Il diritto allo studio e quell’iniqua divisione delle risorse

Superando.it del 23-08-2016

Il diritto allo studio e quell’iniqua divisione delle risorse

Dura presa di posizione della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), contro il decreto di riparto riguardante quei 70 milioni di euro destinati dalla Legge di Stabilità per il 2016 ai servizi per gli alunni e studenti con disabilità. Secondo Falabella, infatti, presidente della Federazione, «quel testo accentua le cause di una profonda disparità territoriale, tra le diverse Regioni e i cittadini che le abitano, assumendo criteri iniqui». Un intervento urgente è stato chiesto a Gianclaudio Bressa, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

«Quel decreto di riparto per le risorse dedicate ai servizi degli alunni con disabilità – denuncia il presidente della FISH Falabella – crea “figli e figliastri” tra le Regioni e i cittadini che le abitano»

«Fissare il riparto sulla base della spesa storica è un atto miope, non equo e discriminatorio. Escludere poi alcune Regioni senza alcun motivo sostenibile, appare del tutto insensato. Con questa scelta, che genera “figli e figliastri”, il Governo abdica al suo dovere di promuovere servizi omogenei – prima ancora che livelli essenziali – su tutto il territorio nazionale. Anziché intervenire per rimuovere le differenze di quantità e qualità dei servizi, accetta e accentua le cause di una profonda disparità territoriale, assumendo criteri iniqui».
A che cosa si riferiva Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), in una nota diffusa qualche settimana fa, coincidente anche con una richiesta urgente di intervento a Gianclaudio Bressa, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con Delega agli Affari Regionali e le Autonomie?
A spiegarlo era stata in una nota la stessa FISH, ricordando innanzitutto come «la ben nota Legge 56/14, ovvero la cosiddetta “Riforma Delrio”, avesse previsto la soppressione delle Province. Il riordino delle loro funzioni, però, avrebbe potuto realizzarsi solo al termine di un complesso iter da parte delle Regioni, che avrebbero dovuto assumere e ridistribuire le competenze delle Province soppresse ai Comuni, alle Città Metropolitane o a Enti con funzioni di Area Vasta». E fra le competenze da riassegnare, come più volte abbiamo ampiamente ricordato su queste pagine, c’era anche quella del trasporto gratuito per le scuole secondarie e l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione per gli alunni con cecità e sordità nelle scuole di ogni ordine e grado, oltreché per gli altri alunni con disabilità nelle scuole superiori.

«Molte Regioni – ricordavano dalla FISH – hanno iniziato questo percorso, ma prima di conoscere la distribuzione delle competenze fra Province, Città Metropolitane e altri Enti, la Legge di Stabilità per il 2015 [Legge 190/14, N.d.R.] aveva ridotto, in modo indiscriminato, i finanziamenti e le dotazioni organiche, rendendo così ancor più problematica la riassegnazione delle funzioni e l’individuazione delle modalità di copertura finanziaria da parte delle Regioni. Molti servizi ai cittadini, quindi, erano entrati in profonda crisi, tra i quali quelli a garanzia del diritto allo studio delle persone con disabilità».
«Su proposta del Governo – aveva poi sottolineato Falabella – il Parlamento aveva tentato di metterci “una pezza” nell’ultima Legge di Stabilità [Legge 208/15, N.d.R.], prevedendo uno stanziamento limitato di 70 milioni, un finanziamento destinato di fatto ad “accompagnare” il processo di trasferimento/soppressione delle competenze (e delle risorse) delle Province, espressamente sostenendo le “funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali”, dimenticando però le funzioni relative al trasporto scolastico».

Ebbene, il 21 luglio scorso, ovvero a meno di sessanta giorni dall’inizio dell’anno scolastico, è approdato in Conferenza Stato-Regioni il decreto di riparto di quei 70 milioni (Decreto della Presidenza del Consiglio), riservando però, a quanto pare, alcune amare sorprese e sollevando non poche perplessità. «I criteri – spiegano infatti dalla FISH – prevedono che il 60% del “fondo” sia assegnato sulla base dell’effettiva presenza di alunni con disabilità e che il 40% si basi sulla “spesa storica” di ciascuna Regione. Vengono inoltre estromesse le Regioni a Statuto Speciale (Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia) in modo del tutto immotivato. Tale scelta di fatto avvantaggia alcune Regioni e ne danneggia pesantemente altre. E con esse i cittadini che vi abitano».
Da qui, dunque, la dura presa di posizione di Falabella, inizialmente riportata, così come la richiesta urgente di intervento al sottosegretario Bressa, per chiedere una modifica del provvedimento. (S.B.)

Incremento fondi a favore delle attività sportive a scuola

Di Vincenzo Finas: Bene Giannini su incremento fondi a favore delle attività sportive a scuola

“Accogliamo con entusiamo la dichiarazione del Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini nel triplicare le risorse destinate alle attività sportive nella scuola attraverso un decreto.” Queste le parole del Presidente nazionale Finas Di Vincenzo, che prosegue: ” Lo sport è fondamentale per i giovani, e la scuola italiana lo ha trascurato per troppo tempo, finalmente viene valorizzato, la collaborazione del Coni e delle Associazioni sportive evidenzia la necessità di fare rete tra le Istituzioni ed i territori per il bene degli studenti, questa è la scuola che vogliamo!”

Vittorio Di Vincenzo

L’Italia sotto la lente dell’ONU

Superando.it del 23-08-2016

L’Italia sotto la lente dell’ONU

Nel prossimo mese di settembre, il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità pubblicherà le proprie Osservazioni Conclusive sullo stato di applicazione nel nostro Paese della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, a sette anni e mezzo dalla ratifica italiana del Trattato. E il lavoro per arrivare a tale passaggio prenderà il via sin dai prossimi giorni a Ginevra, con un importante contributo fornito anche da parte della società civile e segnatamente dal FID (Forum Italiano sulla Disabilità).

Come ampiamente riferito su queste stesse pagine, nel mese di marzo scorso il FID (Forum Italiano sulla Disabilità) – organismo che rappresenta a livello europeo le istanze delle persone con disabilità in Italia, membro dell’EDF (European Disability Forum) e nato nel 2008 a seguito dell’unificazione del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) e del CID.UE (Consiglio Italiano dei Disabili per i rapporti con l’Unione Europea), per rappresentare le decine di organizzazioni aderenti alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e alla FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità) – aveva partecipato a un incontro a Ginevra con il Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, per illustrare il “rapporto ombra” (Shadow Report) sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, elaborato dalla Società Civile e alternativo a quello ufficiale del Governo italiano.
Dopo avere dunque valutato il contenuto di entrambi i rapporti ricevuti, nel successivo mese di aprile il Comitato stesso aveva inviato al nostro Governo una richiesta di chiarimenti su alcuni punti specifici – quella che in inglese viene definita List of Issues, ovvero “lista degli argomenti” – con due mesi di tempo per rispondere. Funziona così, infatti, il sistema di monitoraggio di tutte le Convenzioni sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, il cosiddetto “dialogo interattivo”, che offre alla società civile un importante strumento di partecipazione e di interlocuzione, da una parte con il Comitato dell’ONU, dall’altra, nella fattispecie, con lo Stato italiano.

La lista di chiarimenti presentata all’Italia spazia dunque su ventisei articoli della Convenzione, per un totale di trentaquattro domande. Si tratta in sostanza dei temi su cui il Comitato dell’ONU vuole approfondire l’impegno italiano nell’applicare la Convenzione.
Si passa quindi da questioni generali (articoli 1-4 della Convenzione: quando sarà approvato «un concetto di disabilità riveduto in linea con la Convenzione nelle legislazioni sia nazionale sia regionali» e come le organizzazioni di persone con disabilità vengono coinvolte «in tutti i processi decisionali che incidono sulle loro vite»), a questioni specifiche legate ai singoli articoli. Viene ad esempio chiesto di definire il cosiddetto “accomodamento ragionevole” o come viene tutelata la condizione di multidiscriminazione (articolo 5), e se i minori con disabilità sono inclusi nelle politiche di lotta alla povertà (articolo 7); viene chiesto di illustrare i meccanismi sanzionatori per il mancato rispetto della normativa sulla rimozione delle barriere architettoniche (articolo 9) e ancora, «quali misure sono state adottate per combattere gli stereotipi dannosi nei confronti delle persone con disabilità nel sistema giudiziario», «come vengono messi a disposizione “accomodamenti ragionevoli” in tale àmbito» (articolo 13) e «quali controlli vengono svolti negli istituti» (articolo 15).
Vengono quindi richiesti dati sui minori sotto i 5 anni (articolo 7), sulle violenze nei confronti delle donne e dei bambini con disabilità (articolo 16), sui fondi nazionali e regionali per la Vita Indipendente, sui recenti processi di ritorno all’istituzionalizzazione (articolo 19) e, più in generale, su quali siano le «azioni programmate per migliorare la raccolta e la diffusione di dati nazionali sulla situazione di tutte le persone con disabilità» (articolo 31).
Per quanto poi riguarda l’articolo 24 (Educazione), si chiede quali indicatori vengano utilizzati per monitorare la qualità dell’inclusione scolastica, e quale formazione sia messa in atto per gli insegnanti curricolari e di sostegno, mentre sul piano delle regolamentazioni e delle politiche, viene chiesto quando verranno approvati i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria) e i LIVEAS (Livelli Essenziali di Prestazioni Sociali) (articoli 25 e 28) e, nel campo del lavoro, quali politiche siano state messe in campo per affrontare l’alto tasso di disoccupazione delle persone con disabilità (articolo 27).
Sulla cooperazione internazionale, poi, la domanda si concentra sulla coerenza nei Piani Nazionali con «l’attuazione e il monitoraggio del programma “Agenda e Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030”» e quali siano le misure adottate per garantire che le organizzazioni di persone con disabilità siano significativamente coinvolte in tale processo (articolo 32).
Infine, anche sul sistema di monitoraggio e tutela dei diritti umani (articolo 33), il Comitato ONU chiede «di fornire un calendario per istituire, attuare e fornire un adeguato finanziamento per un meccanismo indipendente di monitoraggio conforme ai “Principi di Parigi” [si legga di questi ultimi nell’ampio documento disponibile a questo link, N.d.R.]», vale a dire le regole internazionali per le istituzioni delle Commissioni Nazionali sui Diritti Umani.

Su tutte queste indicazioni, e sulla base delle risposte italiane alle varie domande, il FID – a nome di tutto il movimento italiano sulla disabilità e tramite una consultazione con le Associazioni – ha preparato a propria volta una serie di osservazioni sui quesiti rivolti dal Comitato delle Nazioni Unite e nei prossimi giorni quest’ultimo esaminerà ufficialmente a Ginevra il rapporto del Governo italiano, in attesa di pubblicare in settembre le proprie Osservazioni Conclusive, vale a dire un elenco di azioni che l’Italia sarà invitata a intraprendere, per implementare le norme e i princìpi della Convenzione. In tal senso, il FID parteciperà alla sessione conclusiva del cosiddetto “Dialogo Costruttivo”, prima della quale, però, organizzerà nel pomeriggio del 24 agosto un evento collaterale sulla partecipazione delle persone con disabilità alle decisioni che le riguardano, tema che permette di sollevare in maniera trasversale tutte le più importanti questioni.

Il primo processo di monitoraggio dell’applicazione della Convenzione per l’Italia testimonierà quale sia realmente l’impegno italiano nell’applicazione della stessa. Da allora, ogni quattro anni, il nostro Paese dovrà riferire al Comitato dell’ONU i progressi ottenuti.
Anche analizzando le esperienze di altre valutazioni prodotte dal Comitato ONU nei confronti di diversi Paesi, si evince che le imminenti Osservazioni Conclusive rappresenteranno veri e propri Programmi di Azione. Infatti, l’adesione alle Convenzioni ONU sui Diritti Umani sono impegni volontari degli Stati verso le Nazioni Unite e verso i cittadini del proprio Paese. Pertanto, quando uno Stato ratifica una Convenzione come quella sui Diritti delle Persone con Disabilità, esso si impegna a rispettarne i princìpi e le norme. Le Osservazioni Conclusive del Comitato dell’ONU sono quindi richieste che impegnano il Paese cui sono rivolte ad applicarle, in attesa, quattro anni dopo, di tracciare un bilancio dei risultati ottenuti.
Per l’Italia, tra l’altro, quelle Osservazioni si intrecceranno con il prossimo Programma d’Azione Biennale sull’Inclusione delle Persone con Disabilità, che verrà presentato a Firenze, il 16 e 17 settembre prossimi, nel corso della Quinta Conferenza Nazionale sulle Politiche della Disabilità.
Va detto a tal proposito che, nonostante le richieste delle Federazioni FISH e FAND di invitare a Firenze il Rapporteur del Comitato ONU ad illustrare le Osservazioni Conclusive dell’ONU nei confronti dell’Italia, il nostro Governo non ha previsto tale passaggio nel programma della Conferenza. Per questo, su iniziativa della FISH Toscana e sempre a Firenze, al termine della Conferenza Nazionale si terrà un workshop sul tema, per sollecitare appunto il Governo a fare proprie le Osservazioni del Comitato ONU, inserendole nel prossimo Programma d’Azione Biennale sull’Inclusione delle Persone con Disabilità. (Giampiero Griffo)

Sono disponibili sia il rapporto ufficiale del Governo Italiano sulla Convenzione, sia quello alternativo del FID (Forum Italiano sulla Disabilità). Inoltre, in un nostro precedente approfondimento del mese di maggio scorso, avevamo dato spazio al testo integrale dei quesiti rivolti all’Italia dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: fid.presidenza@gmail.com.

Tutti gli Stati che hanno ratificato la Convenzione ONU
Sono questi i 166 Paesi (compresa l’Unione Europea), che ad oggi, 23 agosto 2016, appaiono nell’elenco ufficiale prodotto dall’ONU, come ratificatori della Convenzione. L’ordine è cronologico ed è quello che risulta dalla data pubblicata nel portale dell’ONU:
Giamaica (30 marzo 2007) – Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Cuba (6 settembre 2007) – Gabon (1° ottobre 2007) – India (1° ottobre 2007) – Bangladesh (30 novembre 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – Nicaragua (7 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Giordania (31 marzo 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Egitto (14 aprile 2008) – Honduras (14 aprile 2008) – Filippine (15 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Qatar (13 maggio 2008) – Kenya (19 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Australia (17 luglio 2008) – Thailandia (29 luglio 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Cina (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Turkmenistan (4 settembre 2008) – Nuova Zelanda (25 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Vanuatu (23 ottobre 2008) – Lesotho (2 dicembre 2008) – Corea del Sud (11 dicembre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008) – Oman (6 gennaio 2009) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Uruguay (11 febbraio 2009) – Germania (24 febbraio 2009) – Yemen (26 marzo 2009) – Guatemala (7 aprile 2009) – Marocco (8 aprile 2009) – Sudan (24 aprile 2009) – Isole Cook (8 maggio 2009) – Mongolia (13 maggio 2009) – Italia (15 maggio 2009) – Gran Bretagna (8 giugno 2009) – Belgio (2 luglio 2009) – Siria (10 luglio 2009) – Haiti (23 luglio 2009) – Burkina Faso (23 luglio 2009) – Danimarca (24 luglio 2009) – Serbia (31 luglio 2009) – Repubblica Dominicana (18 agosto 2009) – Malawi (27 agosto 2009) – Portogallo (23 settembre 2009) – Laos (25 settembre 2009) – Repubblica Ceca (28 settembre 2009) – Turchia (28 settembre 2009) – Seychelles (2 ottobre 2009) – Iran (23 ottobre 2009) – Montenegro (2 novembre 2009) – Tanzania (10 novembre 2009) – Bolivia (16 novembre 2009) – Algeria (4 dicembre 2009) – Mauritius (8 gennaio 2010) – Zambia (1° febbraio 2010) – Ucraina (4 febbraio 2010) – Francia (18 febbraio 2010) – Lettonia (1° marzo 2010) – Canada (11 marzo 2010) – Bosnia-Erzegovina (12 marzo 2010) – Emirati Arabi Uniti (19 marzo 2010) – Maldive (5 aprile 2010) – Nepal (7 maggio 2010) – Slovacchia (26 maggio 2010) – Etiopia (7 luglio 2010) – Malaysia (19 luglio 2010) – Lituania (18 agosto 2010) – Senegal (7 settembre 2010) – Moldavia (21 settembre 2010) – Armenia (22 settembre 2010) – Nigeria (24 settembre 2010) – Sierra Leone (4 ottobre 2010) – Saint Vincent e Grenadine (29 ottobre 2010) – Unione Europea (23 dicembre 2010) – Romania (31 gennaio 2011) – Togo (1° marzo 2011) – Colombia (10 maggio 2011) – Belize (2 giugno 2011) – Cipro (27 giugno 2011) – Pakistan (5 luglio 2011) – Bahrein (22 settembre 2011) – Lussemburgo (26 settembre 2011) – Capo Verde (10 ottobre 2011) – Indonesia (30 novembre 2011) – Myanmar (7 dicembre 2011) – Macedonia (29 dicembre 2011) – Bulgaria (22 marzo 2012) – Mozambico (30 gennaio 2012) – Mauritania (3 aprile 2012) – Estonia (30 maggio 2012) – Grecia (31 maggio 2012) – Gibuti (18 giugno 2012) – Nauru (27 giugno 2012) – Benin (5 luglio 2012) – Liberia (26 luglio 2012) – Ghana (31 luglio 2012) – Afghanistan (18 settembre 2012) – Swaziland (24 settembre 2012) – Polonia (25 settembre 2012) – Russia (25 settembre 2012) – Israele (28 settembre 2012) – Dominica (1° ottobre 2012) – Malta (10 ottobre 2012) – Cambogia (20 dicembre 2012) – Albania (11 febbraio 2013) – Barbados (27 febbraio 2013) – Iraq (20 marzo 2013) – Norvegia (3 giugno 2013) – Palau (11 giugno 2013) – Singapore (18 luglio 2013) – Kuwait (22 agosto 2013) – Zimbabwe (23 settembre 2013) – Venezuela (24 settembre 2013) – Papua Nuova Guinea (26 settembre 2013) – Kiribati (27 settembre 2013) – Tuvalu (18 dicembre 2013) – Costa d’Avorio (10 gennaio 2014) – Giappone (20 gennaio 2014) – Andorra (11 marzo 2014) – Georgia (13 marzo 2014) – Stato di Palestina (2 aprile 2014) – Svizzera (15 aprile 2014) – Angola (19 maggio 2014) – Burundi (22 maggio 2014) – Grenada (27 agosto 2014) – Repubblica Democratica del Congo (2 settembre 2014) – Guyana (10 settembre 2014) – Guinea Bissau (24 settembre 2014) – Vietnam (5 febbraio 2015) – Isole Marshall (17 marzo 2015) – Kazakistan (21 aprile 2015) – Madagascar (12 giugno 2015) – Trinidad e Tobago (25 giugno 2015) – Gambia (6 luglio 2015) –Bahamas (28 settembre 2015) – São Tomé e Príncipe (5 novembre 2015) – Antigua e Barbuda (7 gennaio 2016) – Sri Lanka (8 febbraio 2016) – Brunei (11 aprile 2016) – Finlandia (11 maggio 2016) – Comore (17 giugno 2016) – Paesi Bassi (13 luglio 2016).

Per quanto riguarda invece il Protocollo Opzionale alla Convenzione (testo che consente al Comitato sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità di ricevere anche ricorsi individuali – di singoli o di gruppi di individui – e di avviare eventuali procedure d’inchiesta), a ratificarlo sono stati finora i seguenti 90 Paesi:
Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Bangladesh (12 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Germania (24 febbraio 2009) – Yemen (26 marzo 2009) – Guatemala (7 aprile 2009) – Marocco (8 aprile 2009) – Sudan (24 aprile 2009) – Isole Cook (8 maggio 2009) – Mongolia (13 maggio 2009) – Italia (15 maggio 2009) – Belgio (2 luglio 2009) – Siria (10 luglio 2009) – Haiti (23 luglio 2009) – Burkina Faso (23 luglio 2009) – Serbia (31 luglio 2009) – Gran Bretagna (7 agosto 2009) – Repubblica Dominicana (18 agosto 2009) – Australia (21 agosto 2009) – Portogallo (23 settembre 2009) – Turchia (28 settembre 2009) – Montenegro (2 novembre 2009) – Tanzania (10 novembre 2009) – Bolivia (16 novembre 2009) – Nicaragua (2 febbraio 2010) – Ucraina (4 febbraio 2010) – Francia (18 febbraio 2010) – Bosnia-Erzegovina (12 marzo 2010) – Nepal (7 maggio 2010) – Slovacchia (26 maggio 2010) – Honduras (16 agosto 2010) – Lituania (18 agosto 2010) – Lettonia (31 agosto 2010) – Nigeria (24 settembre 2010) – Saint Vincent e Grenadine (29 ottobre 2010) – Turkmenistan (10 novembre 2010) – Togo (1° marzo 2011) – Cipro (27 giugno 2011) – Lussemburgo (26 settembre 2011) – Uruguay (28 ottobre 2011) – Macedonia (29 dicembre 2011) – Mozambico (30 gennaio 2012) – Mauritania (3 aprile 2012) – Estonia (30 maggio 2012) – Grecia (31 maggio 2012) – Gibuti (18 giugno 2012) – Benin (5 luglio 2012) – Ghana (31 luglio 2012) – Afghanistan (18 settembre 2012) – Swaziland (24 settembre 2012) – Dominica (1° ottobre 2012) – Malta (10 ottobre 2012) – Palau (11 giugno 2013) – Zimbabwe (23 settembre 2013) – Andorra (11 marzo 2014) – Angola (19 maggio 2014) – Burundi (22 maggio 2014) – Gabon (26 giugno 2014) – Repubblica Democratica del Congo (2 settembre 2014) – Danimarca (23 settembre 2014) – Turchia (26 marzo 2015) – Gambia (6 luglio 2015) – Finlandia (11 maggio 2016) – Comore (17 giugno 2016).

Per ulteriori approfondimenti: https://www.un.org/development/desa/disabilities.

Il doposcuola Abracadabra

Il doposcuola Abracadabra
Primi passi per nuove opportunità culturali e sociali a disposizione della comunità

di Federica Artioli

 

Introduzione

Il doposcuola Abracadabra-Cadè rientra nel progetto Campus, promosso dal Comune di Reggio Emilia nella stagione 2015-2016, che coniuga attività scolastiche, ricreative e sportive rivolte a sedici realtà territoriali del Comune.

Il progetto Campus ha inteso offrire spazi educativi pomeridiani in cui sia stato possibile svolgere i compiti, ma anche praticare attività ludico-motorie ed è stato realizzato in stretta collaborazione con le società sportive e il volontariato sociale.

Nella frazione di Cadè, che conta circa un 25% di cittadini non italiani residenti, l’attività di doposcuola, rivolta ai bambini della locale scuola primaria, era iniziata già due anni prima, grazie all’iniziativa di alcuni volontari, e si teneva nei locali della parrocchia. Il recente ingresso dell’iniziativa in un progetto comunale strutturato ed il trasferimento del doposcuola all’interno dell’edificio scolastico tendono a sottolineare la centralità della scuola nell’ambito della “città educante”, con l’edificio che si apre al territorio e alle famiglie, nell’ottica di generare un embrione che potrebbe portare, nei prossimi anni, alla creazione – dentro alla scuola – di un piccolo spazio culturale dotato di giochi, libri e attività di supporto a servizio di questa zona del forese [1].

 

Utenti, obiettivi e attività di Abracadabra

Nella nostra realtà, i bambini della scuola primaria “Paola Valeriani” di Villa Cadè che frequentano l’iniziativa sono stati proposti dalle insegnanti, con le quali il nostro gruppo di volontari è stato costantemente in contatto, che hanno segnalato gli alunni maggiormente bisognosi di sostegno scolastico e socio-relazionale.

Abbiamo ricevuto una trentina di adesioni iniziali, ma gli accessi settimanali non sono risultati costanti per gli arrivi in corso d’anno e la discontinuità nella frequenza da parte di alcuni, registrando una presenza media di 24 bambini.

Gli obiettivi posti sono di aumentare l’autonomia nello svolgimento dei compiti, migliorare l’autostima dei bambini, incentivare spazi di socialità e condivisione, accrescere la responsabilizzazione dei bambini nei confronti dei propri doveri scolastici e nell’aiuto e rispetto reciproci, sviluppare  relazioni  interpersonali  positive, che limitino le occasioni e gli stati di disagio ed emarginazione, promuovere le  attitudini  e le inclinazioni innate di  ogni  singolo  alunno, migliorare la sensibilità nel rispetto dell’ambiente in cui si vive (scolastico, familiare, sociale) [2].

Le attività del doposcuola Abracadabra sono di tipo didattico e comprendono sostegno nello svolgimento dei compiti e supporto nell’acquisizione del metodo di studio e di abilità organizzative, ma anche di tipo ludico-motorio, con giochi e attività sportive in palestra. Lo scopo non è di terminare i compiti della settimana, ma seguire e supportare i bambini nel loro percorso di apprendimento e stimolare socializzazione e comunicazione attraverso il canale non verbale. Per questo, ai genitori, è stata spiegata la mission dell’iniziativa che però non tutti hanno condiviso, forse per la scarsa conoscenza della lingua o altri bisogni, tanto che, a volte, qualche bambino ha insistito per rimanere al banco anziché unirsi subito agli altri per le attività in palestra.

Le attività del doposcuola sono iniziate nel mese di ottobre 2015 e si sono tenute tutti i giovedì pomeriggio dalle 15 alle 17.30, fino al mese di dicembre, nei locali della parrocchia. Da giovedì 7 gennaio 2016 le attività di Abracadabra si sono trasferite nei locali della scuola, dove è stato possibile usufruire anche della palestra scolastica, e si sono protratte fino alla prima settimana di giugno 2016.

La fascia oraria dalle 15 alle 16.30 è dedicata ai compiti: per una migliore organizzazione, i bambini hanno formato gruppi in base alla classe frequentata, ciascuno dei quali è stato seguito da due o più volontari, in base alla disponibilità. Il gruppo più numeroso è stato quello di quinta, di cui chi scrive si è occupato insieme ad altri tre volontari, contando inizialmente dodici/tredici bambini, per poi ridursi negli ultimi mesi a otto/dieci. Dalle 16.30 alle 17.30 un educatore incaricato dal Comune di Reggio Emilia ha seguito i bambini nelle attività ludico-motorie.

 

Il doposcuola Abracadabra cambia casa: la parola ai bambini

Durante il mese di dicembre 2015 avevamo preannunciato ai bambini l’imminente cambiamento di sede del doposcuola e chiesto al gruppo di quinta cosa ne pensassero. Si erano mostrati abbastanza contenti, ma l’avvenimento non mostrava per essi un forte coinvolgimento. Evidentemente il luogo non rivestiva fondamentale importanza: era un luogo, punto.

Il 7 gennaio 2016 ci siamo ritrovati davanti al cancello della scuola, pronti ad entrare. Abbiamo atteso che la bidella ci aprisse e poi ci siamo recati al primo piano, nelle aule che ci avevano assegnato. Per la maggior parte dei volontari tutto ciò costituiva una novità, mentre per molti di noi, nati e cresciuti nella frazione, si trattava di “un ritorno” e sapevamo muoverci con disinvoltura tra scale, locali e corridoi. I bambini, con naturalezza e padronanza, prendevano posto attorno ai tavoli. Abbiamo stimolato i bambini di quinta a descrivere con una parola o una frase le prime impressioni, il loro stato d’animo, i loro sentimenti rispetto alla nuova sistemazione.

Ecco ciò che hanno espresso: “forte”, “eccitante”, “fantastico”, “una cosa strana”, “rumoroso”, “entusiasmante”, “bello”, “favolistico”, “mitico”, “stupefacente”.

La maggioranza dei bambini si è espressa in modo molto positivo rispetto alla nuova esperienza. Qualcuno aveva già percepito però alcuni aspetti critici del nuovo assetto e li aveva evidenziati. Le aule del primo piano, spaziose e luminose, richiedevano la convivenza di due o più gruppi nella stessa stanza, a differenza dei locali della parrocchia in cui vi erano locali in numero sufficiente per permettere ad ogni gruppo-classe la propria autonomia.

La rumorosità indirizza però verso un aspetto educativo: stimola i bambini ad acquisire maggiore attenzione nei confronti degli altri e verso sé stessi, abituandosi a parlare sottovoce e a muoversi lentamente nel rispetto degli spazi e delle persone.

A conclusione dell’esperienza, è possibile affermare che i bambini hanno migliorato i loro comportamenti, in termini di educazione e rispetto dei compagni che abitavano gli stessi spazi. Grazie all’osservazione, abbiamo nei mesi attuato spostamenti, per giungere ad abbinare gruppi nella stessa aula con l’intento di stimolare comportamenti positivi e fare in modo che potessero individuare modelli di condotta da imitare, soprattutto per coloro che mostravano maggiori difficoltà nel mantenere l’attenzione e il controllo dei movimenti.

 

Conclusioni e possibili sviluppi futuri

L’iniziativa del doposcuola si affianca ai laboratori musicali e artistici che si sono tenuti nell’anno scolastico da poco concluso presso la scuola di Cadè in altri giorni della settimana. In questo modo, tutti gli alunni della scuola hanno avuto la possibilità di svolgere attività pomeridiane.

Il doposcuola rappresenta una notevole risorsa per contrastare la dispersione scolastica. Il disagio su cui si cerca di intervenire è legato allo scarso rendimento scolastico, ma è anche di tipo psicosociale.

Il doposcuola dovrebbe configurarsi come luogo di promozione del benessere, di opportunità per bambini italiani e stranieri per socializzare con i pari, vivere relazioni positive con gli adulti, essere seguiti, motivati e sostenuti nell’affrontare le difficoltà scolastiche. L’ideale sarebbe aprire le attività del doposcuola a tutti i bambini della scuola che richiedano uno spazio in cui poter passare del tempo con i coetanei, coinvolgendo anche coloro che non presentano difficoltà di apprendimento o problemi di tipo relazionale.

Rivolgendosi prioritariamente a una utenza costituita da alunni stranieri, a forte rischio di emarginazione sociale, di trascuratezza da parte delle famiglie e di insuccesso e abbandono scolastico, il doposcuola può correre il rischio di configurarsi come un “ghetto” o come un “servizio sociale”, con conseguente allontanamento della comunità e delle sue risorse. Se invece il doposcuola si pone come un soggetto inserito nella comunità e nel territorio, aperto all’esperienza di tutti i bambini, il rapporto con le famiglie diventa maggiormente interattivo e reciprocamente arricchente [3].

Siamo consapevoli che un pomeriggio alla settimana possa essere inadeguato rispetto alle necessità dei bambini: essi stessi lo hanno sottolineato dicendo: “Io vorrei che ci fosse tutti i giorni il doposcuola!”. Auspichiamo di poter aumentare il numero di pomeriggi di apertura del doposcuola, anche per poter accogliere altri bambini che frequentano la scuola di Cadè, costituendo per l’intera comunità scolastica un luogo di aggregazione, di accoglienza, di inclusione, di relazione, di sostegno e di arricchimento.

Tra gli sviluppi futuri di questa attività individuiamo un possibile coinvolgimento dell’Università, attraverso la presenza di tirocinanti per attività in classe e nel doposcuola, rappresentando un ponte tra l’esperienza scolastica e le attività pomeridiane; figure che, a stretto contatto con i bambini, possano cogliere i loro reali bisogni ed orientare il sostegno didattico e relazionale nel modo più idoneo per ciascuno di essi.

A metà gennaio, alle attività di doposcuola, è stato affiancato un corso di alfabetizzazione per le donne straniere, molte delle quali mamme di bambini della scuola. Questo corso si è svolto negli stessi locali della scuola e nella fascia oraria in cui i bambini sono in palestra ed ha costituito una opportunità per le mamme straniere di entrare a far parte della comunità scolastica e sociale del territorio in cui vivono, di dimostrare ai propri figli la loro volontà a essere parte attiva nella loro crescita e di collaborare nella rete educativa in atteggiamento di reale incontro tra le agenzie educative, impegnandosi a favore della crescita armonica delle nuove generazioni [4].

 

Bibliografia e Sitografia

 


[1] http://www.municipio.re.it/retecivica/urp/retecivi.nsf/PESIdDoc/B7B1F6A1F5762495C1257EBC0041F3F5/$file/villacella_19_novembre_laboratorio2.pdf

[2] http://www.ilfarosociale.it/node/181

[3] De Bernardis A. (a cura di), Educare altrove: l’opportunità educativa dei doposcuola, FrancoAngeli srl, Milano, 2005, pp.13-14

[4] Toffano Martini E., Ripensare la relazione educativa, Edizioni La Biblioteca Pensa MultiMedia, Lecce, 2007, p. 89

Stanziati 80 milioni per l’ampliamento dell’offerta formativa e l’autonomia scolastica

Sport, integrazione degli alunni stranieri, Olimpiadi di Public Debate
Giannini: “Stanziati 80 milioni per l’ampliamento dell’offerta formativa e l’autonomia scolastica”

Due milioni di euro per l’integrazione degli studenti disabili e con bisogni educativi speciali; 6,7 milioni di euro per il potenziamento dello sport a scuola; più di 6 milioni per mettere in campo progetti fra educazione alimentare, alla legalità, educazione stradale e contrasto a bullismo e cyber-bullismo.

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha firmato il decreto che finanzia l’ampliamento dell’offerta formativa e l’autonomia scolastica (ex legge 440) per l’anno scolastico 2016/2017. Sono 80 i milioni a disposizione delle scuole, che si sommano ai 10 milioni già stanziati con il progetto ‘La Scuola al Centro’ per finanziare i programmi di apertura estiva degli istituti di quattro città: Milano, Roma, Napoli, Palermo.

“Oltre il 60% delle risorse è destinato a misure che riguardano gli studenti. Quest’anno abbiamo più che triplicato le risorse per lo sport – sottolinea il Ministro Giannini –  passando dai 2 milioni del 2015 a 6,7. Continuiamo ad investire sull’integrazione dei ragazzi con cittadinanza non italiana, dando una specifica attenzione anche ai minori che arrivano nel nostro Paese non accompagnati, un tema di stringente attualità. Fra le voci nuove che abbiamo voluto inserire, i finanziamenti per potenziare i progetti lanciati lo scorso anno per l’introduzione a scuola del Public Debate e del Public Speaking affinché i ragazzi possano imparare ad argomentare le loro idee, a farle capire e valorizzarle”.

Fra le misure destinate ai ragazzi, 2,5 milioni vanno a scuola in ospedale e istruzione domiciliare; 1 milione servirà a realizzare progetti di accoglienza, di sostegno linguistico e psicologico rivolti a minori non accompagnati con cittadinanza non italiana e ad alunni stranieri. Quasi 2 milioni (di cui 700.000 euro destinati alle Consulte) finanzieranno la partecipazione studentesca. Public Debate e Public Speakingarrivano nel sistema scolastico: quasi 2 i milioni a disposizione che serviranno, fra l’altro, anche per organizzare le prime Olimpiadi di Public Debate nazionali; 350.000 euro vanno al Piano educazione stradale, 1,5 milioni per promuovere corretti stili di vita, 2,4 milioni per i progetti di educazione alla legalità e cittadinanza attiva. Mentre 2 milioni finanziano il contrasto del bullismo e del cyber-bullismo; 2,3 milioni saranno destinati alla realizzazione di un Piano di Interventi nazionale per l’orientamento scolastico; 1,5 milioni per la scuola in carcere; 3,5 milioni per il welfare dello studente e per il diritto allo Studio. Per i corsi di recupero ci sono 6,8 milioni. Mentre 5 milioni finanziano “Progetti di innovazione sociale” di contrasto alla dispersione che vedranno i ragazzi coinvolti nell’elaborazione di risposte innovative per la valorizzazione del patrimonio artistico del loro territorio, dell’ambiente, del paesaggio, della tradizione locale.

Prosegue l’attenzione per la sicurezza degli istituti e l’efficienza dell’edilizia scolastica, con oltre 6 milioni di euro da destinare alla Giornata nazionale per la sicurezza nelle scuole (100.000 euro), alla realizzazione di ambienti didattici innovativi per la didattica digitale (2,7 milioni), all’ulteriore finanziamento di biblioteche innovative (2,5 milioni), al progetto “Scuole accoglienti” che prevede il recupero di spazi inutilizzati nelle scuole per realizzare laboratori creativi (1 milione). Per l’alternanza scuola lavoro, già finanziata con i 100 milioni all’anno previsti dalla Buona Scuola, vengono destinati 1,6 milioni fra finanziamento dell’apprendistato di primo livello e promozione delle migliori pratiche. Quasi 2 milioni vanno alla formazione degli adulti. 1,5 milioni allo sviluppo della metodologia Clil.

Sul fronte del personale della scuola, il decreto stanzia 1 milione per sviluppare le competenze dei dirigenti scolastici sulle innovazioni introdotte dalla legge 107, con particolare riferimento all’organico di potenziamento e alla crescita professionale continua del personale della scuola; 2,3 milioni andranno alla formazione del personale ATA. Quasi 5 milioni finanziano lo sviluppo del sistema di valutazione. La valorizzazione della figura del docente passa anche attraverso l’assegnazione del Premio Nazionale Insegnanti, l’Italian Teacher Prize, che verrà attribuito per la prima volta quest’anno, in accordo con il Global Teacher Prize, che viene finanziato con la somma di 200.000 euro.

ASSEGNAZIONI PROVVISORIE… ALLA CIECA!

ASSEGNAZIONI PROVVISORIE… ALLA CIECA!
Molti Uffici scolastici ancora non hanno pubblicato le disponibilità residue.

Oltre al danno di essere stati oggetto di una mobilità capestro che sta trasferendo migliaia di famiglie in questi giorni, ad oggi la beffa di dover inoltrare una domanda di utilizzazione o di assegnazione provvisoria alla cieca. Diversi Uffici scolastici provinciali, infatti, non hanno ancora pubblicato il quadro complessivo delle disponibilità sui posti dell’organico dell’autonomia e dell’adeguamento de medesimo alle situazioni di fatto. Migliaia di docenti stanno compilando la domanda di utilizzazione o di assegnazione provvisoria (scadenza il 28 agosto) senza poter conoscere le disponibilità residue nelle diverse scuole.
Nessuno dei sindacati collaborazionisti è ancora intervenuto in merito per reclamare la pubblicizzazione delle operazioni e consentire ai lavoratori una scelta sensata delle preferenze da indicare nella domanda che attualmente viene compilata alla cieca. È inaccettabile che i dirigenti degli USP rispondano ai colleghi in modo evasivo non sapendo ancora in quali data le disponibilità verranno pubblicate e invitino a inoltrare la domanda senza conoscere i dati certi.
Dopo le diverse segnalazioni pervenute da alcune regioni come la Calabria, l’Emilia Romagna, la Sicilia, il Piemonte, la Toscana, l’Unione Sindacale di Base Scuola P.I. ha inviato una nota urgente agli Uffici scolastici regionali e provinciali chiedendo la tempestiva pubblicazione delle disponibilità e richiamando quanto previsto dagli articoli dell’Ipotesi di del contratto collettivo nazionale integrativo concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed a.t.a. per l’anno scolastico 2016/17:

– l’art. 1 comma 6
Su tale base, prima di avviare le operazioni di utilizzazione e previa informazione alle OO.SS. territoriali, sarà predisposto dalla Direzione Regionale competente il quadro complessivo delle disponibilità sui posti dell’organico dell’autonomia e dell’adeguamento del medesimo alle situazioni di fatto, ed eventuali successive modificazioni ed integrazioni, relativo alle diverse tipologie di posti in funzione del migliore impiego del personale stesso, secondo i principi stabiliti dal C.C.N.L., integrati dalla presente contrattazione.

– l’art. 3 comma 5
Prima di avviare le operazioni di utilizzazione e previa informazione alle OO.SS., sarà predisposto, per ogni provincia, il quadro complessivo delle disponibilità, relativo alle diverse tipologie di posti, ivi compresi i posti relativi all’insegnamento della religione cattolica. Sarà data tempestiva informazione alle OO.SS. anche su eventuali disponibilità sopraggiunte e sulla motivazione delle stesse.

SCUOLA, TROPPI PREGIUDIZI SUI DOCENTI DEL SUD

SCUOLA, TROPPI PREGIUDIZI SUI DOCENTI DEL SUD

Franco Buccino

(Repubblica ed. Napoli 23 agosto 2016 pag. VI)

In questa lunga estate l’argomento scuola ha contribuito ad alimentare giudizi e pregiudizi nei confronti del Mezzogiorno e dei suoi docenti. Gli studenti maturatisi con il massimo dei voti, quest’anno come nei precedenti, sono molti di più nelle regioni del Sud che in quelle del Nord. Molti docenti, tra quelli stabilizzati nel ruolo, sono stati destinati al Nord, il che ha dato origine a proteste e ricorsi. Due fatti evidenti e che tutti possono verificare. I maturati con 100 e lode sono 5133 in tutto il paese; oltre 2100 concentrati in Puglia, Campania e Sicilia. Tra i docenti precari stabilizzati e interessati alla mobilità (72.000) i tre quarti sono meridionali (54.000), di essi il 45% (24.000) è rimasto al Sud, il 55% (30.000) è andato al Nord. La maggioranza dei posti si trova al Nord. Eventuali errori nelle operazioni, e relative rettifiche, non cambiano la distribuzione dei posti tra le varie regioni. Sono due fatti rilevanti che andrebbero esaminati e approfonditi, anche nelle cause e nelle conseguenze, per evitare giudizi sommari e superficiali. Che derivano, magari, da antichi pregiudizi e in tali pregiudizi continuano a sfociare. Atteggiamento complice e furbesco, superficialità e pressapochismo, inerzia e un presunto atteggiamento da lavativi.

Il massimo dei voti con lode alla maturità l’hanno sempre ottenuto in percentuale maggiore gli studenti meridionali.

Chi ha insegnato sia al Sud che al Nord può testimoniare che si trovano più “eccellenze” al Sud. Forse in un contesto modesto e deprivato più studenti sono portati a impegnarsi, o forse gli studenti bravi “eccellono” più facilmente.

O, più banalmente, la sufficienza data a studenti che non la raggiungono, determina un conseguente innalzamento dei voti a catena. Fino alla lode. No, si insiste con caparbietà, sono i docenti di manica larga, gli danno una mano, così come la danno ai propri alunni nelle prove Invalsi: li fanno copiare.

Quanto valgono gli studenti meridionali lo dicono le varie classifiche Ocse-Pisa: lì occupano gli ultimi posti. Quest’argomento sembra più serio. Abbandoni precoci, dispersione scolastica, risultati insoddisfacenti nel conseguimento delle competenze di base e nei contenuti disciplinari. Una storia, questa sì, che si ripete nel silenzio generale e nell’indifferenza dell’amministrazione. Al posto di pensare a tempo pieno, tempo prolungato, tempi distesi e laboratori, quasi inesistenti nelle scuole del sud; al posto di pensare a strutture più adeguate e a palestre che non siano in locali adattati; al posto di pensare a un organico potenziato soprattutto nelle scuole a rischio, il ministro, l’ineffabile Giannini, ripropone “Scuole aperte”, aperte il pomeriggio e d’estate, ma non dagli insegnanti, bensì da esperti, esterni alle scuole. Al posto di strumenti ordinari, progetti. Che partono tutti dal presupposto che la scuola nei nostri territori non può che fallire. Questo è il vero scandalo, non i 100 e lode.

E gli ultimi posti in classifica non è colpa degli insegnanti meridionali, che già la Gelmini voleva ri-formare, formare daccapo. Del resto, se la maggioranza degli insegnanti del nostro paese, forse il 70%, è meridionale per residenza o per provincia di nascita, perché dovrebbero essere bravi al Nord e poco preparati al Sud, giustamente severi nelle regioni settentrionali e di manica larga in quelle meridionali. Gli stessi insegnanti.

Se la maggioranza, la stragrande maggioranza, dei nostri insegnanti è meridionale, non esiste evidentemente un loro atteggiamento da lavativi, una resistenza a spostarsi in altre regioni. Lo fanno da sempre. Hanno scelto finora di andar fuori docenti, in genere giovani, per avere la certezza del lavoro e una più spedita immissione in ruolo. Dopo, gradualmente, molti tornano. Gli insegnanti che non si spostano dal Sud, in genere meno giovani, affrontano maggiori difficoltà nelle supplenze e tempi biblici per passare di ruolo. Ma, soprattutto per motivi familiari, non hanno alternative. Ora la Buona scuola ha sovvertito proprio questa “regola”. Sono ritornati al Sud più velocemente del previsto tanti docenti di ruolo dal Nord; sono costretti ad andare al Nord tanti docenti che, non potendosi spostare, lavoravano qui da precari. “Hanno scelto loro di fare la domanda. Si sapeva, la maggior parte dei posti si trova al Nord”. Queste sono le espressioni che più hanno fatto male ai docenti, meridionali e non solo, più male delle accuse gratuite e delle ingiurie che tante persone “perbene” gli hanno rovesciato addosso. Sono le espressioni usate, purtroppo, da esponenti dl governo e della maggioranza che lo sostiene. Gli stessi che lo scorso anno di questi tempi facevano terrorismo psicologico: chi non fa la domanda si trova fuori, saranno abolite le graduatorie, le supplenze scompariranno. Gli stessi che minimizzavano gli effetti dell’operazione, che si indignavano a sentir parlare di deportazione. Gli stessi che hanno creato il meccanismo infernale che ha costretto i precari a “scegliere” cento province. Forse l’hanno fatto sulla testa dei precari, illudendosi che con queste vittime sacrificali copriranno i vuoti di organico; mentre invece, com’è facile prevedere, l’aumento dei posti di organico e di potenziamento farà aumentare il numero e il costo delle supplenze.

Questi politici dovrebbero vergognarsi un po’, ammettere gli errori presenti nella loro legge, gli errori nella gestione di tale legge, e trovare dei rimedi. Sperando che i rimedi non siano quelli di ridurre o bloccare il turn over, di riconvertire in modo selvaggio i docenti in esubero, di procedere a mobilità d’ufficio. Ne soffrirebbero in particolare, come è avvenuto in passato nelle varie riforme Moratti e Gelmini, gli alunni, i docenti e le scuole meridionali. Nonostante gli oltre duemila 100 e lode che continuano a sfornare.