TRIBUNALE DI PISA
Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 4744/2014 promosso da
C.M. con il patrocinio dell’avv. RIGHINI ALESSIO e dell’avv.
elettivamente domiciliato in VIA TOSCO ROMAGNO-LA 191 – CASCINA presso
il difensore avv. RIGHINI ALESSIO
RICORRENTE/I
contro
LICEO STATALE C. CARDUCCI – MIUR (C.F. ) con il patrocinio dell’avv. e
dell’avv. elettivamente domiciliato in presso il difensore avv.
RESISTENTE/I
Il Giudice dott. Eleonora Polidori,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 29/08/2014,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Con ricorso ai sensi dell’art. 3 e 4 L. n. 67/2006, la sig.ra C M (e
successivamente il sig. C M) nella loro qualità di genitori esercenti la
potestà legale sul figlio minore, A C, adivano questo Tribunale
chieden-do l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
“Voglia Il Tribunale di Pisa, ritenuto e dichiarato, in via
preliminare, per le causali esposte in narrativa, che il mancato
accoglimento del minore nel Liceo Musicale costituisce atto e/o
comportamento discriminatorio, ordinare la cessazione del comportamento
e/o della condotta e/o dell’atto discriminatorio pregiudizievole,
adottando ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Con
vittoria di spese ed onorari di causa.”.
Ricorso e decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle
parti venivano ritualmente notificati alle parti convenute Ministero
dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica e al Liceo
Statale G. Carducci di Pisa.
A sostegno del ricorso i ricorrenti espongono quanto segue:
1) Sono genitori di A C, ragazzino affetto da una disabilità grave,
ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, comma 3, legge n. 104/92 (v.
verbale di visita collegiale ex art. 4 della citata legge prodotto sub
allegato n. 1), in quanto affetto da una grave forma di autismo per la
quale è seguito sin dall’anno 2002 dalla USL di Pisa, reparto
neuropsichiatria infantile, oggi nella persona del Dott. B;
2) Il Dott. B, nella sua qualità di neuropsichiatra infantile
dell’ASL di Pisa, ha partecipato alla redazione del piano educativo
individualizzato (P.E.I.) al fine di elaborare un progetto didattico
adeguato alla personalità del minore nonché alle sue inclinazioni
scolastiche; nei P.E.I. redatti nel corso degli ultimi anni e nella
relazione del Dott. B datata 2 luglio 2014 (allegati), è sempre stata
sottolineata ed evidenziata l’importanza della musica per il ragazzo,
input verso il quale Andrea mostra interesse e mezzo attraverso il quale
egli riesce ad integrarsi ed esprimersi. Il predetto specialista ha
altresì sottolineato come il ragazzo, durante lo svolgimento di attività
connesse all’educazione musicale, abbia dimostrato di essere
maggiormente in grado “di rispettare le regole della classe, di
controllare i tic e di entrare in relazione con i compagni”, ritenendo
conseguentemente fondamentale per lo stesso “la realizzazione di un
Piano Educativo Individualizzato che preveda prevalentemente le attività
motivanti sopradescritte, con le quali sostenere l’autostima, il
raggiungimento del successo e stimolare le potenzialità di sviluppo
cognitivo ed affettivo”;
3) per le suddette motivazioni la madre iscriveva suo figlio al costituendo Liceo Musicale di Pisa;
in data 5 aprile 2014 A C veniva sottoposto ad un test di ammissione
predisposto direttamente dall’insegnante di sostegno e senza che il
ragazzo (né la commissione esaminatrice) fossero preventivamente
preparati alla prova, in spregio ai numerosi P.E.I. del disabile ed alla
sua condizione; infatti, da una attenta lettura dei P.E.I. e della
relazione del Dott. B, la disabilità del ragazzo si manifesta
prevalentemente in disturbi di tipo comportamentale, essendo segnalate
“gravi difficoltà di regolazione, scarso controllo degli impulsi, ansia
prestazionale, tendenza all’isolamento, stereotipie motorie, disagio in
situazioni nuove e poco strutturate”;
Tanto premesso, assumono i ricorrenti che le condizioni di disabilità
del ragazzo erano (e sono) tali per cui lo stesso non avrebbe dovuto
essere sottoposto a prova alcuna, pur se diversificata, in quanto
quest’ultimo, soprattutto sotto stress ed in ambienti a lui non
familiari e davanti a persone sconosciute, tende a chiudersi ancor di
più in se stesso e a non interagire in alcuna maniera con i presenti,
isolandosi dal contesto ed accentuando le stereotipie motorie.
A conferma, evidenziano che i problemi comportamentali del ragazzo
erano emersi chiaramente nel corso della prova a cui è stato sottoposto,
come risulta dal verbale di scrutinio che producevano.
Rilevano inoltre che l’art. 20 della L. 104/92, come modificato dal
D.L. 90/14, relativamente alle prove d’esame nei concorsi pubblici e per
l’abilita-zione alle professioni, stabilisce che “la persona
handicappata affetta da invalidità uguale o superiore all’80% non è
tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista”,
principio questo che, assumevano i ricorrenti, a maggior ragione, è da
ritenersi applicabile in un ambito, quale quello scola-stico, in cui il
disabile forma la propria personalità.
Tutto ciò premesso, lamentano pertanto i ricorrenti che la condotta
tenuta dalle amministrazioni integra una discriminazione da parte delle
Amministrazioni convenute.
In giudizio si costituivano ritualmente entrambe le parti resistenti
con il ministero dell’Avvocatura Distrettuale di Firenze, che
sostenevano l’infondatezza del ricorso e ne chiedevano il rigetto.
La materia è disciplinata dalla Legge 1 marzo 2006, n. 67 che ha
assicurato la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di
discriminazioni e che è stata recentemente modificata dall’art. 28 d.
lvo. 150/11, secondo cui le controversie in materia di discriminazione
di cui all’articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, sono regolate
dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dalla
stessa norma ed è competente il tribunale del luogo in cui il ricorrente
ha il domicilio.
È la stessa norma dell’art. 28 cit. che testualmente prevede che “con
l’ordinanza che definisce il giudizio il giudice può (..) ordinare la
cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio
pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della pubblica amministrazione,
ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti. Al fine di
impedire la ripetizione della discriminazione, il giudice può ordinare
di adottare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di
rimozione delle discriminazioni accertate. Nei casi di comportamento
discriminatorio di carattere collettivo, il piano e’ adottato sentito
l’ente collettivo ricorrente”.
È bene richiamare il quadro normativo in materia di integrazione scolastica dei minori diversamente abili.
La Legge 5 febbraio 1992, n. 104, “Legge-quadro per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, all’art.
12, sancisce il diritto all’educazione e all’istruzione, prevedendo al
comma secondo che “è garantito il diritto all’educazione e
all’istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola
materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni
ordine e grado e nelle istituzioni universitarie” e ai commi successivi
che “l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle
potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella
comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione. L’esercizio del
diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da
difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle
disabilità connesse all’handicap”.
Tale norma prevede poi la predisposizione di piani di studio
individualizzati con l’obiettivo di porre in rilievo sia le difficoltà
di apprendimento conseguenti alla situa-zione di handicap e le
possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono esse-re
sostenute, sollecitate, progressivamente rafforzate e sviluppate nel
rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.
Il successivo articolo 13 garantisce poi l’integrazione scolastica,
mentre, per quanto in questa particolarmente interessa l’art. 16
disciplina la “valutazione del rendimento e prove d’esame”, prevedendo
che “nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli
insegnanti è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato,
per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici,
quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in
sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline” e
che “nell’ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli
alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più
lunghi per l’effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza
di assistenti per l’autonomia e la comunicazione”.
Come si vede, la legge ammette che il disabile sia sottoposto a prove
d’esame, ma ritiene questo Giudice che, rispetto alla prova d’esame,
diverso sia il caso della prova d’ingresso come quella cui è stato
sottoposto il C.
Ed invero, con la prova cui è stato sottoposto il disabile A C non si
mirava a valutare l’esito dello specifico percorso di apprendimento
scolastico, quanto piuttosto a verificare, sia pure a mezzo
dell’insegnante di sostegno, il previo possesso da parte del ragazzo di
“specifiche competenze musicali o coreutiche” così come previsto per
tutti i candidati dall’art. 7 del DPR n. 89 del 15.3.2010, richiamato
anche da parte resistente.
In sostanza, mentre la prova d’esame di cui al citato art. 13 è volta
a valutare i risultati raggiunti (anche attraverso il lavoro dei
docenti specializzati nel sostegno) all’esito del percorso scolastico
individualizzato nell’interesse esclusivo del disabile (percorso che
deve essere stato realizzato con l’osservanza di tutte le norme
specifiche), diversamente la prova d’ingresso in questione, con il
diverso obiettivo anche di limitare il numero degli allievi, mirava a
valutare competenze già insite nei candidati (frutto quindi di loro
specifiche doti naturali, interessi, inclinazioni), competenze che,
all’evidenza, possono non ricorrere nei soggetti portatori di handicap
proprio a causa essenzialmente della propria disabilità.
In sintesi, quello che appare effettivamente discriminante è l’avere
sottoposto un minore gravemente disabile come A C non già a una prova
d’esame all’esito di un ciclo scolastico, quanto piuttosto ad una prova
preliminare, ad una selezione preliminare di ingresso dichiaratamente
“preordinata alla verifica del possesso di specifiche competenze
musicali o coreutiche”, senza previamente interrogarsi se il ragazzo
fosse per la sua patologia in grado di possedere tali prerequisiti
ovvero se il lavoro scolastico affrontato dal disabile in precedenza lo
avesse effettivamente posto in condizioni di ambi-re anch’egli, e
nonostante il suo handicap, al possesso di specifiche competenze
musi-cali o coreutiche.
E che l’interpretazione più corretta della nozione di “prove d’esame”
di cui al cit. art. 16, sia quella ora detta (e limitata quindi alla
valutazione degli esiti del percorso mirato di studi) e non possa
estendersi a ricomprendere anche la prova preliminare di ingresso, si
ricava anche implicitamente da tutta la ratio della legge medesima, così
come esplicitata anche dal successivo art. 20 che disciplinando il
diverso settore delle “prove d’esame nei concorsi pubblici e per
l’abilitazione alle professioni”, al comma 2-bis dispone “La persona
handicappata affetta da invalidità uguale o superiore all’80% non è
tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista”.
È quindi corretta l’osservazione dei ricorrenti: se un invalido grave
non può essere sottoposto a una prova preselettiva per l’accesso ad
un’attività lavorativa (nella quale solitamente è richiesta pur sempre
una prestazione anche al disabile), a maggior ragione un invalido grave
non deve poter essere sottoposto ad una prova d’ingresso preselettiva
per accedere ad una scuola secondaria finalizzata esclusivamente al
completamento della sua educazione e della sua istruzione.
In sintesi, si ritiene che la condotta delle amministrazioni
convenute abbia integrato una discriminazione anche alla luce dei
principi fissati dalla legge 1/3/2006 n. 67, (volta appunto a promuovere
“la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle
pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità (..) al fine
di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili,
politici, economici e sociali”).
In particolare, l’art. 2 della medesima legge che definisce la
nozione di discriminazione, tra l’altro così si esprime: “si ha
discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una
prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri
mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio
rispetto ad altre persone”.
Ebbene è proprio questo che è accaduto nel caso di specie: un atto
apparentemente neutro, la prova di ingresso ad una scuola secondaria, ha
posto un disabile grave in una posizione di svantaggio rispetto alle
persone normodotate, perché era tesa alla verifica del possesso di
prerequisiti già in possesso del candidato (e all’evidenza non presenti
purtroppo nel giovane disabile A C) e non già dell’esito di un percorso
di studi elaborato su misura per la sua patologia.
In conclusione, il Tribunale ritiene chiaramente sussistente la
discriminazione perpetrata ai danni del figlio dei ricorrenti per averlo
sottoposto alla prova preordinata alla verifica del previo possesso di
specifiche competenze musicali e coreutiche.
Il ricorso deve essere quindi accolto nei termini di cui al
dispositivo, ordinando al Mini-stero dell’Istruzione, dell’Università e
della ricerca scientifica (MIUR) e al Liceo Carducci di consentire
l’iscrizione, l’ammissione e la frequenza da parte di C A del Liceo
Musicale.
Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pisa, in persona del Giudice dott. E. Polidori, decidendo sul ricorso, così provvede:
Dichiara che il mancato accoglimento del minore A C nel Liceo Musicale costituisce atto e/o comportamento discriminatorio;
ordina la cessazione della condotta discriminatoria e per l’effetto
ordina alle parti convenute di consentire immediatamente e comunque
entro il giorno 10 settembre 2014 a C A l’iscrizione, l’ammissione e la
frequenza del Liceo Musicale G. Carducci per l’anno scolastico in
procinto di cominciare;
condanna le parti resistenti alle spese che liquida in €. 2.500,00
per compensi ai difensori ed € 125,00 per esborsi, oltre accessori di
legge.
Pisa, 4 settembre 2014
Il Giudice
dott. Eleonora Polidori
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