Scuola, Comuni e Province senza soldi. “Un giorno di lezione in meno e licei chiusi”

da Repubblica.it

Scuola, Comuni e Province senza soldi. “Un giorno di lezione in meno e licei chiusi”

Per ora sono singoli casi, ma denunciati con forza dall’Associazione degli insegnanti e dal presidente dell’Anci: per i tagli in alcune province si allungano i tempi per chiudere il sabato. E gli Istituti musicali sono ormai senza fondi

di SALVO INTRAVAIA

Enti locali in procinto di abbandonare la scuola al proprio destino? Forse tre singoli casi isolati non costituiscono una prova ma sicuramente un indizio di forte disagio che nei prossimi mesi potrebbe aggravare la già pesante situazione economica in cui sono costrette ad operare ogni giorno. L’ultima denuncia in ordine di tempo è quella lanciata questa mattina dall’Anief  –  l’Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione  –  che parla di “province a corto di soldi”, secondo cui alcuni enti locali invitano i dirigenti scolastici a optare per la settimana corta.
“A Savona  –  denuncia Marcello Pacifico  –  già è stato chiesto a tutti i dirigenti scolastici di non svolgere lezioni il sabato”. Il motivo è presto detto: “Scarseggiano i fondi che lo Stato fornisce agli enti locali per il pagamento delle utenze”. In altre parole, le scuole superiori del savonese potrebbero avere difficoltà perfino a collegarsi ad internet o ad accendere la luce in classe se la provincia non dovesse più farcela a pagare le bollette. “Come può dire  –  si domanda Pacifico  –  ad un liceale di rimanere a scuola otto ore per studiare matematica, latino e greco, perché così lo Stato risparmia sulle bollette?”.
“Occorre opporsi  –  conclude il presidente dell’Anief  –  a questa deriva, ne va di mezzo la qualità dell’istruzione pubblica italiana”. Alla denuncia di pacifico si aggiunge quella del presidente dell’Anci (l’Associazione dei comuni italiani), Graziano Delrio, che avverte: “Gli istituti superiori di studi musicali sono a rischio chiusura”. Anche in questo caso si tratta di una questione di pecunia. Delrio ricorda che tali istituti  –  21 in tutto il territorio nazionale  –  “a seguito” di una legge del 1999, “sono stati equiparati in tutto ai conservatori tranne che per la provenienza dei finanziamenti che continuano ad essere assicurati esclusivamente dagli enti locali senza nessun intervento da parte dello Stato”.
E adesso che la situazione si è aggravata la gestione di questi istituti pesa, e non poco sulle casse dei Comuni. Delrio ha inviato al ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, una lettera chiedendo “un incontro urgente per avviare un percorso di riordino condiviso per i 21 istituti superiori di studi musicali”. “L’Anci  –  spiega il suo presidente  –  ha più volte sollecitato i competenti organi istituzionali chiedendo un intervento, sia dal punto di vista finanziario che normativo, onde evitare che tali istituti rischino il commissariamento o addirittura la chiusura”.
Una richiesta, quella degli enti locali che battono cassa nei confronti dello Stato, che ormai è sempre più frequente. Lo scorso mese di febbraio l’allarme è stato lanciato dall’assessore del comune di Carpi, Maria Cleofe Filippi, intervenuta in rappresentanza dell’Anci al convegno organizzato ad Ancona dalla Flc Cgil, Cisl Università e Uil-Rua su “L’alta formazione artistica e musicale negli istituti superiori di studi musicali: problemi e proposte”. “La situazione è ormai veramente drammatica  –  a detto l’assessore  –  e i comuni non sono più nelle condizioni di attendere ulteriormente”.
“La pesante situazione economica, i consistenti tagli e i vincoli imposti ai bilanci cui da anni sono sottoposti gli enti locali stanno mettendo in serio pericolo lo svolgimento delle normali attività degli istituti superiori di studi musicali con il rischio sempre più concreto di chiusura”. E a farne le spese potrebbero essere, come al solito, alunni e genitori chiamati –  attraverso i contributi “volontari”  –  sempre più spesso a dare ossigeno ad una scuola sempre più in difficoltà per mancanza di denari.

Accolti 4 ricorsi sullo spostamento dei 24 punti SSIS

L’ANIEF affila le armi contro il MIUR: accolti 4 ricorsi sullo spostamento dei 24 punti SSIS

 

Nel giro di pochi giorni l’ANIEF ottiene 4 vittorie in Tribunale sul riconoscimento del diritto a spostare il bonus SSIS da una graduatoria all’altra. Gli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, in collaborazione con i legali ANIEF sul territorio, ottengono ragione per altrettanti nostri iscritti dimostrando che la normativa vigente non prevede limiti allo spostamento del punteggio dei titoli e che il MIUR non può imporre la classe di concorso cui destinare i 24 punti né “cristallizzare” la scelta pregressa.

 

Presso il Tribunale di Trani l’Avv. Stefania Campanile, a tutela di tre iscritti ANIEF già ricorrenti TAR con gli avvocati Ganci e Miceli, dimostra con la competenza che contraddistingue sempre il suo operato, tutta la validità delle tesi portate avanti dal nostro sindacato e ottiene 3 distinte sentenze di pieno accoglimento in cui il Giudice riconosce che i nostri iscritti avevano diritto “allo spostamento del punteggio dell’abilitazione SISSIS 24 punti originariamente richiesto nel 2009, perché l’art. 4 quater della L. n. 167 del 2009 vieta – limitatamente al biennio 2009-2011 – lo spostamento da una graduatoria all’altra del punteggio per i servizi prestati, non invece del punteggio relativo ai titoli”.

 

L’interpretazione normativa fornita dai legali ANIEF a supporto del diritto alla scelta della classe di concorso cui attribuire il bonus SSIS è apparsa “del tutto ragionevole e coerente con il sistema normativo e regolamentare richiamato” e il Giudice ha ritenuto che, in assenza di una norma di fonte primaria che vieti lo spostamento da una graduatoria all’altra del punteggio relativo ai titoli, i ricorrenti hanno “certamente diritto alla collocazione del punteggio di abilitazione nella graduatoria richiesta”. MIUR soccombente costretto a riconoscere i 24 punti SSIS nelle classi di concorso originariamente prescelte dagli interessati e a pagare le spese di giudizio quantificate in 6.000 Euro totali.

 

Presso il Tribunale Crotone, anche l’Avv. Lea Bianchimano, che con sempre attenta partecipazione tutela i diritti dei nostri iscritti sul territorio, ottiene sentenza favorevole in cui il Giudice ribadisce – richiamando esplicitamente la sentenza del Tribunale di Roma recentemente ottenuta per l’ANIEF dall’Avv. Salvatore Russo – che “in presenza di una tabella valutativa che demanda comunque alla volontà dell’interessato la scelta della classe di concorso cui indirizzare il punteggio aggiuntivo, è plausibile affermare che la negazione di tale facoltà è illegittima sotto più profili di eccesso di potere, nonché contraria alla normativa primaria e regolamentare di riferimento”. Il MIUR, nuovamente soccombente, paga anche questa volta le spese di lite: 1.800 Euro oltre accessori.

L’ANIEF auspica di aver tracciato definitivamente, grazie all’attento e determinante lavoro dei propri legali, la strada per una definitiva risoluzione della “vicenda 24 punti” in favore di tutti gli interessati. Sicuramente il MIUR continuerà con pervicace ostinazione a negare questo diritto; il nostro sindacato, come ha sempre fatto, proseguirà imperterrito “affilando le armi” in tribunale forte delle proprie ragioni e di queste nuove soddisfacenti vittorie.

VII Premio Buone Pratiche nella scuola “Vito Scafidi”

VII Premio Buone Pratiche nella scuola “Vito Scafidi”:
il 23 aprile a Roma la cerimonia di premiazione, alla presenza del sottosegretario del MIUR Marco Rossi Doria

Sicurezza, educazione al benessere, educazione alla cittadinanza attiva. Cosa stanno facendo le scuole italiane su questi temi? Quali progetti stanno promuovendo studenti, insegnanti, comunità locali? Da anni Cittadinanzattiva “scopre” tantissime realtà che, a dispetto della crisi e del taglio alle risorse, lavorano sulle Buone pratiche e il 23 aprile le premia con la VII edizione del Premio Buone Pratiche per la sicurezza e la salute a scuola “Vito Scafidi”,
La cerimonia ufficiale di consegna del Premio, promosso dalla Scuola di Cittadinanzattiva nell’ambito della campagna nazionale IMPARARESICURI, si terrà a Roma il prossimo 23 aprile, dalle ore 9,30 alle ore 13,30 presso il Cnel, Sala del Parlamentino, Viale Lubin 2. Saranno presenti, tra gli altri, il Sottosegretario al MIUR Marco Rossi Doria, l’Autorità dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, il Dipartimento nazionale della Protezione civile. Il programma
Fra i 120 progetti pervenuti, la giuria decreterà i vincitori e menzionati nelle tre seguenti categorie:
LA SICUREZZA A SCUOLA E SUL TERRITORIO intesa come conoscenza e adozione di comportamenti corretti in caso di emergenza all’interno dell’edificio scolastico e all’esterno (rischi naturali, incendio, industriale, ecc.); prevenzione di bullismo e vandalismo; tutela dell’ambiente; sicurezza stradale; utilizzo delle tecnologie e dei social network;
L’EDUCAZIONE AL BENESSERE intesa come educazione ad un’alimentazione corretta, ad attività motorie e sportive adeguate, all’assunzione di stili di vita sani; alla prevenzione sull’uso di droghe, alcol, fumo, gioco d’azzardo;
L’EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA ATTIVA intesa come promozione di esperienze di volontariato e di percorsi educativi riguardanti la solidarietà, la convivenza civile, la legalità, l’inclusione sociale verso soggetti deboli quali disabili, stranieri, anziani, poveri, ecc. e la cura dei beni comuni.
Sarà possibile seguire la diretta streaming del Premio sul sito www.cittadinanzattiva.it

Il Premio delle Buone Pratiche Sicurezza e Salute a Scuola “Vito Scafidi” è realizzato:con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri; in collaborazione con il Dipartimento nazionale della Protezione civile e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; con il sostegno di Federchimica-Anifa e di TNT

Punteggio Servizio Militare

Punteggio Servizio Militare: nuova vittoria ANIEF in tribunale, inconsistenti le argomentazioni del MIUR

 

Nuovo successo targato ANIEF ai fini del riconoscimento nelle graduatorie a esaurimento del punteggio relativo al servizio militare prestato non in costanza di nomina. Due nuove sentenze emesse dal Tribunale di Termini Imerese danno piena ragione ai nostri legali Fabio Ganci e Walter Miceli e impongono al MIUR il rispetto della normativa vigente e della Costituzione.

 

Il Tribunale del Lavoro di Termini Imerese concorda completamente con quanto da anni sostenuto dall’ANIEF e conviene che non è giustificabile che il MIUR preveda “il riconoscimento del servizio militare svolto solo successivamente alla nomina, perché anche anteriormente ad essa il servizio militare è di ostacolo, e quindi di pregiudizio, all’attività lavorativa, cui quindi si deve ovviare con il suo riconoscimento quale periodo di servizio a tutti gli effetti”. Ritenuta “inconsistente” l’argomentazione sostenuta dal MIUR a giustificazione del proprio operato, il Giudice ribadisce che risulta tuttora vigente l’art. 485, co. 7 del D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297 (Testo Unico in materia di istruzione) in cui è esplicitamente previsto che: “Il periodo di servizio militare di leva o per richiamo e il servizio civile sostitutivo di quello di leva è valido a tutti gli effetti”.

 

Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, supportati da argomenti ritenuti dal Giudice “pacifici e documentati”, hanno pianamente dimostrato che la negazione del diritto al riconoscimento del servizio militare prestato non in costanza di nomina previsto dal MIUR nel D.M. 44/2011, oltre a violare le disposizioni normative vigenti in materia, si pone in contrasto con l’art. 52 della Costituzione. In accoglimento di tale assunto, il Tribunale di Termini Imerese dà ragione all’ANIEF e ribadisce che “Il tenore generale ed onnicomprensivo del comma 7 riportato ed il contesto in cui si inserisce indicano univocamente la volontà normativa, coerente con l’art. 52 co. 2 seconda parte, Cost., di evitare che il servizio militare obbligatorio […] pregiudichi l’attività lavorativa, quindi, nello specifico, lo svolgimento dell’attività di docenza, necessariamente impedita e quindi ritardata, per il periodo di leva”.

 

L’ANIEF, che da sempre si batte in tutte le sedi opportune per la tutela dei diritti dei lavoratori della scuola e il rispetto della normativa vigente e della gerarchia delle fonti, ottiene ancora una volta ragione in tribunale con conseguente condanna del MIUR all’immediato riconoscimento del punteggio spettante ai nostri iscritti oltre al pagamento delle spese di lite quantificate, complessivamente, in 5.000 Euro oltre accessori.

Per l’Anief, fare il dipendente pubblico non conviene più

da tuttoscuola.com

Per l’Anief, fare il dipendente pubblico non conviene più

Le penalizzazioni cui sono stati sottoposti i dipendenti pubblici nell’ultimo ventennio sono state talmente pesanti e vessatorie che oggi in Italia conviene nettamente essere assunti dalle aziende private: gli storici vantaggi di essere dipendenti dello Stato non ci sono più“. Lo ha detto Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalità, direttivi e quadri PA, nel corso della tavola rotonda “Status della dirigenza in venti anni di contrattazioni”, organizzata all’interno del convegno Confedir-Unadis “Venti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego: la dirigenza dello Stato tra riforma, controriforma e prospettive future”, in corso di svolgimento al Centro Congressi Cavour di Roma.

Pacifico ha ricordato come in Italia l’approvazione negli ultimi due decenni di una serie di decreti legislativi, in particolare il 29/1993, il 165/01 e il più recente 150/09, noto anche come decreto Brunetta, per mere ragioni di finanza pubblica ha in realtà introdotto una sempre più spinta privatizzazione  del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, con evidenti riflessi negativi sulla carriera di dirigenti e dipendenti dello Stato, anche in deroga a precise scelte negoziali e diritti non comprimibili.

L’esperienza privatistica nel pubblico – ha sottolineato il sindacalista Anief-Confedir – ha influito sulla materia delle pensioni, del trattamento di fine servizio, della produttività e del merito, della razionalizzazione, dei licenziamenti, della mobilità, della stabilizzazione, subendo una controriforma che ha reso precari gli impegni assunti negli anni dai Governi con le parti sociali, sotto la scure dei mercati, fino a penalizzare ingiustificatamente e discriminativamente i lavoratori assunti nel pubblico rispetto al comparto privato“.

Durante l’intervento, Pacifico ha ricordato che i Governi degli ultimi anni si sono particolarmente accaniti contro i dipendenti pubblici: non è stata prevista alcuna ‘finestra’ sulla riforma delle pensioni attuata dalla riforma Fornero, si è tornati alla trattenuta del 2,5% sul Tfr, si è attuato il blocco del contratto per il quadriennio 2010-2013 con riduzione del potere d’acquisto degli stipendi a 23 anni fa, si è attuata la riduzione degli organici della PA (-275.000 posti di lavoro negli ultimi sei anni) con conseguente applicazione  della mobilità coatta-cassa integrazione, si è introdotta

la deroga alla stabilizzazione dei precari della scuola e della sanità prevista dalla Unione Europea (direttiva 1999/70/CE).

Su quest’ultimo punto, la mancata assunzione dei precari di lungo corso, con almeno 36 mesi di servizio, il sindacalista ha ricordato che l’Italia si è già meritata, da parte dell’Ue, l’avvio di pericolose procedure d’infrazione: “la logica che prevale – ha detto Pacifico – è ormai quella di un sistema che ha fatto della precarietà in questi ultimi anni uno strumento di finanza pubblica per conseguire risparmi altrimenti irraggiungibili ma in spregio al principio di non discriminazione censurato dai tribunali del lavoro“.

Pacifico si è infine soffermato sulla proposta di intesa sulle nuove relazioni sindacali, avanzata il 6 marzo 2013 dal Governo alle parti sociali, in aderenza al decreto Brunetta: “ignorando l’espressione negativa della Consulta (sentenza n. 223/12) sul blocco degli automatismi di carriera dei magistrati (art. 9, c. 21, L. 122/2010), il Governo uscente ha caldeggiato la sostituzione, a partire dagli anni successivi, degli scatti di stipendio con il sistema premiale della performance  individuale, sempre che siano reperite risorse aggiuntive derivate da nuovi risparmi”.

Pericolo radon nelle scuole?

da Tecnica della Scuola

Pericolo radon nelle scuole?
di Aldo Domenico Ficara
Il radon è un gas radioattivo che deriva dal decadimento radioattivo naturale dell’Uranio 238 che si trova praticamente in tutti i tipi di suoli. Di solito il radon entra negli ambienti chiusi attraverso crepe, buchi e microfratture nel corpo di fabbrica o nelle fondamenta
Particolare fonte di emissione radioattiva è costituita dal cemento perché contiene ceneri volanti, ovvero la cenere che si deposita alla base delle ciminiere delle centrali a carbone. Questa cenere è usata come additivo nel cemento perché contribuisce a migliorarne le caratteristiche meccaniche. Il carbone, per se stesso, ha un contenuto radioattivo piuttosto basso, però nella ciminiera avviene una specie di distillazione, dove gli elementi più leggeri sono espulsi dal camino, mentre quelli più pesanti (compresi Uranio e Torio) si depositano alla base del camino e quindi si ha un’elevata concentrazione del contenuto radioattivo della cenere di carbone. La misura di concentrazione media annua di radon in aria è obbligatoria solo nei locali interrati ed eventualmente seminterrati dei luoghi di lavoro, degli asili nido e scuole materne e dell’obbligo. Secondo quanto stabilito dalla normativa vigente, l’esercente di attività che si svolgono in luoghi di lavoro sotterranei o, in aree particolari individuate dalle Regioni, semisotterranei o a piano terra ha l’obbligo di effettuare la determinazione della concentrazione media annua di radon in aria e, se del caso, far valutare la dose ai lavoratori esposti. A tal proposito Radon Free Radiation Monitoring (www.radon-free.com) ha invitato tutti gli istituti scolastici statali e comunali (scuole dell’infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di I grado) di Cagliari ad aderire al progetto di ricerca finalizzato alla misura strumentale del gas radioattivo radon presente all’interno delle scuole, i cui effetti per la salute di docenti, allievi e personale non docente possono essere gravi. Le attività di monitoraggio all’interno di ciascun istituto scolastico si svolgeranno nel periodo compreso tra il mese di ottobre 2013 e il mese di aprile 2014 e dureranno orientativamente una settimana in ciascuno di essi; le misure, che non comportano alcun pericolo per gli occupanti l’edificio, saranno svolte da parte di professionisti di provata esperienza e competenza, senza creare allarmismi e senza che l’attività didattica possa in alcun modo essere ritardata o debba essere modificata

Primaria, c’era una volta il tempo pieno. A Roma la Flc-Cgil non ci sta

da Tecnica della Scuola

Primaria, c’era una volta il tempo pieno. A Roma la Flc-Cgil non ci sta
di A.G.
Il sindacato punta il dito contro la circolare dell’Usr che contraddirebbe i modelli orari ministeriali: le 4 ore rimanenti ad ogni maestro di ruolo finiscono nell’organico, anziché al fabbisogno dell’istituto. Per l’organizzazione capitolina è una pericolosa distorsione del modello didattico pedagogico tradizionale. Al quale già la riforma Gelmini aveva dato una bella “spallata”, andando ad eliminare le copresenze.
La formazione degli organici di Roma e provincia dell’anno scolastico 2013-2014 sarebbe frutto di una “palese violazione delle norme”: a sostenerlo, nel giorno della scadenza da parte delle scuole per l’invio della composizione delle cattedre del prossimo anno scolastico, in virtù delle iscrizioni portate a termine a fine febbraio, è il sindacato Flc-Cgil di Roma. Che chiede un immediato “intervento in difesa dei diritti delle famiglie, degli alunni e del personale docente”.
“La distorta applicazione da parte del Direttore Generale dell’Usr di Roma della circolare ministeriale n.10 del 21 marzo 2013 che definisce le modalità di distribuzione delle dotazioni organiche del personale docente – spiega l’organizzazione romana – sta producendo di nuovo, anche quest’anno, gravi danni alle realtà scolastiche e, di conseguenza, a tutti i fruitori del sistema dell‘istruzione pubblica”.
Il sindacato punta quindi il dito contro la circolare dell’Usr che contraddirebbe i modelli orari ministeriali “che si applicano nella scuola primaria: per il tempo pieno, per tutte le classi, devono essere svolte 40 ore di lezione settimanale, con la presenza di due insegnanti che hanno un orario obbligatorio di servizio di 22 ore”. Per la Flc-Cgil, di conseguenza, “le 4 ore rimanenti possono essere utilizzate per ampliamenti dell’offerta formativa e diventano disponibili per le esigenze di tutta la scuola nell’ambito dell’organico d’istituto, in particolare per elevare da 27 a 30 l’orario nelle classi oppure per l’assistenza a mensa nei rientri pomeridiani. Questa riserva oraria, dunque, deve rimanere a disposizione della singola entità scolastica, per rispondere alle necessità della realtà specifica esistente”.
Il problema, sembra, che a Roma, invece, il direttore dell’Usr avrebbe deciso che tali norme non si devono applicare. “Le classi prime, seconde e terze di tempo pieno, infatti, come per il passato anno – sostiene la Flc-Cgil romana e del Lazio – verranno ad avere solo 40 ore in organico di diritto: ciò determinerà intanto riduzioni e perdite di posti, con la concreta possibilità che le 4 ore rimanenti vengano utilizzate per altri scopi e per altre e diverse finalità rispetto a quanto stabilisce la circolare”.
Per il sindacato “tale atto unilaterale da parte dell’Amministrazione dell’Usr di Roma sta provocando una reale e assai pericolosa distorsione del modello didattico pedagogico del tempo pieno nella scuola primaria: è molto grave che si disponga, attraverso meri atti amministrativi ed in maniera surrettizia, una sostanziale modifica del modello didattico della scuola, che viene deprivata di risorse organiche e di tempo scuola che invece sarebbe doveroso utilizzare per migliorare l’integrazione, l’offerta formativa e quant’altro”.
Il sindacato denuncia, quindi, “con forza tale grave atto, che, in palese violazione delle norme che regolamentano la distribuzione delle risorse di organico del personale docente, crea danni pesanti alle scuole ed alle famiglie che in molti casi vedono un impoverimento del tempo scuola a disposizione degli alunni e produce instabilità e perdita di posti ai docenti delle scuole di Roma”. La Flc-Cgil chiede, rivolgendosi, “a tutte le Istituzioni Pubbliche, Miur, Regione ed ente locale, un intervento in difesa dei diritti delle famiglie, degli alunni e del personale docente che vedono immotivatamente lesi i propri diritti da tale incomprensibile comportamento”.
A tal proposito, vale la pena ricordare che il tempo pieno ha già ricevuto una bella “spallata” dall’abolizione delle copresenze di più maestri. Si trattava di un abbinamento che dava ottimi risultati, soprattutto in presenza di ragazzi difficili, stranieri non nati in Italia e disabili. I maestri affiancati, infatti, in questi casi creavano quasi sempre dei sottogruppi composti da alunni con competenze e capacità omogenee. Ora, andare a privare gli insegnanti dell’ultimo baluardo di autonomia didattica sarebbe veramente troppo.

Tipi psicologici: da Jung agli alunni, per “catalogare” i prof

da Tecnica della Scuola

Tipi psicologici: da Jung agli alunni, per “catalogare” i prof
di P.A.
Una variopinta gamma di caratteri e personalità. Anche i docenti sotto il mirino delle tassonomie psicologiche redatte a “pelle” o con ragione dagli studenti. Se i prof giudicano sui registri, i ragazzi registrano le tipologie e magari ci “marciano”
Che cosa rappresentano i professori per gli studenti? Chiede Skuola.net ai suoi lettori che sono poi tutti giovani studenti alle prese con le difficoltà giornaliere proposte dal nostro sistema di istruzione? Un volto associato ad una materia, un compagno maturo di viaggio, un nemico temuto, un orco cattivo, un maestro di vita, un esempio da cui trarre insegnamento, un personaggio da repertorio, un genio da rispettare. Una premessa importante per individuare i profili generali delle tipologie di prof maggiormente diffuse.
IL SIMPATICONE – Chi l’ha detto che i prof non possono essere simpatici? Nel consiglio docenti, il simpaticone è quello che spicca immediatamente per cordialità, vitalità e vivacità. Solitamente non è un tipo solitario né introverso, al contrario tende a stringere amicizia con i colleghi e si fa voler bene da tutti gli studenti. In classe questo prof alterna le spiegazioni impegnate alle battute simpatiche, spezzando la noia piatta delle lezioni con della buona ironia. Si affeziona a tutti i suoi studenti chiamandoli per nome o coniando soprannomi affettuosi e simpatici.
IL PROF SEVERO – Ha uno sguardo inflessibile e un tono di voce grave. Al suo ingresso in classe non vola una mosca e pochi sono gli spavaldi che osano fiatare. Durante le sue spiegazioni un’alta percentuale della classe segue attenta, o almeno fa finta di seguire. Ma il bello arriva al momento delle interrogazioni: nessuno vorrebbe finire sotto la sua penna che scorre dall’alto in basso sul registro aperto. I cuori cominciano a battere all’impazzata, ai più ansiosi si annebbia la vista e le orecchie fischiano. Persino i più preparati iniziano ad avere dubbi relativamente all’argomento ripassato fino al minuto precedente. I compiti in classe di questo genere di insegnante scatenano spesso e volentieri epidemie generali. Non aspettatevi di essere chiamati per nome e neanche di potervi accaparrare un sei politico con il minimo sforzo. La sufficienza va sudata, e i voti sopra al 7 sono chimere.
IL COMPLESSATO – Nella gamma delle personalità maggiormente in vista non può mancare il prof insicuro e introverso. La timidezza estrema di questa tipologia di insegnante si manifesta in vari modi. C’è quello che ha una sudorazione abbondante e accelerata: impossibile non scorgere sopra la sua camicia, all’altezza delle ascelle, degli stagni con paperelle che nuotano tranquille. Altre volte l’ansia prende il sopravvento nei discorsi rendendo l’articolazione delle parole pressappoco impossibile: da qui via libera agli inceppi, i blocchi, i termini mangiati, troncati, invertiti, ribaltati! E così i prof in tensione diventano balbuzienti e oggetto di non poche prese in giro da parte degli alunni più indisciplinati. Altra caratteristica degli insegnanti insicuri è infatti quella di essere presi di mira e considerati dalla classe dei fenomeni da baraccone. Il rispetto nei loro confronti stenta a farsi vedere.
IL GENIO – Questo solitamente è il prof che desta maggior ammirazione tra tutti gli studenti. Insegna italiano, ma conosce alla perfezione le lingue antiche, parla inglese e francese ed è bravo persino in matematica e scienze. Spiega con passione e intelligenza la sua materia, dimostrando di essere all’altezza di un approccio con gli studenti inimitabile. Diplomatico e imparziale quanto basta, non ha particolari simpatie nei confronti di nessuno, premia i meritevoli e, se può, aiuta quelli in difficoltà. Il suo merito maggiore è quello di riuscire a fare amare la materia, e di saper comunicare al meglio il valore della cultura.
IL PROF CON LE PREFERENZE – Purtroppo non manca all’appello dei profili meglio noti, quello del prof che non riesce ad essere imparziale e a guardare tutti i suoi studenti sotto la medesima luce. I 9 e i 10 sono garantiti ai suoi cocchi di turno. Non si può pensare di rimanere nelle grazie di questo prof se non ci si mostra costantemente attenti, ruffiani, secchioni oltre modo. Gestire i rapporti con questo tipo di insegnante è molto difficile soprattutto per i più timidi e introversi. Quest’ultimi infatti fanno fatica ad emergere e a sopravvivere nella lotta al migliore che si scatena costantemente tra i banchi di scuola. L’imparzialità si manifesta palesemente non solo attraverso le valutazioni, ma anche nei comportamenti quotidiani: alcuni ragazzi vengono chiamati per nome e con un sorriso fisso stampato in volto. Questa sorte non è condivisa da tutti, e molti altri infatti sono oggetto di critiche costanti e rimproveri a volte immotivati.