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Sostegno scolastico nelle paritarie, “bene il contributo, ma si adeguino gli standard”

da Superabile

Sostegno scolastico nelle paritarie, “bene il contributo, ma si adeguino gli standard”

L’avvocato Nocera commenta l’emendamento presentato dal governo al Senato: “Il finanziamento era previsto già dalla legge sulla parità scolastica del 2000. E’ giusto, ma a patto che si adeguino gli standard: massimo 20 alunni nella classe con disabilità. E aggiornamento dei docenti curricolari in materia di inclusione”

ROMA – Bene il contributo statale per il sostegno agli alunni disabili nelle scuole paritarie, ma “si adeguino gli standard, in termini di formazione delle classi e aggiornamento degli insegnanti”: così Salvatore Nocera, avvocato esperto in materia di normativa sull’integrazione scolastica, commenta la notizia dello stanziamento di 12,2 milioni di euro previsto nell’emendamento presentato dal governo al Senato. “Non sono contrario a questo finanziamento – ci spiega -, peraltro già contenuto nella legge 62/2000 di Berlinguer sulla parità scolastica, che stanziava circa 2mila euro l’anno ad alunno”. Precisa però Nocera che questo “riguarda e deve riguardare solo le paritarie, non le private. Questo secondo due commi dell’articolo 33 della costituzione: il 3, che prevede che i privati aprano scuole senza oneri per lo Stato. E il 4, che garantisce la parità scolastica. E’ in nome di questa parità, che riguarda appunto solo alcune scuole, private, che il contributo va riconosciuto”. Un’altra precisazione riguarda i destinatari del contributo in questione: “ricordo che nella primaria paritaria l’insegnante di sostegno è già a carico dello Stato. Qui parliamo quindi di scuole dell’infanzia paritarie, scuole primarie parificate (ovvero convenzionate con lo Stato, ma non parificate) e secondarie parificate di primo e secondo grado”.
La questione delle spese per il sostegno scolastico in queste scuole è stata finora piuttosto controversa, “soprattutto a causa di due recenti sentenze della Corte di cassazione controverse: in base a una di queste, l’insegnante di sostegno è a carico della scuola in quanto rientra nel “rischio d’impresa”. Una dicitura, questa, che non mi è mai piaciuta, visto che considera la disabilità un costo. L’altra che, al contrario, poneva il sostegno a carico delle famiglie, in quanto titolari del compito educativo dei figli. Ora, un intervento statale in questo senso potrebbe chiarire la questione”.

Se però da un lato è giusto che le paritarie ricevano questo contributo – diversamente dalle private, per le quali, ribadisce Nocera, “lo Stato non deve spendere una lira” – è necessario che questo vada di pari passo con l’adeguamento delle scuole paritarie agli standard delle statali, in materia di inclusione scolastica. Innanzitutto, rispetto del tetto massimo di 20-22 alunni nelle classi in cui sia presente una disabilità: una condizione certamente onerosa, visto che comporta la rinuncia a un certo numero di rette, laddove nelle paritarie le classi sono composte in media da 30 alunni. E poi c’è la questione della formazione e dell’aggiornamento dei docenti curricolari in materia di inclusione scolastica – aggiunge Nocera – che pure deve essere garantita”. (cl)

Nuovo Isee, il governo ci riprova con un emendamento “fuori luogo”

da Redattore sociale

Nuovo Isee, il governo ci riprova con un emendamento “fuori luogo”

La denuncia di Fish e Coordinamento famiglie disabili. La revisione del nuovo Isee, richiesta dal Consiglio di Stato, è stata introdotta in un emendamento governativo a un decreto in materia di istruzione. Esclude dal reddito le indennità, ma annulla le franchigie e introduce una maggiorazione della scala di equivalenza. “Se necessario, faremo novo ricorso”

ROMA – Il governo va verso l’applicazione delle sentenze del nuovo Isee, ma lo fa prendendo una via “traversa” e profilando, di fatto, “un quadro ancora peggiore” di quello precedente. La denuncia arriva dalla Fish e, contemporaneamente, dal Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi, promotore del ricorso a cui il Tar prima, il Consiglio di Stato poi, hanno dato ragione.

La “mossa” del governo avviene in Senato due giorni fa, presso la commissione Istruzione, sotto forma di emendamento a un decreto legge (29 marzo 2016, n. 42) che nulla ha a che vedere con fisco e previdenza: il decreto riguarda contiene infatti “disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca”. Tra gli “altri emendamenti” presentati dal governo, all’articolo 2-bis su “Incremento dei compensi ai commissari del concorso per docenti”, viene inserito un articolo su “Isee dei nuclei familiari con componenti con disabilità”. Dopo aver confermato che, come previsto dalle sentenze, “sono esclusi dal reddito disponibile i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari percepiti in ragione della condizione di disabilità”, nel comma successivo il governo cancella le franchigie e introduce “la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente”.

Molto critica la Fish: “Il quadro finale è ancora peggiore – commenta il presidente Vincenzo Falabella – Lo strumento che ne esce non è né selettivo né equo: sono considerati allo stesso modo persone che ricevono provvidenze molto diverse in termini di importo, persone con gravità diversa, minori, anziani, adulti. Inoltre, il sistema della maggiorazione della scala di equivalenza finisce per premiare chi ha più redditi e patrimoni a scapito di chi è più povero o ha maggiori spese. Se l’obiettivo era quello si diminuire drasticamente il numero degli Isee nulli o bassi, il risultato è garantito! – aggiunge Falabella – Ora è necessario pensare ad una profonda e ragionata riforma dello strumento elaborando un nuovo Dpcm, che riprenda i principi della sostenibilità, equità e capacità selettiva”.
Forte lo sdegno del Coordinamento famiglie disabili gravi e gravissimi, che si sta già mobilitando, ipotizzando un ennesimo ricorso: “il governo ha ben nascosto dentro una norma assolutamente estranea la modifica dell’Isee e lo ha fatto in modo inaccettabile e nuovamente discriminatorio – commenta Maria Simona Bellini – Ho quindi inviato richiesta urgente di audizione alla Commissione del Senato che sta chiudendo in questi giorni il provvedimento. Vorrei invitare tutte le associazioni a cui sta a cuore la condizione delle persone con disabilità a fare altrettanto per bloccare questa nuova e gravissima iniquità prima di costringerci ad un nuovo ricorso”.

Questa la denuncia del Coordinamento: “Il Governo stravolge la sentenza, con un emendamento che ignora la richiesta del Tribunale di rimodulare le franchigie in modo non discriminatorio, cancellandole in toto e sostituendole con una scala di equivalenza uguale per tutti i livelli di disabilità, ancora più discriminatoria di prima e che favorisce proprio i redditi più alti! Perché non prevedere – propone invece il coordinamento – scale di equivalenza differenziate con uno 0,50 per le disabilità medie per arrivare ad 1,00 per la non autosufficienza?”.

Non solo: “questo emendamento – osserva ancora Simona Bellini – è ben occultato in un provvedimento-marchetta per le scuole paritarie, completamente estraneo ad una materia così delicata che coinvolge una delle fasce più fragili della popolazione. Ma le famiglie non intendono fermarsi – conclude Bellini – Hanno vinto contro questo governo e, se necessario, lo faranno ancora, fino a che le istituzioni italiane non si rivolgeranno al mondo della disabilità per dare sostegno e risposte concrete, come accade in tutti i paesi civili, e non per fare cassa proprio sui più fragili”. (cl)

Scuole paritarie, “mille euro per ogni alunno disabile”

da Redattore sociale

Scuole paritarie, “mille euro per ogni alunno disabile”

L’emendamento del governo, che stanzia un contributo di 12 milioni di euro, presentato oggi in commissione al Senato. Il sottosegretario Toccafondi: nell’ultimo decennio gli alunni con disabilita’ iscritti alle scuole paritarie sono aumentati del 60%.

ROMA. Da oggi i 12.000 ragazzi disabili che frequentano una scuola paritaria iniziano ad avere una risposta dallo Stato. Con la proposta del Governo, adesso al vaglio del Senato, arriva una prima significativa risposta alle scuole. Dare un contributo di 1000 euro alla scuola per ogni alunno con disabilita’ significa abbattere un muro e aiutare i ragazzi. Per noi la scuola e’ tutta pubblica e i ragazzi tutti uguali”. Cosi’ Gabriele Toccafondi, Sottosegretario al Miur, commenta positivamente la presentazione da parte del Governo dell’emendamento che stanzia un contributo di 12 milioni di euro alle scuole paritarie che accolgono studenti con disabilita’ presentato oggi in commissione al Senato durante i lavori sul decreto legge 42/2016 sulla funzionalita’ del sistema scolastico e della ricerca.

“Fino ad ora le scuole e le famiglie erano lasciate a se’ stesse, eppure anche in Italia dopo la legge 62 del 2000 la cosiddetta legge Berlinguer, la scuola e’ tutta pubblica e si divide in statale e non statale. Con oggi – aggiunge Toccafondi – inizia un percorso di riconoscimento di un diritto, quello del sostegno a ragazzi e bambini con disabilita’, che frequentano una scuola non statale, per i quali lo Stato non riconosceva niente. Nell’ultimo decennio gli alunni con disabilita’ iscritti alle scuole paritarie sono aumentati del 60% a fronte di una diminuzione delle iscrizioni, questo dato ha ulteriormente messo in difficolta’ realta’ scolastiche paritarie e famiglie”. “Il Governo – conclude il Sottosegretario – sta facendo la sua parte invertendo la rotta, un altro passo verso la parita’ scolastica, attendiamo adesso approvazione del Senato”. (DIRE)

Il Nomenclatore dei dispositivi sara’ aggiornato insieme ai Lea

Osservatorio Malattie Rare

Il Nomenclatore dei dispositivi sara’ aggiornato insieme ai Lea. Quando? Nessuna certezza sui tempi

L’associazione “Luca Coscioni” denuncia ritardi e gravi inadeguatezze. Poche risposte per i malati rari

Il governo sembra aver dimenticato la disabilità e i bisogni dei malati più deboli. Il Nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili è infatti fermo dal 1999, anno nel quale venne pubblicato il decreto ministeriale numero 332. Per anni e anni si è annunciato un suo aggiornamento, modifiche che sarebbero addirittura dovute intervenire pochi mesi dopo la sua entrata in vigore. Ora la speranza è rappresentata dall’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza. La normativa vigente impone infatti di rivedere i criteri del Nomenclatore all’atto dell’approvazione dei nuovi Lea. Su questi ultimi si sono però rincorse promesse e rassicurazioni nel corso degli ultimi due anni. Dopo una fase di vivacità registrata dopo l’approvazione dell’ultima legge di Stabilità si è ripiombati nella stagione dei continui rimpalli istituzionali. Lungaggini che finiscono per danneggiare i malati e le loro famiglie.

Le persone affette da patologie particolarmente rare sono poi doppiamente sfortunate. Per loro non ci sono automatismi legati alla malattia da cui sono affetti: spesso sono costretti a lunghe battaglie burocratiche per vedersi riconosciuti i diritti di cui godono i disabili affetti da patologie ricomprese nei Lea. I miglioramenti sono spesso ricompresi nelle iniziative delle singole Regioni. Quando una malattia non è ricompresa nei Lea spetta alla singola Giunta decidere se incrementare i servizi a questa dedicati. Un’azione politica che deve però fare i conti con i continui tagli della spesa sanitaria.

Filomena Gallo, presidente dell’associazione “Luca Coscioni”, ha ingaggiato una vera e propria battaglia con il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Una guerra svolta a base di diffide e botta e risposta con l’ufficio legale del Dicastero e comunicazioni formali con la Presidenza del Consiglio. Qui vi avevamo raccontato la penultima puntata dalla tenzone. La Gallo, avvocato da sempre impegnato sul fronte dei diritti civili sa bene che i malati rari vivono sulla propria pelle un doppio problema: “Spesso l’unica strada è rappresentata dai ricorsi. Non si può pretendere che una persona in difficoltà attenda i tempi delle amministrazioni. Le uniche prestazioni integrative sono garantite solo da poche Regioni. Continuare a ritardare l’aggiornamento dei Lea è una decisione gravissima. Il ministro Lorenzin sta negando il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione”. Anche la nuova disciplina non sembra avere un occhio di particolare riguardo per le persone affette da patologie che non saranno ricomprese nemmeno nei nuovi Lea. I prossimi saranno quindi mesi decisivi per sensibilizzare il governo su questo punto. L’acquisto di sedie a rotelle o protesi non può essere trattato alla stregua delle procedura per garantirsi la fornitura di altri beni. Stiamo parlando di ausili necessari per aumentare la qualità della vita di persone costrette a convincere con decine di difficoltà di non poco momento. L’Italia sarà chiamata inoltre a individuare 50 ausili fondamentali. Così come richiesto da una procedura avviata dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Ve ne avevamo raccontato qui.

La Gallo spiega che l’Italia sta attuando una politica che va contro gli interessi dei malati: “Non capisco come si possa parlare di miglioramento dei servizi se ogni anno si costringe il comparto sanitario a fare i conti con tagli che finiscono per minarne l’efficienza. Un cambio di passo è sempre più necessario”. Il “nuovo” Nomenclatore studiato dal governo rischia però di avere benefici solo parziali. Ad essere compromessa potrebbe essere soprattutto la libertà di scelta dei pazienti. L’avvocato campano evidenzia un elemento in grado di ingenerare storture: “Il Ministero vorrebbe acquisire i nuovi prodotti in base alla normativa sugli acquisti nelle pubbliche amministrazioni. Questo però finirebbe per danneggiare i malati che avranno necessità di rivedere alcune caratteristiche di un bene prodotto in serie. Migliorie che potrebbero dover anche pagare di tasca propria. Non solo, si continua a prevedere una procedura burocratica che allunga i tempi di ottenimento dell’ausilio richiesto”.

Nelle ultime ore, i dirigenti delle “Luca Coscioni” hanno inviato una nuova comunicazione per evidenziare come il ritardo nell’aggiornamento del Nomenclatore scontenti tutti: malati e medici in primis. “Nell’ultima versione della revisione gli elenchi presentano ora una proposta ampia e completa di tipologie erogabili, accurata nelle definizioni e descrizioni dei requisiti che i dispositivi devono possedere, ma le modalità di acquisto e fornitura mediante procedure pubbliche dei dispositivi per bisogni complessi non consentono una scelta appropriata. Rimandando infatti la selezione finale alla stazione appaltante e esautorando il medico prescrittore dalla responsabilità del risultato, complicano e allungano i processi di erogazione, creano sperequazione tra assistiti di Asl o bacini territoriali diversi; per gli apparecchi acustici indicano un percorso in contrasto con le leggi che regolano il profilo professionale dell’audioprotesista”. Un altro tema che per Filomena Gallo, Marco Gentili e Maria Teresa Agati suscita sconcerto e preoccupazione riguarda la mancanza di un Repertorio degli ausili di serie per disabilità motoria: uno strumento che serve a catalogare le varie tipologie di dispositivi e, per ciascuna tipologia, l’elenco di tutti i singoli prodotti commerciali presenti sul mercato ed erogabili dal Servizio sanitario nazionale, con i rispettivi prezzi. Le disposizioni studiate dal ministero della Salute rischiano poi di entrare in contrasto con la normativa comunitaria a tutela della libera concorrenza tra gli operatori economici.

Insomma, a dispetto di un timido ottimismo il nuovo Nomenclatore rischia di risolvere solo parzialmente le problematiche patite dai malati rari e dalle loro famiglie. Tutto dipenderà dal contenuto dei nuovi Lea. Un provvedimento la cui emissione sembra poter dipendere anche dalla “manovra alternativa” annunciata dal ministero dell’Economia due settimane fa. Si continuerà a far dipendere il diritto alla salute dalla tenuta dei saldi di finanza pubblica? Lo capiremo presto.

di Matteo Mascia

La caratteristica di Emilio

Regione Piemonte

La caratteristica di Emilio: la dislessia dal punto di vista di chi ne è affetto

Realizzato, nell’ambito del progetto #noproblem il documentario “la caratteristica di Emilio”, dove la problematica dei disturbi dell’apprendimento viene narrata dalla viva voce di Emilio, che ci racconta il punto di vista di chi è affetto da DSA.

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Disponibile il video sulla “Didattica inclusiva”

Per un nuovo modo di fare lezione, per il coinvolgimento diretto degli studenti, per contribuire insieme alla costruzione del sapere, per un apprendimento attivo e collaborativo.

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Disponibile il video didattico sulla DISGRAFIA

Le modalità di scrittura sono molte, ad esempio per prendere appunti c’è chi cerca di scrivere tutto, chi sintetizza, chi schematizza ecc. e c’è anche chi, quando torna a casa non riesce a capire nulla dai suoi stessi appunti. E’ solo disordine o può trattarsi di disgrafia?

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Problemi legali dei DSA

Como. Problemi legali dei DSA

L’indennità di frequenza e il diritto del lavoratore alla flessibilità sono alcuni degli argomenti che tratterà l’avvocato Maria Cristina Forgione, Socia AID, Probiviro Fondazione Italiana Dislessia.
Un appuntamento con l’avvocato Maria Cristina Forgione, Socia AID, Probiviro Fondazione Italiana Dislessia.
L’appuntamento è previsto per il 10 maggio 2016 alle 21, presso la Sala comunale Circoscrizione n° 3 di Como – Camerlata (via Varesina 1/A – Como).
L’ingresso è gratuito.

Vogliamo che il 1° Maggio sia anche la nostra festa!

Vogliamo che il 1° Maggio sia anche la nostra festa! #DOWNLAVORO

Ogni anno in molti Paesi del mondo viene festeggiata la giornata del 1°Maggio, la Festa dei lavoratori, per ricordare l’impegno e i traguardi raggiunti dai lavoratori in campo economico e sociale.
La festa ricorda le battaglie operaie e la lotta per ottenere il diritto ad avere un lavoro per tutti.

L’Associazione Italiana Persone Down sostiene l’ingresso delle persone con sindrome di Down nel mondo del lavoro, ponendosi da molti anni l’obiettivo di individuare percorsi di inserimento professionale, formare personale specializzato per l’accompagnamento e il tutoraggio sul posto di lavoro, realizzare progetti concreti di inserimento in azienda.
Da persone con disabilità intellettiva da “tenere occupate” ad adulti lavoratori: questo è il cambiamento d’immagine delle persone con sindrome di Down che finalmente inizia a prendere forma nell’opinione pubblica e soprattutto tra le aziende che hanno iniziato ad assumere e conoscere lavoratori con sindrome di Down.
Il programma “Hotel 6 Stelle” di Rai3 nel 2013-2014 ha sensibilizzato molte aziende e grazie al lavoro di AIPD a seguito di questo e il progetto “Lavoriamo in rete” nelle regioni del sud, nel 2015-2016, sono state realizzate 13 assunzioni e 112 tirocini, oltre a 24 stage brevi e 24 tirocini all’estero. Nel complesso sono state 173 le esperienze lavorative avviate in questi 2 anni.
“A questi lavoratori speciali e a quelli che verranno l’AIPD dedica la Festa dei lavoratori. Persone tra le persone, lavoratori tra i lavoratori: così si realizza la vera inclusione” dice Anna Contardi coordinatrice nazionale di AIPD.

Guarda il video #DOWNLAVORO  realizzato dall’AIPD in occasione del 1°Maggio:

L’ISTAT e i Disegni di Legge sul “Dopo di Noi”

da Superando

L’ISTAT e i Disegni di Legge sul “Dopo di Noi”

di Daniela Bucci

Convocato in audizione al Senato, in relazione ai Disegni di Legge sul cosiddetto “Dopo di Noi”, l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha fornito una stima della platea dei potenziali destinatari, presenti e futuri, della normativa in discussione, offrendo un quadro del sistema dei servizi sociali rivolti alle persone con disabilità sulla base delle ultime rilevazioni disponibili. E quanto riferito dall’Istituto risulta di particolare interesse, a partire dalla stessa difficoltà a individuare correttamente i beneficiari di quei Disegni di Legge.

Il 5 aprile scorso l’ISTAT è stato convocato in audizione dall’XI Commissione del Senato (Lavoro, Previdenza Sociale), in relazione all’esame di due Disegni di Legge (n. 2232 e n. 292) che prevedono disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (il cosiddetto “Dopo di Noi”).
Ebbene, nell’audizione del presidente dell’ISTAT Giorgio Alleva e nella successiva nota integrativa, i cui testi sono stati resi disponibili dall’Istituto Nazionale di Statistica, si fornisce una stima della platea dei potenziali destinatari, presenti e futuri, della norma in discussione, e si offre un quadro del sistema dei servizi sociali rivolti alle persone con disabilità sulla base delle ultime rilevazioni disponibili.
Le indicazioni dell’ISTAT sono particolarmente rilevanti poiché dovrebbero costituire per la Commissione un’indicazione sul possibile impatto della norma e sull’adeguatezza delle risorse destinate al provvedimento.

Come già evidenziato nel corso della precedente audizione dell’ISTAT alla XII Commissione della Camera (ottobre 2014), la prima difficoltà che si incontra, da un punto di vista informativo, riguarda la possibilità di quantificare in modo sufficientemente preciso i beneficiari, che i Disegni di Legge individuano nelle «persone con disabilità grave, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di sostenere le responsabilità della loro assistenza».
Lo stato di disabilità grave assunto a riferimento è infatti quello previsto dall’articolo 3, comma 3, della Legge 104/92 e tuttavia, ad oggi, i dati di fonte amministrativa (ASL e INPS) non permettono di conoscere, come denuncia lo stesso ISTAT, l’ammontare delle persone certificate in base a tale norma. Né tale dato può essere desunto dalle indagini ISTAT, che utilizzano una definizione di disabilità diversa da quella adottata nella Legge 104/92.
Pertanto l’Istituto risponde in audizione usando, per approssimazione, le informazioni ad oggi disponibili provenienti da altre rilevazioni, ovvero da una parte il numero dei percettori di indennità di accompagnamento desunti dal casellario INPS, nell’ipotesi che vi sia una coincidenza fra i requisiti sanitari previsti per la concessione di quella provvidenza e la definizione di handicap grave ex lege 104/92. E dall’altra parte le condizioni di vita delle persone con limitazioni funzionali gravi che vivono in famiglia, come risultano dall’indagine ISTAT sulle condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari (ultima edizione: 2012-2013).

Per identificare la platea dei beneficiari, l’ISTAT formula due ipotesi: che la gran parte delle disabilità gravi riferibili alla popolazione di 65 anni e oltre sia determinata dal naturale invecchiamento o da patologie ad esso connesse, e che i genitori di oltre 65 anni siano quelli che vivono le maggiori difficoltà nel sostenere le responsabilità di cura e assistenza dei loro figli con disabilità grave.
A partire da queste due ipotesi, la popolazione dei potenziali destinatari è stata circoscritta ai percettori di indennità di accompagnamento di età inferiore ai 65 anni (circa 540.000 persone) e poiché tale collettivo risulta ben approssimato dall’indagine ISTAT sulle condizioni di salute – sia per numerosità che per distribuzione territoriale – sono state considerate le stime elaborate dall’Istituto relativamente alla situazione familiare delle persone con limitazioni funzionali gravi della stessa fascia di età.
Immediatamente interessate dalle norme in discussione al Senato sarebbero dunque 127.000 persone con disabilità grave sotto i 65 anni, che abbiano perso entrambi i genitori e vivano da sole (38.000) o che vivano con genitori anziani (89.000). A queste l’ISTAT aggiunge – sulla base di calcoli che tengono conto della speranza di vita – una stima di coloro che nell’arco dei prossimi cinque anni entreranno a far parte della platea dei potenziali beneficiari perché perderanno tutti i familiari, ossia ulteriori 12.600 persone. Di queste il 63% è attualmente mantenuto economicamente dalla famiglia e il 50% dichiara di avere risorse economiche scarse o insufficienti.
Nel computo non sono comprese le persone che attualmente sono già istituzionalizzate e per le quali il Disegno di Legge n. 2232 prevede di «favorire percorsi di de istituzionalizzazione».

Stanti tali numeri, dunque, sarebbe opportuno riflettere sulla congruità delle risorse afferenti al Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, fissate – per la realizzazione dei servizi sui territori – a 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni di euro per il 2017 e 56,1 milioni di euro a decorrere dal 2018 (articolo 3, comma 1, del Disegno di Legge n. 2232). Ossia, in media, circa 400 euro annue a persona per il cosiddetto “Dopo di Noi” (sempre escluse quelle già “istituzionalizzate”).
È opportuno ricordare, a tal proposito, che la riduzione del Fondo, per un importo pari a 51,7 milioni di euro per l’anno 2017 e a 33,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, è motivata dalla necessità di coprire le minori entrate derivanti dalla detraibilità delle spese sostenute per le polizze assicurative finalizzate alla tutela delle persone con disabilità grave e da quelle derivanti dalle esenzioni e agevolazioni tributarie connesse all’istituzione di trust a favore di persone con disabilità grave (articoli 5 e 6 del Disegno di Legge n. 2232) [il trust è un istituto giuridico mutuato dall’ordinamento anglosassone, con cui una o più persone, i “disponenti”, trasferiscono beni e diritti sotto la disponibilità del “trustee”, un tutore, che assume l’obbligo di amministrarli nell’interesse di un beneficiario, in questo caso la persona con disabilità, N.d.R.].

A questo punto i dubbi sulla congruità di un importo di 400 euro annui a persona per la realizzazione di servizi e interventi rivolti al “Dopo di Noi” si innestano in uno scenario in cui l’ISTAT – sulla base di dati ancora provvisori – registra per il 2013 un’ulteriore riduzione della spesa sociale dei Comuni singoli e associati, pari al -2,7% rispetto al 2012 e al -4% rispetto al 2010, l’anno in cui si era toccato il massimo di spesa dall’inizio della rilevazione (2003). Riduzione che sembrerebbe investire, per la prima volta, anche la quota di spesa sociale comunale rivolta alla disabilità.
Guardando dentro alle singole tipologie di servizi, l’ISTAT ci ricorda che nel 2012 i Comuni hanno speso oltre 142 milioni di euro per l’assistenza domiciliare socio-assistenziale rivolta alle persone con disabilità, per un importo di 3.666 euro ad utente, cui si aggiunge una compartecipazione media delle famiglie pari a 76 euro e del Servizio Sanitario Nazionale di 104 euro. Per l’assistenza domiciliare integrata con i servizi sanitari (ADI), i Comuni hanno speso circa 24,5 milioni di euro, pari a 2.300 euro ad utente con disabilità, cui si aggiunge la quota di compartecipazione delle famiglie e del Servizio Sanitario Nazionale per una media rispettivamente di 48 e 621 euro l’anno.
Per quanto concerne invece i dati sulle strutture residenziali, nel 2013 i posti letto rivolti alle persone con disabilità risultano 32.330, nel 94% dei casi collocati in strutture di tipo comunitario, che non riproducono le condizioni di vita familiari. Nello stesso anno si registrano 49.536 ospiti tra i 18 e i 64 anni con disabilità e patologie psichiatriche e 2.658 minori con disabilità e disturbi mentali dell’età evolutiva.
Non disponiamo di informazioni circa le ragioni dell’istituzionalizzazione, né sulle condizioni di vita e la situazione familiare degli utenti di tali strutture, ma sono senz’altro auspicabili anche per loro percorsi di deistituzionalizzazione e di ritorno nelle comunità di appartenenza. Ed è altrettanto ipotizzabile che una parte degli attuali ospiti possa vivere una condizione di gravità e di assenza del sostegno familiare, incrementando la platea dei potenziali beneficiari individuata dall’ISTAT.

Responsabile del portale «Condicio.it – Dati e cifre sulla condizione delle persone con disabilità», spazio di comunicazione che è il frutto di un progetto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e nel quale il presente approfondimento è già apparso (con il titolo “Senato: audizione ISTAT sul “Dopo di noi”). Viene qui ripresa – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

Disabilita’, l’associazione Coscioni: “Riforma del nomenclatore attesa da 15 anni”

da Redattore sociale

Disabilita’, l’associazione Coscioni: “Riforma del nomenclatore attesa da 15 anni”

L’associazione scrive al ministro Lorenzin: “Abbiamo davanti una grande opportunità politica: sfruttare le più avanzate tecnologie e dare finalmente risposte adeguate ai bisogni di milioni di persone. Il ritardo dell’aggiornamento non porta vantaggi e, anzi, scontenta tutti”.

ROMA – “Sullo stallo del nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili, fermo ormai al 1999, abbiamo inviato ulteriori osservazioni al ministro della salute Beatrice Lorenzin che ha più volte annunciato di voler procedere all’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza a cui esso è legato”. Lo dichiarano Filomena Gallo, Marco Gentili, Maria Teresa Agati e Marco Cappato dell’associazione “Luca Coscioni” per la libertà di ricerca scientifica. “Al ministro abbiamo fatto presente che davanti abbiamo una grande opportunità politica – proseguono i firmatari della lettera con le osservazioni inviate al ministro, al presidente del Consiglio dei ministri e al presidente della Repubblica -: consegnare al paese una riforma attesa da quindici anni, per sfruttare le più avanzate tecnologie e dare finalmente risposte adeguate ai bisogni di milioni di persone, delle loro famiglie e degli operatori del settore sanitario. Il ritardo dell’aggiornamento, infatti, non porta vantaggi e anzi scontenta tutti: le persone con disabilità, i medici e anche gli operatori economici”.

Spiegano dall’associazione: “Nell’ultima versione della revisione gli elenchi presentano ora una proposta ampia e completa di tipologie erogabili, accurata nelle definizioni e descrizioni dei requisiti che i dispositivi devono possedere, ma le modalità di acquisto e fornitura mediante procedure pubbliche dei dispositivi per bisogni complessi non consentono una scelta appropriata. Rimandando infatti la selezione finale alla stazione appaltante e esautorando il medico prescrittore dalla responsabilità del risultato, complicano e allungano i processi di erogazione, creano sperequazione tra assistiti di Asl o bacini territoriali diversi; per gli apparecchi acustici indicano un percorso in contrasto con le leggi che regolano il profilo professionale dell’audioprotesista”.

Un altro tema che suscita sconcerto e preoccupazione riguarda la mancanza di un Repertorio degli ausili di serie per disabilità motoria: uno strumento che serve a catalogare le varie tipologie di dispositivi e, per ciascuna tipologia, l’elenco di tutti i singoli prodotti commerciali presenti sul mercato ed erogabili dal Servizio sanitario nazionale, con i rispettivi prezzi. “Riteniamo ingiustificabile che a 10 anni dall’inserimento in Finanziaria, e dopo tre anni di attività da parte di questo ministro, si rinunci ad adottare questo strumento così utile per l’impossibilità di realizzarlo ‘in tempi ragionevoli’, soprattutto se se considera che un prototipo funzionante di questo Repertorio è già stato realizzato, è attivo sul portale Siva e potrebbe essere messo gratuitamente a disposizione per la sperimentazione. Il ministro – propone l’associazione Coscioni – potrebbe inserire un termine entro cui sarà realizzato il Repertorio senza in questo modo rallentare l’approvazione dei Lea e del Nomenclatore. Sono scaduti i termini previsti a seguito di diffida che avevamo inviato al Ministro, al Governo e alla Conferenza delle regioni per mancato aggiornamento dei lea e del Nomenclatore, è nostro interesse per i cittadini italiani avere buone norme per la tutela dei diritti di tutti. Questa ulteriore fase di dialogo che stiamo provando speriamo porti un aggiornamento reale ed appropriato di tali atti, senza dover ricorrere alle vie che il caso consiglia”.

Disabilita’: lavoratori con la 104, dal “beneficio” alla discriminazione

da Redattore sociale

Disabilita’: lavoratori con la 104, dal “beneficio” alla discriminazione

Primo maggio. La legge riconosce a chi concilia lavoro e assistenza alcuni diritti: congedi e vicinanza della sede lavorativa. Ma spesso questi restano sulla carta. O si trasformano in motivo di discriminazione. La storia di due mamme, l’intervista all’avvocato: “Estendere le tutele ai lavoratori non dipendenti. E attualizzare la legge”.

ROMA. Dovrebbero essere “beneficiati”, ma sono piuttosto discriminati: tanto da rinunciare spesso a quello che sarebbe un loro diritto. Sono i lavoratori “con la 104”, in particolare coloro che assistono un proprio familiare (o affine) gravemente disabile. Una categoria che la legge, da oltre 20 anni, prova a tutelare, ma che di fatto continua ad essere particolarmente fragile. Difficoltà di applicazione, problemi burocratici, ma anche vere e proprie discriminazioni rendono la vita di questi lavoratori particolarmente complicata.

Una vita già molto difficile, come ci racconta in poche righe Marilena: “Ho 61 anni e sono madre di Sabrina, ragazza di 32 anni con sindrome di down e insulinodipendente da 23 anni. Lavoro in provincia di Torino, a 40 chilometri da casa. Ecco la mia giornata tipo: Sveglia alle ore sei. Faccio qualcosa in casa poi sveglio Sabrina, le misuro la glicemia, le preparo colazione e le faccio l’insulina. Partiamo. Lascio Sabrina da mio cognato a settimo torinese, dove alle 9 gli educatori del centro la vanno a prelevare col pulmino. Alle 12 e 30 esco dall’ufficio e, mangiando in auto un panino, vado a misurarle la glicemia e a fare l’insulina. Poi rientro in ufficio alle 13.30. Alle 17 e 30 esco dal lavoro, Torno a Settimo, prendo Sabrina e verso le 18.30 siamo a casa. Preparo la cena, misuro la glicemia, faccio l’insulina. Forse verso le 23 forse mi stendo nel letto. Di notte almeno due volte mi devo svegliare per misurare la glicemia. Se qualcuno dei nostri governanti provasse anche solo per un mese la nostra vita, morirebbe . Noi genitori di ragazzi non autosufficienti abbiamo una forza indescrivibile e io sono felice di poter rendere la vita di Sabrina meno difficile. Ma vorrei almeno poter andare in pensione prima che sia troppo tardi”. Come Immacolata, da 36 anni impiegata al comune, mamma di cinque figli di cui l’ultima con sindrome di Down e problemi di salute: dopo una vita di faticosa conciliazione, “ora ho scoperto che non posso andare in pensione perché l’aspettativa di vita si è allungata e io ho ‘solo’ 56 anni. Devo arrivare a 42 anni di servizio, quando non avrò più le forze per stare accanto alla mia creatura. Ho già usufruito in parte del congedo straordinario e sono costretta a conservarmi il restante per i periodi bui. Dopo 36 anni di lavoro e assistenza, stare a chiedere pietà è davvero troppo”.

Proprio per i lavoratori come Marilena, evidentemente gravati da un peso consistente come quello dell’assistenza, sono stati pensati dei benefici normativi: quelli previsti all’articolo 33 della legge 104/92. Ce ne parla l’avvocata Silvia Bruzzone, che esercita la sua professione da oltre 20 anni a Genova ed è specializzata sulla tutela dei diritti delle persone con disabilità.

Di che benefici si tratta?
Innanzitutto va precisato che i requisiti vengono riconosciuti a parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo, in presenza di handicap in gravità. I benefici consistono in congedo, divieto di trasferimento e diritto alla sede lavorativa più vicina alla propria residenza.
Questa la teoria. Cosa accade nella pratica?
Nella pratica ci sono tante criticità. La prima è “burocratica”, relativa alla fase di accertamento e verifica della disabilità. Di fatto, c’è una grande incertezza, per cui esiste la possibilità che vengano commessi errori in sede di valutazione. Questo compromette l’effettivo godimento dei diritti che spettano a questi lavoratori, per garantire la conciliazione tra lavoro e assistenza,
Altre criticità?
Le frequenti violazioni da parte dei datori di lavoro, che non sempre garantiscono la fruizione dei permessi, non sempre rispettano le circolari applicative e la normativa sulla privacy, talvolta determinano situazioni di mobbing e/o discriminazione. Questo accade soprattutto nel settore privato e in misura maggiore nelle aziende piccole e/o con un’organizzazione rigida, su cui le assenze pesano certamente di più. Nel privato, di fatto, accade spesso che i lavoratori rinuncino ai benefici di legge, per timore di essere licenziati.

Un timore fondato?
Purtroppo sì, è accaduto anche in grandi aziende che, in fase di ristrutturazione e riorganizzazione, una percentuale altissima di esuberi fosse rappresentata dai lavoratori con la 104. Ricordo il caso di Alitalia, per esempio, che ne licenziò centinaia

Lecitamente?
In teoria no, si tratta di discriminazione. In pratica, però, la legislazione sulle discriminazioni inizia ad applicarsi solo recentemente, con relative sentenze significative. Resta comunque, tuttora, la ritrosia dei lavoratori a far valere i propri diritti: posso dire che difficilmente un dipendente di un’azienda, che vede violati i proprio diritti ex 104, si rivolga a un avvocato. E le violazioni sono frequenti: anche sulla vicinanza delle sedi, se speso ci sono difficoltà oggettive ad applicare questo diritto, spesso però le aziende per così dire ‘ci giocano’. E lavoratori con la 104 si trovano a lavorare anche molto lontano da casa.

Ci sono anche benefici pensionistici?
Purtroppo no, anche se proposte di legge in tal senso attendono da 20 anni di essere considerate. L’assistenza è un’attività usurante e le leggi sulle pensioni dovrebbero tenerne conto, prevedendo un prepensionamento o quanto meno evitando l’innalzamento dell’età pensionabile per questi lavoratori
Negli ultimi anni si è iniziato a parlare di “furbetti della 104”? Esiste questo fenomeno?
Certamente sì e ci sono state sentenze clamorose su questi abusi: i congedi ex 104 vengono a volte utilizzati per scopi diversi da quello per cui sono stati pensati. Ma è importante dire che sono eccezioni, non certo la regola…

Questo fenomeno ha acuito i controlli da parte delle aziende, alcune delle quelli ricorrono anche a investigatori privati per pedinare i lavoratori in congedo. Che ne pensa?
Credo sia opportuno fare verifiche e chiedere attestazioni sull’effettività dell’assistenza. Ma non ritengo leciti metodi tanto invasivi. E’ certo che la legge 104 ha 22 anni e chiede di essere rivista, tenendo conto dei cambiamenti avvenuti nella società e nel mondo del lavoro.

E’ una legge obsoleta?
No, va difesa come grande conquista in termini di tutele. Anzi, andrebbe estesa ai lavoratori atipici, parasubordinati ecc, visto che per ora è limitata ai dipendenti. E andrebbe anche estesa alle copie more uxorio, attualmente escluse anche loro. Ma certamente la norma va attualizzata.
Primo maggio. Cosa chiede?
Maggiore attenzione per questi lavoratori, particolarmente fragili e a rischio discriminazione. E un maggiore consapevolezza che, dietro al lavoratore, c’è un padre, una madre, un figlio, una persona. e, in questi casi porta con sé conduce una vita particolarmente complicata… (cl)

Cure domiciliari, niente più rimborsi?

da Superabile

Cure domiciliari, niente più rimborsi? Solo a Torino 6 mila assegni a rischio

Ancora qualche giorno, e le disposizioni del Consiglio di Stato potrebbero mostrare i loro effetti in Piemonte per anziani, disabili gravi e malati. La battaglia legale dura da anni. A rischio 300 assegni già a partire dal prossimo lunedì; per gli altri seimila la scadenza è il 30 giugno

TORINO – Per molti pazienti non autosufficienti in Piemonte è un film già visto, ma non per questo meno angosciante. Perché tra qualche giorno potrebbero diventare evidenti gli effetti della pronuncia con cui, nel dicembre scorso, il Consiglio di Stato ha sancito che le Asl (e quindi la Regione) non sono tenute a rimborsare, perlomeno in territorio sabaudo, i costi sostenuti dai familiari di anziani, malati e disabili gravi per l’assistenza domiciliare. Soltanto a Torino sono quasi seimila gli assegni a rischio: ancora una settimana e le prime 300 famiglie potrebbero trovarsi scoperte, dal momento che i fondi stanziati per il distretto Asl To3 (che copre una vasta zona provinciale che da Venaria si estende fino alla Val Pellice) saranno ufficialmente esauriti entro il 30 aprile; mentre per altri 5400 nuclei il momento della verità arriverà il 30 giugno.

Un film già visto, si diceva, e neanche troppo tempo fa: l’ultima volta successe alla fine del gennaio 2015, nel bel mezzo di una battaglia legale che andava avanti già da due anni. Oggetto del contendere, le delibere 26/2013 e 5/2014 della ex giunta regionale Cota (Lega Nord), che stabilivano come le prestazioni domiciliari non dovessero più rientrare nell’alveo delle garanzie sancite dalla legge sui Livelli essenziali d’assistenza. “Vale a dire – aveva spiegato Andrea Ciattaglia, portavoce del Coordinamento sanità e assistenza, gruppo interassociativo che da 30 anni si batte per i diritti dei non autosufficienti – che a rimborsarle non sarà più la Regione, attraverso le Asl, ma il welfare dei comuni: una distinzione non da poco, dal momento che solo la sanità eroga prestazioni immediatamente esigibili, mentre il comparto assistenziale può farlo unicamente in subordine alla disponibilità di fondi nelle casse comunali”. Decisioni, queste, che furono duramente contestante dai banchi dell’opposizione, dove all’epoca sedeva il centrosinistra; ma che di fatto sono state mantenute dalla giunta Chiamparino (Pd), insediatasi nell’estate del 2014. Appena pochi mesi dopo, nel gennaio 2015, per le prime 300 famiglie parve spalancarsi il baratro sanitario: si trattava degli stessi nuclei che ora rischiano di nuovo di vedersi cancellare gli assegni; ma che allora vennero salvati da una pronuncia del Tar, che con un tempismo quasi cinematografico accolse il ricorso intentato dal Csa, ordinando alla Regione il ritiro delle delibere incriminate.

Nel frattempo, però, il Consiglio di stato ha ribaltato quella pronuncia, rendendo pienamente effettive le delibere della giunta Cota: la patata bollente delle cure domiciliari, dunque, è definitivamente passata nelle mani dei Comuni; che difficilmente, però, potranno sostenerne i costi, “specie se si considera – precisa Ciattaglia – che già devono farsi carico della quota ‘assistenziale’ destinata alle famiglie più povere”. O che il Comune di Torino, dove risiedono gran parte dei pazienti interessati, è oggi il più indebitato dello stivale, con un passivo di 3.500 euro per residente. Proprio dal vicesindaco del Capoluogo, Elide Tisi, arriva un nuovo sollecito verso l’amministrazione regionale, per una soluzione politica “che sia permanente e di lungo periodo”.

In Piemonte, in effetti, si naviga ormai a vista: se anche la Regione si decidesse a concedere la proroga delle coperture che Comuni e associazioni chiedono (“vedremo – è la risposta di Augusto Ferrari, assessore regionale al welfare – è evidente che qualcosa si dovrà fare”), tra sei mesi il problema rischierebbe di ripresentarsi identico. Ciò nonostante, un rifinanziamento, per quanto momentaneo, resta l’unico scenario realisticamente auspicabile, per le famiglie come per i consorzi socio assistenziali che le seguono; i quali, dal canto loro, denunciano una sconfortante mancanza di liquidità, dal momento che, da anni ormai, gli stanziamenti relativi al Fondo per le non-autosufficienze vengono erogati con enorme ritardo. “I fondi per il 2014- spiega Mauro Perino, direttore generale del Cisap, che segue una quarantina di famiglie residenti nel comune di Grugliasco (Torino) – siamo riusciti a metterli a bilancio soltanto pochi mesi fa: il che non vuol dire che quei soldi siano arrivati in cassa; ma solo che, per quell’anno, sappiamo che prima o poi riceveremo 400mila euro circa.

Nel frattempo, però, la Regione ci ha fatto firmare un protocollo in base al quale siamo vincolati a restituire le quote che la Asl ha erogato negli ultimi due anni, quando la trafila legale era ancora in corso; con quel documento, si sono impegnati a loro volta a continuare ad anticipare anche gli assegni relativi il primo quadrimestre del 2016: ma questo, ovviamente,equivale a dire che, da quattro mesi, non parliamo più di una quota sanitaria, ma di un prestito che la regione ci concede. Noi chiediamo semplicemente che quel prestito venga prorogato fino alla fine del 2016: se dobbiamo restituire dei soldi alla regione, che ci diano la possibilità di farlo quando i fondi che ci sono dovuti saranno effettivamente nelle nostre casse. Il rischio, in caso contrario, è che siano i pazienti ad andarci di mezzo: perché è chiaro che, senza soldi, è difficile garantire continuità al servizio”. (ams)

Trisome Games, iscritti da tutto il mondo per le olimpiadi degli atleti Down

da Redattore sociale

Trisome Games, iscritti da tutto il mondo per le olimpiadi degli atleti Down

Dal 15 al 22 luglio a Firenze si terrà la prima edizione della manifestazione riservata ad atleti con sindrome di Down, che si cimenteranno nel tennis, nel ping pong, nel nuovo, nell’atletica, nel judo, nel futsal e nella ginnastica ritmica

FIRENZE – Dal 15 al 22 luglio a Firenze si terrà la prima edizione di Trisome Games, manifestazione riservata ad atleti con sindrome di Down, che si cimenteranno nel tennis, nel ping pong, nel nuovo, nell’atletica, nel judo, nel futsal e nella ginnastica ritmica. Quella di Firenze sarà la prima Olimpiade dedicata unicamente ad atleti con sindrome di Down: al momento sono già iscritte 34 nazioni provenienti dai 5 continenti con la presenza di quasi 900 fra atleti e tecnici.

L’evento, organizzato dal Comitato organizzatore locale presieduto da Alessio Focardi, è stato assegnato all’Italia e nello specifico a Firenze dalla Su-ds, Sport Union for athletes with Down Syndrome, l’organismo internazionale che sovraintende lo sport per atleti con sindrome di Down.

La manifestazione è supportata da Fiat Chrysler, main sponsor dell’evento, e dalla Regione Toscana. “Lo sport – ha detto l’assessore regionale allo sport e alle politiche sociali Stefania Saccardi – è un fantastico strumento di integrazione. L’idea delle Olimpiadi per atleti con sindrome di Down era partita come un sogno ma adesso sta diventando realtà. La Regione ha stanziato 20 mila euro per sostenere questo importante evento”.

Scuola, ecco il vademecum per andare in gita con il compagno autistico

da Redattore sociale

Scuola, ecco il vademecum per andare in gita con il compagno autistico

Quattro suggerimenti da parte di Lucio Moderato, psicologo che da anni segue la ragazzina di Legnano esclusa dalla gita scolastica. Un pool di educatori in ogni scuola, incontri con genitori degli altri studenti, preparazione dell’alunno autistico al percorso della gita, scelta di mete dove non ci sia troppa confusione

MILANO – Vademecum per insegnanti, genitori e alunni per andare in gita con il compagno autistico e viver felici. Lucio Moderato, direttore dei Servizi per l’autismo dell’Istituto Sacra Famiglia e docente all’Università Cattolica di Milano, è lo psicologo che da anni segue la ragazzina di Legnano esclusa dalla gita scolastica a Mauthausen. Sul merito della vicenda (è stato sentito anche dagli ispettori del ministero dell’Istruzione) non vuole entrare, però alcune indicazioni generali le dà volentieri. Del resto è quel che fa sempre più spesso, con corsi sull’autismo per insegnanti e dirigenti scolastici in giro per l’Italia. Quello organizzato dalla Sacra famiglia di Cesano Boscone (ciclo di quattro incontri, l’ultimo si tiene il 28 aprile) è seguito da oltre 450 persone.

“Il primo fattore da tenere in considerazione è che i ragazzi autistici sono molto sensibili alla confusione e ai rumori – spiega -. E non si può dire loro: domani andiamo in gita. Vanno preparati per tempo, altrimenti si sentono disorientati, si spaventano, sono in ansia”. E sulla scelta della meta, non ci sono particolari preclusioni. “Bisogna evitare situazioni o luoghi in cui ci sia troppa confusione. Per esempio, è da evitare Venezia quando c’è troppa gente, come durante il Carnevale”.
Il secondo punto è che “gli insegnanti e gli educatori devono curare la propria formazione”. E le occasioni ci sono. “Purtroppo si tratta di un’offerta frammentata, così come lo sono le risorse a disposizione. Ci vorrebbe una regia, che crei collegamenti tra insegnanti, genitori, esperti”.
Terzo punto, bisogna creare all’interno delle scuole dei pool di insegnanti ed educatori che sappiano trattare i ragazzi autistici. “Se l’approccio è lo stesso che viene tenuto con altre forme di disabilità si rischia di fare più male che bene”, sottolinea il professor Moderato. Inoltre questo pool avrebbe il compito di parlare con i genitori degli altri studenti, con gli insegnanti che non hanno una preparazione specifica, con gli studenti stessi. “L’autismo non è una malattia. La persona autistica non è pericolosa, ma anzi può essere una ricchezza, perché spesso è dotata anche di grandi capacità intellettive e artistiche. Bisogna però creare un ambiente che lo sappia accogliere”.

Il quarto punto può essere riassunto con una parola: gradualità. “Ogni alunno autistico ha bisogno di più tempo su ogni cosa rispetto agli altri compagni -aggiunge-. Soprattutto nei rapporti sociali: non bisogna pretendere che si integri subito con tutta la classe, per esempio, ma si deve permettergli di avere relazioni con pochi compagni alla volta”. (dp)
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Lettera aperta ai genitori dei bambini autistici

“La storia dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che dirigo da oltre 40 anni, e’ anche un po’ la storia dei bambini che hanno bisogno, a diverso titolo e con diverso livello di gravita’, di un supporto specialistico per un loro pieno e completo sviluppo….

Roma – “La storia dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), che dirigo da oltre 40 anni, e’ anche un po’ la storia dei bambini che hanno bisogno, a diverso titolo e con diverso livello di gravita’, di un supporto specialistico per un loro pieno e completo sviluppo. Tra questi bambini, quelli che rientrano nello spettro autistico hanno sempre trovato una particolare attenzione, grazie anche alla metodologia d’intervento che seguiamo con un team di operatori altamente qualificati. Abbiamo visto decine di migliaia di bambini con tanti problemi diversi, e svariate centinaia con disturbi dello spettro autistico”.E’ questo l’incipit della lettera aperta ai genitori di bambini con autismo di Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Ido.

Nel 2005 le prime linee guida della Societa’ Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) comprendevano tra i metodi piu’ qualificati per il trattamento dei bambini autistici anche l’approccio evolutivo, applicato in IdO con risultati decisamente interessanti. Nel 2011, nelle linee guida pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanita’ (ISS), il team dei partecipanti aveva invece spostato la sua attenzione sul metodo ABA (Applied Behavior Analysis), posto in posizione di preminenza rispetto agli altri approcci terapeutici.

Il 2 aprile 2012, giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, organizzammo a Roma un evento per chiedere la riapertura delle linee guida per l’autismo. Fu un momento molto significativo perche’ presentammo anche una petizione, da noi promossa, che venne firmata da 5.000 operatori allora e che ancora oggi continua a ricevere adesioni.   Ci sembrava insoddisfacente che un problema cosi’ complesso e con tanti aspetti diagnostici ancora da chiarire fosse affrontato con un’unica impostazione. Siamo fermamente convinti che un atteggiamento scientifico debba sempre prevedere un confronto e non una chiusura ideologica. Recentemente abbiamo iniziato a pubblicare i risultati delle ricerche che portiamo avanti nel nostro Istituto su importanti riviste internazionali. Tra questi, ricordo l’articolo “VALUTAZIONE DI UN APPROCCIO EVOLUTIVO-RELAZIONALE IN BAMBINI CON DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO” (Psychological Reports: Disability & Trauma), per indicare come individuare le potenzialita’ intellettive nei bambini autistici e come farle emergere. Abbiamo inoltre presentato nel 2015, in occasione del XVI convegno nazionale, due nuovi test (TCE – Test sul Contagio Emotivo; Test IUO – Valutazione delle capacita’ di comprensione delle altrui intenzioni) che consentono di formulare ipotesi prognostiche estremamente attendibili al momento della diagnosi e che sono in corso di stampa, sempre su riviste internazionali.

E’ stato pubblicato su Autism open-access un altro articolo dal titolo “DALL’INTEGRAZIONE EMOTIVA ALLA COSTRUZIONE COGNITIVA: L’APPROCCIO EVOLUTIVO TARTARUGA” (consultabile sul sito ortofonologia.it), sul tipo di terapia che proponiamo. Lo studio e’ durato 4 anni ed e’ stato condotto su un campione che ha coinvolto 80 bambini (tutti videoregistrati) con risultati decisamente soddisfacenti, di cui abbiamo documentato i miglioramenti ottenuti con un metodo rigorosamente scientifico (oltre ai miglioramenti in generale possiamo affermare che, secondo la diagnosi ADOS, l’80% dei casi sono usciti dallo spettro autistico e il 30%  dall’autismo. Tutti risultati che rispondono al criterio evidence based).  Il progetto terapeutico e’ stato denominato “Tartaruga” proprio per non suscitare nei genitori illusioni di velocita’ o aspettative non adeguate alla realta’, che purtroppo vengono spesso loro proposte. Un altro aspetto e’ stato fonte di grande soddisfazione: i bambini hanno vissuto i 4 anni di terapia serenamente, mantenendo uno stile di vita adeguato alla loro eta’, e i genitori insieme agli operatori hanno affrontato tutto il percorso evitando un impatto stressante sulla qualita’ di vita.

I minori sono tutti presi in carico dal centro gratuitamente, in quanto l’IdO e’ accreditato con il SSN. Gli operatori sono tutti specialisti con documentata esperienza. Abbiamo svolto un’intensa azione di diffusione delle nostre ricerche e dei nostri studi sull’autismo attraverso una serie di convegni che hanno visto una larghissima partecipazione, sempre a titolo gratuito: nel 2007 circa 1.000 partecipanti hanno riempito il Centro Frentani; nel 2011 siamo stati al Palazzo dei Congressi con oltre 2.000 partecipanti; nel 2015 abbiamo promosso all’Auditorium una diretta streaming che ha registrato piu’ di 20.000 contatti. “La diagnosi” e’ stato il tema affrontato nel 2011 e nel 2015, perche’ non ci puo’ essere un progetto terapeutico valido senza un inquadramento diagnostico approfondito. Quest’anno, dal 21 al 23 ottobre 2016, il tema proposto sara’ quello del progetto terapeutico modellato sulle caratteristiche di ogni singolo bambino.

Il recentissimo spot per l’autismo, premiato da Europe Award, mostra il bambino dentro una bolla e la mamma che lo aiuta ad uscire dall’isolamento grazie al suo contatto affettivo. Questo video offre un’immagine molto significativa e ripropone sinteticamente il modello terapeutico Tartaruga, che ci ha permesso di raggiungere risultati davvero incoraggianti. L’iter terapeutico ha come protagonisti i genitori e gli operatori che, all’interno di un rigoroso approccio scientifico basato sulla relazione affettiva, aiutano il bambino a sintonizzarsi con il mondo esterno. Ci auguriamo, infine, che la nuova legge sull’Autismo, grazie anche alle nuove linee guida che saranno prodotte dall’ISS, aiuti a fare chiarezza sui punti chiave come la diagnosi, i piani di trattamento e soprattutto l’ottica evolutiva che deve includere anche il soggetto autistico adulto, del tutto ignorato nelle precedenti linee guida.Come sempre siamo disponibili a confronti costruttivi con tutti i genitori che lo desiderano. Federico Bianchi di Castelbianco. (DIRE)

Disabilità: mappe e ausili, Google investe in un futuro accessibile

da Redattore sociale

Disabilità: mappe e ausili, Google investe in un futuro accessibile

Mobilità, comunicazione e indipendenza delle persone disabili. È la sfida lanciata dall’azienda statunitense con dei grant rivolti alle organizzazioni non profit di tutto il mondo. Con l’iniziativa Google Impact Challenge Disabilities oltre mille i progetti arrivati da quasi 90 paesi. Alle 29 idee migliori andranno 20 milioni di dollari

ROMA – Mappe interattive per segnalare l’accessibilità di luoghi e esercizi pubblici, ausili di ultima generazione per facilitare l’accesso alle nuove tecnologie e progetti per favorire lo sviluppo soluzioni e protesi a favore dei disabili anche nei paesi in via di sviluppo. Sono queste le sfide raccolte da Google.org con l’iniziativa Google Impact Challenge Disabilities che ha permesso a 29 idee innovative capaci di migliorare la mobilità, la comunicazione e l’indipendenza delle persone disabili di ricevere un sostegno economico di circa 20 milioni di dollari. Lanciata nella primavera del 2015, l’iniziativa ha raccolto oltre mille proposte provenienti da organizzazioni non profit di 88 paesi. “Persone fantastiche – spiega una nota di Google -, che stanno lavorando sodo per creare un mondo alla portata di tutti”.

Dal mondo del lavoro a quello dell’istruzione, dalla comunicazione alla mobilità, i 29 progetti selezionati arrivano da tutto il mondo, anche da Medio Oriente e Africa. “Le organizzazioni che sosteniamo hanno ottime idee su come usare la tecnologia per creare nuove soluzioni e ciascuna di queste idee, potenzialmente, può essere applicata su larga scala – aggiunge la nota -. Tutte si sono impegnate a utilizzare tecnologie open source, per incoraggiare e rendere più rapida l’innovazione. Ecco alcune di queste incredibili organizzazioni”.

Google
per disabili
Tra i progetti selezionati da Google c’è Wheelmap, un progetto dell’organizzazione tedesca Sozialhelden, che sta realizzando una mappa dell’accessibilità dei luoghi pubblici in tutto il mondo. Il progetto è stato sostenuto con oltre 800 mila euro con cui l’organizzazione sta “sviluppando nuovi standard e backend tecnologici necessari per raccogliere questi dati e metterli a disposizione delle molte app e dei molti siti che aiutano le persone disabili a muoversi, pianificare ed esplorare il mondo”. L’obiettivo del progetto finanziato è quello di raccogliere dati sull’accessibilità di circa un milione di luoghi pubblici in tutto il mondo.

È destinato ai paesi in via di sviluppo, invece, il progetto dell’organizzazione britannica Motivation che grazie all’uso di stampanti 3D vuole testare supporti posturali personalizzati e condividere i progetti migliori attraverso un database aperto. Secondo l’organizzazione britannica, infatti, più della metà delle persone che utilizzano la sedia a rotelle ha bisogno di attrezzature per il supporto posturale per garantire la propria salute e la propria sicurezza, oltre che per facilitare i movimenti. Tuttavia, proprio nei paesi in via di sviluppo sono in tanti a non poter permettersi tali supporti.  Al progetto sono stati affidati oltre 500 mila sterline.

Riguarda circa un milione di bambini e spesso porta all’isolamento, all’accesso limitato all’istruzione e anche alla povertà. E’ il piede torto congenito, una disabilità che per moltissimi bambini, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, diventa un ostacolo permanente lungo il proprio cammino. Per questo, tra i progetti selezionati, c’è anche Miraclefeet a cui Google ha assegnato un grant di un milione di dollari per migliorare il trattamento del piede torto in tutto il mondo, offrendo sostegno alle famiglie, monitorando i progressi del paziente attraverso un software e di fornendo formazione online ai medici nei paesi in via di sviluppo per offrire ai bambini e alle loro famiglie una qualità di vita migliore. Tre progetti diversi ma che ben rappresentano lo spirito dell’iniziativa di Google che ha selezionato altri 26 progetti per scommettere, spiega l’organizzazione sul sito web dell’iniziativa, su un futuro più accessibile.