Flc-Cgil: insegnanti discriminate, lo avevamo previsto

da La Tecnica della Scuola

Flc-Cgil: insegnanti discriminate, lo avevamo previsto

Sul caso della scuola marchigiana che avrebbe discriminato una insegnante nel corso della procedura di chiamata dall’albo territoriale interviene anche la segreteria regionale della Flc-Cgil.

“La docente – denuncia la Flc – è stata discriminata due volte: il suo caso è uno di quelli in cui l’errore evidente dell’algoritmo, quello che ha smistato le migliaia di domande di mobilità nazionale, non ha considerato tutti i suoi titoli ed anche per questo non l’ha assegnata in una delle sedi rimaste libere proprio nella sua provincia”.

Per quanto riguarda il fatto specifico (il dirigente scolastico avrebbe “indagato” in modo troppo accurata su eventuali maternità dell’insegnante) secondo la Flc “vanno trovate le modalità affinché le segnalazioni delle docenti si trasformino in denunce circostanziate con il coinvolgimento diretto delle consigliere di parità e del MIUR anche attraverso i suoi uffici regionali che debbono vigilare”.
Nessuna indulgenza nei confronti dei dirigenti: “Avverso i singoli dirigenti che si rivelassero responsabili di queste inaccettabili discriminazioni, l’amministrazione deve mettere in atto tutti gli strumenti possibili, a partire dall’applicazione della valutazione negativa con tutte le conseguenze del caso”.

Anche se il sindacato di Mimmo Pantaleo ammette che non sarà facile perché si sta registrando “un forte timore delle lavoratrici per possibili ripercussioni nei loro confronti in un clima di paura e di diffidenza crescenti che temiamo possa avere conseguenze negative anche sulla libertà di insegnamento e sulla qualità della scuola pubblica”.

Peraltro Flc-Cgil ribadisce che ciò che sta avvenendo era facilmente prevedibile: “E’ esattamente quanto la FLC CGIL denuncia fin dalla prima stesura della legge 107/15, tanto che, anche sul tema della chiamata diretta, ha raccolto più di 500.000 firme, di cui più di 12.000 nella Regione Marche insieme agli altri soggetti partecipanti, a sostegno del referendum abrogativo delle norme in questione”.

Mobilità: Ci sono casi di fase D che hanno preceduto le ambizioni della fase C

da La Tecnica della Scuola

Mobilità: Ci sono casi di fase D che hanno preceduto le ambizioni della fase C

Anche se il Miur insiste nel sostenere la regolarità dei trasferimenti e il buon funzionamento dell’algoritmo che li ha elaborati, le contestazioni continuano ancora.

In particolare ci viene segnalato da più persone che in certi ambiti territoriali, molto richiesti, sono entrati come titolari di ambito docenti in fase D, mentre non sono stati soddisfatte le richieste avanzate da docenti della fase C.

Per fare degli esempi concreti, che anche i tecnici del Miur possono verificare, diciamo che nell’ambito 5 della Calabria, per la classe di concorso A019, è entrata una fase D, mentre sono rimaste esclusi i docenti della fase C che ne avevano fatto richiesta. La stessa cosa è successa, per la medesima classe di concorso nell’ambito 13 della Campania e nell’ambito 12 dell’Emilia Romagna. Di errori del genere per tutte le classi di concorso, pare ce ne siano a centinaia.

La domanda che ci poniamo è: “Come è possibile che in un ambito sia assegnata la titolarità ad un docente che si muove in fase D e negata a chi si muoveva nella fase C?”. Pare evidente che in questi casi l’algoritmo non ha rispettato la norma contrattuale che prevede la fase C precedente in ogni caso alla fase D.

Altri docenti lamentano di non avere avuto gli ambiti scelti nella domanda e di essere stati assegnati d’ufficio ad ambiti non richiesti, nonostante siano rimasti liberi posti per la loro classe di concorso negli ambiti indicati in domanda.

Un’altra anomalia riscontrata è quella dei docenti della fase C andati in esubero su scala nazionale. Infatti mentre risultano docenti andati in esubero e rimasti nell’ambito di attuale servizio con 18 punti, ci sono docenti con punteggi inferiori ai 18 punti e appartenenti alla stessa classe di concorso che hanno avuto assegnato d’ufficio un ambito su scala nazionale.

Ci piacerebbe sapere dal Miur se le anomalie suddette sono giustificabili normativamente e nel caso non lo fossero, quale potrebbe essere il motivo della loro esistenza. D’altronde se l’algoritmo, come dice lo stesso ministro Stefania Giannini, è corretto e funzionale, non si riesce a comprendere il motivo di così tante anomalie.

Mobilità, ora occhio alle date per sapere in quali scuole stanno i posti e dove presentare il CV

da La Tecnica della Scuola

Mobilità, ora occhio alle date per sapere in quali scuole stanno i posti e dove presentare il CV

Dopo i trasferimenti su ambito territoriale della secondaria di secondo grado, i docenti delle superiori dovranno prestare la massima attenzione a candidarsi presso le singole scuole.

Dal 16 e fino al 19 agosto per i docenti della scuola secondaria di secondo grado sarà possibile inserire sul portale Istanze on line i propri Curriculum, come previsto dalle nuove procedure di individuazione per competenze degli insegnanti da parte delle scuole per la copertura dei posti vacanti. Però, solo a partire dal 18 agosto avranno la certezza della disponibilità dei posti: da quella data, infatti, ha confermato il Miur “i dirigenti scolastici delle scuole secondarie di II grado potranno cominciare a pubblicare gli avvisi relativi alle loro scuole”.

L’individuazione dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, che corrisponde anche alla chiusura della fase di competenza delle scuole, è prevista entro il 26 agosto.

Ricordiamo che per giungere all’individuazione dei posti, i presidi potranno partecipare a eventuali colloqui proposti dai dirigenti e accettare o meno le proposte ricevute. I docenti, invece, non scelti e comunque rimasti senza una sede alla fine delle procedure, saranno trattati dagli Uffici Scolastici Regionali, che utilizzeranno i punteggi tradizionali. Secondo la Uil Scuola, in molti casi, i docenti non scelti si concentreranno nelle stesse scuole.

Secondaria, tutti i posti ancora liberi

da La Tecnica della Scuola

Secondaria, tutti i posti ancora liberi

Dopo l’assegnazione dei trasferimenti su ambiti, ci sono ancora migliaia di posti ancora liberi.

La Flc-Cgil ha realizzato uno schema excel riassuntivo, per la cui realizzazione si è tenuto conto dei dati ricavati dai prospetti forniti dal Miur dopo i movimenti.

“In considerazione dei numerosi errori – spiega comunque il sindacato – questi dati potrebbero subire significative variazioni”.

“Per controllare la situazione ed ottenere il numero di posti effettivamente liberi dopo la mobilità occorre confrontare i dati dei posti liberi e dei docenti assegnati all’ambito a parità di classe di concorso e di ambito: attenzione nell’elenco dei posti liberi le province sono indicate con la sigla automobilistica”.

Il file excel, spiega ancora la Flc-Cgil, è molto utile anche per coloro che intendono “verificare se per il proprio insegnamento siano rimasti posti liberi negli ambiti non ottenuti: in questo caso si tratta di un errore di mancato utilizzo di posti disponibili”.

In tal caso, il sindacato inviata il docente e presentare un tentativo di conciliazione all’ambito territoriale provinciale che ha valutato la domanda segnalando le anomalie rilevate, inviato per posta elettronica, posta certificata, raccomandata postale o recapitato a mano.

In allegato, nella sezione CORRELATI, il file riassuntivo con i posti della scuola secondaria superiore ancora da assegnare.

Trasferimenti, che dovranno fare ora i docenti che non hanno avuto l’ambito?

da La Tecnica della Scuola

Trasferimenti, che dovranno fare ora i docenti che non hanno avuto l’ambito?

Dopo gli avvenuti trasferimenti, che fine faranno i docenti che non hanno ottenuto l’ambito territoriale? A spiegarlo è la Flc-Cgil, attraverso indicazioni pratiche sul da farsi.

I docenti della fase C (assunti da GAE nelle fasi B e C del piano straordinario di assunzioni 2015/2016) che hanno ricevuto comunicazione di mancato accoglimento della domanda, risultano di fatto in esubero a livello nazionale.

Questi docenti verranno provvisoriamente assegnati d’ufficio in esubero, da parte degli USP (in attuazione di quanto prevede l’art. 23 c. 13 del Ccni 8 aprile 2016), nell’ambito comprendente la prima preferenza espressa nella domanda di mobilità.

Di conseguenza non potranno partecipare alle operazioni di competenza delle scuole (conferimento incarichi triennali da parte dei DS) visto che nelle scuole dell’ambito non ci sono posti disponibili per loro in organico dell’autonomia (diritto+potenziamento), ma dovranno presentare domanda di utilizzazione ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. d) dell’ipotesi di Ccni 15 giugno 2016 in quanto senza sede e in esubero ed anche domanda di assegnazione provvisoria (se interessati ed in possesso dei requisiti) sui posti attivati in organico di fatto e saranno utilizzati, se non ottengono l’eventuale assegnazione provvisoria, dopo tutte le altre operazioni annuali, anche in soprannumero.

Il 44% dei professori meridionali delle superiori costretti ad emigrare al Nord

da tuttoscuola.com

Il 44% dei professori meridionali delle superiori costretti ad emigrare al Nord

La mappa completa dei trasferimenti, dall’infanzia alle superiori: il 74% dei docenti sono del Sud, ma nel Meridione ci sono solo 39% degli studenti. Emigrano 8.661 docenti campani (il 52%), 8.569 siciliani (il 56%) e 1.165 della Basilicata (il 69%).

Sotto accusa l’algoritmo del Miur che assegna  la sede di servizio, ma il vero problema è lo spostamento del baricentro della scuola italiana: più studenti e più posti al nord, sempre meno al sud, dove però risiede circa l’80% di chi vuole insegnare. Da qui un’emigrazione intellettuale che rievoca quella del dopoguerra verso il triangolo industriale. E se non ci fosse stata la spinta degli alunni stranieri, per molti docenti meridionali non ci sarebbe stato un posto neanche lontano da casa.

 

Soltanto 11.374 professori meridionali delle superiori su 20.423 (il 55,7%) ottengono la sede nella regione di residenza, mentre gli altri 9.049 devono emigrare in varie parti della penisola. I posti disponibili nel Mezzogiorno erano 13.499.

L’elenco dei professori delle superiori trasferiti per il 2016-17, pubblicato ieri dal Ministero dell’istruzione, conferma quanto Tuttoscuola aveva già evidenziato nei giorni scorsi per i docenti degli altri ordini di scuola, cioè un pesantissimo divario tra i docenti meridionali aspiranti ad una sede nel Mezzogiorno e la disponibilità di posti in quei territori.

 

In particolare, era interessato ai trasferimenti il 68,5% di prof delle superiori, nato nel meridione, a fronte di una disponibilità di sedi nel Mezzogiorno pari al 40,1% del totale: il 44,3% di loro è stato trasferito in altre regioni. Nessuna deportazione, dunque, quanto un’inevitabile conseguenza della sproporzione tra domanda e offerta sul territorio.

La situazione peggiore è toccata ai prof della Basilicata, dove soltanto il 31,6% dei 686 interessati ha ottenuto il trasferimento in regione. In Calabria soltanto il 36% dei 2.943 prof ha avuto la sede in regione; in Molise il 39,7%.

 

 

La mappa complessiva dei trasferimenti

Con la pubblicazione dei dati relativi alle scuole superiori, avvenuta ieri, è ora possibile disegnare – nello speciale di Tuttoscuola – la mappa complessiva di questa tornata di trasferimenti di docenti.

Infatti, complessivamente quasi tre quarti degli insegnanti di ruolo che hanno avuto l’assegnazione di sede per il prossimo anno scolastico sono nati in una regione del Mezzogiorno, dove era disponibile poco più di un terzo delle sedi.

Su un totale di 72.155 insegnanti oggetto di trasferimento, sono stati ben 53.341 (il 74% del totale) i docenti meridionali di tutti gli ordini di scuola che aspiravano al trasferimento ad una sede nella regione di nascita, dove però erano disponibili soltanto 29.603 posti (il 38% del totale). Tra loro è riuscito ad ottenere un posto nella regione in cui è nato molto meno della metà (46,4%), cioè 24.742 docenti, mentre gli altri 28.599 sono stati trasferiti altrove.

 

 

L’analisi di Tuttoscuola scompone i dati per grado di scuola

Il 71% dei prof delle scuole medie, nato nel meridione, aspirava ad una sede del Mezzogiorno a fronte di una disponibilità di sedi pari al 40,4% del totale: il 54,3% è stato trasferito altrove.

La situazione peggiore ha riguardato i docenti meridionali di scuola primaria (l’81,8% del totale) che avevano una disponibilità di sedi nel Mezzogiorno, pari al 31,9%: è stato trasferito in altre regioni il 65,7%.

Infine, è andato meglio il trasferimento dei docenti di scuola dell’infanzia. I meridionali, pur essendo pari al 76,7%, hanno potuto fruito di una consistente disponibilità di sedi (63,8%), contenendo al 25% i trasferimenti fuori regione.

La migrazione di docenti meridionali verso il Centro-Nord ha avuto ripercussioni nei confronti di molti docenti centro-settentrionali che, pur essendo in numero ridotto e avendo una consistente disponibilità di sedi a casa loro, sono stati costretti a loro volta ad emigrare fuori regione.

Tra i prof delle superiori nati nel Centro-Nord, il 27,7% è stato trasferito fuori regione con punte del 43,8% tra i docenti delle Marche, 40,2% tra i docenti Umbria, 34,5% tra quelli del Lazio, 31% della Liguria, 34,4% in Piemonte.

 

 

Il baricentro della scuola italiana si è spostato verso nord

Ci sono fenomeni demografici e sociali che hanno spostato negli anni il baricentro della scuola italiana, mettendola su un piano inclinato: più studenti al centro-nord spingono un gran numero di docenti, concentrati nel meridione, verso nord. E di fronte a queste tendenze strutturali non c’è algoritmo (quel meccanismo matematico definito dai tecnici del Miur che assegna la sede di servizio in tutte le parti d’Italia) che tenga: nessuna formula matematica potrebbe creare tante cattedre al sud da occupare la sovrabbondante offerta di lavoro che lì si manifesta.

Siamo di fronte a una vera e propria emigrazione di docenti meridionali verso il nord, migranti intellettuali sbarcati in molti casi da atenei del sud rincorrendo il  miraggio di una cattedra che non c’è per tutti, almeno in quelle aree del paese. Un flusso migratorio che richiama quello degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. Dall’emigrazione sud-nord di allora verso le fabbriche a quella verso le cattedre degli anni duemila.

 

 

Un fenomeno inatteso? No, bastava leggere con attenzione – una decina d’anni fa – i trend demografici in atto da tempo (calo delle nascite al sud, calo anche al centro-nord di italiani, più che bilanciato però dai nati di nazionalità non italiana) e incrociarli con i dati sullo squilibrio territoriale tra i docenti in cerca di cattedra: uno studio del Miur del 2007 sulle GAE (Graduatorie Ad Esaurimento, dalle quali, in assenza di nuovi concorsi – il successivo è stato fatto nel 2012 – si sarebbe attinto per le immissioni in ruolo degli anni a seguire) metteva nero su bianco che il 67,5% degli iscritti (160.157 su 237.252) risiedeva nel Mezzogiorno. E altri 33 mila docenti residenti in meridione, pari al 13,9% del totale iscritti, risultavano iscritti in province centro-settentrionali. Complessivamente, dunque, quasi l’82% era residente nel Mezzogiorno.

 

L’algoritmo dunque ha fatto emergere più chiaramente un fenomeno sociale, sotterraneo ma non troppo, che sta caratterizzando da anni la nostra scuola.

Il disagio personale e familiare di chi ne viene coinvolto è enorme e richiede soluzioni strutturali. Ma parlare ora di deportazione o esodo forzato è fuori luogo, come dimostrano i numeri esposti.

L’eventuale rimodulazione dell’algoritmo potrà forse ridurre od eliminare le situazioni patologiche estreme, ma non cambierà la sostanza del pesante squilibrio domanda-offerta.

Per quanto riguarda la situazione attuale dei docenti trasferiti, una volta eliminati gli errori (se ci sono) prodotti dall’algoritmo, il problema dunque resta.

 

Senza piangere sul latte versato di una mancata programmazione che avrebbe potuto prevenire in parte la situazione attuale, due dati bastano a inquadrare oggi il fenomeno a colpo d’occhio: solo il 39% degli studenti italiani risiede al sud, Isole incluse (18 anni fa era il 46%); mentre ben il 74% dei docenti coinvolti in questa tornata di trasferimenti è nato nel meridione.

 

 

I dati sul numero di studenti e l’incremento degli alunni stranieri

 

In 18 anni il numero di studenti nel Sud e nelle Isole è diminuito del 15%, mentre al Centro nord è aumentato della stessa percentuale: quasi mezzo milione di studenti in meno nel Meridione, oltre mezzo milione in più nel resto d’Italia, grazie soprattutto al contributo degli alunni stranieri (che in un certo senso garantiscono un posto a molti docenti meridionali – sia pure lontano da casa – che altrimenti sarebbero rimasti disoccupati).

E’ interessante notare infatti che nel 97/98 gli alunni stranieri nella aule italiane, escludendo per omogeneità la scuola dell’infanzia, erano 65.414 (l’1%), mentre nell’a.s. 2014-15 (non sono disponibili i dati per il 2015-16) sono stati 646.207, pari al 9,4% del totale. Di questi 646 mila, circa l’88% risiede al Centro-Nord.

Insomma in quasi vent’anni gli alunni stranieri sono aumentati di quasi 600 mila unità, per quasi il 90% al Centro-Nord: un incremento che si avvicina molto all’aumento totale di 537 mila studenti registrato nel Centro-Nord.

La spinta degli alunni stranieri ha inciso notevolmente sull’aumento dei posti di docenti al Centro-Nord.

 

Numero alunni I e II ciclo a.s. 97-98 Numero alunni I e II ciclo a.s. 2015-16
Differenze %
NORD OVEST 1.419.185 32,6% 1.687.985 39,9% 268.800 18,9%
NORD EST 1.042.328 23,9% 1.178.599 27,8% 136.271 13,1%
CENTRO 1.212.305 27,8% 1.344.218 31,8% 131.913 10,9%
TOTALE CENTRO-NORD 3.673.818 54,1% 4.210.802 61,3% 536.984 14,6%
SUD 2.130.472 48,9% 1.822.654 43,1% -307.818 -14,4%
ISOLE 985.766 22,6% 830.684 19,6% -155.082 -15,7%
TOTALE SUD-ISOLE 3.116.238 45,9% 2.653.338 38,7% -462.900 -14,9%
TOTALE NAZIONALE 6.790.056 100,0% 6.864.140 100,0% 74.084 1,1%
Elaborazione Tuttoscuola su dati Miur

 

 

Due macro numeri che rendono chiaro lo sbilancio della scuola italiana, che può essere rappresentata – secondo l’immagine scelta da Tuttoscuola – come una grande nave con un carico molto più pesante a prua (il nord del paese, con un numero di studenti in crescita), che fa scivolare gradualmente verso la prua una quota crescente del personale, collocato in misura preponderante a poppa (al sud), dove per motivi sociali il pubblico impiego in generale e la scuola in particolare rappresentano, soprattutto per le donne, opzioni inevitabilmente prioritarie.

 

Ad avviso di Tuttoscuola la nave non potrà raddrizzarsi con alcun algoritmo, ma, in parte, solo con misure a lungo termine. Lo studio ne propone alcune.

 

Come uscire dall’impasse? Nell’immediato (cioè a settembre 2016) c’è poco da fare, salvo correggere gli eventuali errori dovuti al mal funzionamento dell’algoritmo ma – sia chiaro – senza privilegiare o danneggiare nessuno, cioè senza tornare alle pratiche di sottogoverno di un tempo.

A breve-medio termine, cioè nel corso dell’anno scolastico che sta per iniziare e subito dopo, l’unica via percorribile, considerata la persistenza al Sud di fenomeni come la dispersione e gli scadenti risultati nei test Invalsi e Pisa, sembra quella che Tuttoscuola ha suggerito ormai da tempo (almeno dalle ‘Sei idee per rilanciare la scuola’ del settembre 2013), e che il governo sembra sia pur timidamente orientato a imboccare: tenere aperte le scuole (non solo d’estate o occasionalmente), incentivare il tempo pieno nel Sud, intervenire con piani integrati straordinari nelle aree a rischio, rafforzare nel meridione la scuola dell’infanzia, ancora debole in quei territori. Vale a dire, nessuna forma di assistenzialismo, ma investimenti in maggiori servizi, da valutare scrupolosamente e con il pieno coinvolgimento degli interessati in modo da misurarne il tasso di ritorno.

Tutto ciò potrebbe portare nel giro di 1-2 anni alla redistribuzione di buona parte di quei posti assegnati ‘fuori sede’. Ma certo, occorre che il governo decida di investire nella scuola del Sud anche in termini di formazione ad hoc dei docenti da impegnare nei piani straordinari anti-dispersione e nelle altre iniziative (tempo pieno e scuole aperte). D’altra parte è dimostrato che nel medio-lungo periodo l’investimento in istruzione (che non è la ‘spesa’ per l’istruzione) è quello che ha un migliore ritorno dal punto di vista non solo economico ma anche sociale.