da Il Sole 24 OreĀ
Superata la legge Brunetta: sui premi parola ai contratti
di G.Tr.
La riforma della valutazione dei dipendenti pubblici fa uscire di scena le griglie rigide previste nel 2009 dalla legge Brunetta, e affida ai contratti nazionali le nuove regole per distribuire i premi.
La novitĆ
Lāobiettivo, sempre inseguito e finora mai raggiunto dalle varie regole che si sono succedute negli uffici pubblici, resta quello di evitare che i Ā«premiĀ» di produttivitĆ si trasformino nei fatti in una componente fissa della busta paga. Rispetto agli ultimi tentativi, perĆ², cāĆØ un cambio di rotta significativo:āla Ā«valutazione delle performanceĀ» sarĆ soprattutto quella Ā«organizzativaĀ», relativa cioĆØ ai risultati ottenuti dallāufficio nel suo complesso, e sarĆ quindi meno ancorata alla situazione individuale, come almeno in teoria aveva tentato la riforma del 2009. Le āpagelleā, in pratica, dovranno misurare il livello di organizzazione e di servizio raggiunto dai diversi uffici pubblici piĆ¹ del contributo che ogni singolo dipendente dĆ al risultato complessivo.
Quello della Ā«meritocraziaĀ» nel pubblico impiego ĆØ stato finora un tema parecchio acceso sul piano del dibattito politico ma molto scarso dal punto di vista dei risultati concreti. Sette anni di congelamento dei contratti nazionali, poi, hanno favorito la tendenza a utilizzare i premi di produttivitĆ , e quelli Ā«di risultatoĀ» per i dirigenti, come una componente piĆ¹ o meno fissa della busta paga, spesso utilizzata per puntellare livelli retributivi medio-bassi e bloccati dalle varie norme approvate nel corso della crisi di finanza pubblica.
Lāaddio alle fasce
Nel 2009 lāallora ministro per la Pa Renato Brunetta aveva provato a superare la stasi con norme draconiane, che imponevano di dedicare alla produttivitĆ individuale la Ā«quota prevalenteĀ» (quindi almeno il 50%) delle risorse complessive dei trattamenti accessori, vale a dire quelli che si aggiungono allo stipendio base (tabellare). Fatto questo, si prevedeva una sorta di gara fra i dipendenti che avrebbe azzerato i premi per un quarto del personale, giudicato poco produttivo, li attenuava per il 50% degli organici e li faceva crescere per lāultimo 25%, giudicato piĆ¹ ābrillanteā.
Nessuna di queste regole ĆØ mai entrata in vigore, per il blocco della contrattazione ma anche per le difficoltĆ politiche e tecniche di applicare ai diversi enti pubblici griglie rigide uguali per tutti.
Il nuovo peso dei contratti
La nuova riforma riparte dagli obiettivi, prevedendone due livelli. Gli obiettivi Ā«generaliĀ» saranno indicati dal governo (dāintesa con gli amministratori nel caso di Regioni ed enti locali) e saranno legati alle Ā«prioritĆ strategicheĀ» del Paese (il rispetto dei tempi di pagamento ai fornitori, lāaccelerazione delle procedure o lāaumento dei servizi digitali, solo per fare qualche esempio), mentre quelli specifici di ogni amministrazione saranno fissati dai vertici politici e amministrativi dellāente. I contratti nazionali dovranno garantire la Ā«significativa differenziazioneĀ» dei giudizi, a cui dovrĆ corrispondere una Ā«effettiva diversificazione dei trattamenti economiciĀ». Resta lāobbligo di dedicare ai premi, collettivi e individuali, la Ā«quota prevalenteĀ» dei trattamenti accessori:āun obbligo che in alcuni settori come la sanitĆ o gli enti locali potrebbe imporre di rivedere altre indennitĆ come quelle per i turni.