Liceo classico sì!!!

Liceo classico sì!!!

di Maurizio Tiriticco

Ho sempre detto e scritto – ovviamente è un’iperbole – che il latino e il greco andrebbero studiati fin dalle elementari! Tanto sono formative le due lingue morte – ma morte fino a un certo punto, in quanto la loro struttura, per certi versi, e il loro vocabolario, alimentano anche la nostra lingua attuale – che sono in grado di rendere più vivo e più ricco il nostro linguaggio quotidiano. E ciò non riguarda solo gli etimi dei singoli vocaboli, ma la stessa struttura sintattica. La povertà di linguaggio – che purtroppo riguarda in larga misura la nostra popolazione, fenomeno che Tullio De Mauro denuncia da sempre e con molto vigore – denuncia anche e soprattutto la povertà nella formulazione del pensiero, o meglio del pensiero critico.

Non è il caso di scomodare un’opera che ha fatto storia, “Pensiero e linguaggio”, di Lev Vygotskij, o l’epistemologia genetica di Jean Piaget, perché ormai è noto che l’incremento del linguaggio – sia sotto il profilo semantico (il numero dei vocaboli) che sotto quello sintattico (il numero delle connessioni, coordinate e subordinate) incrementa il pensiero critico. Fonologia, morfologia e sintassi non dovrebbero essere dei libri di grammatica adottati dalle scuole – una noia mortale (personalmente, quando insegnavo, non me ne sono mai servito) – ma una pratica quotidiana che insegnanti attenti, preparati e responsabili sollecitano e alimentano giorno dopo giorno.

La pratica del tema in classe (fogli protocolli, errori rossi e blu che nessun alunno considera in quanto va dritto al voto) serve a poco e a nulla. Io sollecitavo racconti, favole, riflessioni mirate o quant’altro, da comporre in aula quasi quotidianamente. Quindi, non il “compito in classe” (si dovrebbe dire compito in aula, la classe è la classe d’età degli alunni!) da svolgersi in due ore, se non di più, brutta e bella, ma lavori quotidiani in aula! Quindi niente brutta e niente bella! Composizioni da svolgere sul “quaderno delle invenzioni”. Composizioni sollecitate, ad esempio dal gioco delle cinque parole: principe, orco, re, castello, cavallo; oppure, bomba, soldato, madre, medaglia, patria; oppure: città campagna, industria, progresso, sindacato. Oppure le cinque parole le inventavano gli alunni! Si scriveva, poi si leggeva, si discuteva, si correggeva; e non ero solo io a correggere, ma anche gli alunni intervenivano e proponevano correzioni, aggiunte, soppressioni. Insomma, si dava vita a un lavoro collettivo che l’insegnante si limitava a coordinare, correggere, quando fosse il caso, finalizzare! Non c’erano voti, ma giudizi mirati formulati dagli stessi alunni. Quante volte ciò che “piaceva” a un alunno, non “piaceva” ad una altro. Insomma, io insegnante non pretendevo di insegnare nulla, ma mi limitavo a coordinare gli interventi. E nessuno avrebbe pensato di fare i fatti propri: oggi giocherellano con il telefonino mentre la professoressa – che non ha letto una famosa Lettera – spiega, spiega, spiega!

Ma queste considerazioni che c’entrano con il liceo classico? C’entrano e come! Infatti ritengo che il liceo classico non debba essere privilegio di pochi, figli di genitori professionisti e acculturati, ma un “privilegio” per tutti. So che si tratta di un’iperbole e so anche che i nostri studi secondari di secondo grado sono assolutamente “classisti”, fatti su misura per una popolazione divisa in classi sociali: il classico per i migliori, lo scientifico per i “meno migliori”, il tecnico per i “così così”, il professionale per gli sfigati! Insomma, se il figlio di un ingegnere e di una professoressa di filosofia ama cucinare, perché non si può iscrivere in un istituto professionale alberghiero?

In un Paese democratico, con una Costituzione che più bella non ce n’è, è accettabile, dopo un obbligo decennale eguale per tutti, una scuola divisa in tre filoni, fatti su misura per una popolazione divisa in classi sociali, che la Costituzione non prevede e non tollererebbe mai? L’articolo 3 così recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sciale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Sembra che la nostra scuola contraddica un principio costituzionale, ed un principio fondante. Non sarebbe, invece, il caso di partire proprio dalla scuola per liquidare – in tempi medio-lunghi, ovviamente – questi ostacoli di ordine economico e sociale e questa divisione in classi che caratterizza la composizione socioeconomica del nostro Paese e ne frena, conseguentemente, lo sviluppo? E perché allora, non cominciare dalla scuola? Chi ha detto che il latino e il greco non possano e non debbano essere appannaggio di tutti? Insomma, se cominciamo dalla scola a dividere la popolazione in tre parti, è segno che a una “Repubblica democratica fondata sul lavoro” non ci crede nessuno. Che dolore! Quando constatiamo che la nostra Repubblica, invece, è fondata sulla mazzette e sui cartellini timbrati a iosa da colleghi generosi.

Latino e greco per tutti!!! E’ una provocazione, certamente, ma… ragioniamoci un po’!!!

D. Pennac, Storia di un corpo

“Storia di un corpo” di Daniel Pennac
Universale Economica Feltrinelli 2014

di Mario Coviello

pennacPubblicato in Francia nel 2012 con il titolo “ Journal d’un corps”, nell’Universale Economica Feltrinelli dal 2014,” Diario di un corpo” di Daniel Pennac mi ha riavvicinato ad un autore che ho amato molto non tanto per la saga di grandissimo successo dei Malaussène , quanto per “ L’occhio del lupo” che i mie alunni di seconda media, più di venti anni fa, hanno animato con grande successo. Di Pennac ho studiato il saggio sulla lettura “ Come un romanzo” e il suo decalogo che ha insegnato a generazioni di docenti e lettori in tutto il mondo che la lettura è piacere e per insegnare l’amore per la lettura si devono bandire esercizi, questionari, temuti strumenti di tortura per gli alunni.

Ho amato Pennac per “ Diario di scuola” del 2008 nel quale racconta la sua vita di scolaro che viene dai genitori rinchiuso in un collegio perché non sa leggere, parlare e viene ripetutamente bocciato. E Pennac, che diverrà poi un docente di scuola media, si salva perché incontra un professore che crede in lui e lo incoraggia a scrivere le sue paure e frustrazioni.

In una recente intervista pubblicata da Repubblica Pennac insiste sulla necessità dell’ironia prima di tutto verso se stessi per vivere la vita nel modo giusto. “ Impariamo a non prenderci mai troppo sul serio..” non si stanca di ripetere.

Ed è proprio questo, a mio parere, il senso di “ Storia di un corpo” che vi consiglio di leggere perché con leggerezza spietata racconta un uomo attraverso i cambiamenti del suo corpo.

“Taciturno,ironico,diritto come un fuso, accompagnato da una reputazione internazionale di vecchio saggio il padre di Lison( la mia amica ) mi intimidiva. Se c’era un cosa che non potevo assolutamente immaginare di lui che aveva passato tutta la vita a scrivere( una pila di quaderni dalla copertina nera)”.

Con questa “avvertenza” inizia “ Storia di un corpo” che un papà lascia all’amata figlia Lison , “ un diario del mio corpo” ..proprio io che non sono mai stato molto “fisico”…Non credo che i miei figli e i miei nipoti mi abbiano mai visto nudo,raramente in costume da bagno…Il corpo non era un argomento di conversazione per uno nato nel 1923..Il corpo è un’invenzione della vostra generazione, Lison. Almeno per l’uso che se ne fa e per lo spettacolo che ne viene dato… Più lo si analizza questo corpo moderno, più lo si esibisce, meno esiste.”

Il diario quotidiano “ sorpresa per sorpresa” di questo “ compagno di viaggio, della macchina per essere” mi ha sorpreso, disgustato,commosso,mi ha fatto arrabbiare. In questo diario mi sono ritrovato.  L’esperienza della vita addosso, quella vita tanto attesa dal basso di un corpo di dodici anni che si guarda allo specchio e decide di crescere; ma, soprattutto, di vedersi crescere, di combattere la paura di esistere a dispetto di una madre per la quale rappresenta nient’altro che il “fantasma” di un uomo “.

Pennac non risparmia al lettore “concerti di peti”..”annusate sotto le ascelle” , orgasmi potenti come eruzioni vulcaniche e dolori brucianti, muscoli felici per una lunga camminata per Parigi e denti che fanno male, evacuazioni difficili e meravigliose avventure del sonno , le lentezze, le amnesie, di un corpo che invecchia.

Questo padre ha un rapporto difficile con il suo corpo perché mai riconosciuto da una madre fredda e amato dalla tata Violette, da un padre sopravissuto alla guerra che lentamente si spegne insegnando al figlio, che non manda a scuola ,” un sapere universale, curato come eredità di un amore unico “.

Un padre che ha la fortuna di sposare Mona che “divora con le narici, la lingua,annusa,lecca,gusta..”che ama e lo completa. Un padre che riesce ad avere un rapporto vero solo con Lison, la figlia femmina e non con Bruno il maschio.

Un padre che diventa nonno e coltiva un rapporto vitale con il nipote Gregoire, figlio del figlio e con le gemelle della figlia. Queste relazioni il protagonista di “ Diario di un corpo” le racconta analizzando i cambiamenti, le trasformazioni, gli acciacchi, le malattie del suo corpo. Dai dodici agli ottantotto anni, dal settembre del 1936 all’ottobre del 2010, lo scrittore non risparmia nulla al lettore e ciascuno ha la possibilità di rispecchiarsi, ritrovarsi, recuperare attimi, emozioni, sensazioni della propria esistenza e del rapporto con il proprio corpo che Pennac definisce “ Il mio giardino segreto”.

“ Diario di un corpo” è il racconto leggero, ironico,crudele di un padre,di un nonno, di una famiglia… ”un perenne esercizio di messa a fuoco. Sfuggire allo sfocamento,tenere il corpo e la mente sullo stesso asse…Ho passato la vita a “inquadrare”,(pag 258). ‘L’uomo nasce nell’iperrealismo per dilatarsi pian piano fino a un puntinismo alquanto approssimativo per poi disperdersi in una polvere di astrattismo”.

E noi ?

Protocollo Miur-Scholas

Scuola, Giannini sigla Protocollo Miur-Scholas
Il digitale al centro della lotta alla dispersione scolastica

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, e il Direttore Mondiale di Scholas Occurrentes, José Maria Del Corral, hanno siglato oggi il Protocollo d’Intesa fra il Miur e la Fondazione Scholas. A seguito dell’accordo, anche le scuole italiane saranno coinvolte nelle iniziative di Scholas che utilizzano la didattica innovativa e gare di idee – hackathon urbani – fra ragazzi come strumenti di lotta alla dispersione scolastica.

Le iniziative che saranno realizzate a seguito dell’accordo, spiega il Ministro Giannini, “toccheranno le quattro aree metropolitane già protagoniste, la scorsa estate, del progetto ‘La Scuola al Centro’ che ha consentito l’apertura estiva delle scuole a Milano, Roma, Napoli, Palermo. Saranno coinvolti studenti di aree periferiche e a maggior rischio di disagio sociale. Con Scholas abbiamo obiettivi e strumenti comuni: favorire l’inclusione sociale, l’integrazione degli studenti e la promozione della cultura dell’incontro per la pace attraverso attività innovative e attraverso un nuovo approccio didattico”.

BONUS MERITO, PUBBLICARE SOMME E DESTINATARI NEI SITI DELLE SCUOLE

BONUS MERITO, PUBBLICARE SOMME E DESTINATARI NEI SITI DELLE SCUOLE

“I dirigenti scolastici rispettino il principio di trasparenza amministrativa e pubblichino nei siti delle scuole le somme e i destinatari del bonus di merito”. A chiederlo è la Gilda degli Insegnanti appellandosi al decreto legislativo sulla trasparenza del 17 maggio 2016.

“Il comma 2 dell’articolo 5 – afferma la Gilda – dispone che ciascuna amministrazione ha l’obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale i dati sui pagamenti, permettendone la consultazione in relazione alla tipologia di spesa sostenuta, all’ambito temporale di riferimento e ai beneficiari. Poiché non tutti gli istituti stanno ottemperando a questa norma, chiediamo che si ponga rimedio perché la pubblicazione è indispensabile per verificare che il bonus sia stato assegnato rispettando i criteri stabiliti dal Comitato di valutazione”.

“Come dimostrano i risultati dell’indagine sulla legge 107/2015 realizzata per la Gilda dalla Swg, – ricorda Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – il 67% dei docenti è contrario al bonus premiale e il 79% ritiene che accentuerà situazioni di conflitto e di inutile competitività tra i docenti. Anche alla luce della posizione espressa dai docenti, dunque, è necessario rendere pubblici somme e beneficiari del bonus, così da fugare ogni dubbio di favoritismi”.

Scuola, Intercultura: “Con la crisi sempre meno scambi internazionali e stage all’estero. E l’Italia non attrae stranieri”

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, Intercultura: “Con la crisi sempre meno scambi internazionali e stage all’estero. E l’Italia non attrae stranieri”

L’ottavo rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca evidenzia che l’84% di coloro che sono partiti per andare a studiare fuori dalla Penisola oggi ha almeno una laurea e un percorso accademico brillante. E per chi fa esperienze oltreconfine è più facile trovare lavoro. Ma con i tagli di budget le iniziative di questo genere sono sempre meno, gite comprese

Per le elezioni degli organi collegiali c’è tempo fino al 31 ottobre

da Il Sole 24 Ore

Per le elezioni degli organi collegiali c’è tempo fino al 31 ottobre

di Alessandra Silvstri

Anche per il 2016/2017 le elezioni degli organi collegiali a livello di istituzione scolastica si svolgeranno secondo quanto previsto dall’ordinanza ministeriale 215 del 15/07/1991, modificata ed integrata dalle successive ordinanze n. 267 del 04/08/1995 , n. 293 del 24/06/1996 e n. 277 del 17/06/1998.
Procedura semplificata
Le operazioni di voto per gli organi collegiali di durata annuale e per il rinnovo annuale delle rappresentanze studentesche nei consigli d’istituto non giunti a scadenza devono concludersi entro il 31 ottobre 2016 e hanno luogo con procedura semplificata (articoli 21 e 22 dell’ Om 215/91). L’organo competente a individuare la data per le operazioni di voto è il consiglio d’istituto. Il dirigente scolastico, con preavviso di almeno 8 giorni, sulla base di quanto stabilito dal Cdi, provvede ad emanare l’atto di convocazione delle assemblee dei genitori e, nella secondaria di II grado, separatamente, di quelle degli studenti. L’atto deve indicare l’orario di apertura dei lavori dell’assemblea, le modalità di votazione, quelle di costituzione del seggio e l’orario di apertura e chiusura del medesimo. Le assemblee di genitori devono avere luogo in un giorno non festivo e comunque in orario extracurriculare. In occasione delle assemblee per eleggere i rappresentanti degli studenti nel consiglio di classe, la componente studentesca elegge anche i propri rappresentanti nel consiglio di istituto delle scuole secondarie di secondo grado. In tal caso si adotta il consueto sistema delle liste contrapposte (Dpr 31 maggio 1974, n. 416).
Le liste sono presentate dal 20° al 15° giorno antecedente le votazioni. In ciascuna classe, subito dopo la conclusione dell’assemblea che deve durare almeno due ore, deve essere costituito un seggio elettorale atto a espletare le operazioni di voto, quelle di scrutinio e di proclamazione degli eletti. Per l’elezione dei rappresentanti degli studenti in seno al consiglio d’istituto sarà invece la commissione elettorale dell’istituto stesso a provvedere allo scrutinio dei voti di lista e di preferenza e alla proclamazione degli eletti. Le elezioni dei rappresentanti dei genitori e degli alunni nei consigli di classe, d’interclasse e d’intersezione hanno luogo per ciascuna componente sulla base di una unica lista comprendente tutti gli elettori in ordine alfabetico. Ciascun elettore può votare la metà dei membri da eleggere se gli eligendi sono in numero superiore a uno. Nell’ipotesi in cui due o più genitori o alunni riportino, ai fini dell’elezione dei consigli di classe, d’interclasse e d’intersezione, lo stesso numero di voti, si procede, ai fini della proclamazione, per sorteggio. La procedura semplificata non si applica in occasione del rinnovo triennale di tutte le componenti.
Procedura ordinaria
Le elezioni per il rinnovo dei consigli di circolo/istituto scaduti per decorso triennio o per qualunque altra causa, nonché le eventuali elezioni suppletive nei casi previsti, si svolgono secondo la procedura ordinaria di cui al titolo III dell’ordinanza. La data, individuata a livello centrale, è fissata per domenica 20 novembre 2016 dalle ore 8 alle ore 12 e lunedì 21 novembre dalle ore 8 alle ore 13.30.
La Commissione elettorale
Presso ciascuna istituzione scolastica è istituita, entro il 45° giorno antecedente le votazioni (non oltre il 60° giorno nel caso di elezioni contestuali di organi collegiali di diverso livello) la commissione elettorale. Questa, individuata dal CdI e nominata dal dirigente scolastico, dura in carica per un biennio ed è composta da cinque membri: 2 docenti in servizio presso la scuola ( di ruolo o non di ruolo, un Ata, sempre tra quelli in servizio, di ruolo o non di ruolo e due genitori o un genitore e uno studente nella secondaria di II grado). I membri delle commissioni elettorali che risultino inclusi in liste di candidati devono essere immediatamente sostituiti.

Cresce il numero dei ragazzi che per studiare scelgono le rotte internazionali

da Il Sole 24 Ore

Cresce il numero dei ragazzi che per studiare scelgono le rotte internazionali

di Ciro Sorrentino

Continua a crescere il numero degli studenti italiani che per andare a scuola scelgono rotte internazionali. Carichi di aspettative partono per tre-seimesi, talvolta un anno, verso qualche paese straniero.
Un’esperienza di vita, quella degli studi all’estero, che nell’anno scolastico 2015-2016 ha coinvolto circa 7.400 alunni delle superiori, il 111% in più rispetto al 2009. Hanno scelto
per lo più mete anglofone, Stati Uniti in primis (38%; 13% RegnoUnito), ma anche paesi dell’America centrale e meridionale (8%).
Il 47% delle scuole attesta che almeno uno dei suoi studenti ha fatto un’esperienza di studio in una scuola estera nel 2015-16, soprattutto annuale (43%; 38% nel 2014). La scuola
italiana continua così il suo cammino vero l’apertura al mondo (l’indice di internazionalizzazione è passato da 41 a 42 punti su 100 in un anno), anche se perde un po’ di “appeal” tra gli studenti stranieri: in un anno sono diminuiti, da circa 3.200 a 2.800, i ragazzi non madrelingua che hanno scelto l’Italia come meta di studi. E’ quanto emerge dalla rilevazione 2016 dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca, condotta da Ipsos per Fondazione Intercultura e presentata ieri a Milano.
Si parte soprattutto da Nord-Ovest e Centro
In queste aree gli istituti con alunni in uscita sono aumentati in un anno di10 punti percentuali, raggiungendo rispettivamente quota 66% e 59%. Al Sud, dove la mobilità non si è mai diffusa quanto altrove, la percentuale scende da 38 a 31. I licei sono le scuole più “attive” (70%) e da Nord a Sud aumentano (+7%) i docenti che valutano positivamente quest’esperienza (49%).

Scuole “internazionali” e pressione della crisi
Nel 2014 gli istituti che avevano aderito a progetti internazionali erano il 68%. Tra le cause del calo – afferma il 20% dei presidi – ci sono i “tagli di budget”. Diminuiscono poi i programmi di mobilità di classe o gruppo (si passa da oltre un terzo a poco più di un quarto di istituti che li promuovono; solo il 9% nel caso degli istituti tecnici) e solo il 57% delle scuole riesce a organizzare almeno un viaggio di istruzione all’estero per tutte o quasi tutte le classi (-9% su 2014). Segno meno anche per gli stage oltreconfine (dal 69% al 65%). Bene invece il Clil: oggi l’insegnamento in lingua straniera di discipline non linguistiche coinvolge il 66% delle scuole, un raddoppio rispetto al 2014.
La scelta del percorso all’estero premia
Ieri avevano studiato all’estero, oggi sono laureati (84%), spesso con risultati brillanti
(64%), conoscono due lingue, hanno un lavoro dipendente (75%), anche con cariche apicali (un terzo), e tanta soddisfazione intasca: il 90% si dichiara complessivamente felice contro lamedia italiana del 67%. Tra gli 886 intervistati che hanno vissuto un’esperienza di studio all’estero tra il 1977 e il 2012, la metà ne ha vissuto un’altra negli anni successivi (48%)
e un terzo (34%) ha conseguito un titolo di studio terziario fuori Italia. Oggi in molti si occupano di marketing ecomunicazione (la metà) e 3 su 4 sono soddisfatti della loro
carriera, coerente con le aspirazioni. Il tasso di disoccupazione è inferiore al 9% contro una media nazionale del14%. Sono una generazione inclusiva (64%), che sente di appartenere all’Ue (79% contro il 40% della media italiana), che non vuole controlli alle frontiere (solo il 14% è favorevole contro il 58%) e che con la mobilità ha cambiato il proprio modo di vivere: il 73% si definisce più propositivo e positivo.

Eurydice, la sfida dell’istruzione obbligatoria intreccia formazione scolastica ed esperienza professionale

da Il Sole 24 Ore

Eurydice, la sfida dell’istruzione obbligatoria intreccia formazione scolastica ed esperienza professionale

di Maria Cristina Tubaro

Uno studio sulla struttura dei principali sistemi di istruzione e formazione in Europa, dal livello preprimario al livello terziario per l’anno scolastico e accademico 2016/ 2017. E’ quello pubblicato da Eurydice, che analizza 43 sistemi educativi dei 38 paesi che partecipano al programma Erasmus +.
Nella prima parte del rapporto si analizzano i principali modelli organizzativi della scuola preprimaria e della scuola dell’obbligo. Nella seconda e nella terza parte, sono disponibili grafici, guide esplicative e mappe, con un focus sulle situazioni nazionali dei diversi Paesi europei oggetto dello studio.

L’educazione ai più piccoli
Per quanto riguarda l’istruzione per i più piccoli (Ecec, Early childhood education and care), in Europa sono individuabili due modelli principali.
Nel modello cosiddetto “unitario” l’educazione per i bambini in età prescolare avviene in un’unica fase e in un’unica struttura. E’ quanto accade, ad esempio, in Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda, Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina.
Nel cosiddetto “split system”, invece, viene applicata una separazione tra i più piccoli e i più grandi, di solito tra i bambini di età inferiore ai 3 anni e quelli di età superiore. Questo sistema è applicato, ad esempio, in Italia, Francia, Portogallo, Svizzera.

L’istruzione obbligatoria
Per quanto riguarda invece l’istruzione obbligatoria, i modelli di riferimento sono tre.
Il primo prevede un’unica struttura educativa, chiamata a coprire l’intero percorso dell’istruzione obbligatoria, senza soluzione di continuità tra l’istruzione primaria e l’istruzione secondaria di primo grado. Tra i Paesi che applicano questa scelta, Norvegia, Svezia Finalandia, Islanda.
Il secondo modello, invece, prevede che gli studenti, dopo aver completato l’educazione primaria (Isced 1), passino al primo livello dell’istruzione secondaria, dove seguono il medesimo percorso formativo, con contenuti curriculari condivisi (common core curriculum).
Infine, la terza possibilità, prevede che, dopo il completamento della scuola primaria, gli studenti seguano diversi percorsi educativi e specifiche tipologie di scuole o all’inizio o durante la fase dell’istruzione secondaria inferiore.
La ricchissima parte grafica dello studio illustra le strutture e le organizzazioni delle scuole nei singoli Paesi, tenendo conto della scuola dell’infanzia, dei programmi di istruzione primaria e secondaria, dell’istruzione obbligatoria, dell’istruzione “post secondaria” e dell’istruzione “di terzo livello”, facendo riferimento solo, comunque, alle scuole “tradizionali” ed escludendo percorsi di istruzione per studenti con bisogni educativi speciali, come pure i dottorati e le scuole di specializzazione per l’esercizio della professione (come accade, ad esempio, per architettura o medicina).

La classificazione Isced
I singoli sistemi sono analizzati in maniera dettagliata, con i diversi tipi e livelli di educazione, con la durata dei diversi cicli e con una comparazione con i corrispondenti livelli di educazione così come definiti dagli standardi internazionali (Isced, International standard classification of education). Si tratta di un sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli, che offre degli standard di riferimento anche per la raccolta di dati statistici sull’istruzione a livello internazionale. L’ultima versione, Isced 2011 distingue otto livelli di istruzione.
Il report tiene conto anche dei casi in cui è prevista, in maniera obbligatoria, un’esperienza lavorativa, senza la quale non è possibile accedere al successivo livello di istruzione o di qualificazione e illustra la durata minima richiesta.
Particolare attenzione, naturalmente, è riservata all’analisi dell’età degli studenti, in particolare l’età in cui gli studenti iniziano ogni livello di istruzione a partire dalla scuola preprimaria (dal livello Isced 0 al livello Isced 4). Viene analizzata anche la durata del percorso scolastico, con particolare riferimento al terzo livello di istruzione. Questa scala tiene conto del fatto che gli studenti possono entrare nei programmi di istruzione di terzo livello o post secondari ad età differenti e che possono essere richiesti tempi diversi per completare il percorso.

Cambio di percorso
Lo studio mostra anche i diversi step in cui gli studenti possono spostarsi verso un diverso tipo di scuola o di percorso educativo, sia all’interno dello stesso livello sia dopo aver completato un livello o un programma.
Un ulteriore focus è sui periodi di istruzione o formazione obbligatoria che richiedono agli studenti una frequenza full time. L’istruzione obbligatoria è fissata per legge, è legata all’età degli studenti ed è quella offerta da scuole riconosciute. In alcuni sistemi educativi, tuttavia, l’istruzione obbligatoria combina formazione scolastica ed esperienza professionale ed entrambi gli elementi concorrono alla valutazione degli studenti. In alcuni casi, al termine del periodo di istruzione “full time” e fino ad una certa età, gli studenti sono tenuti ad un ulteriore periodo obbligatorio di formazione, partecipando a programmi di formazione part-time.

Alternanza scuola lavoro, il ministro Poletti: Italia in ritardo di 20 anni

da La Tecnica della Scuola

Alternanza scuola lavoro, il ministro Poletti: Italia in ritardo di 20 anni

“L’alternanza scuola e lavoro è un tema importante e serve l’impegno da parte di tutti”, ma siamo in ritardo di 20 anni.

Lo ha detto il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, a margine di una iniziativa a Milano, ribadendo l’importanza di questo progetto nell’ambito della politica scolastica attuata da questo Governo: siamo però in ritardo di 20 anni; adesso occorre premere sull’acceleratore, ha sottolineato il responsabile del dicastero del Lavoro.

“Ora dobbiamo fare in modo di mettere in connessione lo studio con quello che si impara direttamente nel mondo del lavoro” ribadisce il Ministro, confermando la necessità di una stretta connessione trascuola, famiglia e imprese.

Prende forma quindi la via italiana al sistema “duale” su cui il ministero del Lavoro ha stanziato 87 milioni di euro a cui vanno aggiunti 4 milioni di euro che Lombardia, Marche e Valle d’Aosta hanno deciso di destinare per il prossimo anno formativo.

Secondo Poletti, quella di imparare lavorando è la strada giusta, perché dà l’opportunità ai ragazzi che vanno in azienda di acquisire competenze specifiche, know how professionale utile per introdursi al meglio nel mondo del lavoro.

Dopo la fase sperimentale che ha portato già 16 Regioni ad avviare progetti sperimentali e offerte formative, tra cui il Piemonte, il Lazio e della Lombardia in cui sono stati sottoscritti già quasi mille contratti di apprendistato, soprattutto nel settore terziario, manifatturiero e meccanico, a regime si arriverà nei prossimi tre anni ad avere un milione e mezzo di adolescenti che faranno l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro.

Certamente il programma ha necessità di rivedere alcuni aspetti , un tuning naturale dopo il primo periodo di esperienza, ma “l’obiettivo forte rimane quello di risolvere due problemi insieme: l’abbandono scolastico e la disoccupazione per mancanza di competenze”, ha aggiunto il sottosegretario Luigi Bobba.

I dati sul primo fenomeno sono purtroppo dati allarmanti. «Il tasso di abbandono scolastico nel nostro Paese – ricorda il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi è in media del 17%, con punte del 30% per gli istituti tecnici». Paradossalmente, invece, “ci sono più di 60mila aziende che cercano lavoratori con particolari caratteristiche e non li trovano”.

Studenti, su scambi culturali e stage all’estero perdiamo terreno

da La Tecnica della Scuola

Studenti, su scambi culturali e stage all’estero perdiamo terreno

L’Italia sta perdendo terreno in materia di internazionalizzazione studentesca e scolastica in generale.

Il dato emerge dal rapporto dell’Osservatorio nazionale, presentato a Milano dalla Fondazione Intercultura il 10 ottobre.

Questo significa che le scuole italiane si stanno rivelando piuttosto inadeguate e chiuse a livello internazionale, perdendo progressivamente attrattiva per gli studenti stranieri. Infatti se nel 2014 erano circa 3200 i giovani provenienti da altri paese che decidevano di soggiornare in Italia per motivi accademici, oggi se ne contano 2800.
Ma anche nell’altro senso la situazione non appare tanto rosea: soltanto il 57% delle scuole riesce ad organizzare viaggi di istruzioni, programmi validi di scambi culturali e altre esperienze all’estero che invece sono sempre più essenziali per i giovani studenti. Le cause di questo rallentamento degli istituti italiani nel processo di internazionalizzazione sono da ricercare in primis nella crisi economica che ha investito il paese, comportando sempre più tagli ai budget a disposizione, con la conseguente riduzione alla mobilità delle classi. Dal 2014 si è passati dal 69% di studenti che intraprendevano uno stage all’estero al 64% nell’anno in corso.
E pensare invece che inserire nel proprio curriculum un soggiorno di studio oltre i confini nazionali aumenta notevolmente le possibilità di essere considerati dei candidati idonei per una posizione di lavoro. Basti pensare che l’84% di coloro che sono partiti per studiare fuori dall’Italia non solo hanno conseguito almeno un titolo accademico portando a termine un brillante percorso, ma trova lavoro più facilmente rispetto a chi non ha avuto modo di vivere un’esperienza del genere.
Questo perché i ragazzi acquisiscono un’indipendenza e una capacità di organizzazione che soltanto lontano dalle mura domestiche e da tutto ciò che è conosciuto e familiare si può assimilare. Si assume un atteggiamento di maggiore consapevolezza non soltanto rispetto al mondo circostante ma anche rispetto le proprie capacità. Inoltre si impara a non fare affidamento sugli altri, facendosi interamente carico delle proprie responsabilità. Senza contare le conoscenze linguistiche e culturali  che si acquisiscono. Tutti fattori che hanno un certo rilievo dunque per un datore di lavoro impegnato nella scelta di una nuova risorsa da assumere.
Per questo bisogna puntare sull’incremento di fondi da destinare a progetti che favoriscano lo scambio culturale e gli stage, magari creando anche occasioni per quegli studenti meritevoli ma con un reddito esiguo. L’importante è insomma non restare indietro rispetto all’Europa, rispetto al mondo, cercando di suscitare l’interesse di studenti di altre nazionalità. Forse per questo sarebbe sufficiente anche solo valorizzare il patrimonio culturale che già di per sé potrebbe costituire un elemento di rilievo per approfondire un certo tipo di studi nel nostro paese.

In pensione a 63 anni, siamo alla resa dei conti: in bilico pure le maestre d’infanzia

da La Tecnica della Scuola

In pensione a 63 anni, siamo alla resa dei conti: in bilico pure le maestre d’infanzia

Sono ore decisive per la decisione finale su quali categorie di lavoratori potranno accedere alla cosiddetta ‘Ape social’ per andare in pensione in anticipo, anche a 63 anni.

Al governo continuano a fare i calcoli per definire la platea di chi potrà avere il ‘reddito ponte’, pagato dallo Stato, che per chi non rientra può arrivare anche superare i 200 euro al mese per 20 anni: una cifra non indifferente.

Tra giovedì 13 e venerdì 14 ottobre è previsto l’ultimo incontro con sindacati e parti sociali, prima del varo della manovra.

Un paio di giorno dopo, il Governo concluderà il progetto di bilancio da inviare a Bruxelles (il draft budgetary plan), anche se poi per l’articolato vero e proprio da mandare alle Camere ci sarà tempo ancora fino al 20, come prevede la nuova legge di Bilancio.

Al momento, sono praticamente sicuri che potranno usufruire del meccanismo dell’Ape gratuitamente solo i disoccupati di lungo corso, i lavoratori disabili o coloro che hanno genitori o figli disabili gravi di cui occuparsi: “più complesso sembra al momento affiancare altre categorie come chiedono i sindacati (si è parlato delle maestre della prima infanzia e degli infermieri di sala operatoria)”. Si tratta, ricordiamo, di professioni considerate particolarmente usuranti. E che quindi “meritano” lo scivolo a costo zero.

Tutto dipenderà, quindi, dai fondi che il Governo riuscirà a reperire. Ad iniziare dall’anticipo dei 900 milioni con cui sarà rifinanziato il Fondo di Garanzia per le Pmi, come annunciato dal premier Matteo Renzi.

In ogni caso, di docenti della primaria non si parla più. A meno che all’ultimo momento i sindacati li facciano rientrare, ma (considerando il fatto che sono in numero più che doppio rispetto alle docenti dell’infanzia) farebbero bene a non illudersi.

Cattedre, 25mila in organico di diritto: il Miur insiste e chiede pure 10mila assunzioni Ata

da La Tecnica della Scuola

Cattedre, 25mila in organico di diritto: il Miur insiste e chiede pure 10mila assunzioni Ata

Non si perdono d’animo al ministero dell’Istruzione per trasformare 25mila posti dall’organico di fatto a quello di diritto. E non solo.

Da Viale Trastevere ci sarebbe un vero e proprio forcing in atto, consapevoli del fatto che i giochi della Legge di Bilancio di fine anno sono prossimi al compimento: entro sabato, il governo concluderà il progetto di bilancio da inviare a Bruxelles (il draft budgetary plan), mentre per l’articolato vero e proprio da mandare alle Camere ci sarà tempo ancora fino al 20, come prevede la nuova legge da approvare.

“Proprio in queste ore – scrive l’Ansa nella sera del 10 ottobre – si sta lavorando ad alcune ipotesi sugli organici. Al ministero sono stati convocati i sindacati per affrontare il tema della stabilizzazione di 25mila precari inseriti nell’organico di fatto (cioè chi ogni anno viene chiamato per le supplenze lunghe) che finirebbero così nell’organico di diritto, cioè assunti a tutti gli effetti (e pagati quindi anche durante i due mesi estivi). Su questo c’è una trattativa del Miur con il ministero dell’Economia per il reperimento dei fondi. Le stime parlano di 200 milioni di euro necessari per l’operazione”.

Il Mef, però, sostiene che potrebbero servirne più del triplo. E, quindi, la partita rimane aperta: magari, alla fine, si arriverà a concedere una quota minore rispetto a quella chiesta dal ministero dell’Istruzione. Una quota che, in ogni caso, diventerebbe preziosissima. Non solo per le immissioni in ruolo, ma anche per la mobilità del prossimo anno, visto che serviranno non poche cattedre per “salvare” i tanti assunti lontano da casa con il piano straordinario della Buona Scuola (con istituzioni locali, governatori, sindaci e sindacati che spingono tutti in questa direzione).

Dal Miur, infine, spunta un’altra richiesta: si vorrebbe intervenire anche con un piano per gli Ata, con 10mila assunzioni”. Di queste, 5mila già previste dal turn over e le altre 5mila straordinarie con risorse da reperire nella Legge di Bilancio.

Ancora una volta, le sorti della scuola pubblica, gli organici che diventano vitali per una gestione meno complicata e più funzionale, dipendono dai dirigenti e dai conti del dicastero di Via XX Settembre a Roma.

Liceo Classico da rilanciare, in 9mila a Giannini: salviamo le traduzioni da latino e greco

da La Tecnica della Scuola

Liceo Classico da rilanciare, in 9mila a Giannini: salviamo le traduzioni da latino e greco

Si allarga il numero di esperti e studiosi che chiedono a gran voce il rilancio del ginnasio-liceo classico come una delle più importanti ‘eccellenze’ nazionali.

Con loro, ci sono anche 9mila cittadini. Che difendono “l’indirizzo educativo che ancor oggi diploma i ragazzi che affrontano con migliori risultati gli studi universitari, sia umanistici che scientifici”.

A sostegno di questa tesi, il movimento di opinione guidato dalla ‘Task Force’, il 10 ottobre ha recapitato al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, e, per “doverosa e non formale conoscenza”, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una lettera-appello: hanno accompagnato l’invio delle firme ai propri referenti istituzionali, con la richiesta di “essere ricevuti in tempi brevi”.

L’obiettivo – di rilancio del Liceo Classico – ha ottenuto adesioni non solo da una quantità di illustri studiosi del mondo antico (da Luciano Canfora ad Eva Cantarella, da Salvatore Settis ad Antonio La Penna, da Franco Montanari a Mario Vegetti e Dario Antiseri), ma anche da alcuni dei più illustri fisici e matematici italiani, come Carlo Rovelli, Guido Tonelli e Lucio Russo; e da un numero inatteso di autorevoli scienziati, scrittori (Paola Mastrocola) ed umanisti.

Tra i firmatari ci sono anche intellettuali e studiosi francesi, spagnoli, statunitensi.

Non colpiscono tanto i circa 1.500 professori, universitari e liceali, quanto i 1.500 studenti, i 300 ricercatori e dottori di ricerca, i circa 300 medici, 180 ingegneri e 180 avvocati rintracciabili sul motore di ricerca del sito della Task ForceC’è poi un’ampia rappresentanza di semplici cittadini, di tutte le professioni e categorie sociali.

“Un piccolo movimento di massa si è insomma mobilitato – scrivono i promotori – per un obiettivo che potrebbe apparire, oggi, controcorrente: mantenere la centralità, nelle prove d’esame finali del liceo, della traduzione dal latino e dal greco, pura e semplice, quale punto d’arrivo di un serio ed approfondito studio delle lingue classiche; una versione che, nelle parole di Luca Cavalli Sforza riportate nell’Appello, viene definita ‘l’attività più vicina alla ricerca scientifica, cioè alla comprensione di ciò che è sconosciuto'”.

“L’obiettivo di fondo della combattiva Task Force è anche quello di rilanciare il liceo classico attraverso una serie di provvedimenti che da un lato consentano ai ragazzi che provengono dalle medie di poterlo scegliere con cognizione di causa, dall’altro che rendano quelli che già lo frequentano in grado di apprezzare e comprendere il senso di uno sforzo senza dubbio impegnativo, finalizzato a leggere ed intendere in originale i testi straordinari della letteratura greca e latina”.

Ricordiamo che la flessione delle iscrizioni al liceo classico, negli ultimi anni ha attestato solo una percentuale minima di giovani (attorno al 15 per cento) a scegliere il più antico e glorioso liceo d’Italia.

Alunni disabili senza sostegno, arrivano gli educatori pagati dai privati

da La Tecnica della Scuola

Alunni disabili senza sostegno, arrivano gli educatori pagati dai privati

La mancanza di supporto didattico e generale a diversi alunni disabili si fa sentire. Con i genitori che non ne possono più, perché la scuola è iniziata da quasi un mese.

Quest’anno va peggio che in passato, con molte famiglie sul piede di guerra. Per andare in soccorso degli alunni lasciati a scuola troppe ore da soli, in alcune province si muovono i privati. Che decidono di sovvenzionare le cooperative che gestiscono gli Aec, gli assistenti educativi culturali, ovvero l’altra figura di riferimento a livello didattico per chi ha problemi o limiti di apprendimento.

A tracciare la strada è stata la Fondazione Carispezia, che ha stanziato 50 mila euro da distribuire tra i vari istituti scolastici comprensivi dello Spezzino per pagare gli educatori che si occuperanno dei studenti disabili a cui non è ancora stato assegnato un insegnante di sostegno.

La scelta della Fondazione arriva dopo aver raccolto le denunce dei genitori – circa 80 casi in provincia – che segnalavano ritardi nell’assegnazione dei docenti.

La situazione dovrebbe risolversi con la nomina degli insegnanti nel mese di novembre, ma fino ad allora nelle classi entrerà personale specializzato pagato dalla fondazione.

Per protestare contro questa situazione, scrive l’Ansa, il 10 ottobre si è svolta una manifestazione di genitori con presidio davanti all’ufficio scolastico regionale alla Spezia. “La scuola deve essere per tutti” hanno detto, anche con cartelli e striscioni, i genitori dei ragazzi disabili.

Il permesso breve non può essere chiesto anche per attività collegiali

da La Tecnica della Scuola

Il permesso breve non può essere chiesto anche per attività collegiali

Il permesso breve dei docenti non può essere fruito anche per assentarsi durante le attività collegiali, in quanto le ore delle attività collegiali sono di natura diversa da quelle di insegnamento.

Ci teniamo a specificare che l’opportunità di poter fruire dell’istituto del permesso breve per gli insegnanti, anche per assentarsi durante le ore delle attività collegiali, è una pratica molto diffusa ma non legittima contrattualmente. Infatti ad esempio un docente impegnato per 4 ore la mattina, a cui il Ds attribuisce un permesso breve per assentarsi durante le 2 ore dei Consigli di classe che si svolgono il pomeriggio, restituisce le 2 ore in attività di insegnamento a titolo di favore, me non di dovere contrattuale.

Invece l’istituto del permesso breve è applicabile soltanto sulle ore di insegnamento curricolare e il recupero di tali ore deve avvenire, entro 2 mesi, durante le ore curricolari.

Il numero di ore di permessi breve è commisurato al numero di ore settimanali d’insegnamento, così come è specificato nell’art. 16 comma 2 del CCNL 2006/2009.

Questo significa che se un docente svolge 18 ore settimanali d’insegnamento, ha l’opportunità di vedersi attribuite in un anno scolastico finoa 18 ore di permessi brevi. Bisogna sottolineare che il permesso breve non può eccedere mai la metà dell’orario giornaliero del docente e non può superare le due ore giornaliere. Questo significa che se un docente in una data giornata svolge tre ore di servizio, non può fruire più di un’ora di permesso breve, mentre se è impegnato per 4 o 5 ore di servizio, può richiedere fino al massimo di 2 ore di permesso breve. Bisogna anche sapere che queste ore di permesso sono prestate dall’Amministrazione al lavoratore che, entro i due mesi lavorativi successivi, dovrà restituirle alla scuola in una o più soluzioni in relazione alle esigenze di servizio della stessa scuola. Infatti all’art. 16 comma 3 del CCNL scuola è scritto: “Il recupero da parte del personale docente avverrà prioritariamente con riferimento alle supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi, con precedenza nella classe dove avrebbe dovuto prestare servizio il docente in permesso”.

Un’altra norma contrattuale che attiene al recupero delle ore fruite per permesso breve è quella che prevede, nei casi in cui non sia possibile il recupero per fatto imputabile al dipendente, una trattenuta stipendiale di una somma pari alla retribuzione spettante al dipendente stesso per il numero di ore non recuperate.