
Giuseppe Cappello
***
Penso come lei che tutte le scuole secondarie superiori debbano essere scuole di formazione, il cui obiettivo non è quello di addestrare al lavoro ma di formare l’uomo, con l’attenzione rivolta alla sua intelligenza per addestrarla al senso critico e al suo sentimento, per renderlo idoneo ad avvertire, anche senza mediazioni intellettuali, la differenza tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Quando un giovane è formato, è anche idoneo ad apprendere qualsiasi attività lavorativa, a partire dalle sue scelte universitarie che lo addestrano a competenze specifiche. Capisco che oggi parlare di formazione significa parlare di qualcosa che non interessa ai genitori, che pensano unicamente all’attività futura che il figlio potrà intraprendere. Questo spiega per esempio perché assistiamo a un’iscrizione in massa al liceo scientifico, rispetto al liceo classico, nell’ingenua supposizione che quest’ordine di studi addestri meglio la mente al mondo della scienza e della tecnica, che è diventato per noi oggi l’unico mondo, a scapito del modo della vita. Chiamo mondo della vita quel mondo dove fanno la loro comparsa arte, letteratura, cinema, teatro: in una parola la cultura, che poi è l’unico tratto per cui l’uomo si distingue dalla bestia. «Con la cultura non si mangia», diceva un nostro ministro dell’economia. Non è vero, ma anche se lo fosse, crediamo sul serio che un popolo possa migliorare e crescere, anche economicamente, senza cultura? I paesi più avanzati non sono anche quelli in cui la cultura è più diffusa? Eppure queste considerazioni, tanto ovvie da vergognarsi persino a ricordarle, collassano di fronte all’atmosfera del nostro tempo, che conosce come unico generatore simbolico di tutti i valori il denaro. Il denaro non è di per sé il male, semplicemente è il mezzo per acquistare qualsiasi cosa. Ma cosa acquista il denaro che circola in una popolazione colta rispetto a una incolta? Negli anni Sessanta e Settanta, quando la società italiana era un po’ più colta di oggi, si pubblicavano libri che ora non venderebbero neppure una copia (penso a Heidegger, Horkheimer, Marcuse, Sartre, Foucault, giusto per fare qualche nome). Di conseguenza, in un paese di scarsa cultura le case editrici devono piegarsi ad accontentare
i gusti un po’ elementari, quando non grossolani, della popolazione, contribuendo a loro volta al decadimento del livello culturale del paese. Lo stesso può dirsi per il teatro, il cinema, l’arte che diventa tale solo quando entra nel mercato e si propone come “evento”. Se un lavoro teatrale o un ilm non raccoglie spettatori in gran numero già dalla prima settimana, sospende le repliche o viene ritirato, anche se è intelligente e ben recitato ma forse troppo intelligente per il livello degli spettatori. Così il degrado viene alimentato e il fiume dell’ignoranza collettiva s’ingrossa, perché a suo tempo la scuola non ha generato una curiosità e una fascinazione per la cultura, dato che la sua preoccupazione è addestrare al futuro mondo del lavoro. Il quale, detto per inciso, non sa che farsene della presenza periodica o il più delle volte saltuaria di studenti che, senza praticarlo, lo “visitano” come si visita una mostra. A questo punto diventano inutili il greco e il latino giudicate lingue morte, anche se senza quelle noi occidentali non avremmo avuto accesso all’etica, alla politica, alla democrazia, alla medicina, al teatro comico e tragico. Alle discipline da eliminare si aggiunge la filosofia, che si ritiene egregiamente sostituita dalla scienza, anche se questa non dà risposte alle problematiche più profonde che spesso si agitano tra i pensieri e i sentimenti dell’uomo. Parlando di “alternanza scuola-lavoro”, oggi si pensa che le due cose siano alternative e, dovendo scegliere, si preferisce sacrificare l’aspetto formativo a quello che addestra in vista della produttività e della spendibilità immediata del proprio sapere, posto che nel frattempo lo si sia acquisito.

Alternanza e stage, un bene per i nostri studenti

da La Tecnica della Scuola

Alternanza e stage, un bene per i nostri studenti

Fra pochi giorni, il 22 febbraio, scade il tempo per le iscrizioni alla scuola superiore. Noto, da qualche anno, una sempre maggiore difficoltà, da parte dei ragazzi, intorno a questa scelta.

I giovani hanno dubbi, evidentemente, sul proprio futuro, sulle proprie attitudini, passioni, anche sulla propria idea di futuro, quindi anche sulle prospettive occupazionali.

Le stesse difficoltà che ritrovo nei ragazzi delle classi quinte, in relazione al dilemma università o mondo del lavoro.

Facile, sapendo queste, comprendere le ragioni della grande disoccupazione giovanile, compresi i neet, cioè coloro che hanno perso la speranza di cercarsi una formazione e una occupazione.

Queste difficoltà sono figlie, anzitutto, del fatto che non vi è un reale orientamento scolastico, costruito sulla percezione diretta dei profili scolastici e della “occupabilità” dei titoli di studio.

Come fare, dunque, per dare una mano ai ragazzi delle terze medie e delle quinte superiori?

La risposta sta iniziando, un po’ alla volta, a prendere corpo. Parlo qui in particolare del fatto che, da quest’anno, a partire dalle classe terze delle superiori, prende avvio l’alternanza scuola-lavoro, con 200 ore previste per i ragazzi liceali e ben 400 per quelli degli istituti tecnici e professionali. Un impegno di non poco conto, da spalmare nel triennio.

Potremmo tradurre questo cambio di marcia con un motto: “torniamo al lavoro”, cioè al primo articolo della nostra Costituzione, nei termini di una rimessa al centro del tema del lavoro: tutti i luoghi di lavoro sono cioè altamente formativi.

Perché rendono concreti i sogni di vita, essenziali nei nostri giovani, come in tutti noi, e danno prospettiva ai nostri sguardi. Pensiamo solo a chi si trova senza lavoro, per capire di che parlo.

Il problema è che tutto il mondo della formazione ancora oggi resta legato ad una astratta visione della vita reale, vincolato, per lo più, ad una cultura formale, distaccata dal contatto diretto con la realtà.

Quanti sono i ragazzi che, sino ad oggi, hanno seguito questi percorsi di alternanza? Solo l’8%.

Ma pensiamo anche agli stage estivi: è importante che i ragazzi non restino per tre mesi con le mani in mano.

Ma non basta.

Tutto il mondo del lavoro, attraverso le sue organizzazioni, deve rendersi disponibile non solo ad accogliere gli studenti, ma, anzitutto, a formarsi a questa nuova stagione. Perché non basta la buona volontà.

E il mondo della scuola?

Al di là, anche qui, della buona volontà di alcuni presidi e docenti, la loro formazione rimane legata ad una vecchia idea di scuola, con i presidi che poi non hanno strumenti, checché se ne dica, per ripensare l’offerta formativa in relazione alle nuove domande dei giovani di oggi e del nostro tempo storico.

Perché non pensare, ad esempio, ad una diversa organizzazione del tempo scolastico, con meno vacanze estive e gli esami di maturità, come è in tutta Europa, a 18 anni? Ma il problema, lo sappiamo, nonostante nuovi spazi concessi dalla “buona scuola, è la rigidità del nostro sistema scolastico.

Ancora troppo autoreferente, senza autonomia funzionale nella gestione del personale e delle risorse. Altro che “preside sceriffo”! Questo perché manca una cultura dei risultati, manca l’idea che la formazione non può limitarsi alla mera logica intenzionale dell’atto di insegnamento.

Ci vorrebbe, su questi aspetti, lo ripeto, un ridisegno dell’offerta formativa. Mentre ad oggi al più possiamo fare riferimento a quelle poche forme di incentivazione che ritroviamo in qualche bando, in rari progetti.

Al di là delle troppe polemiche, in troppi casi fine a se stesse, il decisore politico dovrebbe avere più coraggio e fare la propria parte, non limitandosi a gestire l’esistente conservatore.

Come per la imbarazzante sanatoria di 100.000 docenti, assunti quest’anno senza alcun filtro qualitativo. Ne va del futuro dei nostri figli.

Diploma magistrale, via libera dal Consiglio di Stato per entrare nelle GaE

da La Tecnica della Scuola

Diploma magistrale, via libera dal Consiglio di Stato per entrare nelle GaE

Continuano ad essere emesse le attese sentenze che aprono le porte delle GaE ai precari con diploma magistrale.

L’ultima in questa direzione è arrivata il 5 febbraio, quando il Consiglio di Stato – in sede cautelare – ha ritenuto fondata nel merito la domanda cautelare proposta dai ricorrenti in possesso del diploma magistrale conseguito ante 2001/2002, anche sulla scorta del proprio orientamento favorevole alle ragioni dei “diplomati magistrali”,

“La UIL Scuola di Bari-BAT, con il patrocinio dello Studio Legale dell’avv. Manuela Samantha Misceo – scrive il sindacato – ha visto riconoscere per i propri iscritti il diritto all’inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento”.

Commenta così il Segretario Provinciale Carlo Callea: “siamo orgogliosi di aver consentito ai nostri iscritti il riconoscimento di un diritto che inopinatamente era stato negato dallo Stato e che non ha permesso sinora di stipulare contratti, sia pure a tempo determinato”.

“Un grave ritardo della nostra Amministrazione e del nostro Governo che non si adegua alle innumerevoli sentenze favorevoli, anche recenti, del Consiglio di Stato: una partita che non si sblocca dal 2007, ma che vede continuo inserimento di nuovi giocatori nelle graduatorie degli aspiranti a ruolo e supplenze”.

Ricordiamo che l’inserimento nelle GaE comporta alte possibilità di conseguire supplenze annuali e, soprattutto, l’agognata immissione in ruolo.

Nasce il “tutor con riserva”. Unicobas: “Inaccettabile!”

da La Tecnica della Scuola

Nasce il “tutor con riserva”. Unicobas: “Inaccettabile!”

Una nuova figura professionale si aggira nelle scuole: il “tutor con riserva”.

Per ora la novità riguarda le scuole del Lazio ma non è escluso che – nei prossimi giorni – essa si estenda anche in altre regioni.
Di che si tratta?
E’ probabile che all’USR del Lazio, l’idea del “tutor con riserva” sia venuta dopo che la nostra testata – anche a seguito di una denuncia dell’Unicobas – aveva segnalato il curioso caso di un docente di latino e greco assegnato ad un istituto comprensivo e che si era sentito dire che quest’anno non avrebbe potuto svolgere l’anno di prova perchè non si sapeva chi e come avrebbe dovuto individuare il tutor responsabile.
Nella giornata del 10 febbraio è arrivato l’atteso chiarimento dell’USR del Lazio che ha emanato una apposita circolare con la quale viene prorogato al 19 febbraio il termine ultimo per inserire a sistema i nominativi dei tutor assegnati ai diversi docenti neoassunti.
In tal modo “i dirigenti scolastici – recita la circolare  – avranno la possibilità di inserire a sistema anche i docenti assunti con la fase C e contestualmente utilizzati in gradi di istruzione diversi da quelli della nomina in ruolo”.
Tuttavia, ed è questa la novità importante, “per tali docenti, nelle more di specifiche indicazioni, si procederà ad una iscrizione con riserva e si procederà all’assegnazione di un tutor, laddove ancora non avvenuto, nel modo il più possibile coordinato con la classe di concorso del docente interessato e con le attività che lo stesso è chiamato a svolgere”.
“La vicenda ha dell’incredibile
– commenta   il segretario nazionale Unicobas Stefano d’Errico – l’Amministrazione scolastica continua a trattare i docenti come sudditi. E’ inaccettabile che ad un docente si proponga di aspettare un anno per il periodo di prova a causa di norme di legge nate male e applicate ancora peggio. La circolare dell’Usr Lazio è per noi una vittoria, ma non basta: l’idea del ‘tutor con riserva’ è a dir poco strampalata senza considerare che il problema riguarda tanti altri docenti di tutta Italia per i quali ci dichiariamo fin da ora disponibili a dare il nostro sostegno legale”.
“In tutto ciò – conclude d’Errico – c’è anzi da chiedersi cosa stiano facendo i sindacati maggiormente rappresentativi: ma, evidentemente, sono troppo impegnati a concordare con il Miur le modalità di attuazione della chiamata diretta e non hanno il tempo di occuparsi dei tanti problemi di decine di migliaia di docenti”.

Dirigenza scolastica: costituito il CoDirES

da tuttoscuola.com

Dirigenza scolastica: costituito il CoDirES

Dopo un’ampia fase di confronto è nato a Roma il “Co.Dir.E.S. –  Coordinamento per la Direzione Educativa delle Scuole”, costituito da un gruppo di Associazioni professionali ed Enti formativi accomunati dall’interesse per una professione direttiva delle scuole statali, paritarie e della formazione professionale  primariamente radicata nella funzione educativa della scuola, attenta alle più moderne idee di leadership educativa e che aiuti a superare, nel sistema scolastico nazionale, il costituirsi di norme ed il diffondersi di pratiche o modelli che fanno prevalere quegli aspetti burocratici e tecnici che snaturano la professione.

All’incarico di Portavoce del Co.DirE.S. è stato eletto all’unanimità il dirigente scolastico Roberto Pellegatta, già presidente di DiSAL.

Le Associazioni ed Enti fondatori, AIMC, DiSAL, UCIIM, CASP, CIOFS Scuola, CNOS Scuola, FAES, FIDAE, FOE, Fondazione Gesuiti Educazione, Rischio Educativo, sono aperti all’adesione di altri soggetti che condividano l’identità e le proposte relative alla professione  direttiva delle scuole in Italia descritte nel Documento unitario “Per una nuova professione direttiva nelle scuole” (direzioneducativa.webnode.it).

Alla luce della dottrina sociale della Chiesa e dei migliori risultati delle ricerca internazionale relativa al management dei servizi educativi“, si legge in un comunicato del CoDirES , “il Coordinamento avrà il compito di: elaborare documenti inerenti la professione direttiva ed il suo ruolo nei sistemi educativi; intervenire presso le istituzioni sui temi professionali; promuovere attività di formazione e di ricerca rivolte a tutti i colleghi“.

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