Non solo insegnante di sostegno: così cambierà l’inclusione dei disabili a scuola

Non solo insegnante di sostegno: così cambierà l’inclusione dei disabili a scuola

Anticipiamo la proposta di legge elaborata dalla Fish e sostenuta dal Pd, da altri partiti e dal ministro Giannini che viene presentata questa sera a Orvieto. Punta a superare la delega al docente specializzato e alla formazione. Il testo in 17 punti

da Redattore Sociale
05 settembre 2014 – 15:29

ROMA – Costruire una piena e vera inclusione scolastica, attraverso il superamento della delega al sostegno e dei relativi contenziosi giudiziari e con un investimento adeguato sulla formazione dei docenti: sono questi, in sintesi, i nodi della proposta di legge elaborata dalla Fish, presentata oggi alla festa nazionale del Pd di Orvieto. Una proposta condivisa e fatta propria da questo ma anche da altri partiti e già nelle mani del ministro Giannini, che – riferisce il presidente della Fish, Vincenzo Falabella – “ha paventato anche l’ipotesi di presentarla come proposta governativa, con conseguente riduzione dei tempi di approvazione”.

Le origini della proposta risalgono in realtà al 2006, quando fu depositato il testo (atto camera n. 2003) firmato per prima dalla deputata Katia Zanotti (Pd): testo che però non ebbe seguito, a causa della fine della legislatura. Nel frattempo, le criticità dell’inclusione scolastica si sono aggravate, con “una crescente delega del progetto di inclusione ai soli docenti per il sostegno – si legge nell’introduzione della proposta del Pd -, una progressiva uscita degli alunni con disabilità dalla classe, ed una crescita esponenziale del contenzioso per ottenere un maggior numero di ore di sostegno. Nella sola provincia di Palermo, durante l’a.s. 2013/2014, si sono avuti 1.041 procedimenti che hanno visto soccombente l’amministrazione scolastica, con conseguente condanna al pagamento delle spese per oltre un milione di euro”.

Per questo, “soprattutto dopo l’emanazione del Dpr del 4 ottobre 2012 col quale il Governo ha approvato il Piano d’azione per l’attuazione della Convenzione Onu sulla disabilità del 2006, le associazioni si sono sentite incoraggiate a riprendere l’originaria proposta di legge, integrandola ed arricchendola di nuove soluzioni, e ci hanno richiesto di presentarla”. La proposta consiste in 17 articoli e include, tra gli allegati, l’ipotesi di spesa per la formazione del personale della scuola sull’inclusione scolastica. Questi, in sintesi, i contenuti della proposta.

Presa in carico del progetto di inclusione da parte di tutti i docenti curricolari. Questo obiettivo, che fa da sfondo all’intera proposta,è da realizzarsi “attraverso una partecipazione corresponsabile alla predisposizione, all’attuazione e alla verifica del Piano Educativo Individualizzato” e “l’obbligo di formazione iniziale ed in servizio per i dirigenti e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici ed organizzativi, dell’inclusione scolastica”. Nell’articolo 1 si prevede anche la “garanzia della somministrazione di farmaci in orario scolastico agli alunni per i quali l’autorità sanitaria ne prescriva le modalità” e “l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali necessarie a realizzare l’inclusione scolastica”. Gli stessi obiettivi e principi vano estesi agli alunni con Bisogni educativi speciali (Bes)

Comitato interministeriale. Si prevede l’istituzione, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, del Comitato dei ministri per l’indirizzo e la guida strategica in materia di tutela dei diritti delle persone con disabilità. di un Comitato interministeriale, “che sovrintenda alle scelte delle politiche generali sull’inclusione sociale e quindi pure scolastica delle persone con disabilità”.

Una laurea per il sostegno. Sono istituiti “quattro distinti ruoli per il sostegno didattico, rispettivamente per la scuola dell’infanzia, per la scuola primaria, per la scuola secondaria di primo grado, per la scuola secondaria di secondo grado”. Inoltre, “per la formazione dei docenti specializzati per il sostegno educativo e didattico sono istituiti i corsi di laurea in pedagogia e didattica speciale”.

Formazione dei docenti. Ampio spazio è dedicato all’articolazione del percorso formativo, sia iniziale che in servizio, destinato ai docenti di sostegno ma anche curriculari. Oltre ai percorsi specifici per i docenti che affiancheranno gli aluni disabili, infatti, anche “la formazione iniziale dei docenti di scuola dell’infanzia e primaria e di scuola secondaria di primo e secondo grado deve obbligatoriamente prevedere almeno 30 crediti formativi universitari vertenti sugli aspetti della didattica per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con altri bisogni educativi speciali, come condizione necessaria per l’abilitazione all’insegnamento”. Alla stesura del Piano didattico personalizzato per gli alunni disabili e con bisogni speciali, sono inoltre tenuti a partecipare “all’inizio di ogni anno scolastico, prima dell’avvio delle lezioni, tutti i docenti delle classi cui sono iscritti alunni con bisogni educativi speciali certificati”.

Continuità didattica. E’ questa un’atra rivendicazione storica della Fish e delle associazioni che ne fanno parte, contenuta nell’articolo 6 della proposta: “i docenti con incarico a tempo determinato, in classi non terminali, sottoscrivono un contratto di lavoro biennale nella stessa sede, ferma restando la disponibilità della stessa. I docenti specializzati per il sostegno con contratto a tempo indeterminato seguono gli alunni loro affidati per l’intero ciclo scolastico dai medesimi frequentato, fatti salvi i criteri regolamentari e procedurali per la mobilità del personale”.

Diagnosi e certificazioni. Importanti novità sono inoltre previste per quanto riguarda la certificazione della disabilità e le procedure burocratiche ad essa connesse: la proposta va nella direzione della semplificazione, per cui, in sintesi, “la certificazione di disabilità a fini scolastici dovrà essere prodotta con unica visita per le certificazioni medico-legali ad altri fini”. Dal punto di vista tecnico, “la diagnosi funzionale ed il profilo dinamico funzionale vengono sostituiti dal Profilo di funzionamento alla cui formulazione parteciperanno non solo gli operatori dell’Asl ma anche le famiglie ed un docente della scuola di appartenenza dell’alunno”.

Raccolta dati. Altra richiesta storica della Fish, ribadita nell’articolo 8 della proposta, è la “creazione di un sistema di rilevazione dei dati che consenta in tempi reali di conoscere tra l’altro l’andamento del numero di alunni con disabilità, dei docenti per il sostegno didattico, il numero di assistenti per l’autonomia e la comunicazione, il numero di alunni nelle loro classi e quello degli stessi alunni con disabilità nelle classi”.

Organico di rete. Per quanto riguarda il numero dei docenti di sostegno, finora rienuto insufficiente a rispondere ai bisogni, “si prevede, l’adeguamento dell’organico di diritto, così da giungere, nell’arco di un triennio, ad una dotazione organica pari al numero dei posti di sostegno (110.000) complessivamente attivati nell’anno scolastico 2013/2014. Il numero di posti, attualmente assegnati a singoli alunni, confluiranno nell’organico di rete e saranno assegnati in misura proporzionale alle necessità evidenziate nelle rilevazioni effettuate tramite il Piano Annuale per l’Inclusività”.

Conciliazione. Infine, allo scopo di frenare l’attuale incremento dei ricorsi in tribunale per l’aumento delle ore di sostegno, si introduce “l’obbligo di un tentativo di conciliazione da esperirsi prima di agire in giudizio; sono fissati termini brevissimi onde evitare ritardi nell’acquisizione di un maggior numero di ore rispetto a quelle originariamente assegnate siano esse di sostegno didattico siano esse di assistenza”. (cl)

Riforma che doveva essere e non è

RIFORMA CHE DOVEVA ESSERE E NON è di Umberto Tenuta

CANTO 247 La Riforma che non è la Riforma che tutti ci aspettavamo e che quel poco che riforma riforma male.

 

1) Assunzioni in ruolo, certo un fatto positivo per i docenti che verranno assunti e per l’abolizione auspicabile del precariato.

2) Futura assunzione in ruolo solo per concorso, ce la auguriamo!

3) Basta supplenze, vedremo!

4) Valutazione merito?

Ahi, ahi!

Chi, come, quando valuterà?

E non sarà la guerra tra i docenti riconosciuti meritevoli e quelli che meritevoli non vengono riconosciuti e sono?

Altro che comunità scolastica!

E quali studenti avranno i docenti meritevoli?

Certo, raccomandazioni non ci saranno!

Ma, fatto inaudito, l’Amministrazione scolastica prenderà atto, senza colpo ferire, che nella scuola ci saranno docenti non meritevoli.

Gli studenti non meritevoli vengono respinti.

I docenti, seppur non meritevoli, continueranno a insegnare, ovviamente agli studenti non meritevoli.

Ma non vi sembra, questa, una scuola classista?

Ovviamente per una società classista, certamente non democratica.

Ed ancora, se il docente non meritevole si trasferisce in un’altra scuola senza docenti meritevoli, egli diventa meritevole.

Che bello!

Avremo ancora scuole di serie A e scuole di serie B, ovviamente per giovani di serie A e giovani di serie B.

5) Aggiornamento e innovazione

Aggiornamento obbligatorio!

Non vale anche per i docenti il detto di FREINET: Puoi portare il cavallo alla fonte e fischiare quanto vuoi, ma se il cavallo non vuol bere non beve.

E mica muoiono i cavalli che non bevono!

Ancora, al centro i docenti che fanno innovazione.

Ed alla periferia?

Quelli che fanno ripetizioni.

Repetita juvant!

A chi?

E se i padri non hanno gli euro per pagare le ripetizioni?

6) Scuola di vetro

Vetro infrangibile? Opaco?

7) Sblocca Scuola

La burocrazia.

Ahimé, quella ministeriale!

8) Scuola digitale

Le Segretarie?

I docenti?

I Tablet agli studenti?

Dio lo voglia!

Ma per far che?

Mica per ascoltare lezioni preregistrate?

Insomma, insegnamento digitale o apprendimento digitale?

Questo è il problema!

9) Cultura in corpore sano

Non capisco.

Musica e sport nella Scuola Primaria.

E nella secondaria no?

Storia dell’Arte nella Secondaria.

Ah, niente bellezza nella Scuola Primaria!

Tutto brutto.

Storia dell’Arte!

E l’Arte?

Messa da parte.

Sì.

Perchè nella scuola non si legge la Letteratura, ma si studia la Storia della letteratura.

Non si fa Filosofia, ma si impara la Storia della filosofia.

10) La nuove alfabetizzazioni

Siano le benvenute!

Sin dalla Scuola dell’infanzia.

11) Lavoro

Al gioco seri al pari di un lavoro!

Non è forse un lavoro lo studio?

E non è un gioco il lavoro di colui che lo ama?

Mica al lavoro scolastico continuiamo ad aggiungere quello extrascolastico?

Comunque, vedremo!

12) Scuola per tutti, tutti per la scuola

Vedremo!

Comunque, non era meglio ribadire quanto detto nel D.P.R. 8.3.1999, n.275−Art.1(Natura e scopi dell’autonomia delle istituzioni scolastiche)

…2. L’autonomia delle istituzioni scolastiche …si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento.

Che altro doveva prevedere una RIFORMA se non l’ATTUAZIONE della Riforma del 1999?

 

POST SCRIPTUM

Lo so, Presidente Matteo, Ministra Stefania.

Voi avete avallato la riforma che vi hanno suggerito i vostri esperti, esperti ministeriali ma non esperti della formazione umana dei giovani.

Cosa sia l’educazione essi non sanno.

Ma lo sanno i giovani che se la vedono negata dalla scuola dell’istruzione e della selezione, dalla SCUOLA MERITOCRATICA.

Tale fu, tale era e tale resterà!

Il Sol dell’avvenire deve ancora sorgere!

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in:

http://www.edscuola.it/dida.html

Una visione aziendalistica della scuola

Una visione aziendalistica della scuola

La complessità e ridondanza di proposte contenute nel piano scuola del governo Renzi rende necessario decifrare la sua visione ideologica di fondo. Questa è ben esemplificata nei seguenti punti :
1) “Le risorse pubbli­che non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola.”
2) con scuole pubbliche si intende “Scuole pubbliche statali e paritarie.”
3) “Gli istituti di istruzione superiore, e di istruzione e formazione professio­nale possono commercializzare beni o servizi prodotti o svolgere attività di “impresa Formativa Strumentale”, utilizzando i ricavi per investimen­ti sull’attività didattica.”
4) “Anzitutto per le scuole deve essere facile, facilissimo ricevere risorse. La costituzio­ne in una Fondazione, o in un ente con autonomia patrimo­niale, per la gestione di risorse provenienti dall’esterno, deve essere priva di appesantimenti burocratici.”
4) E’ previsto “un bonus fiscale per un portafoglio di investimenti privati (da parte di cittadini, associazioni, fondazioni, im­prese) nella scuola.”
5) E’ prevista la “collaborazione con il ter­zo settore e con le imprese.”
6) E pure il “Servizio civile per la Buona Scuola”

Con questa impostazione la scuola prima di tutto si viene meno all’obbligo costituzionale di garantire a tutti giovani la scuola statale laica e pluralista a garanzia dell’uguaglianza delle opportunità, finanziata con i fondi della fiscalità generale.
Le Istituzioni scolastiche diventerebbero aziende che devono reperire fondi sul mercato vendendo prodotti o servizi attraverso la costituzione di fondazioni in collaborazione con imprese e privati.
In tal modo scuola statale e scuola privata verranno messe definitivamente sullo stesso piano e, oltre a ulteriori finanziamenti alle private erogati in quanto anch’esse sottoposte alla valutazione “Servirà la­vorare per dare alle scuole pari­tarie (valutate positivamente) maggiore certezza sulle risorse loro destinate, nonché garanzia di procedure semplificate per la loro assegnazione.” verrà introdotta anche la detassazione delle spese per le rette di frequenza alle scuole.
Non a caso in tutto il piano non si parla mai di interventi sulla scuola dell’infanzia, che evidentemente, come si evince dal DDL 1260, prima firmataria Puglisi, in corso di approvazione al Senato, è estromessa dal sistema scolastico e inserita in un sistema integrato 0-6 che la relega al ruolo di servizio a domanda e quindi a pagamento.
Il dirigente potrà utilizzare personale volontario controllato da associazioni esterne per attività integrative varie. Ad esempio studenti universitari che sono obbligati a svolgere periodi di stage.
I terzo settore entra trionfalmente nelle scuole come già avvenuto negli ospedali.
In questa ottica anche “Introdurre l’obbligo dell’Alternanza Scuola-Lavoro (ASL) negli ultimi tre anni degli Istituti Tecnici ed estenderlo di un anno nei Professionali, pre­vedendo che il monte ore dei percorsi sia di almeno 200 ore l’anno.” favorirà un’impostazione più aziendalistica che formativa.
Non a caso si prevede di “Diffondere attraverso protocolli ad hoc il programma sperimentale di ap­prendistato negli ultimi due anni della scuola superiore, lanciato nel 2014 in attuazione dell’articolo 8bis del d.l. 104/2013.”
Il tutto condito da amenità come l’inserimento dell’economia fra le materie obbligatorie nelle scuole superiori per sopperire a quello che viene chiamato “analfabetismo finanziario” cioè alla “comprensione dei meccanismi economici e finan­ziari”.
La riproposizione della’informatica e dell’inglese fin dalle elementari unita alla impostazione aziendalistica riconduce con chiarezza al’impostazione delle famose tre i del governo Berlusconi: impresa internet, inglese e a quella della Legge Aprea.

Bruno Moretto, Comitato bolognese Scuola e Costituzione

FUNDRAISING

FUNDRAISING
Tecniche e strategie di raccolta fondi per il nonprofit

SAPER FARE FUNDRAISING FA LA DIFFERENZA
In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo è fondamentale sviluppare abilità, conoscenze e competenze orientate alla ricerca fondi per poter finanziare progetti e attività cruciali per il mondo delle Onlus e del Nonprofit in generale. Il fundraising non è solo un insieme di tecniche di raccolta fondi, ma anche e soprattutto una strategia di sostenibilità economica e finanziaria delle cause sociali delle organizzazioni che operano senza finalità di lucro.”

Docente: Francesco Quistelli (IDMC, Milano; SDA Bocconi School of Management)

Sede e date: Trento (Edizioni Centro Studi Erickson), venerdì 26 settembre e sabato 27 settembre

Non solo soldi per i professori

da la Repubblica

Non solo soldi per i professori

Maria Pia Veladiano

LE PAROLE sono proprio tante anche se Matteo Renzi prende bizzarramente le distanze da quel che lui è, e cioè un
uomo politico.IN REALTÀ  il programma per la scuola lanciato ieri con un documento pdf di fattura didattica e dalla grafica francamente un poco kitsch ha tutte le caratteristiche della politica a cui in Italia siamo abituati. Pieno di promesse all’indicativo sicuro, di iperboli e di buonismo perfidino, a partire dal titolo, “La buona scuola”, che sottintende una cattiva scuola da cui, ancora una volta, prendere le distanze.
Eppure c’è del nuovo. C’è l’impegno a investire nella scuola, e non c’è quasi memoria di un governo che non abbia pensato di riformare la scuola con dei bei tagli. C’è la volontà di risolvere situazioni strutturali che la indeboliscono. Il precariato storico, che dal punto di vista della scuola diventa un tourbillon di docenti che si spostano di sede ogni anno. Ci sono quasi 50 pagine (di 136) dedicate ai meccanismi di assunzione immediata (2015) dei precari e questo va bene per tutti, studenti e docenti, se si trovano le risorse. Non si capisce però come questo atto di tipo centralistico si armonizzi con la necessità per ogni scuola di “schierare la squadra con cui giocare la partita dell’istruzione, ossia chiamare a scuola, all’interno di un perimetro territoriale definito e nel rispetto della continuità didattica, i docenti che riterrà più adatti per portare avanti il proprio piano dell’offerta formativa” (p.7). Che è affermazione nebbiosa, ma di certo sfiora la questione del reclutamento (si ammicca alla regionalità dei docenti già prevista e bocciata per incostituzionalità?), della sua discrezionalità (decide un Consiglio di istituto piegato al modello inglese?).
A questo fa pensare anche il “registro pubblico” dei docenti, completo dei loro titoli e crediti formativi, didattici e professionali, consultabile dai dirigenti che “a certe condizioni possono scegliere le migliori professionalità per potenziare la propria scuola” (p. 51 e p. 68). È chiaro che sarebbe un passaggio verso un’autonomia potenzialmente virtuosa perché potrebbe favorire
una forma di competizione positiva fra scuole. Vero se si parla di università o anche forse di scuole superiori. Ma nella scuola dell’istruzione obbligatoria è obbligatorio per lo Stato assicurare a tutti i bambini e le bambine una buona scuola. Per questo serve semplicemente un buon sistema di reclutamento e insieme un buon sistema di valutazione dei risultati e la possibilità vera di licenziare, con procedimenti limpidi e tutte le garanzie, chi in modo scandaloso non insegna.
Il capitolo del cosiddetto “merito” è anche troppo abbondante nel documento che minutamente spiega come ogni tre anni il 66% (una “legge Brunetta” dalle proporzioni invertite) dei docenti venga premiato con uno scatto stipendiale di 60 euro, e spiega anche il modo in cui i nuovi docenti vengono immessi nel meccanismo. A premiare il merito c’è ancora una volta solo la retribuzione e ancora una volta non si prevede nessuna figura intermedia di condivisione di responsabilità fra il dirigente e i docenti, tutti uguali tranne che per lo stipendio. Quanto alla valutazione di questo merito, si prevede un sistema di crediti didattici, formativi e professionali. I più importanti lo sappiamo sono i primi e sono i più difficili da verificare ma è necessario arrivarci. Purché non si verifichino sui risultati delle prove Invalsi. C’è una letteratura scoraggiante e anche amara su come i risultati delle prove Invalsi dipendano da una variabile italicamente creativa di fattori. È un altro discorso, ma è ben imprudente assimilare le prove Invalsi alle Ocse-Pisa, che vengono fatte a campione, da somministratori esterni eccetera eccetera.
Di buono, molto buono, nel documento c’è anche la volontà di intervenire sull’edilizia. Su questo il governo è già partito, e con una rapidità nuova. Alcune sono dichiarazioni di intenti. Tutti vogliono “sbarazzarsi della burocrazia scolastica”, che rappresenta un sovraccarico del tutto improprio rispetto all’attività con gli studenti, ma non si tratta solo di dematerializzazione. Bisogna chiedere ai docenti quel che serve e che viene davvero letto e utilizzato. È certo anche che servono “organi collegiali rivisitati, aperti, agili ed efficaci” (p. 64) e però in un contesto sociale che registra una gravissima crisi di partecipazione gli organi collegiali nati nell’età dell’euforica scoperta del bene nostro comune, diventano oggi il deserto in cui si esercitano i narcisismi di pochi. Qui il lavoro è una vera rifondazione, e ci sono esperienze già realizzate da valorizzare. Una specie di irradiamento di fiducia partecipativa, costruito poco a poco. Che gioverebbe alla società tutta.
Poi c’è la “campagna di ascolto”, annunciata da Matteo Renzi. Due mesi di raccolta di suggerimenti e desideri. La cittadinanza attiva è un bene e in scala un poco più piccola già si pratica già in modo diffuso. La scuola è chiamata all’ascolto ma la sua funzione non è inseguire la realtà e nemmeno assecondarla. È dare ai ragazzi e ai cittadini gli strumenti per leggerla, la realtà, e per governarla con capacità critica e di progetto. Per la scuola è sacro andare controvento rispetto all’arrivismo che lascia indietro metà del mondo o all’egoismo socialmente divinizzato.
La nostra non è una cattiva scuola. È una scuola senza risorse. Quest’anno un istituto comprensivo di 900 studenti riceve 29.000 euro di fondo di istituto. Queste risorse, da ripartire fra 1000 docenti e una ventina di collaboratori e addetti alla segreteria devono bastare per tutti i progetti di tutto l’anno scolastico. Se non ci fossero i contributi “volontari” delle famiglie non si andrebbe da nessuna parte. Forse adesso non siamo in cima alle indagini internazionali ma i nostri laureati sono nei laboratori e nelle università di tutto il mondo. E comunque, dopo, prima e durante la “buona scuola”, aspettiamo a piè fermo il buongoverno.

Scuola, denuncia dei precari: 70mila fuori dalla riforma

da l’Unità

Scuola, denuncia dei precari: 70mila fuori dalla riforma

Alessandra Rubenni

La “buona scuola”, la maxi riforma annunciata da Matteo Renzi promette con una rivoluzione copernicana di azzerare il precariato. Ma non sono pochi quelli che al momento sembra ne resteranno esclusi. La Grande stabilizzazione, almeno per ora, si lascerebbe alle spalle i circa 70 mila docenti abilitati negli ultimi due anni, che non sono mai entrati nelle Gae, le Graduatorie a esaurimento da cui invece provengono i 150mila insegnanti che con la riforma saranno immessi in ruolo tra un anno esatto.Questo dichiara un coordinamento di insegnanti abilitati tra il 2013 e il 1014.

Chi sono? Tutti quelli che hanno ottenuto l’abilitazione attraverso due percorsi formativi diversi, tra l’altro a pagamento, Tfa e Pas. In 11 mila si sono imbarcati nell’avventura del Tfa ordinario – Tirocinio formativo attivo – concepito dall’allora ministra Gelmini dopo la chiusura delle Ssis (scuole che un tempo permettevano l’inserimento in una graduatoria da cui si accedeva direttamente al ruolo) come un percorso a numero chiuso, calcolato sul numero dell’effettivo fabbisogno di docenti. Chi è riuscito ad accedere al Tfa ha dovuto superare tre prove selettive, ha pagato in media 2600 euro di retta, frequentato corsi e fatto 475 ore di tirocinio in classe. In palio, allora, c’era la promessa di un concorso che non arrivò, o almeno non al momento giusto, visto che quello bandito dal ministro Profumo nel 2012 si aprì e si chiuse quando i “tieffini” non avevano ancora finito il ciclo per ottenere l’abilitazione, avuta nel 2013.

Gli altri fantasmi, invece, sono i precari che vengono dai Pas, i Percorsi abilitanti speciali, voluti dalla ministra Carrozza (sulla scia di un decreto a firma Profumo) anche per sanare la situazione dei laureati che insegnavano senza abilitazione – un paradosso fra i tanti della scuola – : per loro nessuna selezione o numeri di sbarramento, una spesa tra i 2.550 e i 3mila euro a testa per conseguire il titolo, ottenuto infine nel 2014. Tutti quanti, “tieffini” e abilitati con i Pas, mai entrati nella Gae e ora confinati in un limbo che rischia di inghiottirli e farli sparire. Insieme, probabilmente, ad altri 23mila “tieffini” di nuova generazione, quelli che stanno facendo ora le selezioni per un nuovo ciclo abilitante.

“Noi abilitati inseriti nella seconda graduatoria di istituto non veniamo neanche considerati precari. E non potremo neanche più fare le supplenze, che saranno prese dai 150mila docenti della Gae che saranno immessi in ruolo. Questa riforma è una demoniaca operazione pubblicitaria”, protesta Arianna Cipriani, del coordinamento nazionale Tfa ordinario. “Qui si parla di mettere in ginocchio 70mila docenti, che lo Stato ha abilitato a spese loro, ovvero 70mila famiglie. Perché non si tratta di neolaureati ma di quarantenni, madri e padri di famiglia, che faranno la fame. Il governo prevede di assumere i 150mila precari della Gae a settembre 2015 – prosegue la professoressa Cipriani – e nel 2015 di bandire il concorso per 40mila posti, anche per i non abilitati, a fronte di una platea enorme e col rischio concreto che il sistema collassi”.

Per questo i precari-fantasma tornano a chiedere il diritto a una doppia chance: quella del concorso, ma anche quella di una graduatoria a scorrimento per le immissioni in ruolo.

“Noi siamo l’anello scomodo e taciuto di questa operazione, che però mortifica tutti. Anche i 150mila assunti saranno penalizzati – denuncia ancora Arianna Cipriani – perché le scuole dovranno consorziarsi e assumere più insegnanti di quelli che servono e loro non avranno possibilità di insegnare la propria materia e avere una cattedra. Saranno utilizzati per tappare i buchi, per i doposcuola, però copriranno tutte le supplenze e noi moriremo di fame”.

Stabilizzare tutti i precari delle GaE non è una sanatoria

da La Tecnica della Scuola

Stabilizzare tutti i precari delle GaE non è una sanatoria

Così il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, al termine della sua audizione alla commissione Cultura del Parlamento Ue: chi dice queste cose non ha letto il testo, il Governo intende mettere la scuola in grado di superare la precarizzazione con l’avvio d’una formazione continua dei docenti, che si tradurrà in una premialità anche economica. Tuttavia, assumere quasi 150mila precari non sarà semplice: i posti liberi non bastano.

Stabilizzare i docenti precari è una necessità, di cui tutti sentivano il bisogno. “Chi parla di sanatoria evidentemente non ha letto il testo, o si è distratto”. A dirlo è stato ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, il giorno dopo la presentazione delle linee guida di riforma della scuola italiane, al termine della sua audizione alla commissione Cultura del Parlamento Europeo.

A Bruxelles Giannini ha difeso, come previsto, la riforma della scuola. “Il nostro obiettivo è mettere la scuola italiana in grado di superare la fase della precarizzazione con l’avvio di una formazione continua a favore dei docenti, che si deve tradurre in una premialità anche economica”. Quanto alla polemica sulla copertura dei costi della riforma, Giannini taglia corto: “Questo è un governo coerente. In occasione della legge di stabilità, alle parole e alle idee seguiranno i fatti”.

Davanti alla commissione di competenza del Parlamento europeo, infine, il responsabile del Miur si è anche soffermato sulla necessità di puntare su “cooperazione”, per raggiungere l’obiettivo di una società più inclusiva, e “competizione” dell’Unione europea verso il resto del mondo: sono queste per Giannini “le parole chiave” della presidenza italiana dell’Ue per cultura, educazione e istruzione.

Resta ora da capire come sarà possibile attuare il complesso passaggio dell’assunzione di quasi 150mila precari. Detto del problema dei finanziamenti, non certo trascurabile, c’è da superare quello del vincolo di legge sulla disponibilità dei posti liberi: si potrà assumere, ad esempio, anche su posti non propriamente vacanti ma liberi sino al 30 giugno? Oppure su spezzoni consistenti? Derogare alle attuali norme renderebbe tutto più agevole: in caso contrario, il progetto del Governo franerebbe sul nascere.

Intanto gli stipendi sono bloccati anche nel 2015

da La Tecnica della Scuola

Intanto gli stipendi sono bloccati anche nel 2015

A dirlo la ministra della P.A., Marianna Madia: “non ci sono le risorse”. E da settembre scatta il contributo di solidarietà. D’Alema (Pd): la situazione è preoccupante

Gli stipendi degli statali rimarranno congelati anche nel 2015. Dopo giorni di voci, arriva l’annuncio del ministro della Pa Marianna Madia: “In questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti a tutti non ci sono. Ora prima di tutto guardiamo a chi ha più bisogno, quindi confermiamo gli 80 euro, che vanno anche ai lavoratori pubblici. D’altra parte, sottolinea la ministra, “i contratti hanno iniziato ad essere bloccati all’inizio della crisi che il governo è impegnato a superare.

“Si tratta della classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno veramente caldo nel pubblico impiego”, tuona  la Uil, mentre ad alleggerire le buste paga – non solo degli statali, ma di tutti i dipendenti – da settembre arriva anche il balzello del contributo di solidarietà istituito dalla riforma Fornero.

Nella circolare n. 100 dell’Inps si dice appunto che scatterà  il fondo di solidarietà residuale per i lavoratori non coperti dalla cig (nelle imprese con oltre 15 dipendenti). Il contributo è dello 0,50% sulla retribuzione (1/3 a carico del lavoratore) e sulla busta paga di settembre verranno tolti gli arretrati da gennaio 2014.

Forse, anche per tale ingarbugliata situazione finanziaria, e politica, Massimo D’Alema invita i dirigenti del suo partito ad aprire una discussione nel Pd .

“Io sono assolutamente sereno. Ho posto un problema reale e ho detto che malgrado gli sforzi del governo la situazione è preoccupante e lo è per il dramma della disoccupazione che cresce e per la crisi economica da cui non si vede una via d’uscita. Si annuncia una riforma importante, quella della scuola, ma intanto si dice che non ci sono soldi per gli statali, quindi neanche per gli insegnanti”.

“Un grande partito non può nascondersi la verità e dovrebbe discutere meglio al suo interno”.

Intanto anche la Cgil sul piede di guerra.

“Con lo stop agli aumenti salariali decisi nel 2010 i lavoratori pubblici hanno perso in quattro anni nel complesso circa 3.600 euro lordi, mentre altri 600 circa si perderanno nel 2014. Fin qui, sottolinea il responsabile dei Settori pubblici  Gentile, i ‘costi’ già certificati, che salirebbero ad, appunto, 4.800 euro con un altro anno di blocco.

Interviene anche il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, secondo il quale un nuovo blocco della contrattazione nel pubblico impiego vorrebbe dire che “i contratti nazionali non esistono più”

“Se il Governo Renzi pensa di umiliare ulteriormente i dipendenti pubblici” allora “la nostra risposta non potrà essere che la mobilitazione”, afferma Dettori, segretario generale Fp-Cgil, che giudica “intollerabile” la “prosecuzione del blocco della contrattazione”. E “senza un passo indietro del Governo”, avverte, “torneremo nelle piazze”

E per i docenti arriva la “patente a punti”

da La Tecnica della Scuola

E per i docenti arriva la “patente a punti”

Crediti didattici, formativi e professionali potrebbero servire per ottenere gli scatti stipendiali.

Tra le linee guida della riforma della scuola, anzi della buona scuola, spunta la patente a punti per gli insegnanti. Ma a cosa servirebbe questa patente in cui verranno raccolti i crediti didattici, formativi e professionali di ogni docente? Servirà, come è scritto nel patto educativo tra Renzi e la scuola,  a far uscire i docenti dal “grigiore” dei trattamenti indifferenziati. Servirà anche a liberarci da quella standardizzazione che, negli ultimi decenni, inevitabilmente ha significato competizione al ribasso e frustrazione di riflesso. Quindi ecco arrivare il merito sotto la forma di raccolta di crediti didattici, formativi e professionali.
Ma questo basterà davvero a fare uscire i docenti da quello stato, che al governo piace chiamare, di frustrazione di riflesso? Francamente non pensiamo proprio che una patente a punti possa differenziare, in modo oggettivo e corretto, i docenti di una stessa scuola.
Resteranno sempre quelle differenze tra discipline oggettivamente più complesse ed elaborate e discipline più leggere e meno impegnative sul piano didattico. Ci saranno sempre docenti che avranno carichi di lavoro considerevoli, come quello di preparare elaborati scritti e correggere centinaia compiti, ed altri che in modo più spensierato e leggero potranno impegnarsi a raccogliere crediti per fare carriera. Ma bisognerebbe comprendere  che se i docenti non sono tutti uguali, anche le materie da insegnare non lo sono.
Se l’egualitarismo non è accettabile tra docenti non può essere accettabile nemmeno tra le discipline d’insegnamento. Invece per il governo è fondamentale creare il dislivello tra insegnanti.

Infatti per quanto è scritto nelle linee guida della riforma, occorre, prima di ogni altra cosa, un nuovo status giuridico dei docenti che consenta incentivi economici basati sulla qualità della didattica, a prescindere dalla materia d’insegnamento, la formazione in servizio, a prescindere dalla qualità della formazione, il lavoro svolto per sviluppare e migliorare il progetto formativo della propria scuola, a prescindere dalla bontà del lavoro. Ma dove troveranno il tempo i docenti, e soprattutto quei docenti oberati da carichi di lavoro, come la preparazione delle lezioni, la preparazione delle verifiche, la correzione delle verifiche stesse, gli impegni obbligatori delle attività collegiali, per acquisire crediti didattici, formativi e professionali?
Hanno pensato anche a questo i nostri governanti: ecco spuntare le banche ore. Ma cosa sono le banche ore? Sono quel gruzzolo di  ore che ciascun docente “guadagna” (e che così “restituirà” alla scuola) nelle giornate di sospensione didattica deliberate ad inizio anno dal Consiglio d’istituto. Si tratta di un certo numero di ore, sembrerebbe circa 10,  che il docente dovrà dedicare per la scuola senza avere alcuna remunerazione economica, ma soltanto credito didattico. Tutti i crediti didattici, formativi, e professionali faranno parte del portfolio del docente, che sarà in formato elettronico, certificato e pubblico. In buona sostanza il docente dà disponibilità oraria per attività didattiche aggiuntive e anziché essere retribuito in soldi, avrà il suo bel credito didattico per fare carriera. In buona sostanza il docente deve lavorare di più per aspirare ad avere riconosciuti dei crediti certificati che potrebbero farlo avanzare in carriera.
Ma tutti, se lavorano di più, avranno un avanzamento di carriera? La risposta è no! Soltanto il 66% di tutti i docenti di ogni scuola (o rete di scuole) avranno diritto ad uno scatto di retribuzione, e solo ogni 3 anni. Si tratta dei due terzi che avrà maturato più crediti nel triennio precedente. Il valore dello scatto triennale sarà sempre lo stesso ma modulato in quantità diverse su tra fasce di merito a seconda dei punti acquisiti per i crediti.

Insomma bisognerà cercare di  fare man bassa di crediti didattici, formativi e professionali! Altrimenti non si farà carriera e si rimarrà con uno stipendio da fame.

I salvaguardati della scuola

da La Tecnica della Scuola

I salvaguardati della scuola

L.L. 

Per coloro che in questi giorni stanno ricevendo apposita comunicazione dall’Inps e per il personale che la riceverà a breve si apre la possibilità, prevista dalla legge 124 del 2013, di andare in pensione. È però necessario presentare domanda di dimissioni entro il 7 ottobre 2014

Una nota indirizzata ai Direttori degli uffici scolastici regionali (nota prot. n. 8696 del 3 settembre 2014) ha fornito indicazioni in merito all’applicazione al personale della scuola della salvaguardia di cui alla legge 124/2013 per le cessazioni dal servizio.

In particolare, il Miur ricorda che la suddetta legge all’art. 11 bis ha introdotto alcune modifiche alla “legge Fornero”; ampliando la platea di dipendenti ai quali “continuano ad applicarsi i requisiti maturati entro il 31 dicembre 2011”.

La norma in questione interessa massimo 2.500 lavoratori che nel corso dell’anno 2011 sono stati in congedo ai sensi del comma 5 dell’art. 42 del T.U. di cui al D.lgs. 26 marzo 2001 n. 151 o hanno fruito di permessi ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni (congedi e permessi per assistere un familiare disabile grave), purchè abbiano perfezionato i requisiti anagrafici e contributivi utili entro il 36° mese successivo alla data di entrata in vigore del D.L. n. 102/2013 (avvenuta il 31/08/2013).

Molti interessati hanno già ricevuto apposita comunicazione da parte della sede centrale Inps, ma non tutto il personale interessato è stato raggiunto. Per tale ragione il Miur si fa carico di informare gli Uffici scolastici regionali, i quali dovranno a loro volta trasmettere apposita informativa agli Ambiti territoriali e alle scuole, perché tutti gli interessati siano informati.

In particolare, il personale interessato dalla norma in questione, dovrà essere invitato a presentare quanto prima la domanda di dimissioni per poter cessare dal servizio. Il termine ultimo è stato fissato al 7 ottobre 2014.

Piano Scuola, le reazioni dei sindacati e delle associazioni

da La Tecnica della Scuola

Piano Scuola, le reazioni dei sindacati e delle associazioni

“La Buona Scuola” presentato ieri dal governo Renzi ha suscitato, come prevedibile, tantissime reazioni da parte delle forze sindacali e dei partiti politici. Ecco una sintesi

La Cisl Scuola invita alla cautela sulla presentazione del piano Scuola del governo: “La complessità del documento comporta che tutti i temi vadano attentamente esaminati e approfonditi per una più compiuta valutazione; per restare a quelli di maggiore impatto, come le assunzioni (cui viene dedicato circa un terzo dell’intero documento) e le carriere dei docenti, gli obiettivi indicati sono indubbiamente suggestivi, ma i criteri alla base di alcune proposte sollevano non poche perplessità”.

Più preoccupata la Uil:  “Dall’analisi intrecciata dei documenti governativi – da un lato le proposte sulla scuola messe on line , dall’altro le affermazioni del ministro Madia sul blocco dei contratti per i pubblici dipendenti nel 2015  – si evince che siamo in presenza – ancora una volta – per il personale della scuola di una doppia penalizzazione: blocco del contratto e blocco degli aumenti per anzianità. Fino al 2015, infatti, vale il sistema degli scatti di anzianità. La progressione economica prevista dal Governo, nel documento presentato oggi, prevede i primi aumenti per “merito” nel 2018”. Dello stesso avviso anche la Cgil: ” Negativo nel documento è l’assenza di qualunque riferimento al rinnovo del contratto, fermo da 7 anni, nonostante si prefiguri un ridisegno di profili professionali e di materie regolate dal contratto. Né si fa riferimento al sindacato come interlocutore privilegiato sulle materie inerenti il rapporto di lavoro o come interlocutore tout court nella consultazione (ben venga) che si intende lanciare sulla proposta. Nelle stesse ore in cui è stato proposto il piano scuola la Ministra Madia ha annunciato che non ci sono le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici. L’Anp (l’associazione nazionale professori)  ricorda che sono “molte cose sono ancora sospese fra il cielo e la terra nella filosofia enunciata oggi da Palazzo Chigi: una di queste è se l’interlocuzione dei sindacati, ed in generale dei corpi intermedi, venga ancora considerata come un elemento del panorama futuro o se vi sia una presunzione a priori di autosufficienza del governo e, se mai, la scelta di un rapporto esclusivo o privilegiato con i social network. Una buona scuola? Nessuno più di noi lo auspica: e tuttavia non vorremmo che il desiderio di un cambiamento ad ogni costo faccia perdere di vista che alcune soluzioni esistono e sono state sperimentate da tempo. Inventare ogni volta la ruota può non essere il modo migliore per accelerare il cambiamento che tutti riconosciamo come necessario”.

Critiche aspre da M5S e Unicobas. I primi affermano:  “Il governo del“Fare” diventa ogni giorno di più quello del “faremo”. Sulla scuola, dopo un’estate di anticipazioni e dichiarazioni, Renzi (e non il ministro-non pervenuto Giannini, come sarebbe stato opportuno) ci svela la sua riforma per la scuola . Anzi, no. Perché non si tratta né di una riforma, né di un piano. Alla fine ci troviamo di fronte a “un patto”. Alla faccia dell’inversione a u.  Un patto che il presidente del Consiglio definisce “semplice e concreto”. Non si capisce cosa ci sia di concreto in un annuncio, nel quale si parla di un patto i cui primi provvedimenti normativi dovrebbero essere presentati solo l’anno prossimo, senza una data fissata, per i quali le coperture sono tutte da trovare e verificare”. I secondi annunciano uno sciopero per il 17 settembre. Ad incrociare le braccia per tutta la giornata il personale docente e Ata, a tempo determinato e indeterminato di Unicobas scuola. Nello stesso giorno scioperano anche i collaboratori coordinati e continuativi ex Lsu assimilati Ata aderenti a Felsa Cisl, Cgil Nidil e Uiltemp.

Critico anche Ferrero (Prc): “Forse Renzi vuole conquistarsi sul campo la  laurea in venditore di fumo: le sue linee guida sulla scuola sono infatti grande fumo e niente arrosto e il fumo stesso è un po’ nocivo e avvelenato… I 100mila precari da assumere sono un atto dovuto perchè dopo i tagli della Moratti e della Gelmini se questi docenti  non fossero chiamati a lavorare le scuole non funzionerebbero. Ci sono supplenti plurilaureati e pluriabilitati che da 15 anni vengono ogni anno riassunti a settembre e licenziati a giugno. Ora incombe su questa prassi incivile e miope un ricorso in Europa, la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la reiterazione illegittima dei contratti a termine nei confronti dei lavoratori della scuola”. Perplessità espresse anche da DiSAL (Dirigenti Scuole Autonome e Libere)che, in una nota, chiede su spiegazioni su assunzioni, rapporto tra scuola e lavoro e governance. I presidi di DiSAL sono sempre stati disponibili a collaborare e costruire,  purchè si esca dal rischio di un  libro dei sogni e si vedano presto le gambe per camminare e le mani per operare.

Alzano la voce anche le associazioni dei genitori e degli studenti. ”La Buona Scuola di Renzi realizzi a pieno il ‘Patto di corresponsabilità educativa scuola-famiglia puntando su una piena e reale autonomia scolastica. In questo modo il piano scuola oggi pubblicato dal governo sarà davvero quel “patto educativo” per il Paese che il premier ha annunciato” dice il presidente nazionale dell’Age (Associazione italiana genitori), Fabrizio Azzolini. L’Age è pronta a offrire il proprio contributo – spiega Azzolini – partecipando alla consultazione, lanciata dal governo nei prossimi due mesi, sia inviando i nostri contributi sia rendendoci disponibili per il co-desing indicato nel documento, sia sollecitando e animando il dibattito, l’approfondimento e il confronto nelle nostre associazioni locali e nelle scuole dove l’Age è presente in tuta l’Italia, in particolare stimolando la discussione nei i consigli d’istituto e il lavoro delle Consulte Nazionali di coinvolgimento della comunità scolastica e sociale”.

Più critica Unione degli Studenti: “#labuonascuola per noi è quella gratuita che permette a tutti gli studenti di poter studiare indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche di partenza, invece non è questa l’idea del Premier.” – dichiara Danilo Lampis, Coordinatore Nazionale – “Nonostante vi siano alcuni elementi puntuali e marginali positivi, questi sono utilizzati da Renzi come specchietto per le allodole per nascondere attraverso belle parole provvedimenti strutturali gravissimi che non faremo passare in silenzio. Inoltre il grande assente nella proposta è il diritto allo studio, unico vero strumento per risolvere il problema della dispersione scolastica, tema su cui da anni abbiamo presentato proposte inascolate al MIUR. Il Governo vorrebbe addirittura  finanziarizzare le misure di contrasto alla dispersione, permettendo ai privati di lucrare su quello che dovrebbe essere un diritto.”

L’importanza dei “Dipartimenti disciplinari”

da La Tecnica della Scuola

L’importanza dei “Dipartimenti disciplinari”

 

In questi primi giorni del nuovo anno scolastico si riuniscono in tutte le scuole i famosi dipartimenti disciplinari.Si tratta di una articolazione del Collegio dei docenti che troppo spesso viene sottovalutata e che invece svolge importanti funzioni.E’ bene, quindi, parteciparvi attivamente e con le idee ben chiare sulla loro funzione.

I Dipartimenti disciplinari, infatti, sono assemblee deputate alla ricerca, all’innovazione metodologica e disciplinare ed alla diffusione interna della documentazione educativa, allo scopo di favorire scambi di informazioni, di esperienze e di materiali didattici.

Quando si parla di comunicazione difficile all’interno della scuola, quando si accusano i docenti di costitutire monadi isolate, senza raccordo con i colleghi, si dimentica spesso che proprio all’interno dei dipartimenti si possono trovare le premesse per un lavoro più sereno e coordinato durante l’anno.

Vediamo dunque un po’ come funzionano o dovrebbero funzionare.

I lavori vengono coordinati da un docente nominato dal Dirigente scolastico, previa autocandidatura  proposte dal dipartimento stesso e dello stesso DS, tenendo conto  del possesso di esperienze e competenze volte a organizzare e promuovere attività di lavoro finalizzate al miglioramento della didattica. Il dipartimento disciplinare è composto da tutti i docenti delle discipline d’ambito e dai docenti di sostegno, secondo aggregazioni funzionali.

Tante, nemmeno immaginate da parecchi docenti, sono le competenze dei Dipartimenti, tra cui alcune importantissime:

-la definizione degli obiettivi, l’articolazione didattica della disciplina e i criteri di valutazione;

-la costruzione di un archivio di verifiche;

-la scelta dei libri di testo e dei materiali didattici;

-la scelta delle modalità di verifica e la creazionedi verifiche comuni;

-il confronto aperto e condiviso delle diverse proposte didattiche dei docenti riguardo alla didattica della disciplina;

-il lavoro di ricerca e autoaggiornamento nell’ottica di proposte di innovazione;

-la promozione e la condivisione di proposte per l’aggiornamento e la formazione del personale

-la promozione, la sperimentazione di metodologie didattiche plurime, adeguate alle diverse situazioni.

 

Il funzionamento dei dipartimenti disciplinari è così regolato:

1) Le riunioni dipartimentali si svolgono nei tempi fissati dall’art. 27 del C.C.N.L. vigente, non superando di norma 40 ore annuali comprensive delle convocazioni ordinarie e straordinarie del collegio docenti;

2) ciascun incontro si svolge con le seguenti modalità:

–  discussione, moderata dal coordinatore, che assegna la parola sulla base dell’ordine di prenotazione;

–  delibera sulle proposte.

Le delibere vengono approvate a maggioranza semplice dei docenti presenti; non possono naturalmente essere in contrasto con il P.O.F. e con il P.E.I., pena la loro validità; una volta approvate divengono parte delle delibere del collegio docenti;  le delibere così assunte non possono essere modificate né rimesse in discussione, fino a che non si presentino elementi di novità che richiedano nuova discussione, nuova elaborazione e procedura deliberante.

Ricordiamo che le riunioni dipartimentali non sono facoltative, nma che ciascun docente ha l’obbligo contrattuale (ex. art. 27 C.C.N.L.vigente) di partecipare alle riunioni di dipartimento; in caso di assenza per motivi giustificati deve avvisare il coordinatore e giustificare l’assenza per iscritto al dirigente; ha il diritto di richiedere al coordinatore che vengano messi all’ordine del giorno argomenti da discutere.

Le funzioni del coordinatore sono molteplici. Egli collabora con la dirigenza, il personale e i colleghi; fissa l’ordine del giorno, raccolte e analizzate le necessità didattiche, sulla scorta delle indicazioni del comitato didattico e delle richieste presentate da singoli docenti; su delega del dirigente scolastico, presiede il dipartimento le cui sedute vengono verbalizzate; il verbale, una volta approvato e firmato dal coordinatore, viene riportato sul registro generale dei verbali del dipartimento;  è punto di riferimento per i docenti del proprio dipartimento come mediatore delle istanze di ciascun docente, garante del funzionamento, della correttezza e trasparenza del dipartimento; verifica eventuali difficoltà presenti nel proprio dipartimento. Quando il dialogo, il confronto e la discussione interna non risolvano i problemi rilevati, ne riferisce al dirigente scolastico.

Per quanto riguarda la convocazione delle riunioni esse  sono convocate dalla dirigenza. Il coordinatore, su propria iniziativa o su richiesta motivata espressa dalla maggioranza dei docenti del dipartimento, può richiedere la convocazione del dipartimento.

Infine il punto più (o meno?!) importante: il coordinatore di dipartimento riceverà una (misera)  retribuzione dalle risorse del Fondo di Istituto, stabilito annualmente in sede di contrattazione d’istituto.

I nuovi dirigenti della nuova scuola: concorsi rigorosi e dall’esito sicuro

da La Tecnica della Scuola

I nuovi dirigenti della nuova scuola: concorsi rigorosi e dall’esito sicuro

Renzi lo conferma nel suo tanto atteso documento sulla scuola: il nuovo concorso per dirigenti verrà bandito entro l’anno. E non sarà il solito trito e ritrito concorso delle ultime edizioni. Questo perchè la nuova scuola dovrà puntare su dirigenti adeguatamente preparati e motivati

Meno burocrazia, più progettazione educativa: “I presidi sono oggi troppo spesso impegnati a decodificare le circolari ministeriali anziché occuparsi di coordinare la progettazione educativa, governare l’istituto con attenzione e interessarsi agli stimoli che provengono dall’esterno.”

Più potere ai dirigenti, ma più cura nella selezione: “I dirigenti hanno la titolarità delle relazioni sindacali, la rappresentanza legale, sono datori di lavoro e stazione appaltante. Sono responsabili di (quasi) tutto; ma non hanno nelle loro mani le leve di governo per assumere al meglio tali responsabilità.

Il nuovo reclutamento, dunque, che partirà alla fine del 2014, dovrà puntare sulla garanzia della massima preparazione professionale, perchè “bisogna definire meglio  il profilo professionale del dirigente scolastico, individuare meccanismi di reclutamento che assicurino la massima preparazione professionale e realizzare un sistema per la loro la valutazione. “

La squadra Renzi mette poi il dito nella piaga, sull’organizzazione farraginosa e discutibile degli ultimi concorsi che ha laureato presidi docenti talvolta con scarse competenze: “Una buona scuola ha bisogno di presidi selezionati con cura, che dimostrino di disporre al tempo stessa di esperienza diretta e approfondita dei processi educativi, ma anche delle competenze necessarie per gestire una organizzazione complessa.”

Invece i fatti parlano diversamente: “Per l’ultimo concorso, ci sono stati contenziosi e ricorsi in quasi metà delle regioni italiane; tanto che  in quattro regioni si è arrivati all’annullamento delle graduatorie con un coinvolgimento del 30% dei candidati rispetto al numero complessivo dei posti banditi.”

La nuova parola d’ordine sarà dunque eliminare i concorsi regionali: “Dopo anni in cui la selezione dei presidi è stata affidata a concorsi regionali che hanno mostrato tutti i loro limiti, è stato deciso di recente di prevedere che la selezione di chi sarà chiamato a guidare una scuola venga fatta tramite il corso-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione ossia dalla stessa istituzione che seleziona e forma tutti i dirigenti dello Stato.”

Toccherà dunque alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione selezionare i futuri dirigenti: “È una novità importante, dal momento che anche i presidi sono prima di tutto dirigenti. E il recente Decreto Legge 58/214 consentirà adesso di bandire il primo corso-concorso entro la fine dell’anno, invece di dover aspettare l’assunzione dell’ultimo idoneo nell’ultima regione d’Italia, cosa che  avrebbe richiesto diversi anni di mancata attuazione della nuova procedura.”

Si eviterà così il persistere di tante scuole italiane senza dirigente, “nonostante sia stata di recente ottenuta, per l’anno scolastico 2014-2015, la nomina in ruolo di 620 dirigenti scolastici, pari a circa il 60% di tutte le reggenze che si sarebbero altrimenti avute sui posti vacanti e disponibili (la percentuale scende infatti al 34% se consideriamo anche le reggenze dovute a scuole sottodimensionate e a posti solo disponibili ma non vacanti, ad es. perché il titolare è in aspettativa o comandato altrove).”

Un obiettivo inoltre sarà sotteso al bando della nuova procedura di reclutamento: “Il corso-concorso è una novità che deve essere attuata con saggezza e lungimiranza, partendo dalla specificità dei compiti che i nuovi presidi saranno chiamati a svolgere e quindi – sia per la selezione (concorso) che per la successiva formazione (corso) – che tenga conto di cosa vuol dire governare una scuola e sviluppare un progetto formativo.”

Il nuovo iter concorsuale avrà inoltre una matrice di base ampiamente condivisa e di certo non calata dall’alto: “Il design delle prove concorsuali, così come delle lezioni che i vincitori frequenteranno prima di entrare in servizio, sarà fatto a partire dall’esperienza di dirigenti scolastici e docenti, e non solo sulla base dell’esperienza dell’amministrazione centrale dello Stato.”

Nuova procedura, nuova formazione, nuovi obiettivi, nuovi dirigenti. Aria nuova nelle presidenze italiane. Perchè senza un buon nocchiero, sarà sempre “finchè la barca va…”

Giannini: Sulle linee guida non mi aspetto resistenze, ma dibattito

da tuttoscuola.com

Giannini: Sulle linee guida non mi aspetto resistenze, ma dibattito

Sulle linee guida per la scuola “non mi aspetto molte resistenze, ma un approfondito dibattito e mi auguro la comprensione di un progetto che non è fatto di pezzetti assommati, ma che ha una sua organicità funzionale“. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, ai microfoni di Radio 24.

Sul piano delle risorse, il ministro ha ribadito che per la copertura degli interventi “non si devono fare scoperte particolarmente misteriose: i soldi nel bilancio dello Stato si ricavano o da spostamenti di capitali o dall’arricchimento di capitoli di bilancio. Ciò verrà espresso con strumenti che il governo possiede, a cominciare dalla legge di stabilita. Per la prima volta – ha aggiunto – e fa scalpore, la scuola è al primo posto, non è la Cenerentola“.

L’assunzione dei precari, “che non è una sanatoria, ma mette la scuola in grado di funzionare al meglio“, “implica un impegno forte e determinato e quindi finanziario. Con la legge di stabilità daremo le risposte che il paese si attende“. Serviranno tagli di spesa per la copertura? “Sono d’accordo con la visione Renzi: decidere dove spendere o dove spendere meno è una scelta politica. Un governo che ha delle priorità deve avere anche idee chiare su dove risparmiare, sarà impegno congiunto e ci sarà anche una riflessione a Bruxelles con l’Europa“.