Quota 100, è cessato allarme

da Italiaoggi

Nicola Mondelli

Mentre ritarda l’approvazione da parte del consiglio dei ministri del decreto legge concernente le disposizioni relative a interventi in materia pensionistica (attesa per giovedì), cresce, soprattutto tra il personale docente e Ata del comparto scuola, l’interesse per l’introduzione nel sistema previdenziale pubblico della pensione anticipata con quota 100.

Se le anticipazioni sui requisiti anagrafici e contributivi per accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, in deroga ai requisiti richiesti dalla normativa vigente (riforma Fornero), dovessero essere confermate nel decreto legge che dovrebbe essere approvato entro la prossima settimana, sarebbero, secondo una stima di ItaliaOggi in base ai dati disponibili sull’età anagrafica del personale, 52.000 i docenti e 22.000 gli Ata in servizio nel corrente anno scolastico con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali di ogni ordine e grado che, alla data del 31 dicembre 2019, potrebbero fare valere i requisiti richiesti per accedere alla «pensione quota 100» (62 anni di età e 38 di contribuzione).

Dei 74.000 solo un 10 per cento potrebbe fare valere i requisiti minimi (62 anni di età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva). Il restante 90 per cento risulterebbe avere una età anagrafica tra i 63 e i 66 anni ed una anzianità contributiva compresa tra i 38 e i 40/41 anni.

Ad entrambe le categorie di personale l’accesso alla pensione anticipata, previa apposita domanda, avrebbe decorrenza, contrariamente alle due finestre previste per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, esclusivamente dal 1° settembre 2019 atteso che, nei confronti del personale della scuola, continueranno ad essere applicate le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n.449.

Tale comma dispone infatti che per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico successivo, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno.

Stando alle bazze finora circolate, l’accesso alla pensione anticipata con «quota 100» comporterebbe in particolare due penalizzazioni: il trattamento pensionistico non sarebbe cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza dello stesso e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di complessivi 5 mila euro lordi annui; l’indennità di fine servizio (buonuscita per il personale della scuola) verrebbe corrisposta a decorrere dal momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione della stessa, per vecchiaia o per dimissioni, secondo le disposizioni attualmente in vigore (dopo un anno dalla pensione di vecchiaia o dopo due anni da quella di anzianità, entrambe comunque a rate annuali il cui numero è legato all’ammontare della buonuscita). Una ipotesi di liquidazione anticipata mediante un prestito bancario è, allo stato, solo teorica.

Una terza penalizzazione, peraltro già in vigore per le pensioni a qualunque titolo anticipate, riguarderebbe l’ammontare del trattamento pensionistico mensile rispetto all’ultima retribuzione spettante al momento della cessazione dal servizio.

Rispetto all’ultima retribuzione la rata di pensione mensile risulterà inferiori da un minimo del 5 per cento a più del 20 per cento a seconda che il dipendente possa fare valere rispettivamente una età anagrafica superiore a 62 anni e a 38 anni di contribuzione a pieno regime ovvero esclusivamente l’età e i contributi minimi richiesti da «quota 100».

Sulla sola base delle anticipazioni che circolano in questi giorni, in precedenza sintetizzate sinteticamente, dei 74.000 docenti e personale Ata che avrebbero titolo ad accedere alla pensione anticipata con decorrenza 1° settembre 2019 potrebbero essere non più di diecimila quelli che, presumibilmente, sarebbero interessati a presentare la domanda di cessazione dal servizio nei termini che comunque dovranno essere stabiliti dal ministero dell’istruzione dopo l’entrata in vigore del decreto legge. Si tratterebbe soprattutto di personale Ata e di docenti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria che oltre all’età anagrafica minima possono fare valere una anzianità contributiva superiore a 38 anni.

Altrettanti potrebbero chiedere, per sopraggiunte esigenze personali o familiari o per motivi di salute, di andare in pensione anticipatamente utilizzando a tal fine «quota 100». Sommando le domande di cessazione dal servizio presentate entro il 12 dicembre 2018 da 15.190 docenti e 4.500 Ata (dati definitivi elaborati dal ministero dell’istruzione) a quelle che potrebbero essere presentare dopo l’entrata in vigore del decreto legge, il prossimo 1° settembre il numero complessivo dei docenti e del personale Ata che lascerebbe il servizio dovrebbe aggirarsi tra le 30.000 e le 35.000 unità. Un esodo che equipara il flusso dello scorso anno. Certamente non quanto ipotizzato da più parti ivi compreso dal presidente dell’Inps, Tito Boeri.