Valutare il sistema di istruzione? Certamente, ma…

Valutare il sistema di istruzione? Certamente, ma…

due testimoni a confronto

 

Caro Maurizio,

credo che il dibattito su Invalsi e valutazione d’istituto debba partire anche dal rapporto che ha assunto la scuola nei confronti del Ministero dopo la modifica del Titolo V della Costituzione.

Il Ministro Luigi Berlinguer nel presentare la scuola dell’autonomia parlava appunto di un rovesciamento di ruolo tra singolo istituto scolastico e l’Amministrazione centrale. La piramide si era rovesciata: la Scuola, in piena autonomia e responsabilità, diveniva la protagonista dell’offerta formativa che organizzava per e sul territorio: non c’era più al suo vertice la struttura complessa ed elefantiaca di Viale Trastevere con la corte di Sovrintendenze regionali e i Provveditorati agli studi in ogni provincia. Prima di ciò le scuole erano dirette da precisi certosini “applicatori di disposizioni ministeriali” su cui venivano selezionati e misurati e, se avevano da quelle deviato, in qualche raro caso, bacchettati. Ora il capo dell’istituto scolastico da funzionario direttivo, cioè dotato di ampi poteri di supremazia gerarchica e di autonomia esecutiva delle direttive generali dell’Amministrazione centrale diventa dirigente, cioè quella figura che, operando sul grado gerarchico più elevato, è preposto alla direzione dell’intera organizzazione scolastica che gli è stata assegnata esplicando tale attività con ampi poteri discrezionali, pur nel quadro delle direttive e delle norme ministeriali.

Ma il processo di autonomia delle scuole non è andato avanti come doveva essere e come è scritto nella legge; anzi il Ministero, in questo ultimo decennio, ha prodotto più atti amministrativi che mai, fino a dettare perfino istruzioni sull’abbigliamento scolastico degli allievi: il grembiule! Questo provvedimento di normativa scolastica ha monopolizzato i media per mesi più dei tagli ai bilanci delle scuole, più dei contratti non siglati, più del sostegno ridotto, più dei laboratori obsoleti.

Ora, al di là della situazione di crisi contingente che determina pesantemente le scelte di politica finanziaria anche per quanto riguarda la scuola, la nostra “lavagna bianca” su cui disegnare la “schola nova” è inserita in uno scenario che ne definisce comunque i parametri essenziali: la nuova scuola è scuola dell’autonomia, è scuola in cui gli organi collegiali coordinati dal dirigente scolastico realizzano l’offerta formativa costruita in relazione alla domanda del territorio. Il territorio, le famiglie, con o senza test, valutano sempre l’efficacia di quella offerta realizzata.

Ma la certificazione finale fatta da una singola scuola ha una valenza erga omnes e il Ministero dell’istruzione ne è il garante verso l’intero Paese. Vuol dire che il diploma di “Tecnico di informatica e telecomunicazioni” conseguito a Palermo o a Bolzano ha lo stesso valore giuridico a Torino e a Pescara, anzi, per la libera circolazione dei titoli di studio nella UE, vale anche a Madrid e a Berlino. Quindi fino a che il “pezzo di carta” mantiene valore legale il Ministero non solo ha il diritto ma ha il dovere di verificare i livelli di conoscenza e competenza raggiunti dagli allievi al termine di un percorso di studi o di un suo segmento. Alla fine non importa più se Francesco è stato assente e la professoressa di italiano era malata o la scuola non aveva i laboratori aggiornati o se ci sono state dieci elezioni in un quinquennio. Sul diploma c’è scritto: “Perito in informatica e telecomunicazioni in quanto possiede le seguenti competenze…”.. . Lo legge il diplomato, la famiglia, l’imprenditore, il manager, l’entrepreneur, l’arbeitgeber, ecc. ecc.

Quindi mentre chiediamo al Ministero di permettere alla scuola dell’autonomia di organizzare ed esprimere la propria progettualità liberamente e responsabilmente, disponendo di risorse umane e finanziarie certe e stabili, e avendo come riferimento solo gli obiettivi d’uscita definiti centralmente, discutiamo del come ma non del se costruire un percorso di valutazione di sistema.

In sintesi: più alto è il coefficiente di autonomia più alto deve essere il controllo degli esiti.

Un abbraccio

Campagnano, 13 gennaio 2014

Sergio Bailetti

Caro Sergio!

Io voglio ed esigo che ci sia una Valutazione di Sistema, ma… il fatto è che il Sistema, quello con la Esse maiuscola – non c’è ancora! Quando con Berlinguer nel 99 varammo l’autonomia – e c’eravamo anche io e te… Gino, eravam grandi e là non eran nati, dice il poeta – il progetto era più che chiaro: ampi poteri alle Istituzioni Scolastiche Autonome (ISA), e all’amministrazione centrale compiti di orientamento, programmazione, risorse, valutazione, ma… Ricorda! In contemporanea – anzi, due anni prima, nel ‘97 – avevamo varato quella riforma dell’esame di Stato che avrebbe dovuto concludersi non più con la valutazione della personalità del candidato (ex maturità, legge 119/69), ma con la certificazione delle concrete competenze da lui acquisite. Così si esprime la legge 425/97 all’articolo 6: “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.

Ma il ministero non fu in grado, allora – i tempi erano strettissimi – di indicare, definire e descrivere quali fossero le competenze che le istituzioni scolastiche avrebbero dovuto certificare. E adottò un modello di certificazione estremamente scarno e incompleto, che aveva un carattere sperimentale e sarebbe dovuto durare solo due anni!!! Invece… il modello è ancora vigente e… di fatto non certifica nulla! Su questa materia c’è ancora oggi il silenzio assoluto. Pertanto, purtroppo, abbiamo un esame di Stato che non valuta la maturità e non certifica le competenze! E’ un ibrido!!! Poi Berlinguer (dopo la parentesi di De Mauro) è stato sostituito dalla Moratti e quelle innovazioni, appena avviate, in mano al centro-destra sono finite nel cestino. Intanto l’UE spingeva e varava anche l’EQF (il quadro europeo delle qualifiche e dei titoli di studio). La proposta è del 2006, l’approvazione definitiva del 2008. Ma l’EQF il nostro governo lo ha recepito solo con l’Accordo quadro del 2012!!! E’ tutto dire!

Siamo indietro, rispetto ai nostri giovani e rispetto a quanto attende il mercato del lavoro europeo. La prima cosa che un’amministrazione seria e consapevole dovrebbe fare è quella di indicare chiaramente quali sono le competenze terminali che, per ogni singolo percorso di studi secondari, devono essere certificate e come! Io penso – e vorrei – che ciò avvenisse in tempi brevi, perché, come sai, con la tornata di esami del 2015, andrà a completo regime il riordino avviato con l’anno scolastico 2010/11.

Solo allora, dopo che il nostro “Sistema Educativo di Istruzione Formazione” sarà in grado di certificare competenze, potremo parlare di una valutazione di sistema che sia veramente tale, che sia credibile e che dia indicazioni alle scuole e all’amministrazione su che cosa va e che cosa non va! Detto molto semplicemente!

E sarà necessario che le istituzioni scolastiche autonome e gli insegnanti soprattutto siano informati e coinvolti nell’intero processo, perché certificare competenze non è cosa agevole e richiede criteri e strumenti diversi da quelli che riguardano il misurare e il valutare. E’ per questo insieme di ragioni che vado predicando da tempo che occorre rilanciare quella “cultura della valutazione” sulla quale abbiamo lavorato negli ultimi decenni del trascorso millennio e che abbiamo di fatto abbandonato.

Finché l’amministrazione insisterà nell’imporre alle scuole (altro che Istituzioni Scolastiche Autonome) quelle prove Invalsi che le scuole non capiscono e che sono lontane mille miglia dai quei criteri valutativi che da sempre la stessa amministrazione impone loro, quella dei voti decimali, non andremo da nessuna parte! E manderemo a carte quarantotto anche la certificazione delle competenze terminali, quelle dei nostri diciannovenni.

Quindi, ben venga la Valutazione di Sistema, ma prima mettiamolo in grado di funzionare!

Una noticina terminale. Ti rappresento le seguenti incongruenze, che, del resto, penso che tu conosca:

a) l’amministrazione pretende che siano certificate le competenze alla fine della terza media; ma non indica quali sono e ogni scuola si inventa le sue: cui prodest? E non si capisce quali competenze possa e debba avere acquisito un quattordicenne che non ha ancora concluso il suo percorso di studi obbligatorio;

b) l’obbligo di istruzione termina a 16 anni di età; l’amministrazione ha compiutamente individuato, definito e descritto sia le competenze di cittadinanza che quelle culturali. Però, non solo non pretende che le competenze di cittadinanza, che sono quelle che aprono la prospettiva dell’apprendimento permanente, siano debitamente certificate, in quanto non compaiono del modello di certificazione, ma non si preoccupa neanche di sapere se e come siano certificate le competenze culturali. E ogni scuola – in linea di massima – adempie all’operazione, quando adempie, solo perché la norma lo chiede! Senza alcuna convinzione e senza alcuna ricaduta sul prosieguo degli studi dello studente.

Ricambio l’abbraccio! Anzi, te ne invio due!

Roma, 13 gennaio 2014

Maurizio Tiriticco