Mobilità scuola

Mobilità scuola: serve atto di responsabilità del MIUR per garantire diritti e dignità dei docenti

Dall’incontro al Ministero dell’Istruzione nessun impegno concreto per correggere i numerosissimi e documentati errori, riscontrati e già segnalati, nei trasferimenti.

Ancora una volta abbiamo assistito a una difesa insostenibile di procedure anomale che hanno violato le intese sottoscritte sulla mobilità. L’orientamento del Ministero di favorire la conciliazione presso gli uffici provinciali del lavoro, procedura prevista dalle leggi e dai contratti, per i docenti che ritengono di essere stati danneggiati nei trasferimenti non risolvono i problemi e rischiano di produrre nuove ingiustizie e alimentare ulteriori divisioni. A ciò si aggiunge che le indicazioni date sulla chiamata diretta determineranno ulteriori contenziosi e possibili discriminazioni.

Occorre un atto di responsabilità del Governo garantendo i diritti e la dignità di tutti i docenti nei trasferimenti. Per evitare il caos nelle scuole è necessario sospendere le procedure della chiamata per competenze affidando agli uffici regionali scolastici il compito di assegnare i docenti dagli ambiti alle scuole.

Se non si è capaci di governare un sistema complesso come quello della scuola, solo per ostinarsi a applicare una legge sbagliata e regressiva come la legge 107/15 (La Buona Scuola), se ne traggono le conseguenze, perché competenze e merito devono riguardare prima di tutto chi governa.

Scuola, trasferimenti solo con la “104”

La Repubblica del 04-08-2016

Scuola, trasferimenti solo con la “104”

Precedenza ai prof con parenti malati: media record in Sicilia (15,3%) con punte ad Agrigento e Caltanissetta In Lombardia e Liguria dati cento volte più bassi. Faraone: “Diritto da tutelare, ma guardia alta contro i furbetti”.

«Guai ad abbassare la guardia sui furbetti della 104», ma in Sicilia è record assoluto. Con un tasso quasi cento volte superiore a quello di regioni come Liguria e Lombardia, dove i fruitori di questa legge si contano sulle dita di una sola mano. Gli ultimi trasferimenti interprovinciali degli insegnanti di scuola primaria hanno portato ancora una volta alla luce l’abnorme uso nell’Isola degli istituti previsti dalla legge 104, che dal 1992 consente ai lavoratori offesi da una disabilità di curarsi, di fruire di permessi speciali e di frequentare le scuole con il sostegno di un docente specializzato. Ma anche di avere agevolazioni fiscali e di pretendere l’abbattimento delle barriere architettoniche, laddove necessario. Diritti che, per consentirne l’assistenza, in alcuni casi si estendono anche ai parenti più prossimi dei soggetti che portano sulle spalle il peso di una disabilità: genitori, figli, coniugi ma anche zii e suoceri negli ultimi tempi. Una vera e propria conquista di civiltà che da qualche anno a questa parte scricchiola per via di un uso che ai più appare distorto. Ogni volta che si presenta l’occasione di fare due conti, la Sicilia si trova in testa alla classifica dei disabili e dei parenti di disabili. Con la provincia di Agrigento in cima alla classifica.

Il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, all’indomani della pubblicazione dei trasferimenti della scuola primaria, ha ribadito di recente il concetto: «Guai ad abbassare la guardia sui furbetti della 104. Verifiche capillari al termine della mobilità straordinaria se si riscontrano dubbi su eventuali abusi», ha dichiarato.Gli ultimi trasferimenti della primaria hanno portato in Sicilia 1.981 maestri e maestre di cui 303 con precedenza da legge 104: il 15,3 per cento. In Lombardia, i docenti che si sono spostati con la medesima precedenza sono appena 7 su 4.485: lo 0,156 per cento. Stesso discorso in Liguria. Mentre in Piemonte si arriva allo 0,30 per cento. Ma è scendendo lungo lo stivale che le cose cambiano: 2 per cento nel Lazio, 10 per cento in Calabria, 13 per cento in Campania. E 15,3 in Sicilia. Con la provincia di Agrigento che raggiunge la stratosferica percentuale del 38,4 per cento.
Anche a Caltanissetta si viaggia su percentuali che sfuggono alle logiche della statistica: 36,4 per cento. A Palermo siamo attorno alla media regionale mentre tra le province siciliane più “virtuose” troviamo Catania (con l’8,5 per cento)
e Siracusa, con l’8,3 per cento. Ma “la 104 è una legge di civiltà”, chiosa Faraone. «E crediamo — aggiunge — sia opportuno, quando possa esserci qualche dubbio su eventuali abusi, attestare la veridicità delle certificazioni e dei benefici conseguenti attraverso un’ulteriore verifica presso gli uffici dell’Inps». E minaccia: «Per tutti i casi che non verranno confermati, verrà annullato il trasferimento».

di SALVO INTRAVAIA

Videosorveglianza? Prima chiudete i lager

Superando.it del 04-08-2016

Videosorveglianza? Prima chiudete i lager

di Carlo Giacobini

Il 15 di giugno congiuntamente due Commissioni Parlamentari (I, Affari costituzionali e XI, Lavoro) hanno iniziato l’esame complessivo di ben 7 diverse proposte di legge che prevedono di rendere obbligatorio l’uso della videosorveglianza in asili-nido, scuole, strutture per disabili e anziani. Proposte che sembrano avere la strada spianata e raccogliere il plauso di molti. Ma i coni d’ombra e gli interrogativi, etici e pratici, non mancano.

Mesi di cronaca – cataloghiamola come nera – di pestaggi, abusi, maltrattamenti in lager denominati asili-nido, case di riposo, istituti e comunità per disabili, stanno partorendo qualche effetto. Ma non certo di quelli attesi.

Sette, ben sette proposte di legge, sono all’esame congiunto di due Commissioni della Camera. Alcune si limitano agli asili-nido e alle scuole di infanzia, altre estendono il raggio di azione anche a strutture per anziani o disabili. Tutte, tanto per citare la esemplare relazione dell’onorevole Invernizzi, dovranno “dotarsi di strumenti di videosorveglianza a circuito chiuso al fine, da un lato, di costituire un deterrente a tali crimini e, dall’altro, di garantire maggiore sicurezza alle famiglie che affidano i propri cari a tali strutture.”

Problema: abusi e violenze. Soluzione: videosorveglianza.

Lungi da noi sminuire la sensibilità dei proponenti ma, davvero, ci pare che le proposte siano piuttosto esili nell’analisi del fenomeno e dei presupposti. Ci sembra predomini un esangue retropensiero tranquillizzante che si materializza in un intervento ansiolitico e rassicurante. Assolutorio di responsabilità collettive. Ignavo nell’assumere ben altre radicali ed epocali decisioni. Un’altra occasione perduta.

In questa visione, di cui i Parlamentari sono solo gli ultimi tedofori di una moltitudine ben più ampia, il crimine va prevenuto con strumenti di deterrenza (di indimostrata efficacia).
Del crimine esiste un solo reo: l’operatore che gonfia di botte il malcapitato “soggetto indifeso”, tanto per citare l’esemplare definizione dell’Onorevole De Girolamo.

Il potenziale reo è l’operatore di cui va verificata periodicamente l’idoneità psicologica e comportamentale che una volta dimostratasi insussistente va spostato ad altre mansioni.
Il reo sembra avulso dal contesto in cui opera, sembra non avere responsabili, colleghi, conoscenti. La struttura sembra non avere alcuna rilevanza, né ha importanza l’organizzazione del lavoro.
Chi l’ha autorizzata, finanziata, alimentata sembra non avere alcuna responsabilità politica né civile.

Lungi dall’assolvere le responsabilità individuali o dal cercarne attenuanti, crediamo ci si debba interrogare sugli ambienti in cui questi reati vengono perpetrati. Nelle istituzioni totali e segreganti, nelle strutture che inducono l’isolamento questi episodi di violenza, più o meno evidente, sono inevitabili. Sono forse addirittura funzionali alle strutture stesse, al controllo sulle persone, alla loro dipendenza. E non c’è videocamera che possa modificare questi inumani meccanismi.

Si fissano norme e requisiti, standard per la sicurezza, per l’igiene, per la prevenzione degli incendi, per il numero di operatori, ma ben poco si sancisce in termini di contrasto agli abusi, dei trattamenti degradanti, delle negligenze, dell’eccesso di sedazione, dell’abuso della contenzione.

Ancora meno si esprime sulla formazione, sull’aggiornamento continuo, sullo sviluppo delle competenze, sulla preparazione nella gestione dei cosiddetti “comportamenti problema”, sull’adozione di strumenti e metodi per il benessere degli operatori.
Per tacere dei rapporti fra le strutture (chiamiamole così) e il territorio e la collettività di riferimento. In luoghi aperti, frequentati, contaminati dalle comunità di riferimento sono assai più improbabili fenomeni di violenza o di isolamento.

I manicomi sono stati chiusi. Per gli ospedali psichiatrici giudiziari stiamo lavorando. Ma le strutture segreganti che ospitano decine o centinaia di anziani e persone con disabilità (talvolta sotto lo stesso tetto) sono ancora benedette e finanziate nel nostro Paese. E spesso ritenute risorsa inestimabile. Con buona pace della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che vorrebbe che ognuno potesse scegliere dove, come e con chi vivere.

Ma torniamo alla videosorveglianza. A parte che dopo la modifica dello Statuto dei Lavoratori (art. 4) che tutte le proposte di legge giacenti sembrano ignorare, l’uso di “Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo” non è più rigidamente vietato ma ammesso per esigenze organizzative, l’unica preoccupazione dei proponenti sembra essere di come salvaguardare almeno formalmente la normativa sulla privacy, fissando delle restrizioni, più o meno rigide, all’accesso dei filmati.

Addirittura l’Onorevole Roccella, tanto per citarne l’esemplare soluzione, propone di “avvalersi esclusivamente di telecamere a circuito chiuso conformate per garantire l’anonimità dei soggetti sorvegliati”.

Non abbiamo ben compreso se l’Onorevole Roccella ritenga esistano videocamere che pixellano in automatico i volti dei sorvegliati rendendoli anonimi. E in tal caso, se sono anonimizzati, i rei come possano essere perseguiti. O – ma sarebbe irriverente immaginarlo – se per “sorvegliati” si intendano i bambini, anziani, disabili.

Anche qui facciamo i conti con un retropensiero non troppo rispettoso della dignità umana: per proteggere coattivamente un soggetto (usiamo apposta questo termine) da se stesso e dagli altri si calpesta un altro suo diritto umano senza nemmeno chiedere il suo assenso. Tanto è per il suo bene.

Il diritto alla riservatezza, al rispetto dei propri spazi e delle proprie cose nelle istituzioni totali, che spesso assumono denominazioni rassicuranti, familiari se non arcadiche, sono già un optional di lusso anche senza videocamere. Figuriamoci con una videocamera che violenta anche i momenti di intimo raccoglimento, lontano dalle sale TV con il volume a palla, o dai refettori, o da …

Crediamo che prima di ipotizzare videosorveglianze dagli esiti improbabili, vadano chiusi i lager, vietata quella segregazione che – anche se preferiamo girare il capo dall’altra parte – ancora esiste nel nostro Paese. E vadano seriamente ripensati i servizi per l’abitare o la domiciliarità incentrati sulla dignità e sui diritti umani di ognuno. Oggi non è così.

Viceversa resta la videosorveglianza che tranquillizza i famialiari.

La videocamera di domani potrà riprendere l’operatore che, accarezzando la testina canuta di un’anziana signora, l’aiuta a sorseggiare un bicchiere d’acqua. Una scena rassicurante dal circuito chiuso di videosorveglianza. Ma in quel bicchiere, il terzo del giorno, ci sono 60 gocce di Valium.

La videocamera di domani potrà riprendere chi scrive, ormai 90enne ricoverato in RSA, sdraiato, nudo a gambe larghe e lordo feci fresche. Sporco ma beatamente certo che all’operatore che gli sta sbrigativamente cambiando il pannolone non scapperà qualche cazzotto rabbioso. Evviva la dignità umana!

Le proposte di legge:
di seguito le proposte di legge cui fa riferimento l’editoriale, attualmente in discussione presso le Commissioni congiunte Affari costituzionali e Lavoro della Camera dei Deputati.

VEZZALI ed altri: “Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” (Atto della Camera 2705);

FUCCI: “Delega al Governo per l’adozione di norme volte a garantire il possesso dei requisiti di professionalità e di capacità psico-attitudinale da parte del personale educativo degli asili-nido” (Atto della Camera 261);

MINARDO: “Abrogazione dell’articolo 571 e modifiche all’articolo 572 del codice penale, in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché disposizioni concernenti l’installazione di dispositivi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia” (Atto della Camera 3597);

ROCCELLA: “Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture ricreative pubbliche e private destinate ai minori e istituzione del Garante comunale dell’infanzia vulnerabile” (Atto della Camera 3818);

INVERNIZZI ed altri: “Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” (Atto della Camera 3829);

DE GIROLAMO: “Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio e altre disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale del personale scolastico e sanitario” (Atto della Camera 3629);

GIAMMANCO ed altri: “Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio” (Atto della Camera 1037);

DE GIROLAMO ed altri: “Disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale dei docenti delle scuole dell’infanzia e primarie e del personale degli asili nido” (Atto della Camera 2647).

Alunni disabili, il Miur pensa a una “nuova” inclusione

Alunni disabili, il Miur pensa a una “nuova” inclusione: ecco la bozza

In sede di Osservatorio per l’inclusione, il sottosegretario Faraone ha condiviso la prima bozza dei contenenti della delega che gli è stata assegnata dalla legge 107/2015. Insegnante di sostegno non “a vita”, ma formazione iniziale comune e poi specializzazione. Procedure semplificate, con punto unico di accesso per le famiglie
Sostegno e inclusione scolastica verso la riforma: la delega per realizzarla è stata assegnata dalla Buona Scuola al governo. E il ministero dell’Istruzione, insieme alle associazioni e ai componenti dell’Osservatorio per l’inclusione degli alunni disabili, si è messo al lavoro. Ha tempo fino al 17 febbraio prossimo, ma punta a terminare il lavoro anche prima. Tanto che, nei giorni scorsi, ha presentato all’Osservatorio una prima bozza dei contenuti della delega relativa alla “promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità”. Contenuti che prendono spunto, in buona parte, dalla proposta di riforma elaborata da Fish, la quale definisce alcuni passaggi e obiettivi per la realizzazione di una migliore inclusione scolastica.
Semplificazione e punto unico di accesso. Tra i punti fondamentali, affrontati ed emersi in sede di condivisione della bozza, c’è la semplificazione dell’iter di certificazione e attestazione delle disabilità, anche tramite la creazione di una commissione nazionale unica, al fine di superare le disomogeneità attualmente esistenti tra i diversi territori. Si pensa inoltre a un punto unico di acceso per la disabilità, luogo di progettualità condivisa, per evitare che il sostegno si limiti alle ore scolastiche e garantire così una copertura a più ampio raggio.
Formazione degli insegnanti. Tema fondamentale, evidenziato con forza dalle associazioni e nella stessa proposta della Fish, è poi la formazione degli insegnanti: è questo uno dei punti più discussi e dibattuti, che divide insegnanti e studiosi tra cui vorrebbe, fin da subito, una formazione specialistica e una carriera “separata” per il sostegno, e chi teme invece che questo possa incrementare il meccanismo di “delega” al sostegno, che non va verso l’inclusione. Il Miur sta, a quanto pare, orientandosi verso la definizione di un percorso formativo inizialmente comune e che solo in un secondo tempo “specializzi” gli aspiranti insegnanti di sostegno sui temi dell’inclusione e le singole disabilità, lasciando aperta però la possibilità di tornare alla cattedra curricolare. Ed evitando così di condannare l’insegnante di sostegno a restare tale per tutta la vita, come qualcuno paventa.
Continuità. Il Miur vuole inoltre garantire, come chiesto e auspicato dalle associazioni, più continuità e semplicità nei percorsi, “sburocratizzando” l’iter per la richiesta del sostegno tramite, appunto, un punto unico di accesso a cui le famiglie debbano rivolgersi per tutte le pratiche istituzionali. Secondo quanto riferito dal Miur, le reazioni da parte delle associazioni, di fronte alla presentazione di questa prima bozza, sono state di “grande collaborazione”. Ora non resta che aspettare i passi successivi che saranno compiuti verso la trasformazione del sostegno e dell’inclusione scolastica. (cl) (fonte: http://superabile.it/)

Concorsone, già bocciati metà dei prof

da la Repubblica

Concorsone, già bocciati metà dei prof

Scuola, in alcuni casi più posti a disposizione che promossi. Si rischia di partire con migliaia di supplenze Scontro tra il ministero e i sindacati: “C’è troppa impreparazione”. “Non è vero, ci vogliono precari a vita”

Corrado Zunino
ROMA.
Una selezione dura, al concorso per docenti. Metà dei candidati — stima prudenziale — non ha passato l’esame. E le prime bocciature si avvertono in quelle classi che hanno già iniziato le prove orali. I dati definitivi a settembre, ma quelli che emergono dagli Uffici scolastici regionali sono indicativi. E preoccupanti.
Lombardia, classe di insegnamento B12 (laboratorio di Scienze e Tecnologie chimiche): 68 candidati, solo 7 ammessi alla prova orale. Lettere, medie e superiori, sempre in Lombardia: 1.894 presentati, 572 promossi (un terzo). Liguria, cattedra di Lingue e Culture straniere per le medie: 98 allo scritto, solo 27 andranno all’orale, con voti bassi. «Fior di docenti segati, commissione impreparata», dicono i protagonisti. Emilia Romagna, su 37 candidati per i laboratori di scienze e tecnologie meccaniche, 16 sono stati ammessi alla prova orale. Tredici su 29 in Toscana, per le scienze. Undici su 22 in Campania per l’italiano. In Puglia, Filosofia e Scienze umane, 10 passati su 27 e 68 su 288 in Lingue. Sul sostegno, in Piemonte 130 hanno superato lo scritto (su 333). Filosofia e Scienze umane in Calabria si è chiusa con nessun promosso su 23. Sempre in Calabria, numeri bassissimi nelle discipline letterarie: 95 su 320. Solo il 23 per cento è passato sul sostegno. In Sicilia, il 70 per cento dei bocciati: le due domande in lingua straniera hanno abbattuto candidati, come ha rivelato l’Ufficio scolastico. In Sardegna, per il sostegno di primo grado, si erano presentati quattro candidati: ne è passato uno.
Poi, certo, ancora sul sostegno in Friuli Venezia Giulia il 98 per cento è stato promosso e così il 90 in Emilia Romagna. Nel Lazio il 70 per cento ha superato la prova di Matematica, ma la media nazionale è decisamente bassa. Il monitoraggio Precari Mida-Cgil parla di un 60 per cento di non ammessi, il Miur rettifica nel 47 per cento sia sui posti comuni che sul sostegno. Uno su due che non passa, comunque, è un dato da allarme.
«Spesso i commissari testimoniano mancanza di qualità del candidato», rivelano al ministero dell’Istruzione. Dalle commissioni che hanno già affrontato gli orali rimbalzano risposte già leggendarie. La fine della Prima guerra mondiale? «Con la bomba di Hiroshima», ha dichiarato una candidata. Che cosa fare quando un ragazzo con assistenza sul sostegno dà segni di difficoltà? «Farlo uscire dalla classe perché gli altri devono poter andare avanti», avrebbe detto un altro.
Anche sintassi e grammatica delle nuove generazioni di docenti precari zoppiccano, ma per spiegare compiutamente le bocciature a raffica bisogna affiancare all’ipotesi impreparazione un altro elemento: le commissioni esaminatrici. Ora, guidate da docenti universitari, troppo severe, ora inadeguate (con la presidenza affidata a insegnanti con meno di cinque anni di servizio o a pensionati). Tra i dirigenti del Miur gira una terza ipotesi: alcuni presidenti contrari alla Buona scuola renziana avrebbero trovato nelle bocciature in serie l’ultimo modo per mettere in difficoltà il sistema.
E il sistema, se questi resteranno i numeri, in difficoltà ci andrà. Ricordiamo. Domande di partecipazione165.578, posti messi a bando 63.712. Uno su tre ce la farà. Ma in molte classi di concorso, in molte regioni, ci sono meno docenti rispetto ai posti disponibili. In Calabria 346 cattedre per i 95 ammessi all’orale in Lettere. Andranno riempite, come al solito, con le supplenze. In Puglia 126 posti a concorso in Lingue, solo 68 i candidati passati. In Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia i posti vacanti non saranno coperti. In Emilia sarà vuoto il 14 per cento delle cattedre, in Liguria il 10. Il Gruppo Mida precari: «Selezione durissima perché allo Stato conviene tenerci precari».

Consorsone, i troppi bocciati sono una sconfitta per tutti

da Corriere della sera

Consorsone, i troppi bocciati sono una sconfitta per tutti

Lettera di Fabio Bocci, docente di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Roma Tre e coordinatore dei corsi di formazione e specializzazione per l’abilitazione all’insegnamento (TFA e PAS).

Carlotta Di Leo

Pubblichiamo la lettera aperta alla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini sugli esiti del concorso a cattedra e l’elevata percentuale di “bocciati”. L’ha scritta Fabio Bocci, docente di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Roma Tre e coordinatore dei corsi di formazione e specializzazione per l’abilitazione all’insegnamento (TFA e PAS). «Dai dati che ho a disposizione,  nella classe di concorso A18 in Calabria si arriva al 100% dei bocciati, in Liguria al 96%, nel Lazio al 92%. Se così  fosse, come sembra essere, ci troveremmo dinanzi a una débâcle di proporzioni gigantesche(C. De L.)

*****

Cara Ministra Stefania Giannini
Insegno fin dall’inizio della mia carriera al CdL in Scienze della Formazione Primaria e in questi anni, inoltre, ho coordinato la Classe di Concorso A036, sia per i TFA sia per i PAS (avendo anche l’insegnamento e la responsabilità dei CFU di area pedagogica e didattica), nonché insegnato al Corso di Specializzazione per il Sostegno (anche per i docenti esuberati) e ai diversi Master realizzati in accordo con il MIUR (DSA, Autismo).Ho dedicato alla formazione degli insegnanti molto tempo e molte risorse, “sottraendolo/e”  ad aspetti oggi ritenuti molto più “appetibili” sul piano della carriera accademica.

L’ho fatto e continuerò a farlo convinto che occorra sempre mettere in primo piano il bene e l’interesse comunitario rispetto al proprio e, di conseguenza, in qualità di docente universitario (in modo particolare di pedagogia) ho sempre ritenuto e ritengo ineludibile dedicare energie non solo alla didattica ma alla formazione degli insegnanti.

Le lascio quindi immaginare il mio stato d’animo nell’apprendere – sia da fonti dirette, ossia ex studenti e corsisti sia dai media e dai social – l’esito nefasto che si sta delineando nell’attuale concorso a cattedra. Il numero di “bocciati”, ovvero non ammessi alla prova orale, oscilla tra il 70 e il 90% (cifre che, ripeto, sono approssimative perché attendiamo dati ufficiali come richiesto da diversi colleghi al MIUR).

Da alcuni dati che ho a disposizione so – ad esempio – che nella classe di concorso A18 in Calabria si arriva al 100% dei bocciati, in Liguria al 96%, nel Lazio al 92%. Se così  fosse, come sembra essere, ci troveremmo dinanzi a una débâcle di proporzioni gigantesche.

Ora, prendo atto del fatto che nel nostro Paese è prassi, per dimostrare che si è efficienti, di ricorrere a misure drastiche, che si configurano spesso in “ecatombi” di candidati in occasione di concorsi di varia natura che nella scuola e nell’università, chissà perché, assumono sempre le sembianze di episodi biblici (veda alla voce concorsone). È accaduto, ad esempio, nella Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) per i docenti Universitari, con episodi di bocciature senza senso e, addirittura, di esclusioni all’idoneità a dir poco scandalose (con tanto di ricorsi ecc…).Ma non è di questo che voglio parlare e neppure desidero aprire un fronte (ma che andrebbe aperto, soprattutto da parte del ministero) sulla questione commissari (chi sono, cosa li qualifica a essere tali, ecc…) e su quella dei criteri di valutazione (chi li ha stabiliti, come, quando? … e così via).

Mi interrogo invece, ad alta voce e coinvolgendola, cara ministra Giannini, su quelle che potrebbero essere le cause di tante bocciature.

  1.  I candidati bocciati erano impreparati e immeritevoli.

È plausibile. E tuttavia mi chiedo e le chiedo: questi candidati sono stati selezionati sulla base di una selezione pubblica di accesso con tre step, il primo dei quali – nel caso dei TFA – con “test preselettivo” redatto (con tanto di situazioni a dir poco imbarazzanti per gli errori commessi) dallo stesso ministero. Questi candidati che abbiamo così attentamente selezionato (voi ministero e noi università) per farli accedere al TFA sono stati selezionati male? Se così non fosse qualcosa non torna. Perché o erano “brocchi” (come sembra emergere dalle bocciature al concorso) e quindi abbiamo sbagliato (prima voi e poi noi) ad ammetterli oppure, se non erano brocchi (perché voi e noi abbiamo fatto le cose per bene), lo sono per forza di cose diventati durante, nel mentre, ossia a causa della formazione ricevuta.

  1.  La causa è stata la formazione svolta dalle università.

Plausibile. Però, mi chiedo e le chiedo: il format e la struttura dei corsi (dal CdL in SFP ai TFA, dai PAS al Corso del Sostegno) è strutturato dal ministero, ossia dal Legislatore (vedi L. 249/2010 a seguire fino alla 107/2015 con la delega al Governo e i tavoli per il riordino).
Se presupponiamo (e perché non dovremmo farlo) l’adeguatezza dei format ministeriali e la validità dei test e delle prove selettive di ammissione (perché anche per il CdL in SFP e per il Sostegno si accede a numero chiuso) e stante ciò le prove del concorso hanno sancito questa valanga di bocciati, dobbiamo supporre che i contenuti erogati durante il TFA ecc… e la preparazione dei docenti universitari preposti e degli esperti non è stata all’altezza del compito richiesto.  Non sto qui a difendere categorie o quant’altro. Per esperienza diretta, però, posso dirle che sono state messe in campo le migliori risorse dell’accademia, professori titolati e anche motivati a insegnare in questi corsi e che chi si è investito nella formazione degli insegnanti lo ha fatto con dedizione e cura (talvolta ritenuta anche eccessiva, per troppa serietà).  Detto ciò (l’esperienza personale diretta o indiretta che sia è, come ben sappiamo, fenomenologicamente limitata a ciò che si dà, nel momento in cui si dà, nei limiti in cui si dà… ) tutto può essere, figuriamoci. Però, anche qui c’è un però. Affermare che le università non sono in grado di preparare i futuri docenti è dare adito a un discredito del nostro sistema accademico che incute un certo sgomento.
Oppure, rigirando la cosiddetta frittata, dovremmo presupporre che i format in sé erano errati (o non adeguati allo scopo). Ma allo stesso modo ho difficoltà a screditare con supponenza il lavoro del legislatore e di chi predispone i curricoli di questi corsi.
E comunque sia, così facendo si cadrebbe in quella tipica cultura delle colpe che tanto piace a chi alimenta polemiche da rotocalco ma che poco aiutano nelle analisi accurate.
Forse, mi permetta Ministra Giannini, si è verificato un (purtroppo) consueto corto circuito nell’iter.
Per cui una cosa immaginata per uno scopo (il format) ha poi cambiato rotta in itinere (ossia nell’applicazione, dovuta anche al non verificarsi di certe condizioni… ad esempio i TFA come fase transitoria in vista di Lauree magistrali abilitanti mai realizzate?) e chi ha poi dato atto alla valutazione conclusiva (chi ha pensato le prove e i contenuti del concorso e gli stessi commissari del concorso) si è trovato completamente scollegato dallo/con lo scopo iniziale.
Il tutto accompagnato dal fatto che scuola e università (e, dunque, formazione degli insegnanti) vivono da diversi anni stagioni di cambiamenti radicali (annunciati, varati, ritirati, mezzo realizzati, ecc…) legati alle alterne vicende della politica e dei governi sempre volitivi nel riformare ciò che era stato appena riformato.
Non so cosa ne pensi Lei di questa possibilità.

3. Suggestioni

Sorvolo, perché lo ritengo poco plausibile, il sospetto (che registro come nota che circola) che ci sia addirittura – proprio in ragione della sindrome da riformismo di cui appena detto − un preciso disegno dietro le innumerevoli bocciature: dimostrare l’inefficacia della attuale formazione degli insegnanti (esito di una riforma voluta da un certo Governo) per accreditare ciò che si sta proponendo come innovativo (dall’attuale Governo).

Concludo dicendo che sono impressionato da tutto quello che sta avvenendo e non posso non chiedermi quali responsabilità abbiamo noi tutti e se ci sono possibilità di porre rimedio a quella che vedo delinearsi e palesarsi come una grande, cocente sconfitta del sistema formativo italiano, ossia del nostro Paese.

Una sconfitta che mi addolora ma che, soprattutto, stanno pagando sulla loro pelle persone che hanno dedicato anni e anni a formarsi, con investimenti di risorse ingenti (a proposito quanto ci sta costando tutto questo sciupio?), seguendo le indicazioni che noi (voi e noi) gli abbiamo dato. Persone, rappresentanti la nostra cosiddetta meglio gioventù (perché, mi consenta, chi studia e si forma altrimenti cosa rappresenta?) che andrebbero premiate e che invece si ritrovano alla fine della fiera (moltissimi di loro dopo anni e anni di “precariato”) con un pugno di mosche (e forse neppure quelle) in mano. Faccio mia – e non posso fare altrimenti − la loro amarezza e anche, per l’ennesima volta, quel senso di disorientamento verso le istituzioni che stanno provando.
Una cosa che mi addolora profondamente e credo e immagino addolori moltissimo anche lei ministra Giannini.

Fabio Bocci
Professore associato di Didattica e Pedagogia Speciale presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Università Roma Tre

Errori grossolani dell’algoritmo del Miur?

da La Tecnica della Scuola

Errori grossolani dell’algoritmo del Miur?

Per le organizzazioni sindacali e per migliaia di insegnanti si tratta di “errori grossolani dell’algoritmo” che ha deciso le assegnazioni dei maestri della scuola dell’infanzia e primaria.

Da Nord a Sud migliaia di docenti della fase B che si sono visti, a parità di punteggio con altri colleghi della fase C, scaraventati a chilometri da casa, al tal punto esasperati da  occupare uffici scolastici e istituzioni, mentre un dossier con almeno 1.000 casi di palesi errori sono stati fatti recapitare a Davide Faraone.

Anche la Conferenza Stato Regioni ha chiesto al governo un intervento sulla questione trasferimenti. E alla luce delle molte segnalazioni ricevute, le segreterie dei sindacati della scuola per lo più stanno passando ai fatti, mettendo a disposizione degli interessati gli Uffici legali per ottenere dalle amministrazioni periferiche del Miur la documentazione utile a chiarire se nella procedura di mobilità siano avvenute, come sembra, parzialità e grossolani errori.

Molti docenti reclamano il mancato ottenimento della sede/ambito territoriale richiesto e segnalano che altri candidati, in possesso di punteggio minore, avrebbero invece ottenuto il movimento proprio per le medesime province d’interesse.

Il MIUR nel frattempo per voce del Ministro afferma che tutto è regolare e che nessuno si muoverà per i prossimi tre anni. Il Caos scuola continua

Assegnazioni provvisorie e utilizzazioni primaria, nuove date: domande dal 5 al 18 agosto

da La Tecnica della Scuola

Assegnazioni provvisorie e utilizzazioni primaria, nuove date: domande dal 5 al 18 agosto

I ritardi di pubblicazione dei trasferimenti sugli ambiti della primaria hanno avuto le temute ripercussioni pure su assegnazioni provvisorie e utilizzazioni.

Modificando le scadenze precedentemente annunciate (28 luglio – 12 agosto), scrive la Cisl Scuola nella tarda serata di mercoledì 3 agosto, il ministero dell’Istruzione ha infatti stabilito la “finestra” definitiva entro cui potranno essere presentate le domande di assegnazione provvisoria e utilizzazione del personale docente di scuola primaria (via internet attraverso il sistema ministeriale Istanze On Line): il periodo utile sarà dal 5 al 18 agosto.

A tutti coloro che debbono presentare domanda, consigliamo di prendere visione dei seguenti documenti:

Assegnazioni provvisorie e utilizzazioni, cos’è utile sapere prima d’inviare la domanda (a cura della Uil Scuola). Il sindacato guidato da Pino Turi ha anche predisposto delle utili schede di dettaglio.

Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie 2016/17: tutte le info in un video (a cura della Cisl Scuola).

Mobilità, pubblicati gli esiti per la scuola secondaria di I grado

da La Tecnica della Scuola

Mobilità, pubblicati gli esiti per la scuola secondaria di I grado

Gli esiti della mobilità interprovinciale della scuola secondaria di I grado sono stati inviati agli Uffici Scolastici Regionali che stanno provvedendo a pubblicarli. I docenti stanno ricevendo le mail con la risposta rispetto alla loro richiesta. Le domande erano oltre 17.000. Gli esiti della mobilità della secondaria di I grado, così come quelli dell’infanzia e della primaria, sono stati inviati anche alle Organizzazioni sindacali.

Dal 6 e fino al 9 agosto per i docenti della scuola secondaria di I grado sarà possibile inserire sul portale Istanze on line i propri CV, come previsto dalle nuove procedure di individuazione per competenze degli insegnanti da parte delle scuole per la copertura dei posti vacanti. E sempre a partire dal 6 agosto i dirigenti scolastici delle scuole secondarie di I grado potranno cominciare a pubblicare gli avvisi relativi alle loro scuole.

Lo riporta il Miur con una nota apparsa sul sito ufficiale.

Sindacati: ricorso al TAR per incostituzionalità chiamata diretta

da tuttoscuola.com

Sindacati: ricorso al TAR per incostituzionalità chiamata diretta

Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals Confsal stanno predisponendo ricorso al Tar contro la cosiddetta “chiamata per competenze”, quei provvedimenti con i quali il Miur (note del 22.07.2016 e 27.07.2016) “ha regolato, in modo del tutto unilaterale, la mobilità dei docenti da ambito territoriale a scuola“, si legge in un comunicato a firma dei quattro segretari dei sindacati.
Si tratta di provvedimenti irragionevoli e contraddittori sul piano amministrativo che“, dicono i sindacati, “violano la trasparenza della pubblica amministrazione visto che non si fondano su criteri chiari e condivisi, lasciando troppo spazio a decisioni arbitrarie. Sono anche in contrasto con importanti principi costituzionali, dalla libertà di insegnamento, ai diritti dei lavoratori, alla contrattazione”.

E infatti i sindacati chiederanno al giudice amministrativo di rimettere la legge 107 del 2015 alla Corte Costituzionale per la illegittimità delle norme che disciplinano la cosiddetta “chiamata diretta” “che è in contrasto con alcuni articoli della Costituzione (art. 2, 3, 97 ecc.)“.

Per i quattro sindacati “Questa materia avrebbe potuto essere regolata da una specifica intesa contrattuale, già delineata con soddisfazione di tutte le parti, che avrebbe garantito i diritti dei docenti e la correttezza delle procedure. Ma la Ministra ha rovesciato il tavolo venendo meno agli impegni presi. Il ricorso alle vie legali diventa inevitabile perché la procedura imposta sta causando danni, scontento e contenzioso con grave lesione della loro dignità professionale“.

Il Presidente Margara

Il Presidente Margara

di Vincenzo Andraous

 

Come cittadino detenuto colpevole, come ex detenuto, come cittadino libero, debbo molto all’intelligenza e alla fermezza di questo Magistrato, soprattutto in questo tempo di impegno e di responsabilità.

Ho conosciuto il Dott. Alessandro Margara come Direttore Generale del D.A.P. in più occasioni, ho avuto a che fare con l’Uomo e con il Giudice, in entrambi i casi ; il rigore non ha mai disgiunto strada alla sua umanità, né l’autorevolezza della sua vista prospettica armeggiare con gli scarponi chiodati dagli interessi di potere.

Nelle sue parole, azioni, analisi, traspariva la necessità di un ripensamento culturale che affermasse la giustezza di un principio, il quale non è filtrato da scuole di pensiero o strumentalizzazioni ideologiche: in carcere esiste un prima, un durante e un dopo, più il carcere recupererà persone, più il problema della sicurezza sarà soddisfatto, contrariamente a ciò che si è cercato di fare passare come principio sofistico.

Margara stava anch’egli al centro del percorso del detenuto, dovendo fare camminare insieme con equilibrio e senza dimenticanze la funzione di salvaguardia della collettività e quella di recupero fattivo delle persone ristrette.

Il carcere, il luogo per eccellenza più separato, escluso, ghettizzato, diventa lo spazio più facile da rimuovere culturalmente. Se il carcere che si vuole fare nascere non avrà spazi di risocializzazione, perché costruito su un ragionamento di solo contenimento del fenomeno criminale, se gli spazi in questione verranno immediatamente occupati per la troppa abbondanza di carne umana, mi sembra chiaro che continuerà a venire meno la funzione stessa della pena e cosa ben peggiore aumenterà la recidiva e la società si ritroverà in seno uomini ancora più incalliti di quando sono entrati, peggio uomini ritornati bambini incapaci di fare scelte responsabili.

In questo senso assume grande rilievo l’impegno profuso dal Presidente Alessandro Margara, il suo tentativo di alimentare processi ripetuti di relazioni e interazioni, affinché fosse possibile un cammino di crescita individuale attraverso la sinergia di quattro poli convergenti: Magistratura, Istituzione Penitenziaria, Società e Detenuti.

Egli sapeva benissimo che se solo una di queste componenti viene meno tutto il progetto è destinato a fallire.

Lo stesso dibattito sulla Giustizia e in questo caso sulla pena e sul carcere è costantemente avvelenato dal flusso comunicazionale non sempre corretto e leale.

Per cui il bene e il giusto che si riesce a fare in una galera, nelle persone ricondotte al vivere civile, premessa per ogni conquista di coscienza, rimangono ultimi e dimenticati.

Margara con questa ingiusta croce ci ha fatto i conti ripetutamente.

Di conseguenza rivendicare la propria dignità, ognuno per sua parte e nel proprio ruolo, sfugge a ogni regolamentazione giuridica e umana, ciò per una politica contrapposta e distante che disgrega e annienta quei “ponti di reciproco rispetto “a fatica mantenuti insieme.

Margara ha cercato di insegnare a tutti: cittadini liberi e non, che il “carcere è società”, allora come può una società non sentirsi chiamata in causa, non avere la consapevolezza che è suo preciso interesse occuparsi di ciò che avviene, o peggio, non avviene dentro un carcere?

La ringrazio ancora Signor Presidente e buona strada.

Utenti scelgono dirigenti

UTENTI SCELGONO I DIRIGENTI di Umberto Tenuta

CANTO 702

I DIRIGENTI SCELGONO I DOCENTI

GLI UTENTI SCELGONO I DIRIGENTI

 

La Riforma perfetta!

I Dirigenti scelgono i docenti.

Gli utenti scelgono i dirigenti.

Al Dirigente incombe l’onere di scegliere i docenti che garantiscano il successo formativo di tutti gli alunni della scuola.

È questo l’unico criterio che egli deve tenere presente.

Non altri.

Ne consegue che a dirigere le scuole debbono essere chiamati solo i dirigenti che vogliano e sappiano fare questa scelta.

I soggetti primariamente interessati a che i dirigenti facciano queste scelte sono gli utenti della scuola, cioè i genitori.

Come prevede la Costituzione, il diritto e il dovere di istruire ed educare spetta primariamente ai genitori.

E, pertanto, spetta ai genitori scegliere i dirigenti.

Nessun genitore sceglierà mai un dirigente che non garantisca una scuola efficiente ed efficace.

Nessuno ama i figli quanto li amano i genitori.

Pertanto, la sequenza è la seguente:

-i genitori scelgono i dirigenti

-i dirigenti scelgono i docenti.

Solo questa sequenza garantisce una scuola efficiente ed efficace.

La BUONASCUOLA.

La BUONASCUOLA che, a norma dell’articolo 1 del DPR 275/1999 deve garantire il successo formativo a tutti i suoi utenti:

<<L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>>.

Scelta dei Dirigenti e scelta dei Docenti obbediscono alla stessa finalità, il SUCCESSO FORMATIVO dei giovani.

Successo che è diritto e dovere dei genitori garantire.

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:
http://www.edscuola.it/dida.html
Altri saggi sono pubblicati in
www.rivistadidattica.com
E chi volesse approfondire questa o altra tematica
basta che ricerchi su Internet:
“Umberto Tenuta” − “voce da cercare”

https://www.facebook.com/utenuta/posts/10208519934589217?pnref=story

 

Manuale per la gestione dei documenti – Sistema Informativo Fondi – SIF 2020

Oggetto: PON “Per la Scuola , competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020. Pubblicato in “Disposizioni Attuative 2014-2020” il Manuale per la gestione dei documenti – Sistema Informativo Fondi – SIF 2020

Nota prot. 10051 del 4 agosto 2016

Manuale per la gestione dei documenti – SIF 2020

Decreto Ministeriale 4 agosto 2016, n. 617

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

VISTO il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, recante “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e, in particolare, l’articolo 2, comma 1, n. 11), che, a seguito della modifica apportata dal decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, istituisce il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
VISTO il decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, recante “Disposizioni urgenti per l’adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell’articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244” che, all’articolo 1, comma 5, dispone il trasferimento delle funzioni del Ministero dell’Università e della Ricerca, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
VISTA la legge 7 agosto 1990, n. 241, recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” e successive modificazioni e integrazioni;
VISTA la legge 19 novembre 1990, n. 341, recante “Riforma degli ordinamenti didattici universitari”;
VISTA la legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” e successive modificazioni e integrazioni e, in particolare, l’articolo 16, comma 5;
VISTA la legge 2 agosto 1999, n. 264, recante “Norme in materia di accessi ai corsi universitari” e successive modificazioni e integrazioni, e, in particolare, gli articoli 1, comma 1, lettera b), e 3, comma 1, lettera a);
VISTO il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, recante “Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53”;
VISTA la legge 8 ottobre 2010, n. 170, recante “Norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico” e, in particolare, l’articolo 5, comma 4;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89, recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”;
VISTO il decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 22 ottobre 2004, n. 270, contenente “Modifiche al Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli Atenei, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509”;
VISTO il decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 10 settembre 2010, n. 249, recante “Regolamento concernente: «Definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ai sensi dell’articolo 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244»” e successive modificazioni e integrazioni, e, in particolare, l’articolo 3, comma 2, lettera a) e gli articoli 5, comma 3, e 6;
VISTO il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 7 marzo 2012, prot. n. 3889, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, del 3 aprile 2012, n. 79, recante “Requisiti per il riconoscimento della validità delle certificazioni delle competenze linguistico-comunicative in lingua straniera del personale scolastico”;
VISTA la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”, e, in particolare, l’articolo 1, comma 189, in forza del quale “In attuazione dell’articolo 19 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, la provincia autonoma di Bolzano, d’intesa con l’università ed il conservatorio di musica che hanno sede nella provincia stessa, disciplina la formazione disciplinare e pedagogico-didattica degli insegnanti delle scuole funzionanti nella provincia autonoma di Bolzano di ogni ordine e grado dei tre gruppi linguistici, anche nelle materie artistiche, nonché le modalità e i contenuti delle relative prove di accesso nel rispetto di quelli minimi previsti a livello nazionale, con possibilità di discostarsi dalla tempistica nazionale, svolgendole anche in lingua tedesca e ladina, ove necessario, e basandosi sui programmi di insegnamento sviluppati ed in vigore nella provincia autonoma stessa.”;
VISTA la legge regionale del Friuli Venezia Giulia 18 dicembre 2007, n. 29, recante “Norme per la tutela, valutazione e promozione della lingua friulana”, e, in particolare, l’articolo 17;
VISTA l’intesa ai sensi dell’articolo 15, comma 25, del Decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 10 settembre 2010, n. 249 tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Regione Autonoma della Valle d’Aosta, sottoscritta in data 14 luglio 2016;
VISTO il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca 30 gennaio 2013, n. 47, recante “Autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica”;
RAVVISATA la necessità di garantire il tempestivo avvio delle attività didattiche dei corsi di laurea e di laurea magistrale di cui al presente decreto contestualmente all’inizio dell’anno accademico 2016/2017;
RITENUTO di definire, per l’anno accademico 2016/2017, le modalità e i contenuti della prova di ammissione al corso di laurea magistrale a ciclo unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria;

DECRETA

Articolo 1
(Accesso al corso di laurea magistrale a ciclo unico per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria)
1. Per l’anno accademico 2016/2017, l’ammissione dei candidati al corso di laurea magistrale a ciclo unico di cui all’articolo 3, comma 2, lettera a), del D.M. n. 249/2010 avviene, previo accreditamento dei corsi stessi ai sensi del D.M. n. 47/2013 citato in premessa, a seguito di superamento di apposita prova sulla base delle disposizioni di cui al presente decreto.
2. La prova d’accesso mira a verificare l’adeguatezza della personale preparazione del candidato, con riferimento alle conoscenze disciplinari indispensabili per il conseguimento degli obiettivi formativi qualificanti del corso di laurea magistrale.
3. La prova di cui al comma 2, predisposta da ciascuna Università, consiste nella soluzione di ottanta (80) quesiti che presentano quattro opzioni di risposta, tra le quali il candidato deve individuare quella corretta, sui seguenti argomenti, specificati nell’Allegato 1 che costituisce parte integrante del presente decreto:

  • a. Competenza linguistica e ragionamento logico;
  • b. Cultura letteraria, storico-sociale e geografica;
  • c. Cultura matematico-scientifica.

4. I quesiti di cui al comma 3 sono così ripartiti: quaranta (40) quesiti di competenza linguistica e ragionamento logico, venti (20) quesiti di cultura letteraria, storico-sociale e geografica, venti (20) quesiti di cultura matematico-scientifica.
5. Per lo svolgimento della prova è assegnato un tempo di 150 minuti.
6. Per la valutazione della prova si tiene conto dei seguenti criteri:

  • – 1 punto per ogni risposta esatta
  • – 0 punti per ogni risposta omessa o errata

7. La votazione di cui al comma 6 è integrata in caso di possesso di una Certificazione di competenza linguistica in lingua inglese, di almeno Livello B1 del “Quadro comune Europeo di riferimento per le lingue”, rilasciata da Enti Certificatori riconosciuti dai Governi dei Paesi madrelingua, ai sensi dell’articolo 2 del D.M. n. 3889/2012 citato in premessa, ricompresi nell’elenco progressivamente aggiornato a cura della competente Direzione Generale del MIUR, a condizione che la Certificazione di competenza in lingua straniera abbia i requisiti di cui all’articolo 3 del predetto decreto, secondo il seguente punteggio:

  • a. B1: punti 3
  • b. B2: punti 5
  • c. C1: punti 7
  • d. C2: punti 10

In caso di possesso di più certificazioni prevale la certificazione di più alto livello, non potendosi sommare i punteggi tra loro.

8. La graduatoria degli aspiranti all’ammissione al corso di laurea magistrale è costituita dai candidati che hanno conseguito, nella prova di cui al comma 2, un punteggio non inferiore a 55/80.
9. È ammesso al corso di laurea magistrale, secondo l’ordine della graduatoria definito dalla somma dei punteggi di cui ai commi 6 e 7, un numero di candidati non superiore al numero dei posti disponibili per l’accesso indicato nel bando.
10. In caso di parità di punteggio, si applicano i seguenti criteri:

  • a. prevale in ordine decrescente il punteggio ottenuto dal candidato nella soluzione, rispettivamente, dei quesiti relativi agli argomenti di competenza linguistica e ragionamento logico, cultura letteraria, storico-sociale e geografica, cultura scientifico-matematica;
  • b. in caso di ulteriore parità prevale lo studente che ha conseguito una migliore votazione nell’esame di Stato conclusivo dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore;
  • c. in caso di ulteriore parità prevale lo studente anagraficamente più giovane.

11. Nel caso in cui la graduatoria dei candidati ammessi risulti composta da un numero di candidati inferiore al numero dei posti disponibili indicati nel bando non si procede ad alcuna integrazione e il corso è attivato per un numero di studenti pari al numero degli ammessi. Non sono consentite ammissioni in soprannumero.

Articolo 2
(Bando per la procedura di accesso)
1. Per l’accesso al corso di laurea magistrale a ciclo unico di cui all’articolo 1, comma 1, ciascuna Università, una volta completate le procedure per l’attivazione del corso e in base alla programmazione definita ai sensi dell’articolo 5 del D.M. n. 249/2010 citato in premessa, emana il relativo bando, che:

  • a. indica il numero dei posti disponibili;
  • b. prevede disposizioni atte a garantire l’anonimato della prova, la trasparenza e l’imparzialità di tutte le fasi del procedimento e indica i criteri e le procedure per la nomina delle commissioni giudicatrici e dei responsabili del procedimento ai sensi della L. n. 241/1990 e successive modificazioni;
  • c. definisce le modalità di accertamento dell’identità dei candidati, gli obblighi e i divieti per i candidati nel corso dello svolgimento della prova e, infine, le modalità in ordine all’esercizio della vigilanza sui candidati;
  • d. definisce le modalità di svolgimento della procedura in conformità a quanto previsto dal presente decreto.

2. Le Università approntano ogni misura idonea per garantire il corretto svolgimento della prova.

Articolo 3
(Candidati con disabilità e candidati con diagnosi di DSA)
1. Le prove di cui al presente decreto sono organizzate dagli Atenei tenendo conto delle singole esigenze dei candidati con disabilità, a norma dell’articolo 16 della legge n. 104/1992.
2. I candidati con diagnosi di disturbi specifici di apprendimento (DSA) di cui alla legge n. 170/2010 citata in premessa devono presentare idonea certificazione rilasciata da non più di 3 anni da strutture del SSN o da strutture e specialisti accreditati dallo stesso. A tali candidati è concesso un tempo aggiuntivo pari al 30% in più rispetto a quello definito per la prova dal precedente articolo 1, comma 5.

Articolo 4
(Calendario della prova di ammissione)
La prova di ammissione di cui al presente decreto si svolge presso ciascuna sede universitaria il giorno 6 ottobre 2016 alle ore 11:00.


Articolo 5

(Norma finanziaria)
Dall’attuazione del presente decreto non derivano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato.

Il presente decreto è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana

IL MINISTRO

F.to Prof.ssa Stefania Giannini


Allegato 1

Decreto Ministeriale 4 agosto 2016, n. 614

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Decreto Ministeriale 4 agosto 2016, n. 614

Norme per lo svolgimento degli esami di Stato nelle sezioni funzionanti presso Istituti statali e paritari in cui è attuato il Progetto “ESABAC TECHNO” (rilascio del duplice diploma italiano e francese, dell’Esame di Stato di Istituto Tecnico e del Baccalauréat Tecnologico)