Spiegare o Rispondere?

SPIEGARE O RISPONDERE QUESTO è IL PROBLEMA DELLA DIDATTICA di Umberto Tenuta

CANTO 260

Spiego e spiego, spiego e rispiego, ma quelli non mi ascoltano!

Rispiego e spiego, ma quelli non capiscono!

 

Certo che non ascoltano; la cosa non li riguarda.

Certo che non capiscono; essi non hanno bisogno di parole; essi hanno bisogno di fare per capire.

Se ascolto, non capisco

Se vedo, non ricordo

Se faccio, capisco e ricordo

(MOTTO ROSITANU))

Quello che l’uomo sa, non lo ha ascoltato da nessuna divinità.

L’ha inventato, l’ha scoperto, l’ha costruito col sudore della sua fronte.

Il pendolo sta fermo.

Si muove solo se è mosso da qualche forza.

L’uomo non è da meno.

Figurati, vagabondo qual è!

L’uomo si muove solo se è mosso da qualche amore.

«Ogni essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore».[1]

Ora, ditemi voi, qual interesse può avere il giovinetto per le parentesi tonde, quadre e graffe?

O per le radici a fittone.

Ma non facciamo… piangere!

Non è, ma dovrebbe essere manifesto che il giovinetto è attento solo a ciò che risponde a un suo personale bisogno, bisogno che egli può esprimere con una domanda.

Si leggeva nella RELAZIONE FASSINO del 1982, Par. XXVI: <<L’istruzione non dà risposte senza domande>>.

Ed il Laeng scriveva che <<La domanda, in effetto, costituisce formalmente il discepolo: egli è colui che non sa e vuole sapere, e che pone i suoi interrogativi a chi sa, o almeno sa come si può sapere>>.

E lo stesso Laeng aggiungeva: <<Educare alla domanda vuol dire educare all’intelligenza: educare allo spirito di inesausta domanda, anche in seno alla «confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà» della civiltà tecnologica (H. Marcuse), vuol dire educare alla filosofia, che riconosce in se stessa l’eros figlio di povertà e d’acquisto: fame e sete di verità e sforzo per divenirne eredi. Il vertice della saggezza come sapere di non sapere, come docta ignorantia e silenzio adorante dell’anima, è esso stesso domanda. Il nome del più eccelso arcangelo, Michael, significa anch’esso una domanda>>[2].

<<La domanda, in effetto, costituisce formalmente il discepolo>>

Le domande le fanno gli studenti, non i docenti!

Discepolo è colui che pone domande.

Se non pone domande non è discepolo.

Ma, attenzione.

Attenzione, signori docenti!

Lo studente è colui che <<pone i suoi interrogativi a chi sa, o almeno sa come si può sapere>>.

Ho conosciuto uno stupido insegnante che si studiava le domande strane da porre alla sua Dirigente, per metterla in difficoltà.

Risposi al posto della Dirigente, indicandogli come poteva trovare da solo le risposte.

Imparò la lezione!

Il bravo docente non dà risposte a chi non pone domande e indica la strada per cercare le risposte a chi pone le domande.

Questa frase è un grande TRATTATO DI DIDATTICA!

Cari Docenti, riposatevi!

Non dovete fare lezioni.

Non dovete dare risposte.

Semplicemente, dovete guidare i vostri studenti a cercare le risposte alle loro domande.

Sapete quali risultati raggiungerete?

I vostri studenti:

  1. a) accresceranno la loro innata curiosità di sapere, saper fare, saper essere (motivazioni);
  2. b) impareranno la strada, la via, il metodo (meta-odos) per ricercare le risposte ad ogni loro domanda (metodo);
  3. c) rafforzeranno le loro capacità di fare ricerca (capacità).

Così, diventeranno autonomi.

Nasceranno alla condizione umana: saranno uomini.

Tratto t’ho qui con ingegno e con arte;

Lo tuo piacere omai prendi per duce;

Fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte. […]

Non aspettar mio dir più né mio cenno;

Libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

E fallo fora non fare a suo senno:

Per ch’io te sovra te corono e mitrio.

Amici miei cari, docenti che sanno come si può sapere, altro che lezioni, spiegazioni, presentazioni, dimostrazioni, LIM, Proiettori…

Qui ci vuole il mondo che si squaderna fuori dalle grigie pareti delle aule scolastiche!

Ambiente naturale, artificiale e digitale.

Altro che libri di testo!

Ma, alla fine, qui ci vuole, sì, ci vuole anche un TABLET.

Un TABLET per la Maestra ed un TABLET per ciascuno dei venticinque studenti della classe!

Gli EURO non ci sono?

Utilizziamo:

−quelli dei libri di testo

−quelli della cancelleria

−quelli delle fotocopie.

La Dirigente amministrativa è contenta.

La Dirigente scolastica è contenta.

I Genitori sono contenti.

Ma, Signore e Signori tutti, qui sono contenti TUTTI GLI STUDENTI.

EVVIVA LA SCUOLA BUONA!

 

RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO

http://www.rivistadidattica.com/filosofia/filosofia_15.htm

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in: http://www.edscuola.it/dida.html

 

[1] Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102.

[2] <<Secondo un’interpretazione gnostica, gli arcangeli son nomi di eoni o essenze intermedie tra Dio e il mondo; tolta ogni corposa ipostasi, essi sono le forme più generali dell’essere. Indicare la più alta di queste forme con una domanda (Michael significa secondo la tradizione “chi è come Dio?”) è sottilissima lezione di saggezza dell’antico maestro, e rinvio al “sempre oltre“. Si v. l’ottimo studio di G. scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica (1957), II Saggiatore, Milano 1965>>. (LAENG M., L’educazione nella civiltà tecnologica, Armando, Roma, 1970, pp. 104-105).

Paura che fa studiare

PAURA CHE FA STUDIARE di Umberto Tenuta

CANTO 259

La parola latina STUDIUM significa AMORE.

STUDIO è AMORE del sapere.

E STUDENTE è COLUI CHE AMA IL SAPERE!

Ma, scrive F. Ferrarotti che <<La scuola non sembra in grado di stimolare e far scoprire ai giovani la gioia della lettura, e di riportare lo studio al suo significato originario di studium, ossia amore, passione, avventura>>[1]

 

Caro, ora suona il FLAUTO DOLCE!

No, Mammina, non posso.

Io debbo studiare le coniugazioni dei verbi.

Me lo ha ordinato la Professoressa di Italiano.

Ed io tanta paura della Professoressa di Italiano, e non solo della Professoressa d’Italiano!

Perché quella di Musica non scherza mica.

Il giovanetto non ha fatto sempre così.

Alla Scuola dell’infanzia aveva imparato a parlare Inglese, utilizzando correttamente i verbi nei vari modi e tempi.

La docente, non solo parlava sempre in inglese, ma era amorevole, lo accarezzava, lo apprezzava e riconosceva i suoi progressi, continui, consistenti, straordinari.

Ora non studia il Flauto dolce che pure gli piaceva all’inizio.

Ora studia i Verbi.

INDICATIVO PRESENTE: IO studio, TU studi, EGLI studia…

CONDIZIONALE PASSATO: IO avrei studiato, TU avresti studiato…

… se la Professoressa mi AVESSE INNAMORATO.

Eppure ha un bel vestito la Professoressa, una maglietta ed un pantaloncino molto aderenti.

Le sue forme sono sempre emergenti.

Bella sì, ma io non la amo, non la amo proprio, la mia Professoressa.

Mi fa paura.

Ed io studio per paura, per la grande paura che ho della mia Professoressa.

E degli altri professori, nessuno escluso, nemmeno della Professoressa di Musica.

Mica studio per amore!

Studio i verbi, e qualunque cosa mi si ordini di studiare.

Mi fanno paura i miei professori, tutti, nessuno escluso. Figurati il Dirigente scolastico!

Io studio per paura.

Studio fino a quando sarò obbligato ad andare a scuola.

Poi, quando avrò finito la scuola, suonerò il Flauto dolce, ed i libri di grammatica, di poesia, di storia e geografia… getterò via.

No, non li venderò come Pinocchio!

Non voglio che un altro giovanetto soffra quello che io sto soffrendo la notte e il dì.

Quello che io, quello che mia madre ha sofferto.

Sì anche lei ha sofferto, come me!

Caso esemplare, autentico, con marchio di garanzia!

Certo c’è qualche rara, molto rara eccezione di Professoressa che innamora.

Ma nessuno ne ha l’indirizzo.

Ella non lo dà.

Sennò il marito andrebbe in galera, per via della corte di spasimanti che si troverebbe sotto la finestra.

Signor Presidente, non faccia la Consultazione sull’Immissione in ruolo!

Certo che saranno tutti d’accordo, con questa disoccupazione che c’è in giro.

La faccia, la Consultazione, su nomi e cognomi degli studenti che sono studenti, che amano la POESIA, la GEOGRAFIA, la MATEMATICA, la GRAMMATICA, la FISICA, la MUSICA, l’ARTE…

La faccia la Consultazione su quanti Pinocchietti si vendono i libri a fine anno scolastico.

La faccia la Consultazione dei LIBRAI per sapere quanti giovani e adulti comprano i CANTI DI LEOPARDI, il PARADISO PERDUTO DI MILTON, il FAUST di Goethe…

E aggiunga anche qualche autore contemporaneo, ma non esageri, mettendoci anche IL GATTOPARDO!

È che la Scuola riesce pure a far studiare I SEPOLCRI, ma non senza far imparare a odiare l’INFINITO.

Life long learning.

Ma scherziamo!

Analfabetismo senza ritorno.

Signor Presidente.

La BUONA RIFORMA la metta nel cassetto.

E la Riforma della Scuola, semplice semplice, la faccia scrivere da Sua Moglie:

SCUOLA DEL GIGLIO FIORENTINO!

Scuola delle Maestre innamorate.

Innamorate tanto che da tutti i pori trasudano AMORE.

Amore del sapere, FILOSOFIA.

Signora STEFANY, faccia un sacrificio, gliela scriva al Suo amato Presidente, in una SOLA riga, questa RIFORMA DELL’AMORE DELLA SCUOLA!

Sapesse, Signora, quanti nuovi elettori Gli procurerà!

Madri e Padri, Nonne e Nonni. Zie e Zii, Cugine e Cugini, Commari e Compari…(Quelli veri).

Altro che campagna elettorale!

Ma poi, mica una grande Riforma della Scuola Giovanni Gentile la fece per i voti!

E s’ebbe imperitura gloria.

 

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[1] Presentazione del libro: FERRAROTTI F., Leggere, leggersi, Donzelli, Roma, 1998

MINORI. Autismo, indicatori di disagio visibili già a 6 mesi

MINORI. Autismo, indicatori di disagio visibili già a 6 mesi
A giornate Ido propone neuropsichiatri infantili a corsi preparto
(DIRE – Notiziario Sanità) Roma, 19 set. – “La neuropsichiatria infantile si allinea a questo filone di ricerca e di approccio clinico che cerca di anticipare non tanto la diagnosi, perche’ a 6 mesi non si tratta di fare diagnosi, ma di individuare quelli che possono essere i segni di vulnerabilita'”. Cosi’ Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile operante a Palermo e relatrice del convegno promosso a Roma dall’Istituto di Ortofonologia, commenta il metodo Infant Start sperimentato in California per il trattamento precoce dell’autismo (a 6 mesi).

INDICATORI DEL DISAGIO VISIBILI GIA’ A 6 MESI – “Noi cerchiamo di individuare – e gia’ a sei mesi lo si puo’ fare – quali possono essere gli indicatori di disagio nel neonato/ lattante. Segni che si possono esprimere a diversi livelli- spiega la neuropsichiatra infantile- non mi riferisco solo ai segni specifici di autismo, ma anche ad una disarmonia che si puo’ manifestare nel movimento, nelle posture, nella mancata intenzionalita’ a muoversi o nella scarsa variabilita’. La base e’ sicuramente una buona conoscenza della neurologia classica neonatale- afferma- da cui poi ci muoviamo per poter andare a valutare l’uso funzionale di quel movimento che si puo’ individuare gia’ nel bambino cosi’ piccolo”. CON BUON ACCUDIMENTO NON SI ESCE DALL’AUTISMO – L’osservazione del neuropsichiatra infantile “prevede anche una valutazione della relazione madre-bambino o, comunque caregiver-bambino, per valutare gli indicatori dell’intersoggettivita’ che ci fanno comprendere che un bambino possa essere portatore di una vulnerabilita’ che lo espone al rischio psicopatologico. Noi sappiamo che l’autismo, come altre patologie, ha una base genetica- sottolinea Vanadia- ma sappiamo anche quanto incida il fattore ambientale, che nei primi mesi di vita si condensano proprio nei messaggi inviati, nei bisogni attesi, nelle proposte e non inviati dai caregiver. Avere un neonato/lattante che non attiva la responsivita’ materna, o la attiva in modo disarmonico perche’ lancia dei messaggi parziali o differenti da quelli che un genitore si potrebbe aspettare- spiega il medico- vuol dire avere di fronte un bambino che merita di essere interpretato e di avere uno spazio in cui qualcuno si ponga la domanda di qual e’ il suo bisogno e tenti di dargli una risposta adeguata. La verita’- chiarisce – non e’ che con un buon accudimento si esca dalla diagnosi di autismo, ma che alcuni bambini che hanno degli indicatori che potrebbero far pensare all’autismo in realta’ non sono affetti da questa patologia, mentre potrebbero essere esposti al rischio di evoluzione in un disturbo della sfera neuropsicocomportamentale, in un disturbo neuroevolutivo che potrebbe avere dei segni clinicamente sovrapponibili all’autismo sul quale però è possibile intervenire modificando la storia, uno per tutti il Disturbo della regolazione della pro cessazione sensoriale”.

COME SOSTENERE LE FAMIGLIE – “Non esistono ricette ne’ per i genitori ne’ per i bambini. Chiaramente nei primi mesi di vita tutto si basa su un accudimento che diventa anche abilitativo. Un accudimento- ripete l’esperta- che e’ contenimento, contatto e stimolazione. La madre ha bisogno di essere accompagnata in questo percorso, non guidata ne’ istruita”.

COME AVVICINARE LA NEUROPSICHIATRIA INFANTILE ALLE FAMIGLIE – Vanadia propone “l’integrazione di neuropsichiatri infantili formati gia’ nei corsi preparto e nelle neonatologie, laddove- conclude- questo trauma incomincia e dove c’e’ maggiore bisogno di una sensibilizzazione guidata che non faccia paura, di uno spazio di ascolto, confronto e conforto. Vogliamo che le famiglie possano uscire dai nostri colloqui piu’ consapevoli e rilassate”.

(Wel/ Dire)

Apprendimento permanente

Apprendimento permanente (L. 92/12, D.Lvo 13/13 e linee strategiche 10/07/14)


In applicazione della L. n° 92/2012 art. 4 commi da 51 a 69 è stato affrontato il problema di come garantire agli adulti un apprendimento permanente di carattere:

  1. formale: cioè istituzionale, ed es. scuola, università, formazione professionale…,
  2. non formale: ad es. mondo del lavoro autonomo o dipendente
  3. informale: esperienze di vita.

Per realizzare ciò è indispensabile l’interazione di numerosi soggetti, istituzionali e non, a livello nazionale (Ministeri dell’Istruzione del Lavoro ed Economia, Sindacati…) e locale (Regioni, Enti Locali, soggetti del Terzo Settore, Centri Provinciale per l’Istruzione degli Adulti – CPIA, Università…).

Le indicazioni per organizzare le reti territoriali necessarie sono fornite dalle linee strategiche adottate dalla Conferenza Stato regioni nella seduta del 10 luglio 2014 attuative dell’intesa Stato Regioni del 20/12/2012.

L’importanza degli interventi sta nel fatto che gli apprendimenti formali, non formali ed informali vengono valutati da appositi centri pubblici ed accreditati sulla base di standard e di un  “repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali” formulati secondo regole europee che consentano quindi la spendibilità delle certificazioni delle conoscenze e delle abilità acquisite su tutto il territorio dell’UE.

Le norme per tali certificazioni sono contenute nel D.Lvo n° 13/2013.


OSSERVAZIONI

  1. Le norme sopra citate insistono sulla necessità che tutta l’operazione debba avvenire senza oneri aggiuntivi per l’erario. Pertanto gli Enti pubblici che interverranno potranno contribuire solo sulla base delle disponibilità residue di bilancio. Ciò comporta che uno sforzo maggiore verrà richiesto ai soggetti del Terzo Settore e a quei privati che vorranno spontaneamente inserirsi nella rete territoriale per la realizzazione degli interventi.

 

  1. Pur non essendovi nei documenti sopracitati alcun riferimento esplicito agli adulti con disabilità, è ovvio che, trattandosi del riconoscimento generalizzato di un diritto di cittadinanza attiva all’apprendimento permanente, esso riguarda sicuramente gli adulti con disabilità ai quali debbono essere necessariamente riconosciuti tutti i diritti concernenti l’inclusione scolastica e formativa.

 

  1. Questa normativa, come pure quella per la Garanzia Giovani e l’apprendistato, sembra voler contrastare l’attuale grave situazione di disoccupazione giovanile o di perdita del lavoro da parte di adulti, nel tentativo di offrire strumenti di maggiore mobilità per uscire dalle secche della crisi occupazionale, facendo in modo che la forza lavoro disponibile possa qualitativamente adeguarsi ai nuovi progressi tecnologici e organizzativi del mondo del lavoro.

di Salvatore Nocera

Sistema di valutazione: parte zoppo e senza risorse

Sistema di valutazione: parte zoppo e senza risorse

Incontro ministero-sindacati

Parte quest’anno l’autovalutazione strutturata per tutte le scuole. Il prossimo anno scolastico la valutazione esterna per il 10% delle scuole.

 

All’incontro, per la Uil Scuola, ha partecipato Massimo Di menna. Il direttore generale Palumbo ha illustrato i contenuti e lo scadenzario della direttiva firmata dal ministro. La Uil ha protestato per l’ennesima decisione senza confronto preventivo ed ha insistito perché per la nota esplicativa che verrà inviata alle scuole ci sia una vera informativa preventiva.

Il sistema di valutazione è un’esigenza delle scuole ma parte privo di una parte essenziale, gli ispettori come funzione tecnica di accompagnamento e supporto, senza un piano serio di accompagnamento – formazione, e senza risorse. Si prospetta quindi una eccessiva presenza del ruolo dell’Invalsi ed un ulteriore aggravio di lavoro – che rischia di essere fortemente burocratico per gli insegnanti e per la scuola – con retribuzioni ferme e senza risorse finalizzate all’attuazione del piano di autovalutazione strutturata. Anche tale aspetto è presente nella mobilitazione della categoria decisa da tutte le organizzazioni sindacali rappresentative.

Per la dirigenza scolastica è previsto l’avvio della valutazione individuale connessa ad aspetti retributivi. Su questo aspetto abbiamo, insieme agli altri sindacati, rivendicato una specifica sessione negoziale. Il blocco del contratto anche su questo personale interviene in modo negativo. Abbiamo inoltre evidenziato che, per gli aspetti negoziali-contrattuali, non possono essere confuse le funzioni dei sindacati rappresentativi della dirigenza scolastica, con quelle delle associazioni professionali. Su questo il testo della direttiva, è ambiguo.

 

La scheda di dettaglio della Uil Scuola

 

Napoli, per 600 alunni disabili le classi sono ancora chiuse

Napoli, per 600 alunni disabili le classi sono ancora chiuse. Il dossier di “Tutti a scuola”
Toni Nocchetti, presidente dell’associazione: “Sono stanco di vedere attori e politici fare docce gelate senza occuparsi dei problemi e di un Paese dove si spendono oltre 87 miliardi all’anno per le lotterie e ai disabili gravi si ‘regalano’ 275 milioni di euro all’anno”

da Redattore Sociale
19 settembre 2014

NAPOLI – La scuola è cominciata, ma non per gli alunni disabili della provincia di Napoli. Con una delibera dello scorso 7 agosto la provincia ha interrotto l’erogazione dei fondi per le attività e l’inserimento di circa seicento studenti partenopei delle scuole superiori. Toni Nocchetti, presidente dell’associazione Tutti a Scuola, sta preparando un dossier da presentare al ministero. “Sono stanco di vedere attori e politici fare docce gelate senza occuparsi concretamente dei problemi e di un Paese dove si spendono oltre 87 miliardi di euro all’anno per le lotterie e ai disabili gravi si ‘regalano’ 275 milioni di euro all’anno. Se manca l’assistenza materiale i ragazzi disabili non possono andare a scuola”, spiega Nocchetti.
“Il ministero dell’Istruzione scarica la responsabilità sugli enti locali, ma tra tagli e patti di stabilità non ci sono risorse e quindi ci troviamo in questa situazione – continua il responsabile del coordinamento di genitori di alunni disabili di Napoli -. I docenti di sostegno in proporzione agli studenti disabili diminuiscono di anno in anno. L’anno scorso gli alunni disabili erano 209.814, gli insegnanti erano 110.216, quasi la metà: questo vuol dire che ogni allievo è seguito da un insegnante di sostegno per la metà del tempo scolastico. Gli alunni disabili sono ogni anno superiori di migliaia di unità alle previsioni che il Miur registra diligentemente al momento delle iscrizioni”. “La disabilità dovrebbe essere considerata come un minimo comune denominatore di civiltà” conclude Toni Nocchetti, che chiede di segnalare all’indirizzo: info@tuttiascuola.org le situazioni di difficoltà e i disservizi negli istituti italiani. (AdG, Napoli Città Sociale)

Direttiva sulla valutazione, una partenza col piede sbagliato

Direttiva sulla valutazione, una partenza col piede sbagliato

Giovedì 18 settembre si è svolto un incontro al Miur per l’informativa alle organizzazioni sindacali circa la Direttiva sulle priorità strategiche del Sistema nazionale di Valutazione. E’ apparso da subito chiaro come non vi fosse alcun reale margine di discussione rispetto a decisioni già assunte e riprese in un testo presentato come immodificabile. Anche in questa circostanza si conferma dunque una linea di sostanziale chiusura al confronto che in termini generali caratterizza i comportamenti del Governo, e di riflesso quelli dell’Amministrazione. Ciò è tanto più grave e addirittura insensato quando, come in questa occasione, si affrontano tematiche su cui sarebbe quanto mai indispensabile aprirsi a un all’ascolto e al dialogo col mondo della scuola, con chi ne affronta ogni giorno i problemi nel vissuto della sua esperienza professionale, stante anche la necessità di recuperare su un tema controverso come la valutazione un clima segnato da minori tensioni, per puntare a una positiva condivisione degli obiettivi e delle strategie.
Una partenza col piede sbagliato, dunque, su un argomento al quale la Cisl Scuola, da sempre, dedica particolare attenzione e impegno, convinta che una valutazione correttamente intesa e praticata possa rappresentare un fattore essenziale per la crescita di qualità del servizio scolastico.

Nel merito del provvedimento oggetto dell’incontro, l’Amministrazione ha illustrato i punti salienti della Direttiva e la tempistica che si prevede di rispettare. Con la Direttiva si dà l’avvio a processi di autovalutazione in tutte le scuole. Gli istituti scolastici dovranno redigere un Rapporto di autovalutazione, utilizzando un formato corredato di indicatori e dati comparabili, reso disponibile dall’Invalsi entro ottobre. I dati e lo stesso Rapporto saranno immessi in una piattaforma predisposta dai Servizi Informativi del Miur. Nella Direttiva si afferma che le scuole terranno conto anche delle precedenti esperienze di autovalutazione svolte in autonomia o entro progetti sperimentali. L’Amministrazione ha però chiarito che anche le scuole che stanno partecipando al progetto Vales dovranno comunque compilare il R/A secondo il nuovo modello strutturato dall’Invalsi. Il rapporto di autovalutazione sarà completato entro luglio 2015 e sarà reso pubblico mediante il portale Scuola in chiaro; sarà pubblicato anche sul sito web dell’Istituzione scolastica. La pianificazione e realizzazione del Piano di miglioramento verranno attuate a partire dall’a.s. 2015/2016. Nel luglio 2016 vi sarà un primo aggiornamento del Rapporto. Al termine del triennio tutto il processo si concluderà con la pubblicazione da parte delle scuole di un primo Rapporto di rendicontazione sociale.

La Direttiva affronta anche il tema della valutazione esterna, che riguarderà il dieci per cento delle istituzioni scolastiche. Entro marzo 2015 la Conferenza di coordinamento del SNV adotterà – su proposta dell’Invalsi – gli indicatori di efficacia e di efficienza in base ai quali selezionare le scuole da sottoporre a valutazione esterna. Però solo il sette per cento degli istituti sarà individuato in base a questi indicatori; il tre per cento verrà invece scelto con un campionamento casuale. I nuclei di valutazione saranno costituiti da esperti, selezionati dall’Invalsi, e dagli ispettori ai quali è affidato anche il compito di coordinare i nuclei. Il numero dei dirigenti tecnici utilizzato in via esclusiva in questi compiti, verrà definito con decreto ministeriale.

Nel corso dell’incontro sono stati poi esaminate le sezioni della Direttiva dedicate alle rilevazioni nazionali sugli apprendimenti degli studenti e alla valutazione dei dirigenti scolastici. Per il primo aspetto, la dott.ssa Palumbo ha comunicato l’intenzione dell’Invalsi di predisporre delle linee guida per agevolare la lettura dei dati da parte delle scuole. Inoltre nel corso del triennio verrà migliorato l’utilizzo del profilo longitudinale dei dati, anche al fine di individuare il valore aggiunto.
Per quanto riguarda i dirigenti scolastici, la Direttiva si limita a riprendere sostanzialmente le previsioni del D.P.R. n. 80/2013.
L’Amministrazione ha riconosciuto la necessità di un confronto con le OO.SS. circa gli indicatori per la valutazione, che saranno definiti dall’Invalsi. A questo Istituto sarà inoltre affidato il compito, nel quadro delle azioni di valutazione del sistema, di redigere un rapporto sul sistema scolastico italiano entro ottobre 2015 e per ciascun anno successivo.
Al di là delle obiezioni di metodo già evidenziate in apertura di queste note, non vi è dubbio che la Direttiva presenti diversi punti di problematicità, in primo luogo il disequilibrio tra le parti del sistema per una preponderanza del ruolo dell’Invalsi. Si lascia all’Istituto di Frascati la completa gestione del processo (individuazione di indicatori, redazioni di format, scelta di criteri, selezione di esperti, ecc.) senza che la “terza gamba” prevista dal Decreto possa in alcun modo temperare il tecnicismo che pervade il sistema. Infatti i Dirigenti tecnici attualmente in servizio sono pochissimi rispetto al compito che li attende e che è relativo alla valutazione esterna di 850 scuole. Non si comprende come potranno riequilibrare il sistema; la loro funzione, per forza di cose, sarà ridotta ad un coordinamento formale e certificatorio di quanto gli esperti Invalsi decideranno nei nuclei di valutazione.

Nell’impianto della Direttiva è completamente assente qualsiasi attenzione alla gradualità con la quale avrebbe dovuto essere implementato un processo così ampio e complesso. Le scuole, prive di ogni sostegno e consulenza del contingente ispettivo, dovranno cavarsela da sole oppure ricorrere ad istituzioni che sono distanti e non in grado di offrire il supporto che sarebbe necessario (es. l’Indire). Anche l’annunciato piano di formazione, rivolto ai dirigenti scolastici e che dovrebbe interessare anche i dirigenti tecnici e i referenti della valutazione di ogni scuola, appare appunto solo un annuncio: non sono indicate risorse né modalità di realizzazione. La Direttiva inoltre non spende neppure una parola sull’aggravio di lavoro per i docenti e i dirigenti scolastici né prevede risorse per retribuire i maggiori e gravosi impegni che si profilano.
Ma l’aspetto davvero inquietante è che il Ministero prevede sin dalle fasi iniziali del processo di autovalutazione la pubblicazione di indicatori e dati comparabili riferiti a ciascuna scuola e riportati nel Rapporto di Autovalutazione. Insomma, verranno resi pubblici i dati invalsi, sia pure semplificati e non in forma integrale, insieme a prospetti di comparazione tra le scuole. E questo prima ancora che sia data agli istituti l’opportunità di avviare il piano di miglioramento. Possiamo immaginare quale potrà essere l’effetto di questa azione di diffusione acritica e priva di analisi contestuale anche sull’orientamento delle famiglie nella scelta dell’istituzione scolastica. Preoccupante è anche l’uso di costrutti che dovrebbero avere la funzione di illuminare il significato dei dati Invalsi. Si pensi al concetto di “valore aggiunto” che si è rivelato problematico nel progetto VSQ e all’ancor più nebuloso criterio del “profilo longitudinale dei dati”, nel quale prevedibilmente dovrà essere tenuta sotto controllo una molteplicità di variabili.

La Direttiva trasuda fiducia nelle possibilità tecnologiche dei formati elettronici, della annunciata “piattaforma operativa unitaria”, del dialogo tra le banche dati che dovrebbe consentire l’integrazione di informazioni ed elaborazioni di dati provenienti da più fonti. Considerando la situazione del nostro sistema informativo (i CPIA sono ancora senza codice meccanografico!) e la scarsa reperibilità di informazioni cruciali (si pensi alla formazione professionale), l’impressione è che in realtà il Rapporto di autovalutazione verrà fortemente condizionato dai dati Invalsi che oltretutto ci restituiscono informazioni solo su alcune discipline e che certo non colgono la complessità del funzionamento di una scuola.
L’impressione che se ne ricava è che l’Amministrazione abbia perso una buona occasione per sviluppare con maggiore cautela ed attenzione un processo che pure riteniamo importante. La messa a regime del Sistema nazionale di valutazione è essenziale per la qualità dell’istruzione e, proprio per questo, non può tollerare incertezze organizzative e mancanza di chiarezza sui fondi. Soprattutto è intollerabile che non si sia presa in considerazione minimamente la voce della “quarta gamba” del sistema e cioè delle scuole, l’autonomia delle quali si riduce all’esecuzione di ordini perentori impartiti dal Ministero … e dall’Invalsi.

NUTRIRSI DI PAESAGGIO

NUTRIRSI DI PAESAGGIO
Progetti di scoperta e studio del paesaggio rurale italiano

Il FAI – Fondo Ambiente Italiano presenta, con il sostegno di Ferrero, il progetto “Nutrirsi di paesaggio”, che intende offrire a docenti e studenti un percorso formativo per avvicinare e sensibilizzare gli studenti al tema della tutela del paesaggio quale “…territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni.” (dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
Nel corso dell’anno scolastico 2014/2015, in linea con Expo Milano 2015, il FAI propone di approfondire il rapporto tra l’uomo e l’ambiente attraverso l’osservazione e lo studio del paesaggio rurale italiano, quale viva testimonianza di un processo che, sin dai tempi antichi, ha caratterizzato la trasformazione del nostro territorio per soddisfare una delle esigenze principali dell’uomo: il nutrimento.
La “geografia del cibo”, che assume per il nostro paese un’importante valenza identitaria, è al centro dell’indagine dei concorsi nazionali e degli incontri di formazione a partecipazione gratuita dedicati a insegnanti e studenti delle scuole di ogni ordine e grado.
Finalità del progetto è offrire un’occasione agli studenti di scoprire, conoscere e comunicare la morfologia del paesaggio rurale del proprio territorio, mettendone in luce l’aspetto, le caratteristiche, le tradizioni, i mestieri, le pratiche agricole, le architetture…
Il progetto diventa quindi l’occasione concreta per un’assunzione di responsabilità e permette così di perseguire l’obiettivo formativo dell’educazione a una cittadinanza attiva e consapevole, affinché gli alunni abbiano la possibilità di fare un’esperienza globale ed essere protagonisti del proprio percorso di crescita.
PROPOSTE LEGATE AL TEMA DELL’ANNO:
■ 1, 2, 3… terra! Concorso nazionale per la scuola dell’infanzia primaria e secondaria di I grado: un’indagine sulla morfologia del paesaggio rurale del proprio territorio.
■ Torneo del paesaggio Gara di cultura a squadre per la scuola secondaria di II grado in cui Social Network e strumenti tecnologici sono a servizio di un’indagine sul campo per raccontare il paesaggio rurale italiano attraverso immagini, testi e linguaggi multimediali.
I vincitori saranno invitati a una speciale cerimonia di premiazione nella cornice di EXPO Milano 2015.
■ Incontri di formazione Per dirigenti e docenti di ogni ordine e grado

Per informazioni sulle modalità di partecipazione: www.faiscuola.it; scuola@fondoambiente.it ; N. verde: 800 501 303

VALUTAZIONE: NO A SISTEMA ‘INVALSICENTRICO’ CALATO DALL’ALTO

VALUTAZIONE, GILDA: NO A SISTEMA ‘INVALSICENTRICO’ CALATO DALL’ALTO

No a un sistema di valutazione “Invalsicentrico” calato dall’alto e imposto alle scuole senza alcun coinvolgimento dei docenti e delle organizzazioni sindacali. Così la Gilda degli Insegnanti boccia la direttiva firmata dal ministro Giannini per l’avvio del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV).

Numerosi i punti del documento contestati dal sindacato che punta l’indice contro la scarsa chiarezza delle prime operazioni a carico delle scuole e il rischio che si aggravi il fardello burocratico che già pesa sulle spalle degli insegnanti.
“Inoltre – sottolinea Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda – gli ispettori sono troppo pochi per il carico di lavoro da sostenere e mancano le indicazioni relative alla formazione di coloro che si dovranno occupare dell’autovalutazione, della valutazione esterna e della redazione dei piani di miglioramento”.
Nel mirino della Gilda anche la totale assenza di un investimento economico sia per il lavoro dei nuclei di valutazione interna che per i piani di miglioramento.

“La posizione critica che abbiamo assunto ieri pomeriggio durante l’informativa a viale Trastevere – spiega Di Meglio – è la stessa già espressa in merito al regolamento del luglio 2013 e che è all’origine della direttiva. Al Miur abbiamo chiesto un vero confronto prima dell’emanazione della circolare attuativa per definire alcuni aspetti cruciali e abbiamo rilevato che l’obbligo della pubblicazione dei rapporti di autovalutazione sui siti delle scuole può creare effetti controproducenti per l’intero sistema”.

“Infine – conclude il coordinatore nazionale – riteniamo che sarebbe meglio monitorare e analizzare la sperimentazione Vales e rinviare l’avvio del SNV per acquisire tutti gli elementi utili a migliorarne l’attuazione”.

Presentazione del sistema di Monitoraggio e valutazione degli Istituti Tecnici superiori

Il 23 settembre al Miur
Presentazione del sistema di Monitoraggio e valutazione degli Istituti Tecnici superiori

Il giorno 23 settembre 2014, dalle ore 9.00 alle ore 14.00, presso la Sala della Comunicazione del MIUR, verrà presentato il Sistema di monitoraggio e di valutazione dei percorsi formativi, realizzati dalle Fondazioni degli Istituti Tecnici Superiori – I.T.S. nell’ambito dei piani territoriali adottati per ogni triennio dalle Regioni in relazione alla programmazione dell’offerta formativa di Istruzione e formazione tecnica superiore.

“È un momento importante – sottolinea il Sottosegretario Toccafondi – perché nel corso dell’evento saranno illustrate ai referenti delle Fondazioni degli ITS, ai Direttori generali degli Uffici Scolastici Regionali, ai Direttori dei competenti assessorati Regionali le modalità ed i criteri di attuazione del sistema che ha messo a punto le modalità di applicazione degli indicatori di realizzazione e di risultato per poter accedere ad ulteriori finanziamenti. Si viene a realizzare così un sistema di premialità per quegli ITS virtuosi che hanno saputo equipaggiare gli studenti di quelle competenze utili per inserirsi con successo e in modo permanente nel mondo del lavoro. Si chiude l’era dei finanziamenti a pioggia: gli ITS avranno la loro ‘pagella’ e per i migliori scatterà un premio”.

L’INDIRE, incaricata dell’elaborazione del sistema, illustrerà in dettaglio i contenuti e le procedure di rilevazione che verranno applicate ai percorsi delle 74 Fondazioni sino ad oggi costituite.

Il sistema ITS ha prodotto numeri significativi che ne sottolineano l’importanza strategica:

  • 74 ITS, di cui 10 di nuova costituzione in partenariato con 251 Istituti Scolastici, 510 Imprese/Associazioni d’Imprese, 125 Università/Centri di ricerca, 208 Enti di Formazione, 153 Enti Locali;
  • 2 I.T.S. della Regione Veneto hanno istituito Sedi operative in Lombardia, nell’ambito della programmazione multiregionale lombarda;
  • 231 percorsi attivati e 4.800 corsisti al 31 dicembre 2013;
  • più di 100 nuovi percorsi programmati e 2.000 corsisti per il 2014;
  • 107 percorsi conclusi con n. 1.968 diplomati, di cui il 24% ragazze;
  • su un campione di n. 68 percorsi conclusi, per un totale 1.214 diplomati, risulta già occupato il 64,66 dei corsisti;
  • € 75.310.000 i finanziamenti nazionali al 2014.

L’incontro sarà anche l’occasione per un confronto sul tema Scuola Lavoro contenuto nel documento “La buona scuola” in relazione agli ITS, attraverso l’intervento di quanti operano nel sistema ed hanno in questi anni contribuito a costituirlo e consolidarlo.

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La morte della dirigenza scolastica

La morte della dirigenza scolastica

 

IL DDL 1577

UNA NORMA CON IMPIANTO BUROCRATICISTA

 

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/798577/index.html

 

 

 

1) LE PREMESSE SONO BUONE; MA……

Le intenzioni dichiarate nell’Art. 1 del DDL sono buone:

  1. Al fine di ridurre la necessità dell’accesso fisico dei cittadini alle sedi degli uffici pubblici,….
  2. b)ridefinizione del processo decisionale,….
  3. c)previsione dell’aggiornamento continuo, anche previa delegificazione o deregolamentazione,….

 

 

2) MA….. L’ESITO E’ QUELLO DELLA “COMPLICAZIONE” (CON UN INEDITO

   APPARENTAMENTO DI SCUOLE E UNIVERSITA’)

 

Mentre il “vecchio” D.L.vo 165/2001 prevedeva la sola categoria delle “amministrazioni pubbliche” ( Art. 2: 2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado…..), Il DDL 1577, in omaggio alla semplificazione, istituisce ben 7 differenti categorizzazioni interne:

 

Capo II ORGANIZZAZIONE

Art. 8. (Definizioni di pubblica amministrazione)

  1. …. si intende per:
  2. a)«amministrazioni statali»: la Presidenza del Consiglio dei ministri, le amministrazioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dell’Avvocatura dello Stato, i Ministeri, le agenzie fiscali, le altre agenzie governative nazionali…………, escluse le amministrazioni di cui alla letterad);
  3. b)«amministrazioni nazionali»: le amministrazioni statali, nonché l’amministrazione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, delle autorità indipendenti e delle commissioni di garanzia e gli enti pubblici non economici nazionali, escluse le amministrazioni di cui alla letterad);
  4. c)«amministrazioni territoriali»: le regioni, le province, i comuni, le città metropolitane, le comunità montane o isolane, le agenzie regionali o locali…..
  5. d)«amministrazioni di istruzione e cultura»: le scuole statali di ogni ordine e grado, le università statali….i musei, gli archivi e le biblioteche dello Stato e delle amministrazioni territoriali;
  6. e)«amministrazioni pubbliche»: le amministrazioni nazionali, quelle territoriali, quelle di istruzione e cultura, nonché gli ordini professionali;
  7. f)«soggetti di rilievo pubblico»: le amministrazioni pubbliche nonché le aziende e gli enti pubblici economici, le società a partecipazione pubblica….
  8. g)«organismi privati di interesse pubblico»…le scuole paritarie, le università non statali…

 

Quello che più sorprende di tale siffatta articolazione è il criterio, chiaramente di tipo nominalistico, non certo “funzionale” o di “complessità gestionale” (altrimenti a nessuno sarebbe venuto in mente di mettere insieme le università con gli archivi……) .

 

 

3) LA NUOVA CLASSIFICAZIONE DELLA DIRIGENZA (Art. 10)

Il DDL dichiara di ispirarsi a criteri di semplificazione e efficienza; però introduce ben 11 criteri di classificazione generale e 4 articolazioni del “sistema della dirigenza pubblica”: statale, regionale, territoriali e segretari comunali/provinciali (NB: diversamente dagli annunci, il DDL mantiene le province !).

Dai “ruoli unificati” in cui si articola il sistema della dirigenza pubblica, come noto, sono preventivamente escluse la dirigenza scolastica e quelle mediche (il DDL, per tali figure, non stabilisce alcuna ricollocazione).

 

E’ del tutto evidente (e sorprendente) che il criterio ispiratore del DDL per la dirigenza pubblica è principalmente questo: la vera dirigenza è solo quella “amministrativa”; più esattamente quella “amministrativa pura” (burocratica pura?); senza cioè implicazioni professionali e/o organizzative specifiche. Per l’estensore del DDL il dirigente scolastico e quello medico, che evidentemente mettono in gioco competenze specifiche, non sono veri “amministrativi” (“passacarte?).

 

 

4) CONSIGLIO NON RICHIESTO

Per l’Art. 8 le PA vanno classificate in base al “prodotto” (statali, regionali, EE.LL., istruzione & cultura etc); personalmente condivido molto poco questo tipo di criterio.

Ritengo piuttosto che le PA vadano riguardate come “organizzazioni” e che, pertanto, l’eventuale criterio di classificazione dovrebbe essere quello della complessità, o “architettura di sistema” (o, se si preferisce, del “contenuto di informazione” residente). Ragionando sulla base della complessità, ad esempio, si sarebbe evitato di mettere insieme un’università con un archivio…… .

 

Il presidente provinciale

Giuseppe Guastini


la morte della dirigenza scolastica

 

CAMBIAMO IL DDL 1577: LA SCUOLA MERITA UN “VERO” DIRIGENTE

SE PARTECIPIAMO COMPATTI POSSIAMO VINCERE QUESTA BATTAGLIA

 

scarica il testo del DDL al link: http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLPRES/798577/index.html

 

 

Cara/o collega

ti informo che giovedì 18/9/2014, come dirigenti scolastici della provincia di Viterbo, ci siamo riuniti per approfondire la previsione dell’Art. 10 del DDL 1577 il quale, come noto, non prevede il mantenimento della dirigenza scolastica nell’ambito del “sistema della dirigenza pubblica”.

Nei punti seguenti riporto una sintesi delle valutazioni e delle strategie espresse dall’assemblea viterbese.

 

1) LE SCUOLE MERITANO UNA “VERA” DIRIGENZA

La complessità ed il ruolo strategico che le istituzioni scolastiche giocano nell’ambito del sistema statale dell’istruzione “obbligano”, invece, la preposizione di un “vero” dirigente statale, non meno di quanto accade negli uffici ministeriali, degli EE.LL. etc. Un dirigente cioè di alto profilo per competenze, inquadramento, reclutamento e formazione.

 

2) L’IMPIANTO DEL DDL 1577

Il DDL sembra invece delineare un sistema dirigenziale di stampo “vetero-militarista”, basato cioè su una gerarchia nella quale una ristrettissima élite prevale (anche economicamente) su tutti gli altri ruoli della PA, inclusi quelli direttamente impegnati nell’organizzazione dei servizi al cittadino.

Un altro elemento debole del DDL è che per “vero” dirigente viene inteso esclusivamente il “dirigente amministrativo”, escludendo da tale profilo ogni contaminazione di competenze tecnico-specialistiche.

 

3) IL RETRO- PENSIERO

Il DDL, in aggiunta al testo dichiarativo, reca evidentissimi tratti trans-testuali: le scelte dell’Art. 10

conseguono agli interessi corporativi della burocrazia ministeriale, nell’intento di escludere gli altri dirigenti dalle risorse destinate alla retribuzione dirigenziale. Sfortunatamente, questi interessi assai poco confessabili, godono della protezione anche di sindacati e associazioni che, a parole, si dichiarano difensori della dirigenza scolastica (non abboccate !).

 

4) STIGMATIZZIAMO

I dirigenti scolastici stigmatizzano l’assordante silenzio di sindacati, associazioni etc su tale misfatto che viene compiuto ai danni della scuola italiana.

Chiedono che questo problema venga recepito come una priorità da quanti si dichiarano difensori della scuola italiana, assumendo posizioni chiare, non mediante generiche dichiarazioni retoriche ma con strategie e impegni precisi.

 

5) STRATEGIE

I DS di Viterbo chiedono l’impegno diretto e continuo di tutti i colleghi italiani, condividendo le seguenti iniziative:

  1. a) fate girare quanto più possibile questo comunicato e/o producetene di vostri; manteniamoci in

contatto, inviamo mail etc;

  1. b) promuovete incontri, assemblee, iniziative etc sul vostro territorio; stanate sindacati, partiti,

politici etc;

  1. c) inviate la comunicazione sotto riportata a “LA BUONA SCUOLA”;
  2. d) le alleanze: prendete accordi e richiedete la collaborazione di quei sindacati, associazioni etc

che, invece, si dimostrano sinceramente impegnati a difesa della scuola italiana;

  1. e) stiamo pensando di organizzare una grossa convention nazionale dei DS italiani a Roma; è

un’impresa difficile; per questo chiediamo:

  • a tutti i colleghi di partecipare;

  • ai colleghi di Roma di supportarci in questa iniziativa individuando una sede possibile e

collaborando per gli aspetti logistici (per contatti: icmonaci@alice.it;   tel.: 3294512842).

 

Viterbo 19/9/2014

Giuseppe Guastini

 

 

Da inviare a “la buona scuola”:

 

Non squalifichiamo la scuola italiana; la scuola italiana merita un “vero” dirigente che, per profilo di competenze, inquadramento e formazione, sia a pieno titolo inserito nel sistema della dirigenza pubblica. Richiedo la modifica dell’Art. 10 del DDL 1577.

Caro Giancarlo!

Caro Giancarlo! *

di Maurizio Tiriticco

Come sai, non sono intervenuto sulla Buona Scuola e ne comprenderai anche le ragioni. Da sempre insisto sul fatto che le operazioni di maquillage sono indubbiamente interessanti e per certi versi significative. Ma sono in grado di incidere sulle strutture portanti del nostro SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE? Non sono io a chiamarlo così! E’ una scelta che abbiamo compiuto fin dalla legge 30, quella varata da Berlinguer, e che la Moratti si affrettò ad abrogare! Comunque, anch’essa volle intervenire a livello di sistema! Però ebbe il torto di combinare quei pasticci dei quali in parte ancora soffriamo le conseguenze… nonostante gli aggiustamenti del cacciavite di Fioroni. E poi non sono io ad aver formulato l’espressione “agire localmente, ma pensare globalmente”! Il fatto è che in una società complessa non possiamo parlare delle Buona scuola, come non potremmo parlare della Buona industria o del Buon commercio o della Buona politica estera!
Se la Buona scuola vuole essere un documento che vuole sollecitare riflessioni e interventi, va benissimo. Mah!!!! Un “mah” grosso così! Vogliamo alimentare un diffuso chiacchiericcio? Una montagna di interventi e di riflessioni, che saranno tutte interessanti, indubbiamente, e che su questo o su quel tema potrebbero veramente contribuire ad aiutare i nostri anonimi autori del documento di base. Ma la montagna sarà tale da incidere veramente, positivamente e con grande lungimiranza sul SISTEMA? Dal documento dei nostri anonimi estensori non emerge nulla dei nodi cruciali della nostra scuola! Sembra che tutto vada bene, e che basti qualche ritocco qua e là perché tutto funzioni meglio. E le sollecitazioni non investono le questioni di fondo! Mah!!! Se la mia automobile va in panne, non la porto al lavaggio, ma all’officina, e magari all’officina autorizzata!
Entro nel merito di qualche nodo importante. Vogliamo fare uscire i nostri ragazzi a 18 anni di età? Benissimo, ma… basta tagliare un anno al secondo ciclo? Non ci ho mai creduto e l’ho scritto! E qualcuno più autorevole di me ha bacchettato le sperimentazioni che sono in atto! In effetti, non si può bignamizzare un percorso di istruzione! Siamo seri! Uscire a 18 anni significa ripensare l’intero percorso del nostro alunno, fin dalla primissima infanzia!
Ma qui si oppongono tutti gli strenui difensori dello status quo! Quando mai tu, Giancarlo, vorresti ripensare alla scuola dell’infanzia? E’ un gioiello di famiglia!!! Anch’io lo reputo un gioiello, ma i tempi cambiano. Ti ricordi la vignetta di Frato? Due bambini che parlano saccentemente di un jet, ma che poi lamentano di dover tornare in aula a infilare perline! Oggi non parlano di jet, ma fanno! Smanettano tablet molto meglio di noi! Anche se emergono con forza certi livelli di disagio e di inquietudine ignoti fino a qualche tempo fa. E dobbiamo anche pensare che gli Orientamenti, quelli che tutto il mondo ci invidia, sono del ’91! In effetti tutte le successive riscritture sono state dei semplici maquillage! Ma sarebbe proprio una violenza pensare un po’ più diversamente su ciò che accade nella testa e nel cuore di una bambino di 4 o 5 anni?
E ancora! Perché si continua ad insistere su un primo ciclo di istruzione che si conclude a 14 anni di età, quando in effetti dovrebbe terminare a 16, con la conclusione di un obbligo che abbiamo elevato nel 2007 perché i tempi cambiamo e, con essi, conoscenze, abilità e competenze? Sai meglio di me che la certificazione dell’obbligo NON ESISTE! E’ una pura e semplice operazione cartacea! Con il grande pasticcio di dove collegare la certificazione delle competenze pluridisciplinari ai voti disciplinari! Ma che ci azzecca? Poco  o nulla, però ci azzecca… e per decreto! E poi esiste un esame di terza media che formalmente non vale un acca, e che invece è diventato più pesante di un esame di laurea!!! Con cinque – e a volte di più – prove scritte! E con un certificazione finale, diversa da scuola a scuola – perché le scuole sono tenute ad inventare sia competenze che criteri di certificazione – che vale un secondo acca. E che, tra l’altro, nessuno sa che dovrebbe corrispondere al livello 1 dell’EQF! Ma… che cos’è l’EQF???
E ancora! Sai meglio di me che i tre percorsi biennali del secondo ciclo di istruzione vietano di fatto che gli insegnanti si sentano obbligati a insegnare considerando le competenze di fine obbligo. Ciascun insegnante pensa in termini di quinquennio, non in termini di biennio. Ma la colpa non è degli insegnanti, ma di un Miur che ha innalzato l’obbligo senza intervenire nel merito degli ordinamenti. Per cui l’equivalenza formativa dei percorsi – così si esprime il dm istitutivo dell’obbligo decennale – è un puro e semplice flatus vocis!
E sai anche che nessuno del Miur si è preso la briga di dire alle scuole che le competenze finali della terza media corrispondono al primo livello dell’EQF, quelle di fine obbligo al secondo, quelle dell’esame di Stato finale al quarto. E che sarebbe il caso, se si ragiona e si insegna in termini di competenze, constatare quali convergenze vi siano tra quelle nazionali da noi adottate e quelle indicate dall’EQF, che valgono per tutti i cittadini dei 28 Stati membri. E l’EQF è importante perché, come sai, dovrebbe facilitare la circolazione in tutti i Paesi membri sia dei titoli di studio che dei lavoratori che ne sono in possesso.
Voglio anche ricordarti che quelle competenze di cittadinanza che l’Unione europea ci ha indicato (e ad elaborare questa “indicazione” ha contribuito anche il nostro Paese) e che i nostri cittadini tutti dovrebbero acquisire a conclusione degli studi obbligatori, il nostro bravo Miur le ha completamente ignorate nel modello di certificazione che le scuole adottano. Ciò coincide con la colata a picco di quella disciplina che si chiama Cittadinanza e Costituzione, che doveva dare nuova vita a quell’Educazione civica che le nostre scuole hanno sempre ignorato. Allora non lamentiamoci se i nostri giovani non solo sono sempre più inquieti e ignoranti… le Università si lamentano, e come!!! Ma,solo i giovani? E come la mettiamo con le competenze alfabetiche dei nostri cittadini tutti? I dati Ocse-Pisa ci penalizzano sempre più.
E che dire del fatto che il nostro secondo ciclo non è affatto unitario? Perché i licei sono “ordinati” da Indicazioni nazionali, a volte assi vaghe, e gli istituti tecnici e professionali da Linee guida, tutte incentrate invece sul dolmen delle conoscenze, delle abilità e delle competenze? Quando mai abbatteremo quel solco che ancora divide “per legge” gli studi umanistici, fatti per i figli di papà, e quelli tecnico-professionali destinati agli sfigati? Siamo ancora una società classista? Certo! Ed è la nostra scuola che contribuisce a riprodurla! Altro che SISTEMA EDUCATIVO DI ISTRUZIONE (generalista) e FORMAZIONE (finalizzata al lavoro)! La nostra scuola secondaria è classista! Ma secondo altri è pur sempre una… Buona scuola!!!!
Questi problemi di fondo chi scrive la Buona scuola non li vede, non li conosce, non li vuole vedere, non li vuole conoscere! Altrimenti scriverebbe la Cattiva scuola, entrerebbe nel merito e, invece di sollecitare interventi altrettanto buonisti, invece di scrivere tonnellate di pagine, stenderebbe due paginette di INTERVENTI REALI E COSTRUTTIVI! Ma non è così e non sarà così!
Dal basso non si costruisce nulla se dall’alto non ci sono idee chiare su come dev’essere costruito l’edificio! Dal basso si costruiscono solo rivoluzioni, quando in alto di difendono solo interessi precostituiti. Ma, fortunatamente, questo non è il nostro caso. La nuvola di Fuksas non è affatto aerea! E’ bella solida e, come sai, sarà il polo congressuale più grande d’Europa. Ma la nostra scuola, se Buona, non sarà mai la più grande d’Europa! Ma una scuola europea! Semplicemente dovrebbe essere una scuola che formi CITTADINI, PERSONE e LAVORATORI. In effetti lo abbiamo anche scritto! Le istituzioni scolastiche devono garantire interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE per garantire a tutti il SUCCESSO FORMATIVO (dpr 275/99, att. 1). A quando però?
Scrivo queste cose perché sono stanco – siamo tutti stanchi – di continuare a girarci i pollici, quando invece, dovremmo dare di gomito! Comunque, speriamo di cavarcela!

19 settembre Reggi all’Agenzia del demanio

Il Consiglio dei ministri, nel corso della riunione del 19 settembre, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, acquisito il parere favorevole della Conferenza Unificata, conferisce l’incarico di direttore dell’Agenzia del demanio a Roberto Reggi.

A. Giménez-Bartlett, Morti di carta

Alicia Giménez-Bartlett, Morti di carta, Sellerio

di Mario Coviello

gimenezIl libro che voglio consigliarvi è un giallo di Alicia Giménez-Bartlett “ Morti di carta” Sellerio editore, 2002. Ve lo consiglio perché la protagonista Petra Delicado, che è al suo quarto caso dopo “ Giorno da cani”,Messaggeri dell’oscurità” e “ Riti di morte”, sempre pubblicati in Italia da Sellerio, è nelle indagini proprio come il suo nome una pietra determinata, capace di andare fino in fondo, non perdonando nulla prima di tutto a se stessa e , allo stesso tempo delicata, capace di avere pietà per gli assassini che persegue.

Petra è una donna vera di quarant’ anni , colta, ironica,sempre in lotta con il suo aspetto trasandato che vorrebbe curare, se ne avesse il tempo e la voglia. Ha divorziato due volte, conquistando una sana solitudine fatta soprattutto di lavoro e di sane letture.

Il suo partner nelle indagini da sempre è Fermin Garzon, più anziano,saggio, vedovo e solo come Petra, il suo capo. Nel corso di questo e degli altri romanzi la Gimenez Bartlett si diverte e ci appassiona nel raccontare la loro amicizia che è fatta di colloqui burrascosi,ironie feroci,e soprattutto di una intesa che nasce dagli anni vissuti insieme ad indagare.

“ Morti di carta “ anticipa la vallettopoli italiana perché tutto ha inizio dall’uccisione di Ernesto Valdés, un giornalista televisivo,aggressivo e spietato che si occupa solo di scandali rosa e sessuali.  E il viaggio dei due investigatori nel mondo della televisione e del giornalismo spagnolo “ leggero” è l’occasione per descriverne la spietata ferocia, la vacuità dell’apparire. Petra e Garzón passano al setaccio quello strano mondo, miscuglio di spettacolo ricchezze e vizi pubblici e privati, e man mano che si avvicinano a una soluzione, la loro strada si lastrica di nuovi cadaveri.  Fra sedute ai saloni di bellezza con Amanda, la sorella in fuga da un marito che l’ha tradita, seguiamo Petra e Garzòn nella loro indagine e incontriamo diversi personaggi: lo stilista-designer, la padrona del bar, i confidenti, l’imprenditrice, il barone decaduto, la ballerina di flamenco che lavora ormai come commessa in un negozio di articoli sportivi, il direttore di un quotidiano, la direttrice di una rivista femminile, la ragazza dai mille orecchini, la famiglia del ministro della Sanità, appartenente all’Opus Dei.

In “ Morti di carta” a Barcellona che è da sempre il teatro delle indagini di Petra e Fermin si aggiunge Madrid e le due città, come avviene con i romanzi di Camilleri, sono strade,volti, odori, bar, ristoranti e violenza.

Cesare Cases recensendo i libri della Bartlett parla di “ un genio mediterraneo per il giallo. E lo individua nell’umorismo, che permette di concentrarsi nei dialoghi, cioè nei quadri vivi e nelle atmosfere locali, e ricuce insieme le trame più ricche di finzione. Sicché il giallo può uscire dal tecnicismo di genere e diventa punto di vista del raccontare pezzi di tempo e parti di mondo, con uomini e cose, mediterranei.”

Petra Delicado è il frutto della modernizzazione che ha coinvolto le donne. Single molto soddisfatta in “Giorno da cani “, un po’ meno in “ Morti di carta”, ma sempre autosufficiente, in grado di godersi la vita, che, come in Carvalho e come in Montalbano (il protagonista dei gialli di Andrea Camilleri), si riassume nella solitudine e nel buon cibo, anche questo un tema mediterraneo: “Avevamo risolto un caso e salvato la pelle. La notte era tiepida e il mare, vicino. Mi raggiungevano gli effluvi del mio profumo mescolati a quelli del vino e del caffè. Non mi sarebbe mai venuto in mente di aspirare a qualcosa di più”.
“La solitudine è una virtù, anzi un sapere, una sapienza, da condividere solo con chi la possiede. “Non tutti potevano entrare nel nostro selezionato club, per arrivarci ci voleva una scuola, e noi non eravamo disposti a cedere il segreto al primo venuto. Far parte dell’élite dei solitari richiede un certo savoir faire”.

“Le donne non sono una razza a parte, né una categoria sociale, e neppure una stirpe maledetta, ispettore Moliner. Semplicemente siamo sempre state molto vilipese. Forse questo ci ha indotto a un certo risentimento, che per lo più è giustificato dalla realtà.”

Surroga e suppletive nel consiglio di istituto

Surroga e suppletive nel consiglio di istituto… e non solo

di Cinzia Olivieri

 

Il 31 agosto successivo al conseguimento del titolo finale di studio da parte dei figli, i genitori degli alunni decadono dalle cariche elettive e del pari gli studenti che abbiano conseguito il titolo finale di studio (art. 51 OM 215/91).

A tale data pertanto il dirigente – responsabile della loro nomina – dovrà verificare se e quali membri del consiglio devono essere sostituiti.

 

La questione si pone in particolare per gli studenti, poiché in prevalenza sono quelli che frequentano l’ultimo anno a candidarsi, con l’effetto che laddove il consiglio dovesse essere convocato prima delle nuove elezioni, la componente non risulterebbe (adeguatamente) rappresentata.

 

In generale, l’ordinanza ministeriale del 1991 prevede che i membri dei consigli di circolo o di istituto, a qualunque componente appartengano, cessati dalla carica per qualsiasi causa (dimissioni o decadenza) e/o che abbiano perso i requisiti di eleggibilità, devono essere sostituiti con il procedimento della surrogazione (art. 53 OM 215/91art. 35 dlgs 297/94). Ciò significa che si dovrà procedere alla nomina di coloro che, in possesso dei requisiti di eleggibilità, risultino i primi fra i non eletti delle rispettive liste (art. 35 del dlgs 297/94) e quindi vengono depennati definitivamente dalla lista.

Ciò vale quindi anche per gli studenti. Pertanto bisognerà verificare se sia possibile procedere a surroga anche se per breve tempo prima delle elezioni annuali ove il consiglio sia convocato.

L’art. 35 del dlgs 297/94 disciplina la surroga solo con riferimento alla sostituzione dei membri elettivi degli organi collegiali a durata pluriennale (come l’art. 53 OM 215/91). Ma l’art. 50 comma 4 dell’OM 215/91 la prevede anche per i rappresentanti dei genitori e degli alunni negli organi collegiali di durata annuale che abbiano perso i requisiti di eleggibilità, ragione (temporale) per la quale non sono però contemplate per essi elezioni suppletive.

In caso di esaurimento delle liste a cui appartengono i membri del consiglio di istituto cessati dalla carica, non si può attingere da eventuali altre, ma i posti vacanti dovranno essere ricoperti mediante elezioni suppletive (art. 53 OM 215/91 art. 35 dlgs 297/94).

Poiché il consiglio di istituto è validamente costituto anche se non tutte le componenti hanno espresso la propria rappresentanza (artt. 6 e 53 OM 215/91 – art. 37 dlgs 297/94) e quindi potrebbe funzionare regolarmente anche in totale assenza ad esempio della componente docente e/o studenti, si terranno le suppletive solo in caso di cessazione dalla carica di uno o più membri non surrogabili e limitatamente ad esso/e. Se la componente è originariamente incompleta per mancanza di candidature resterà tale. Altrimenti dovrebbero prevedersi elezioni suppletive anche in assenza di una cessazione dalla carica.

Facciamo un esempio pratico. La componente docente presenta una sola lista con sei candidati in luogo degli otto posti disponibili in consiglio e delle 16 candidature previste. L’anno successivo cessa dalla carica uno dei docenti e non vi è possibilità di surroga. Saranno indette le suppletive per reintegrare solo il posto del membro cessato. Le elezioni quindi riguarderanno i soltanto i “posti vacanti” per cessazione dalla carica.

Esclusivamente nel caso che manchi del tutto la rappresentanza della componente genitori, nell’ambito della quale deve essere eletto il presidente del consiglio di circolo o istituto, l’art. 53 dell’OM 215/91 prevede al comma 2 si dia luogo invece ad elezioni suppletive, reintegrando l’intera componente. Ove invece essa sia semplicemente incompleta valgono le regole esposte.

Anche per le elezioni suppletive è possibile presentare liste contrapposte (art. 53 comma 3 OM 215/91).

Pertanto, poiché ogni lista può contenere anche un solo nominativo (art. 30 OM 215/91) o comprendere un numero di candidati fino al doppio del numero dei rappresentanti da eleggere per ciascuna categoria (art. 32 comma 2 OM 215/91 – art. 31 comma 7 dlgs 297/94 ) e le suppletive servono a reintegrare solo i posti vacanti, nel caso che il membro da reintegrare sia soltanto uno la lista conterrà al massimo due nomi, se invece se ne devono sostituire due la lista sarà composta da quattro candidati e così via.

Il comma 4 dell’art. 53 dell’OM 215/91 stabilisce che “le elezioni suppletive, per motivi di opportunità, debbono essere indette, di norma, all’inizio dell’anno scolastico successivo all’esaurimento delle liste, contestualmente alle elezioni annuali”.

Tuttavia, poiché la circolare ministeriale annualmente emanata (CM 42/14), che reca istruzioni per le elezioni degli organi collegiali, prevede che “Le elezioni per il rinnovo dei consigli di circolo/istituto scaduti per decorso triennio o per qualunque altra causa, nonché le eventuali elezioni suppletive nei casi previsti, si svolgeranno secondo la procedura ordinaria di cui al titolo III dell’ordinanza medesima. La data della votazione sarà fissata dal Direttore Generale di ciascun Ufficio scolastico regionale, per il territorio di rispettiva competenza, in un giorno festivo dalle ore 8 alle ore 12 ed in quello successivo dalle ore 8.00 alle ore 13.30 (…)”, esse si svolgeranno invece nella data per l’appunto indicata dagli Uffici Regionali.

È evidente quindi che se la surroga può essere disposta in ogni tempo, le suppletive possono tenersi solo in tempi definiti. Ne consegue che in caso di cessazione dalla carica successiva alla data stabilita per esse o quando ormai mancano i tempi necessari per la loro indizione, il posto resterà vacante per l’intero anno scolastico. Considerando che gli eletti decadono dalla carica il 31 agosto, l’opportunità di elezioni suppletive andrà valutata a tale data o comunque entro e non oltre l’avvio del nuovo anno sclastico.

Come per gli altri organi di durata annuale, anche per gli studenti in consiglio di istituto non sono necessarie le suppletive giacché le loro elezioni si svolgono annualmente secondo la procedura semplificata prevista per le elezioni dei rappresentanti di classe (art. 9 OM 215/91) salvo che in occasione del rinnovo triennale di tutte le componenti (art. 23 OM 215/91) allorquando avvengono contestualmente alle altre.

Surroga e suppletive sono previste dall’art. 6 del D.P.R. n. 567/1996, come modificato ed integrato da: D.P.R. n. 156/1999, D.P.R. n. 105/2001, D.P.R. n. 301/2005, D.P.R. n. 268/2007 anche per i due rappresentanti della consulta provinciale degli studenti, che vengano a cessare per qualsiasi causa dalla carica o perdano i requisiti di eleggibilità, la cui elezione avviene con le stesse modalità di quella dei rappresentanti nel consiglio di istituto.

Dopo l’emanazione della circolare ministeriale, gli Uffici Regionali fissano le date delle votazioni entro i limiti temporali da questa disposti. In realtà le indicazioni in merito dell’OM 215/91 (antecedente all’autonomia) sono diverse, in quanto l’articolo 2 prevede che sia il Ministero a fissare le date e non individua la competenza degli Uffici Regionali.

Le elezioni sono invece indette dal dirigente scolastico (art. 2 comma 1 OM 215/91) nelle date stabilite dagli Uffici Regionali

 

Il decreto di nomina dei consiglieri, tanto in caso di suppletive che di surroga, viene effettuato dal dirigente per delega dell’Ufficio Regionale (art. 47 OM 215/91) e non richiede accettazione da parte dell’eletto. Del resto i candidati accettano al momento della formazione delle liste (art. 30 comma 3 OM 215/91). Tuttavia è possibile rifiutare la nomina. Ovviamente è opportuno che la surroga preceda la riunione del consiglio, mentre se bisogna procedere con le suppletive nelle more il consiglio funzionerà privo di alcune componenti.

 

Non è necessario far constatare la decadenza al consiglio di istituto prima di procedere a surroga o ad indire le suppletive. Solo laddove essa consegue a tre assenze ingiustificate alle riunioni del consiglio, quest’ultimo può accertarla in occasione della terza assenza.

 

Infine l’art. 35 dlgs 297/94 al comma 3 dispone “In ogni caso i membri subentrati cessano anch’essi dalla carica allo scadere del periodo di durata dell’organo”. Cioè il triennio si calcola per tutti dalla data delle elezioni per l’integrale rinnovo del consiglio e non da quella delle suppletive.

 

In conclusione è palese che per evitare il ricorso ad elezioni suppletive, con il rischio di vedere la componente incompleta alle riunioni del consiglio che le precedono, occorre presentare liste con un numero di candidati congruo ed in grado potenzialmente di assicurare la presenza per l’intera durata della carica (con studenti anche di classi precedenti all’ultima) per consentire la surroga.