Scuola – Ocse

Ocse =
on. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) a Rainews

“Spendere bene le poche risorse che ci sono,certo ma anche  ragionare sul perchè ce ne sono così poche per la scuola e la  ricerca. Sarebbe utile però per esempio capire perchè nella prossima legge di bilancio  non c’è un’euro in più per gli investimenti a favore dell’università e delle scuola, proprio alla luce dei dati odierni dell’Ocse.

Perchè in questo Paese continuiamo ad avere il tasso più basso a livello Ue della copertura del diritto allo studio, una delle ragioni più serie della difficoltà dei giovani a continuare il percorso di studi? Perchè continuano ad aumentare le facoltà a numero chiuso? Continuiamo ad essere un Paese con la testa all’indietro, incapace di proiettare nel futuro le proprie energie. “
Così Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana dai microfoni di Rainews nel corso della trasmisisone La Bussola, commenta i dati Ocse sull’università italiana.

Scuola – Ocse =

Claudia Pratelli (Sinistra Italiana)

“ I date Ocse di oggi certificano il disastro del nostro Paese misurato in basso numero di laureati e nel sottoimpiego dei giovani più qualificati. Da tempo non è più ammesso stupore, soprattutto da parte di chi ha contribuito a produrre questo disastro. Non è ammessa costernazione da parte di chi perpetua le politiche che ci hanno portato fin qui.
Lo afferma Sinistra Italiana con la responsabile nazionale del settore scuola e università Claudia Pratelli.
“ I tagli violenti all’università che hanno sottratto oltre un miliardo di euro in dieci anni – prosegue la responsabile scuola di SI – il blocco delle assunzioni e assurdi meccanismi premiali sono stati il grimaldello per smantellare il sistema universitario nazionale. E non sono caduti dal cielo. Ne hanno fatto le spese tutti, ma non allo stesso modo. Più di tutti sono stati colpiti i giovani ricercatori, prima sfruttati e poi espulsi dall’università; gli studenti più bisognosi, ancora privi di un sistema di diritto allo studio degno di questo nome; gli atenei del sud: dentro gli algoritmi dei meccanismi di valutazione si è prodotto un drenaggio di risorse dalle aree periferiche a quelle centrali.”
“Intanto – insiste Sinistra Italiana- le politiche del lavoro hanno immesso precarietà nel sistema e indotto il sistema produttivo a competere sui costi. Di politiche industriali e investimenti pubblici nemmeno l’ombra. Puntare il dito contro un’università poco connessa col mondo del lavoro è una follia quando la vera questione è qualificare il sistema produttivo. E’ stato un piano scientifico e perseguito in modo sistematico mentre illustri Ministri della Repubblica, da ultimo l’attuale Ministro del Lavoro additavano i giovani italiani come “choosy” e “fannulloni”, li invitavano ad accontentarsi del primo lavoro purchessia o addirittura dichiaravano che “non ne sentiremo la mancanza se se ne vanno”.
“Per decenza – conclude Pratelli – chi con atti e con parole ha prodotto tutto questo dovrebbe dimettersi, possibilmente dopo aver chiesto scusa al paese e a un paio di generazioni”

SCUOLA DELLA COSTITUZIONE E BUONA SCUOLA

SCUOLA DELLA COSTITUZIONE E BUONA SCUOLA: 5 OTTOBRE CONVEGNO A ROMA
Iniziativa della Gilda degli Insegnanti in occasione della Giornata Mondiale dell’Insegnante istituita dall’Unesco. Appuntamento al centro convegni “Carte Geografiche” dalle 9,30 alle 13,30 con esperti nazionali e internazionali
Dalla scuola della Costituzione alla Buona Scuola passando per Don Milani” è il titolo del convegno nazionale, organizzato dalla Gilda degli Insegnanti e dall’Associazione Docenti Art. 33, che si svolgerà domani giovedì 5 ottobre a Roma al centro convegni “Carte Geografiche” (via Napoli 36) dalle ore 9,30 alle 13,30.
Il sistema italiano dell’istruzione risponde ancora al dettato costituzionale? La scuola deve selezionare o garantire il successo formativo? Saranno questi gli interrogativi al centro del convegno che punterà l’attenzione sulla funzione e sul futuro della scuola pubblica, intesa come scuola dello Stato, di fronte alle grandi trasformazioni sociali ed economiche che hanno investito l’Italia in seguito alla grande crisi iniziata nel 2008.

 

All’iniziativa, promossa in occasione della Giornata Mondiale dell’Insegnante istituita dall’Unesco, parteciperanno Frank Furedi, professore emerito di Sociologia all’Università del Kent, Canterbury (UK); Ermanno Bencivenga, professore di Filosofia all’Università della California, Irvine (USA); Adolfo Scotto Di Luzio, professore di Storia della Pedagogia all’Università degli Studi di Bergamo; Fabrizio Reberschegg, presidente dell’Associazione Docenti Art. 33; Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti. Modererà Alessandro Giuliani, direttore responsabile della Tecnica della Scuola.


SCUOLA DELLA COSTITUZIONE E BUONA SCUOLA: 5 OTTOBRE CONVEGNO A ROMA
Dalla scuola della Costituzione alla Buona Scuola passando per Don Milani” è il titolo del convegno nazionale, promosso questa mattina a Roma dalla Gilda degli Insegnanti e dall’Associazione Docenti Art. 33, in occasione della Giornata Mondiale dell’Insegnante istituita dall’Unesco.
Due le questioni principali affrontate dal dibattito: il sistema italiano dell’istruzione risponde ancora al dettato costituzionale? La scuola deve selezionare o garantire il successo formativo? Ecco, in estrema sintesi, gli interventi dei relatori intervenuti.
Frank Furedi, professore emerito di Sociologia all’Università del Kent, Canterbury (UK)
Quando parliamo di crisi dell’istruzione, ci dimentichiamo che il problema dell’istruzione riguarda soprattutto l’autorità del docente. Evitiamo di parlare dello status del docente e andiamo alla ricerca di mode educative, siamo convinti che se riusciamo a motivare i ragazzi risolveremo i nostri problemi didattici. Ciò assume forme di caricatura grottesca: in Inghilterra, per esempio, sono stati introdotti i cani in alcune classi per far sentire i ragazzi a loro agio. 
Il trend attuale consiste nel trasmettere competenze invece di conoscenze, ma le competenze hanno a che vedere con la formazione, non con l’istruzione che è l’unico strumento in grado di aumentare il livello intellettuale. L’attività del docente è decisiva. In Europa la pedagogia trova ispirazione da ambiti estranei all’esperienza organica degli insegnanti, l’autorità dell’insegnante è sminuita mentre deifichiamo l’autorità dell’allievo. In questo tipo di istruzione centrata sullo studente si celebra un approccio democratico e si è contro si viene tacciati di essere antidemocratici. L’insegnante deve avere la capacità di comunicare con autorevolezza e questa capacità è basata sulla fiducia che l’insegnante ha nella propria disciplina, non servono trucchetti motivazionali perché la passione per la disciplina diventa la chiave per l’autorevolezza. I politici rispondono tutti allo stesso dogma: non possiamo fidarci dei docenti perché se vengono lasciati liberi di dare giudizi potrebbero commettere errori. Dunque, bisogna controllarli. Il docente, invece, deve essere lasciato libero di esercitare la propria capacità di giudizio, la sua autorità deve essere riconosciuta e rispettata, altrimenti le generazioni future non avranno fonti di ispirazione. Dobbiamo celebrare le conoscenze basate sulle discipline che rappresentano il lascito intellettuale e forniscono le fondamenta dello sviluppo intellettivo degli studenti. Dobbiamo dire no a soggetti esterni che pensano di poter colonizzare le menti dei ragazzi attraverso la didattica.

 

Adolfo Scotto Di Luzio, professore di Storia della Pedagogia all’Università degli Studi di Bergamo
Siamo di fronte a uno sradicamento dell’identità dell’insegnante dal terreno nel quale egli ha sempre pensato il proprio ruolo. Nella scuola italiana non esiste più l’idea che lo Stato, attraverso i programmi nazionali, debba dare una direzione politica e intellettuale alla scuola, e si preferisce delegare questo importante e delicato compito alle agenzie educative. A partire dagli anni ’50 con l’introduzione del principio dell’autonomia scolastica si costruiscono le basi della disuguaglianza sociale. Quando non ci sono più i programmi, chi dice come si fa scuola nelle classi? Le nuove modalità di insegnamento sono astruse e, poiché non tutti i docenti sanno o vogliono escogitare nuove strategie didattiche, i metodi vengono tratti dalla manualistica. L’autonomia scolastica ha espropriato gli insegnanti delle loro capacità e della loro intelligenza, trasferendo il compito di definire cosa si insegna alle case editrici che lucrano sul commercio dei manuali. Queste agenzie extrascolastiche non si preoccupano dell’aspetto educativo. 
Gli insegnanti devono opporsi all’introduzione dello smartphone nelle classi che delegittima la funzione docente. La scuola non è un servizio delegato delle famiglie per i giovani, dobbiamo recuperare le matrici liberali della nostra scuola.
Ermanno Bencivenga, professore di Filosofia all’Università della California, Irvine (USA)
Il pensiero è in crisi, anzi, è scomparso. Come fare per salvarlo? Pensare è ragionare, cioè tracciare collegamenti necessari fra idee e contenuti mentali. Vedo questa capacità molto a rischio, minacciata dal prevalere degli strumenti informatici. La logica ha prosperato in una lunga era di carenza informativa in cui avevamo pochi dati a disposizione e dovevamo compiere la magia di dedurne altri dati che non avevamo. Oggi invece i dati sono a disposizione costantemente in tempo reale e quel bisogno che ci aveva spinto alla deduzione si perde e quando si perde la necessità di una funzione di solito gli esseri umani perdono anche l’abilità.. Dovremmo istituire una pratica utile, concreta, costante, quotidiana di esercizi di ragionamento che ci consentano di supplire a quello che non ci è più dato automaticamente dalle nostre abitudini quotidiane. Quindi propongo l’insegnamento della logica nelle scuole di ogni ordine e grado.
Fabrizio Reberschegg, presidente Associazione Docenti Art. 33
Dai tempi di Don Milani a oggi nulla è cambiato: il tentativo, messo in atto dalla Buona Scuola, di rendere la scuola italiana più inclusiva e democratica, per esempio con il progetto di aprire le scuole al territorio anche durante il pomeriggio e in estate, si sta rivelando un boomerang. 
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda degli Insegnanti
Oggi mettere in discussione l’autonomia scolastica equivale a parlare male di Garibaldi nel Risorgimento. L’autonomia dei programmi scolastici è folle perché consente alle scuole di farsi concorrenza fra di loro, creando profonde diseguaglianze. La scuola non può garantire il successo formativo ma deve assicurare a tutti gli studenti lo stesso punto di partenza. Poi ogni allievo raggiungerà un diverso traguardo a seconda delle proprie capacità individuali. 

Verso l’aumento della retribuzione dei dirigenti

Verso l’aumento della retribuzione dei dirigenti: la protesta ANP comincia a pagare

Da fonte ANSA – 5 ottobre 2017 ore 14.02 – apprendiamo che “la busta paga dei presidi potrebbe aumentare, almeno per quanto riguarda la parte fissa della retribuzione”. il governo, infatti, è impegnato a ridurre “la forbice tra la busta paga dei capi d’istituto e quella degli altri dirigenti della Pubblica Amministrazione, visto che oggi quella dei manager della scuola è nettamente inferiore a quella del resto” della Dirigenza Pubblica.

Rileviamo che la protesta ANP comincia a pagare.

In attesa di conoscere nel dettaglio l’entità delle risorse, rinviamo il giudizio a quando saranno note le cifre.

Il nostro obiettivo, come noto a tutti, resta quello della perequazione piena.

Nel prendere atto che questo rappresenta un primo passo per il raggiungimento dell’obiettivo finale, invitiamo i colleghi a continuare con la massima unità e convinzione la protesta ANP.

Giornata Mondiale degli Insegnanti 2017

Giornata Mondiale degli Insegnanti, Fedeli: ”Docenti sono cuore della comunità scolastica, dobbiamo valorizzarli”

Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti, istituita dall’UNESCO nel 1994

(Giovedì, 05 ottobre 2017) “Le insegnanti e gli insegnanti sono donne e uomini che fanno ogni giorno della conoscenza un dono. Trasmettono non solo saperi e competenze alle nuove generazioni, ma anche la voglia di conoscere, di imparare, di crescere. Affiancano le nostre bambine e i nostri bambini nelle loro prime esperienze di relazione con l’altro da sé. Accompagnano le nostre ragazze e i nostri ragazzi nella strada che percorrono verso il loro futuro di cittadine e cittadini consapevoli. E lo fanno con fiducia, con attenzione, con uno slancio nei confronti delle alunne e degli alunni che meritano, in questa Giornata a loro dedicata, il nostro più sentito ringraziamento. Mettersi a servizio delle giovani e dei giovani, così come fanno le docenti e i docenti con il loro lavoro quotidiano, riconoscere in ogni ragazza e in ogni ragazzo i punti di forza e quelli di debolezza, aiutarli a crescere e a svilupparsi in maniera libera ed equa, incoraggiandoli nel loro cammino, è un atto di cittadinanza straordinario, è un merito che va loro tributato. Le insegnanti e gli insegnanti sono il cuore della comunità scolastica. Per questo dobbiamo sostenerli e valorizzarne il ruolo, che è fondamentale per la vita del Paese”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, in occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti, istituita dall’UNESCO nel 1994. La Giornata aspira ogni anno a sottolineare il fondamentale ruolo delle insegnanti e degli insegnanti nel fornire un’elevata qualità di educazione, a tutti i livelli.

“L’educazione di qualità delle nuove generazioni – aggiunge Fedeli – è un fattore di sviluppo fondamentale e trasversale delle nostre società, come sottolinea anche l’Agenda 2030 dell’Onu. Il ruolo svolto dalle docenti e dai docenti è prezioso. La loro valorizzazione e il riconoscimento della dignità della loro professione è importante. È per questo che stiamo lavorando al rinnovo del loro contratto, bloccato ingiustamente per troppo tempo. Siamo impegnati a trovare le risorse in Legge di Bilancio per adeguare le loro retribuzioni. Indispensabili sono anche la loro formazione e il loro aggiornamento costante: c’è un Piano che è stato predisposto a tale scopo, perché vogliamo sostenerli nella guida delle studentesse e degli studenti di fronte ai mutamenti e ai cambiamenti repentini che attraversano le nostre società”.

“Tutte le misure che abbiamo messo in campo per la realizzazione di una scuola più aperta, inclusiva e innovativa, precondizione di una crescita sana delle nostre e dei nostri giovani, sono pensate anche per chi ha il compito di occuparsi della loro educazione. Una scuola migliore – conclude la Ministra – è una scuola in cui anche le insegnanti e gli insegnanti possono svolgere al meglio il loro lavoro. Sapendo di avere dalla loro parte una comunità che li appoggia e che è protagonista attiva e compagna nel processo pedagogico che portano avanti nei confronti delle nuove generazioni, e a beneficio del Paese”.

Gli italiani e l’inglese, un rapporto lungo una vita

da La Stampa

Gli italiani e l’inglese, un rapporto lungo una vita

I risultati di un sondaggio realizzato da ABA English sulle ore dedicate allo studio e sugli strumenti preferiti
Lo studio dell’inglese è sempre un argomento di attualità, ma con l’inizio del nuovo anno scolastico molti italiani stanno pensando di metter finalmente in pratica il buon proposito di migliorare il proprio livello. Secondo i risultati di un sondaggio realizzato da ABA English tra oltre 1.900 italiani, il 26% degli italiani studia inglese da oltre dieci anni. L’Italia guida la classifica dei paesi che si impegnano da più tempo per padroneggiare la lingua insieme ai cugini spagnoli (26%); il dato supera la media globale (21%). Il 12% degli intervistati in Italia dichiara invece di studiare l’inglese da un periodo compreso tra i 4 e i 9 anni, il 31% tra 1 e 3 anni, mentre il 31% lo fa da meno di 1 anno.
Eppure solo il 50% dedica oltre 2 ore a settimana allo studio dell’inglese, un dato di gran lunga inferiore rispetto a quello offerto dal resto dei paesi presi in esame. Il 68% degli intervistati brasiliani, ad esempio, dichiara di trascorrere 2 o più ore a settimana studiando inglese. Nel 68% dei casi, i cugini spagnoli dedicano oltre due ore a settimana alla lingua della regina, seguiti nella classifica da francesi (64%) e messicani (60%).

Il sondaggio mette anche in evidenza un trend di decrescita rispetto al tempo dedicato all’inglese. Infatti, se confrontata a un anno fa, la dedizione degli italiani sembra essere diminuita di 9 punti percentuali: nel 2016 ben il 59% dichiarava di dedicare all’inglese oltre 2 ore a settimana.

Purtroppo lo scarso impegno nello studio sembra avere ricadute sul mondo del lavoro. Il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver perso un’opportunità lavorativa (nuovo impiego o promozione) a causa di una scarsa conoscenza dell’inglese.

Rispetto ai dati dello scorso anno, si consolida la preferenza degli italiani per lo studio dell’inglese su smartphone: il 42% degli intervistati afferma che il modo preferito per praticare l’inglese è attraverso un dispositivo mobile (tablet o smartphone). Il 37% studia con l’ausilio di un computer e il 21% combina l’uso di entrambe le tecnologie (smartphone e computer).

Concorso DS: il bando che tarda e il nodo delle commissioni

da Tuttoscuola

Concorso DS: il bando che tarda e il nodo delle commissioni 

Fumata nera per il bando del concorso per il reclutamento di nuovi dirigenti scolastici: nessuna pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dei concorsi di martedì 3 ottobre.

A due settimane di distanza dalla pubblicazione del Regolamento, non si hanno ancora notizie dell’uscita del relativo bando, mentre, inesorabilmente, si riduce il tempo necessario per concludere l’intera procedura selettiva in tempo utile per le nomine in ruolo dei vincitori al 1° settembre 2018. 

Mancano 331 giorni per quel termine, e, prima di arrivarci, sono molteplici le procedure per condurre in porto questo atteso corso-concorso DS, come, ad esempio, quella del tutto nuova, relativa alle commissioni e alle sottocommissioni, diverse nelle fasi del concorso.

Questo corso-concorso DS è diviso in due parti. La prima è una fase ordinaria, consueta: preselezione, prova scritta e prova orale con graduatoria di merito conclusiva. Per questa prima fase è prevista una commissione e sottocommissioni ogni 250 candidati presenti allo scritto (stimate in 31-32).

Conclusa questa prima fase, approvata la graduatoria di merito (voto dello scritto, voto dell’orale e punteggio dei titoli) la commissione e le sottocommissioni tornano a casa, perché hanno esaurito il loro compito. Ma il concorso DS continua.

La seconda fase del concorso riguarda il corso di formazione e il tirocinio, con prova scritta finale di carattere teorico-pratico prima di concludersi con il colloquio finale. E in questa fase conclusiva è prevista una nuova commissione composta da soggetti diversi da quelli della commissione della prima fase. Nuovi membri anche per le sottocommissioni previste una ogni 250 candidati (stimate in circa dieci).

Due commissioni madri e oltre 40 sottocommissioni con logiche valutative forse diverse. Potrebbe ripresentarsi anche il problema dei compensi per i commissari e del mancato esonero dal servizio che aveva rallentato notevolmente l’avvio dei lavori del concorso docenti 2016.

Il traguardo del 1° settembre 2018 rimarrebbe un sogno.

OECD National Skills Strategy Diagnostic Report – Italy

Presentato al MEF il volume ”OECD National Skills Strategy Diagnostic Report – Italy”

(Giovedì, 05 ottobre 2017) È stato presentato oggi, al Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Report realizzato dall’OCSE sulla ‘National Skills Strategy’ che analizza i processi di sviluppo delle competenze in Italia, strettamente connessi con il buon funzionamento del mercato del lavoro e la crescita del Paese. Il governo, in collaborazione con l’OCSE, ha avviato dall’inizio del 2016 un programma volto ad identificare i punti di forza e le criticità riscontrate nel Paese, nella convinzione che dal tema delle competenze dipendono i livelli di produttività.

Il programma, che è stato supportato dalla Commissione Europea, ha visto coinvolti cinque ministeri (oltre al Mef anche il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero dello Sviluppo Economico e il Dipartimento della Presidenza del Consiglio per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno) e un’ampia platea di stakeholders che comprende operatori del mondo economico, istituzionale e della società civile.

Alla presentazione del Rapporto, curata dal segretario generale dell’OCSE Angel Gurria, sono intervenuti anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, il Commissario Europeo per l’occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità del lavoratori, Marianne Thyssen, che ha inviato un video messaggio, il Ministro per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, il Viceministro allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, I sottosegretari al lavoro e all’Istruzione, Luigi Bobba e Vito De Filippo.

Il Rapporto mette in luce come, nonostante il miglioramento dei tassi di occupazione, la produttività, che per un ventennio ha avuto in Italia un andamento stagnante, permanga a livelli non soddisfacenti, anche a causa di un grado di competenze relativamente basso, di una debole domanda di competenze avanzate e di un uso limitato delle competenze disponibili.

Il Rapporto dell’Ocse, che ha carattere diagnostico, fornisce utili indicazioni per valorizzare il capitale umano migliorandone e valorizzandone le competenze, un’azione che il governo ritiene essere prioritaria per venire incontro ai ritmi dell’innovazione e cogliere appieno le opportunità di crescita in un mondo interconnesso e digitale.

L’Ocse riconosce che l’Italia ha varato un ambizioso pacchetto di riforme per sostenere la crescita anche attraverso un più adeguato livello di competenze, ora è necessario proseguire sulla strada dell’implementazione. Il governo concorda con l’analisi contenuta nel Rapporto secondo cui il Jobs Act, la riforma nel sistema dell’istruzione (la Buona Scuola), il Piano Nazionale Scuola Digitale, il Piano Nazionale Industria 4.0 vanno nella giusta direzione e possono generale sinergie per giungere ad un migliore allineamento tra domanda e offerta di competenze.

Il Jobs Act ha rivisitato la disciplina dell’apprendistato favorendone l’utilizzo anche in una logica di alternanza con la scuola. La sfida di policy per i prossimi anni è quella di saper anticipare i fabbisogni professionali e costruire le competenze per il futuro del lavoro. Questo significa non solo coltivare e formare talenti, ma anche includere nel processo di innovazione e nei suoi benefici il maggior numero possibile di soggetti. È necessaria quindi la creazione di un sistema di politiche di attivazione e supporto tempestive ed efficaci e come riconosciuto anche dall’OCSE, la costruzione di un’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive è un passo importante che va nella giusta direzione.

Il Piano Industria 4.0 sta intervenendo su tutti gli aspetti della trasformazione digitale, compreso quello relativo all’accrescimento delle competenze. Le prossime azioni del Piano, in linea con l’analisi del rapporto OCSE, saranno incentrate sul potenziamento delle competenze, per adeguarle alle nuove sfide del mondo del lavoro e farne una leva per sostenereil cambiamento tecnologico.

Se permane un gap da colmare tra domanda e offerta di competenze nel mercato del lavoro, va anche sottolineato che, come riporta l’OCSE, i lavoratori italiani in confronto a quelli degli altri Paesi sviluppati, mostrano buoni livelli di rapidità d’apprendimento e attitudine al problem solving. Ciò induce a ritenere che in Italia politiche mirate di istruzione e formazione della forza lavoro potrebbero favorire un utilizzo migliore e più intensivo delle competenze elevate.

Permangono differenziazioni geografiche nel paese, con le regioni del Nord e del Centro che registrano performance migliori. L’impegno del governo nelle politiche di coesione contribuirà a ridurre il divario territoriale.

Le recenti riforme del sistema educativo, di cui il Rapporto evidenzia in particolare il Piano Nazionale Scuola Digitale e l’Alternanza Scuola-Lavoro, hanno messo al centro l’obiettivo di innalzare la qualità del sistema e fornire a studentesse e studenti gli strumenti per rispondere al dinamismo del mercato del lavoro ed avere le conoscenze e le competenze per affrontare in modo consapevole le sfide del prossimo futuro, avendo la capacità di governarle e di esserne protagonisti. Inoltre, attraverso il Piano per la formazione dei docenti 2016-2019, si garantiranno l’aggiornamento e lo sviluppo professionale del corpo insegnante, attraverso la creazione e introduzione di standard di monitoraggio, la messa a sistema di un portfolio professionale per ogni docente e il rafforzamento e miglioramento del sistema di accreditamento per la formazione.


Ocse, Fedeli: ”Investimento su sapere prioritario, tema competenze strategico per il futuro del Paese”

“Le parole del Ministro Padoan sono importanti e condivise da tutto il governo. Le competenze devono essere al centro di una strategia di lungo termine, l’investimento pubblico sulla filiera del sapere è prioritario. Lo è sempre, ma ancor di più in una società della conoscenza come quella in cui viviamo, in cui educazione, università e ricerca sono fondamentali come sistema capace di generare conoscenza, non solo per rimanere al passo con i tempi, ma anche per poterli interpretare e governare. Il tema delle competenze è strategico per il futuro per Paese”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, in occasione della presentazione del Rapporto realizzato dall’Ocse sulle competenze.

“Il volume presentato oggi – sottolinea Fedeli – riconosce l’impegno dell’Italia dal punto di vista delle riforme, compresa quella della scuola prevista dalla legge 107 del 2015, evidenziando in particolare il valore e la qualità del Piano Nazionale Scuola Digitale e dell’Alternanza Scuola-Lavoro. Una sottolineatura positiva che ci spinge ad andare avanti sulla strada tracciata. L’Ocse rilancia infatti anche l’importanza della rapida implementazione delle riforme a cui, come Ministero, stiamo lavorando sul fronte dell’Istruzione. Dobbiamo continuare a implementare scelte e azioni che incidono sulla filiera del sapere. Migliorare la qualità del sistema di Istruzione, dell’insegnamento, ridurre il divario ancora esistente tra le diverse Regioni è il nostro impegno. Perché l’educazione non è un settore: è la condizione abilitante di un Paese. Una premessa indispensabile per tutte le altre politiche”.